Dio li fa, Licio li accoppia

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QUINTA COLONNA

di Matteo Castagna

Paolo Ojetti su “L’Europeo” del 7/01/1977 scrisse che “Il potere temporale della Chiesa si appoggia e si ramifica grazie alle solite complicità: chi porta alle casse della Santa Sede i mezzi per rinsaldare il potere finanziario sono sempre le banche le grandi società immobiliari, le società assicuratrici, il capitale tradizionalmente vicino agli ambienti della Curia […]. E poi chiosò con una stilettata: “tra l’investimento misericordioso e quello redditizio, la Chiesa sceglie tuttora il secondo”.

Agostino Giovagnoli nella prefazione al testo “IOR” di Francesco Anfossi (Edizioni Ares, 2023) dimostra che non è sempre stato così. Fondato da Papa Pio XII nel 1942, lo IOR raccolse un’ eredità di fine Ottocento per garantire il mantenimento dei flussi finanziari alle opere di religione di tutto il mondo, mantenendosi, per volontà dello stesso Santo Padre papa Pacelli un investimento misericordioso di sostentamento del clero e delle sue buone opere di carità. Fu certamente un’intuizione meravigliosa di Papa Pacelli, utilizzata allo scopo di utilizzare il denaro per i nobili scopi dell’evangelizzazione dei popoli, del soccorso alla povertà, del mantenimento dei beni della Chiesa e del clero. In parte, dopo la morte di Pio XII (1958) i fini di questa istituzione non furono all’altezza del compito assegnato.

Nell’ottobre del 1959 il cardinale Domenico Tardini, Segretario di Stato di Giovanni XXIII, convocò per la prima volta una conferenza stampa a Villa Nazareth per illustrare il bilancio della Santa Sede. si trattava di bilanci assai modesti. Anfossi scrive che “si basava molto sui servizi bancari del Banco di Roma, del Santo Spirito e della Cariplo fungendo da cassa del Vaticano”. 

Il “cambiamento climatico” rispetto al periodo di Pio XII, iniziò con la Presidenza dello Ior di Mons. Paul Marcinkus. La strada dello Ior si intrecciò, anzitutto con quella di Michele Sindona ma soprattutto col Banco ambrosiano di Roberto Calvi, di cui Francesco Anfossi parla con particolari inediti conservati nelle carte del cardinale Agostino Casaroli, Segretario di Stato di Karol Wojtyla. Già dagli anni ’70 Licio Gelli, fondatore e Gran Maestro della Loggia massonica P2 continuava a tessere la sua tela massonica internazionale. Iscritti troviamo, dunque, Michele Sindona (tessera n. 1612), Roberto Calvi (tessera n. 1624) e il finanziere Umberto Qrtolani (tessera n. 1622).

Quest’ultimo si inserisce molto bene nella Democrazia Cristiana, intrattenendo rapporti soprattutto con Amintore Fanfani e Giulio Andreotti. Ortolani fonda l’Agenzia di stampa Italia (poi venduta all’ENI) e riesce a farsi eleggere presidente dell’Associazione stampa italiana all’estero. Attraverso le sue conoscenze politiche, lo si vede spesso all’interno delle mura leonine perché fa parte della ristretta cerchia del cardinale Giacomo Lercaro, noto per le sue posizioni ultra-progressiste durante il Concilio Vaticano II, tra i primi religiosi a instaurare il dialogo coi comunisti. le prebende di Lercaro e le frequentazioni politiche di alto livello gli varranno l’insegna del Cavalierato dell’Ordine di Malta e, più tardi, il ruolo di Gentiluomo di Paolo VI, nonché di suo consulente finanziario.

Mentre negli Stati Uniti il duo Gelli-Ortolani rimane piuttosto defilato, ad agire è un terzetto composto da tre finanzieri: il responsabile dello Ior Paul Casimir Marcinkus, Michele Sindona e Roberto Calvi, presidente di un istituto di credito di primaria importanza all’epoca, ossia il Banco Ambrosiano. I tre sono accomunati da caratteristiche molto simili: l’alta frequentazione di ambienti religiosi, la passione per gli affari (non importa di quale tipo)  e da una smisurata ambizione.

La vicenda del Banco Ambrosiano si concluse col suicidio della segretaria di Calvi e la morte a Londra del banchiere, che fu trovato impiccato a un’impalcatura sotto il Blackfriars Bridge. Si trattò di una vicenda oscura, in cui entrarono Licio Gelli e la P2, Umberto Ortolani, Francesco Pazienza e Flavio Carboni. Il Ministro del Tesoro dell’epoca, Beniamino Andreatta disse che “si trattò della più grave deviazione di un’importante istituzione bancaria rispetto alle regole della professione verificatasi in un grande Paese industriale in questi ultimi quarant’anni”. Il democristiano Andreatta afermò che vi era una corresponsabilità dello Ior nella mala gestio della più importante banca privata italiana, chiedendo al Vaticano di pagare 1.159 milioni di dollari. Marcinkus respinse le accuse, dicendo che lo Ior avrebbe concesso solo delle “lettere di patrocinio” a Calvi per frenare ulteriori debiti e finanziamenti alle società. Il riciclaggio era, inoltre, il reato compiuto in gran segretezza per conto di persone molto poco raccomandabili, di tutto il mondo. In particolare, la Commissione d’inchiesta accertò che i soldi sporchi della Banda della Magliana venivano ripuliti in questo sistema finanziario.

M.A. Calabrò, in “Le mani della mafia”, Ed. Associate, Roma 1991, scrive che il quadro del Banco Ambrosiano era disastroso. Calvi, insomma, nei primi anni (1971-1977) passati al vertice dell’Ambrosiano aveva “svaligiato” la banca, e ciò era avvenuto grazie alla filiale di Nassau.

Il “pozzo” senza fondo di miliardi di lire svaniti nel nulla e di acquisizioni societarie incrociate, comprende anche una serie di società scoperte anni dopo la loro costituzione. Risulteranno essere ben 24, tutte cariche di debiti e dislocate tra Panama e l’Europa, poste sotto l’ombrello della capogruppo-schermo, la manic Holding Sa. Attraverso questo fondo, la Loggia P2 controllava segretamente l’Ambrosiano: ciò costituisce uno dei punti fondamentali all’origine del crac della “Banca dei preti”.

Su La Stampa del 6/4/1975, parlando in terza persona, Sindona disse: “[Andreotti] disse che per tre volte aveva chiamato Sindona al capezzale della lira. Mi regalò pure una fontana di Trevi rifatta in argento da una scultrice amica sua”. All’American Club di Roma il banchiere siciliano viene proclamato “uomo dell’Anno 1973”. Ad assegnare il premio al massone piduista, nonché riciclatore di denaro sporo, il suo vecchio amico John Volpe, ambasciatore degli Stati Uniti in Italia. Questo riconoscimento venne inte4rpretato come un doveroso omaggio a un banchiere che, due anni prima, sostenne la rielezione di Richard Nixon alla presidenza USA, devolvendo – stando a varie fonti – un milione di dollari. Una fortuita coincidenza volle l’8 Agosto 1974, Nixon debba dimettersi da presidente in seguito al clamoroso “scandalo Watergate”.

L’edificio del Watergate era stato costruito dalla Genale Immobiliare (ex proprietà del Vaticano), ovvero la stessa degli affari tra Sindona, Marcinkus e l’americano Bludhorn. 

Anche Gelli era ben introdotto negli ambienti politici americani, tanto che fu presente alle cerimonie di insediamento alla Casa Bianca del democratico Jimmy Carter e del repubblicano Ronald Reagan.

E’ grazie a questa complicità ad alto livello che a Sindona arrivano forti sostegni finanziari. Ad accorrere in suo soccorso è il Banco di Roma, istituto a capitale pubblico. Per una finanziaria sindoniana, la Moneyrex, il Banco conduce operazioni r servizi finanziari che avrebbe potuto benissimo realizzare da sola. Nel luglio e nel dicembre del 1974, la filiale di Nissau del Banco di Roma effettuò un prestito a Sindona di 130 milioni di dollari. E il 20 giugno successivo, perché il banchiere possa tamponare le falle della sua disastrosa attività, sempre il Banco di Roma – presieduto da un vertice di nomina andreottiana – gli accordò altri 100 milioni di dollari. Feudo politico della destra DC, la banca romana cercò poi di correre ai ripari: a luglio, i dirigenti distaccarono ben 40 funzionari negli istituti di credito del banchiere siciliano (Banca Unione, Banca Privata Finanziaria e anche Edilcentro-Sgi) per capire che cosa si nascondesse nell’ormai dissestato dissestato universo finanziario sindoniano.

Già da qualche tempo la Magistratura aveva messo sotto controllo le operazioni. Emergerà che Sindona, oltre a sovvenzioni mensili di qualche decina di milioni (dei primi anni ’70) alla DC ha versato un contributo di ben 2 miliardi dell’epoca. Ed emerse pure che il primo “protettore” politico del mafioso bancarottiere era Giulio Andreotti. Per mesi Sindona si dibatte per uscire dalla palude, manda segnali, soprattutto ai politici ed ai massoni amici, tenta ricatti, inscena un finto rapimento coinvolgendo i suoi compari della mafia. Ordinò l’assassinio dell’avv. Giorgio Ambrosoli, che era il suo curatore fallimentare, ma uomo integerrimo nell’onestà.

E Gelli? Come accertò la Commissione d’inchiesta parlamentare sulla Loggia P2, il Maestro venerabile operò a lungo nei traffici sindoniani. Nella relazione di minoranza, il missino Giorgio Pisanò rivolse un’aspra critica ai colleghi di maggioranza della Commissione, che non avrebbero indagato a fondo su certi legami tra i personaggi coinvolti nell'”affaire Sindona”. Finché gli affari del banchiere (affiliato alla massoneria nel maggio-giugno 1974) filavano lisci, il materassaio di Pistoia proseguiva nella sua tessitura massonica a Roma, espandendo i suoi rapporti in Sud America con personaggi di primissimo piano, soprattutto in Argentina.

L’ironia: “soldi santi e affari diabolici”  è più che azzeccata in questo imbarazzante spaccato di storia italo-vaticana. L’intreccio tra una finanza piena di ombre a una gestione da parte di uomini consacrati a Dio grida scandalo agli occhi del mondo, induce a perdere la Fede, nella rabbia che sovviene di fronte al famoso “pecunia non olet”. San Tommaso d’Aquino ha scritto che “l’avidità è un peccato contro Dio, proprio come tutti i peccati mortali, in quanto l’uomo condanna le cose eterne per il bene delle cose temporali”.

Considerate questo avvertimento di San Giovanni Maria Vianney, Patrono dei parroci:

L’avarizia è un amore disordinato dei beni di questo mondo. Sì, figli miei, è un amore regolato in modo malato, un amore fatale, che ci fa dimenticare il buon Dio, la preghiera, i sacramenti, per amare i beni di questo mondo – oro, argento e terre. L’uomo avido è come un maiale, che cerca il cibo nel fango senza curarsi della sua provenienza. Chinandosi al suolo, non pensa ad altro che alla terra; non guarda più il Cielo, la sua felicità non è più lì. L’uomo avaro non fa del bene fino alla morte. Guardate con che avidità raduna ricchezze, con quanta ansia le mantiene, quanto è afflitto se le perde… In mezzo alle ricchezze, non ne gode; è come se fosse immerso in un fiume e tuttavia morisse di sete; sdraiato su un letto di grano, muore di fame; ha tutto, figli miei, e non osa toccare nulla; il suo oro è per lui sacro, lo rende la sua divinità, lo adora…”

Anche la Scrittura è piena di avvertimenti. Dall’Antico Testamento:

“L’occhio dell’avaro non si accontenta di una parte, l’insana cupidigia inaridisce l’anima sua” (Siracide 14, 9).

Allo stesso modo, il Nuovo Testamento avverte:

“E disse loro: «Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell’abbondanza la sua vita non dipende dai suoi beni»” (Luca 12, 15).

Infine, è sempre bene ricordare ai buonisti di oggi che Gesù cacciò i mercanti dal tempio con la verga contro un sistema economico, politico e religioso economicista, che non può piacere a Dio. Così, profondamente adirato il Signore gridò: «La Scrittura dice: la mia casa sarà chiamata casa di preghiera, ma voi ne fate una spelonca di ladri». Ebbene, noi dovremmo tremare, di fronte a tanta giusta severità. Eppure Mammona o il Vitello d’Oro, nella nostra società sembrano divenuti i fini di molti, certamente di cinici speculatori, come Soros, i Rothscild, Bill Gates. Invidiare la loro ricchezza è il primo passo verso l’abisso.

Lasceranno, comunque, tutto in questo mondo e dovranno rispondere nell’Altro se: “ Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede” ( 2 Timoteo, 4:7)  

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Cfr: Licio Gelli, Vita, Misteri, scandali del capo della Loggia P2. di Mario Guarino e Fedora Raugei – prefazione di Paolo Bolognesi (Ed. Dedalo, 2016, eu. 21,00)

Cfr.: IOR, Luci e ombre della Banca Vaticana dagli inizi a Marcinkus di Francesco Anfossi (Ed. Ares, 2023, eu. 16,80)

 

Dove Gesù dice Bianco, Ratzinger dice Nero

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Riportiamo qui questo articolo pubblicato dal blog “Chiesa e post Concilio” il 26/02/2018 perché ci sembra di vivere l’epoca della confusione dottrinale e l’identificazione nelle sciocchezze di alcuni falsi pastori, che si spacciano per conservatori o tradizionalisti, ma che sono o sette di bastian contrari trombati da Bergoglio o personaggi funzionali al sistema di potere che occupa i Sacri Palazzi dal Concilio Vaticano II (1962 – 1965) per contenere entro i loro recinti il legittimo dissenso di fedeli disorientati. Specifichiamo che non c’è assonanza né vicinanza tra le posizioni del succitato sito e viceversa. Dissenso che andrebbe, altresì, sorretto da una buona preparazione dottrinale e teologica, che, però, forse non a caso, è deficitaria o assente. Questo contributo del Prof. Radaelli, discepolo del Prof. Romano Amerio, è autorevole e competente. Ovviamente vi sono molti altri aspetti concretizzatisi durante l’occupazione del Soglio da parte di Ratzinger, come ad esempio le visite amichevoli nei templi delle false religioni (Moschea di Istanbul, scalzo, in preghiera con l’imam per l’unico Dio (sic!), visita alla Sinagoga di Roma nel solco di Wojtyla, tra baci e abbracci coi rabbini, Cortile dei Gentili, in cui atei, agnostici e anticlericali di ogni risma avevano un liberale diritto di parola, visita alle chiese protestanti, riabilitazione di Lutero, abrogazione del Limbo, massima collegialità, l’incontro demonolatrico denominato Assisi III, la parificazione del rito di Montini con la Messa Cattolica di San Pio V e sua sottomissione in nome dell’inesistente ermeneutica della continuità di un’unica Fede, che è falsa e bestemmia, l’ invenzione del “papato emerito” che ha scandalizzato nelle modalità e nella sostanza ma indebolito l’immagine del Primato di Pietro, ecc. ecc.). Ratzinger non è mai stato Papa perché modernista, aderente al Conciliabolo Vaticano II e mente di tutte le riforme ereticali del post-conciliabolo. La sua elezione era invalida perché fatta da altri modernisti (“ipso facto et sine ulla declaratione” decaduti da ogni Autorità nella Chiesa ex can. 188,4 del CDC 1917 per eresia manifesta) così come tutti i suoi predecessori fino a Roncalli. Una crisi senza precedenti, figlia di un castigo per l’umanità incredula e peccatrice, che Dio risolverà quando e come riterrà opportuno. (Il Circolo Christus Rex)

di Enrico Maria Radaelli

1. PREMESSA. DIO (IN SAN PAOLO, GAL 1,8) STABILISCE:
SOLO CIÒ CHE VIENE DA DIO È “SPIRITO”.
TUTTO CIÒ CHE INVECE VIENE DALL’UOMO È “CARNE”.
Tutti noi conosciamo le parole con cui san Paolo mette in guardia gli errabondi cristiani della Galizia (i celebri Gàlati) dall’accogliere una dottrina diversa da quella da lui insegnata: « Se anche noi stessi, o un Angelo del Cielo, venisse ad annunciarvi un Vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunciato noi, sia egli anàtema » (Gal 1,8).

Con queste parole l’Apostolo stabilisce un principio potente, diciamo anche il principio dei princìpila Parola divina è da più del parlante umano che la proferisce, fosse pure esso – come nel suo iperbolico paradosso l’Apostolo chiama il più venerabile annunciatore che gli uomini possano aspettarsi – « un Angelo del Cielo »: la Parola divina non può essere cambiata da nessuno: essa è quella che è e tale deve a ogni costo e assolutamente restare e permanere in eterno.
Per san Paolo, ossia per Dio attraverso san Paolo, il Logos, il Verbo rivelato nel Vangelo, va annunciato. Poi non importa chi lo annuncia, ma solo e unicamente la perfetta fedeltà dell’annunciatore al messaggio annunciato: la verità è il primum, poi è l’unicum, e infine è il supremum. Il resto è nulla.
Che è a dire, come si esprime l’Apostolo: solo ciò che viene da Dio è “Spirito”. Ciò che viene dall’uomo è solo “carne”.
Questo principio è potente. E imprescindibile: è il perno solo in base al quale l’Apostolo potrà apostrofare Cefa, Pietro, il suo Superiore, senza contravvenire all’obbedienza e al rispetto dovutigli. Infatti, con i due paradossi più estremi che si possano concepire: « se anche noi stessi » e « o un Angelo del Cielo », egli afferma che non c’è annunciatore che tenga: la Parola divina è una e una sola: quella annunciata da Gesù Cristo, e, a partire da Lui, dai santi Apostoli.
Dunque, per stare a noi, non è importante per un fedele essere “papalino” o non “papalino”, per usare una parola di recente utilizzata da un riverito cardinale da poco scomparso, ma essere cristiano o non cristiano, perché, anche se la Parola di Dio fosse oggi, per assurdo, annunciata da « un Angelo del Cielo », cioè da qualcuno che potrebbe magari anche sembrare un angelo, come di certo lo sembra, p. es., una personalità molto e da tutti apprezzata, amata, venerata per la sua mitezza e bontà, ma tale Parola venisse però annunciata da tale pur amabilissima persona diversamente da quella che è, ossia deviata da qualche cambiamento, ebbene: « egli sia anàtema », ossia venga respinta, venga rigettata, sia quella parola, sia chi la propaga (se pur respinte e rigettate, l’una e l’altro, con somma carità e massima giustizia, naturalmente, come peraltro esorta a fare lo stesso Apostolo in altri testi), perché quella tal parola, in ogni caso in qualche modo variata, non essendo più la Parola divina, ma un’altra purchessia, non salva più nessuno, non serve più a nulla, anzi danna irrimediabilmente: e danna sia chi l’ascolta, sia, e ancor più, chi l’annuncia, perché anche a quest’ultimo non bastano mitezza, bontà, dolcezza e ogni altra virtù, poiché, come dice sant’Ignazio d’Antiochia agli Efesini, « la fede è il principio, la carità il fine », ossia, come spiega san Bonaventura nel Breviloquio, « è per mezzo della fede che Cristo abita nei nostri cuori », ma una fede mal riposta, ossia riposta nella parola sbagliata, non è più riposta in Cristo, e la carità che ne discende non è più la carità di Cristo, divina, ma una semplice carità umana.
Fra poco vedremo poi le conseguenze di tutto ciò fino in fondo. In ogni caso, ora si è ben visto il motivo per cui l’Apostolo è così veemente. E se l’Apostolo fosse presente ora, se fosse presente nella Chiesa di oggi, probabilmente lo sarebbe dieci volte di più.

 

* * *

 

Detto ciò, qui si vogliono offrire ora almeno cinque dei numerosi esempi di totale inconciliabilità, da una parte, degli insegnamenti dati da Sacre Scritture e Dogmi della Chiesa, dall’altra, degli insegnamenti di Joseph Ratzinger, esposti in un suo celebre libro del 1968, quand’era professore di Teologia a Tubinga e ancor oggi vero e unico paradigma del suo pensiero, Introduzione al cristianesimo, venduto da cinquant’anni in tutto il mondo, mai smentito, anzi confermato nel 2000 da un nuovo Saggio introduttivo vergato dal suo stesso Autore, all’epoca Prefetto della sacra Congregazione per la dottrina della fede, e, nella sua linea dorsale, ancora la lui ribadito in un’intervista pubblicata su L’Osservatore Romano il 17-3-16, dunque solo due anni fa, persino dopo tre anni dalla sua Rinuncia al Papato. Libro dunque ancora attualissimo.
Esso costituisce l’oggetto dell’analisi del mio Al cuore di Ratzinger. Al cuore del mondopro manuscripto, Aurea Domus, Milano novembre 2017, pp. 370, disponibile nelle librerie Àncora (Milano e Roma), Coletti (Roma), Hoepli (Milano), Leoniana (Roma), oltre che sul sito Aurea Domus.
Si vuole altresì rassicurare il lettore della più ampia contestualizzazione, in questo mio lavoro, delle citazioni del pensiero ratzingeriano, così da poter garantire allo studioso il più largo aiuto per afferrare, di quelle pagine, oltretutto, il loro non sempre limpido ma piuttosto implesso significato.
Si ritiene urgente la massima diffusione di Al cuore di Ratzinger. Al cuore del mondo, affinché sia evidente che il sottoscritto, potendo cominciare a lavorarvi solo dal settembre del 2015, ha fatto di tutto per arrivare in tempo a tentare – quantomeno a tentare – di convincere l’esimio e mite Autore di Introduzione al cristianesimo della necessità di riflettere su tutti quei suoi molto pericolosi assunti prima che sia troppo tardi.
In questo mio lavoro ho però anche voluto proporre quattro paragrafi (76-79) in cui espongo all’apprezzamento del lettore anche cinque pregevoli pensieri dell’esimio Teologo, la cui presenza, pur nell’oceano delle più biasimevoli dottrine fuori strada, permette di capire quanto la mia disamina su quel suo scritto sia scevra da ogni apriorismo personale, ma dettata, come si diceva all’inizio, solo dalla divina e a tutti superiore Norma normans del Logos.

Questi i cinque esempi.

2. PRIMO “PECCATO DELLA CARNE” DI JOSEPH RATZINGER,
O Ia INCONCILIABILITÀ TRA I SUOI SCRITTI E IL VANGELO.

Nel 2005, salito da poco al papato col nome di Benedetto XVI, colui che era stato il Professor Joseph Ratzinger insegnava che quella di Dio « rimane l’ipotesi migliore, benché sia un’ipotesi » (Joseph Ratzinger, L’Europa di Benedetto nella crisi delle culture, Cantagalli, Siena 2005, p. 123).
Ma dire che Dio è « l’ipotesi migliore » significa comunque fondare la fede in Dio – credere Deum – su un’ipotesi, se pur la migliore, ossia su un dubbio, il che però significa fondare la fede su un atto umano: è l’uomo che ipotizza l’esistenza di Dio, è l’uomo che, nella sua mente, “produce Dio”.
Ma la fede è una conoscenza per testimonianza, e la testimonianza è quella del Cristo, che dice, proclama e afferma: « Dio nessuno lo ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato » (Gv 1,18), e infatti san Bonaventura – contro il futuro storicismo –, ancora nel Breviloquio, afferma: « L’origine della Sacra Scrittura non è frutto di ricerca umana, ma di rivelazione divina ». Sicché è Dio che si muove per primo verso l’uomo, e non l’uomo verso Dio.
E dato che san Paolo con i Galàti è andato fino in fondo, questo è il momento per andare fino in fondo anche noi.
Dice l’Apostolo: « Questo solo io vorrei sapere da voi: è per le opere della legge che avete ricevuto lo Spirito, o per aver creduto alla predicazione? » (Gal 3,2). E precisa, affondando il coltello fino all’elsa, senza alcun riguardo: « Siete così privi di intelligenza che, dopo aver cominciato con lo Spirito, ora volete finire con la carne? » (Gal 3,3), ossia: Siete così privi di luce spirituale che, dopo aver accolto la mia Parola spirituale, e spirituale perché fondata sulla Rivelazione di Dio compiuta dal Figlio, ora volete basare la vostra ragione per credere sulla base di una tutta umana ‘carne’, ossia sulle opere umane?”
San Paolo chiama ‘carne’, nei Galàti, ciò che essi elaborano a partire dalle opere della Legge, e chiama ‘Spirito’ la Grazia della terza Persona della ss. Trinità che discende nei cuori se essi credono alla Rivelazione data loro da Gesù Cristo e dai suoi Apostoli.
Analogamente, oggi san Paolo chiamerebbe ‘carne’ ‘l’ipotesi Dio’, il percorso compiuto dall’uomo Joseph Ratzinger col metodo storicistico per individuare l’esistenza di Dio.
Nell’uno e nell’altro caso ‘carne’ è infatti tutto ciò che origina dall’uomo. ‘Spirito’ invece è ciò che viene da Dio. Uomo e Dio sono nettamente e irriducibilmente divisi. E la fede – virtù squisitamente soprannaturale, non c’è alcun dubbio – viene da Dio e solo da Dio. Se invece viene dall’uomo non è fede, è ragionamento, è un sillogismo qualsiasi: è carne.
Si noti che questo pensiero ipotetico drammaticamente errante anche del più recente Ratzinger, che conferma come si debba cercare di correggerne il fideismo di fondo, lo si è potuto raccogliere proprio da chi credeva, con l’improvvida citazione di quelle sue parole, di difenderlo dal mio dire (v. http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2018/01/04/joseph-ratzinger-teologo-non-modernista-ma-moderno).
Nelle prime settantatre pagine del suo libro il Professor Ratzinger, ben trentadue anni prima, aveva già steso il concetto fondante della sua fede “ipotetica”, e l’aveva steso con plurime e sempre molto drammatiche espressioni, di cui qui si riportano solo le tre più esemplari e struggenti: « …il credente può vivere la sua fede unicamente e sempre librandosi sull’oceano del nulla, della tentazione e del dubbiotrovandosi assegnato il mare dell’incertezza come unico luogo possibile della sua fede,… » (Introduzione al cristianesimo, p. 37);
« È la struttura fondamentale del destino umano poter trovare la dimensione definitiva dell’esistenza unicamente in questa interminabile rivalità fra dubbio e fede, fra tentazione e certezza » (Introduzione al cristianesimo, p. 39);
« Il credente sperimenterà sempre l’oscura tenebra in cui lo avvolge la contraddizione dell’incredulità, incatenandolo come in una tetra prigione da cui non è possibile evadere,… » (Introduzione al cristianesimo, p. 73).
Ma Gesù, a proposito di certezza e solidità della fede, ci dice: « …e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli » (Lc 22,32); « Io sono la via, la verità e la vita » (Gv 14,6), e: « beati quelli che pur non avendo visto crederanno » (Gv 20,29).
E san Paolo ricorda che « ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto [è manifesto agli uomini]; Dio stesso lo ha loro manifestato. Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità; essi sono dunque inescusabili, perché, pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria né gli hanno reso grazie come a Dio, ma hanno vaneggiato nei loro ragionamenti e si è ottenebrata la loro mente ottusa » (Rm 1,19-22).
Conclusione: « Senza la fede è impossibile piacere a Dio » (Eb 11,6). Su tali inerranti Scritture la Chiesa dogmatizza (con affermazione cui è dovuta obbedienza de fide): « Dio, principio e fine di ogni cosa, può essere conosciuto con certezza mediante la luce naturale della ragione umana a partire dalle cose create » (Vaticano I, Cost. dogm. Dei Filius, cap. 2, Denz 3004).
Bisogna qui aprire una parentesi di ordine generale che ci permette di notare come il postulato iniziale generalissimo del Professor Ratzinger, secondo cui: « …il credente può vivere la sua fede unicamente e sempre librandosi sull’oceano del nulla, della tentazione e del dubbio », nullifica tutto il libro nonché se stesso medesimo, in quanto circolarmente contradditorio. Se infatti, per principio, tutto è incerto, allora sarà incerto, per principio, anche il postulato medesimo, che quindi potrebbe essere falso, e saranno comunque incerte, forse false, per principio, tutte le proposizioni del libro e, allora, a che pro non solo scriverlo, ma anche leggerlo? (v., in Al cuore di Ratzinger. Al cuore del mondo, i §§ 11-21 sul dubbio socratico, giusto, e su quello scettico, da rigettare, pp. 51-82).

3. SECONDO “PECCATO DELLA CARNE” DI JOSEPH RATZINGER,
O IIa INCONCILIABILITÀ TRA I SUOI SCRITTI E IL VANGELO.

In un’intervista del 2016 a Jacques Servais s.j., pubblicata sull’Osservatore Romano, l’augusto Teologo, già Papa, tornato cardinale pur ricusandone la qualifica, riconfermava la dorsale del suo pensiero ribadendo la convinzione che la Redenzione come ‘riparazione dell’« offesa infinita fatta a Dio »’ è solo una dottrina medievale, dovuta, secondo lui, unicamente a un vescovo, peraltro santo, il vescovo Anselmo d’Aosta, la cui « ferrea logica » resta « difficilmente accettabile dall’uomo moderno », così mantenendo inalterato il pensiero formulato cinquant’anni prima in Introduzione al cristianesimo, per il quale essa « ci appare come un crudele meccanismo per noi sempre più inaccettabile » (Introduzione al cristianesimo, p. 221).
Ma Gesù stesso parla di “ira di Dio”: « Chi rifiuta di credere nel Figlio – dice, riferendosi a Sé – non vedrà la vita, ma l’ira di Dio rimane su di lui » (Gv 3,36). Quale ira? perché ira? L’ira del Creatore per il peccato della sua creatura; e san Paolo chiarisce: « Quando eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del suo Figlio » (Rm 5,10): nemici per il peccato dell’uomo, che solo la morte per Olocausto cruento di Cristo, Vittima innocente, pienamente riscatta.

Infatti: « Anche noi tutti, … eravamo per natura figli dell’ira » (Ef 2,3); “per natura” a causa del peccato originale trasfuso in noi da Adamo attraverso il seme biologico dei nostri padri.

E l’Apostolo (Dio attraverso l’Apostolo) rincara: « E voi, che già eravate estranei e nemici nella vostra mente e nelle vostre opere malvagie, ora Dio vi ha riconciliati nel corpo di carne di Lui, per mezzo della Sua morte » (Col 1,21-2); cui si aggiunge Giovanni, l’Apostolo prediletto (ossia sempre Dio, stavolta attraverso l’Apostolo prediletto): « In questo si è manifestato l’amore di Dio verso di noi: che Dio [Padre] ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo, … In questo è l’amore: non che noi abbiamo amato Dio, ma che Dio ha amato noi e ha inviato il suo Figlio per essere l’espiazione per i nostri peccati » (I Gv 4,9-10).
Su tali inerranti basi scritturali, il dogma ordina (Concilio di Trento, Denz 1743 e 1753) che la Chiesa professi la dottrina della Redenzione come Olocausto di Cristo al Padre, e in Al cuore di Ratzinger. Al cuore del mondo (§§ 40-3, pp. 155-72) è percorsa tutta la storia del dogma in proposito, che esige che sia obbedito, accettato, creduto e liturgicamente sempre celebrato proprio ciò che il Professor Ratzinger da sempre rigetta (e che oggi la Chiesa più non celebra).

4. IL TERZO “PECCATO DELLA CARNE” DI JOSEPH RATZINGER,
O IIIa INCONCILIABILITÀ TRA I SUOI SCRITTI E IL VANGELO.

Il Professor Ratzinger afferma: « Dio è e sarà sempre per l’uomo l’essenzialmente Invisibile … Dio è essenzialmente invisibile » (Introduzione al cristianesimo, p. 42); e ancora: « nell’Antico Testamento questa affermazione – che “Dio non compare né mai comparirà all’uomo” – assume valore di principioDio non è soltanto colui che è ora effettivamente fuori del nostro campo visivo …; no, egli è invece colui che ne sta fuori per essenza [marcatura dell’Autore], indipendentemente da tutti i possibili e pensabili allargamenti del nostro campo visivo » (Introduzione al cristianesimo, pp. 42-3).
Ma il Cristo di Sé dice: « Chi vede me vede Colui che mi ha inviato » (Gv 12,45); « Chi vede me vede il Padre » (Gv 14,9); e l’Apostolo prediletto afferma (ossia, come sempre, Dio in lui): « [Dio] lo vedremo così come Egli è » (I Gv 3,2).
E san Paolo precisa: « Egli [il Cristo] è immagine del Dio invisibile » (II Cor 4,4, oltre che Col 1,15), e ancora: « Egli [il Cristo] è lo specchio della gloria di Dio e l’impronta della sua sostanza » (Ebr 1,3), il che significa che Dio Padre è perfettamente visibile, e lo è appunto nel Figlio, Dio come il Padre, né più né meno, e ciò basta alla Chiesa per affermare – al contrario di ciò che insegna, p. es., oltre al Professor Ratzinger, la falsissima nozione mussulmana – la perfetta visibilità di Dio ai Beati, così chiamati appunto per il fatto che essi godono perfettamente della visione divina (vedasi, in Al cuore di Ratzinger. Al cuore del mondo, il § 18, pp. 70-4).

5. QUARTO “PECCATO DELLA CARNE” DI JOSEPH RATZINGER,
O IVa INCONCILIABILITÀ TRA I SUOI SCRITTI E IL VANGELO.

Il Professor Ratzinger sostiene che l’uomo, nella beatitudine del Paradiso, « vivrà nella memoria di Dio » (Introduzione al cristianesimo, p. 343), e precisa che « Paolo insegna … non la risurrezione dei corpi (Körper), bensì delle persone, e questa non nel ritorno dei ‘corpi di carne’, ossia delle strutture biologiche, che egli indica esplicitamente come impossibile » (Introduzione al cristianesimo, p. 347).
Ma i Vangeli, parlando dell’incontro tra Gesù risorto e gli Apostoli, notano invece che: « siccome stentavano a credere ed erano pieni di meraviglia, [Gesù] chiese loro: “Non avete nulla da mangiare?” Gli diedero un pezzo di pesce arrostito e un favo di miele. E dopo aver mangiato davanti a essi, prese gli avanzi e li diede a loro » (Lc 24,41-3).
Per non dire del celebre episodio di Gv 20,27: « Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani! Accosta la tua mano e mettila nel mio costato! », da cui si evince che un corpo glorioso non è per questo meno carnale, biologico, fisico, materiale, di un corpo mortale; e san Paolo, da qui, insegna: « E se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi » (Rm 8,10-1).
Anche qui, sulla base di tali chiarissime e univoche risultanze poste dalle Sacre Scritture, la Chiesa così dogmatizza: « Tutti risorgeranno coi corpi di cui ora sono rivestiti » (Concilio Laterano IV, 1215, Definizione contro gli Albigesi e i Catari, Denz 801), (vedasi, in Al cuore di Ratzinger. Al cuore del mondo, i §§ 50-2, pp. 196-213, in cui l’inconciliabile opposizione tra l’insegnamento della dottrina cattolica e quello del Professor Ratzinger è evidenziata anche da plurime altre argomentazioni e scritturali e dogmatiche).

6. QUINTO “PECCATO DELLA CARNE” DI JOSEPH RATZINGER,
O Va INCONCILIABILITÀ TRA I SUOI SCRITTI E IL VANGELO.

Il Professor Ratzinger sostiene che « la dottrina della divinità di Gesù non verrebbe intaccata qualora Gesù fosse nato da un matrimonio umano » (Introduzione al cristianesimo, p. 265), infatti, a suo avviso, la figliolanza divina di Gesù « non è un processo avvenuto nel tempo, bensì nell’eternità di Dio » (Introduzione al cristianesimo, pp. 265-6).
Ma l’Evangelista (Mt 1,18-26) scrive: « Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe », ‘promessa sposa’, dice, non ‘moglie’: ‘moglie’ è colei che, col coniugio, ha perso la verginità; ‘sposa’ invece è la donna che, unita in matrimonio, non ha ancora compiuto il coniugio; « prima che andassero a vivere insieme »: l’Evangelista segnala che quanto sta per narrare precede il momento in cui la vergine Maria si accaserà con Giuseppe; « si trovò incinta per opera dello Spirito Santo », come riporta san Luca nel suo Vangelo (1,26-38), « Giuseppe, suo sposo », ‘sposo’, anche qui, e non ‘marito’, a confermare lo stato non ancora coniugale dei due nubendi, « che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di ripudiarla in segreto », ossia di non ripudiarla pubblicamente, ossia che avrebbe provveduto a Maria e al nascituro, dando loro cibo, le vesti, un tetto, ma senza coniugarsi a lei; « Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa », “di prendere con te”, dice l’angelo, con espressione casta, invece di dire “di maritarti”, per indicare a Giuseppe come egli avrebbe dovuto condurre l’unione con Maria “sua sposa”: proprio come aveva pensato lui, un “giusto”, che dunque ragiona con giustizia, secondo il cristiano discernimento degli spiriti, come dev’essere chi il Signore ha designato a proteggere la Madre del Suo Figlio e Suo Figlio stesso; « perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo », e non da un uomo, così sospendendo il passaggio degli influssi negativi dovuti al peccato originale; « … Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del Profeta: “Ecco, la Vergine concepirà e partorirà un figlio” »: si noti bene che san Matteo riconosce nella profezia la causa remota, ma non per questo meno efficace, di ciò che stava santamente avvenendo, così riconoscendo a Dio la Sua potenza: ciò che avviene ora è dovuto alla Parola di Dio data allora; in secondo, ricordando la profezia, ne sottolinea il concetto base: il concepimento del Figlio di Dio è dovuto, per parte di madre, a una miracolosa formazione di un embrione in una donna vergine che resta vergine, per cui il Profeta la chiama “Vergine” in quanto lo è per antonomasia, è “Vergine” ontologicamente; e, per parte di padre, è dovuto allo Spirito Santo, per il motivo sopra detto; poi «… Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa, la quale, senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che egli chiamò Gesù».
Ma tutto ciò è impugnato dal Professore Ratzinger, il quale ritiene invece erroneamente che:
– primo, « la dottrina della divinità di Gesù non verrebbe intaccata qualora Gesù fosse nato da un matrimonio umano »;
– secondo, che, a proposito del Vangelo ora visto e di quello di san Luca segnalato nel testo, « la formula della filiazione divina ‘fisica’ di Gesù è quanto mai infelice e ambigua », così accusando la Parola di Dio, e dunque Dio stesso, di essere, qualificandola “infelice”, una Parola inetta, e, con “ambigua”, una Parola falsa, e ciò il Teologo che un giorno sarà persino Papa, senza però purtroppo rigettare nemmeno mezza delle numerose svianti e fuorvianti dottrine insegnate, riesce a fare in un colpo solo, e, quel che è peggio, senza che nessuno se ne accorga (per entrambi i punti si veda, nel mio Al cuore di Ratzinger. Al cuore del mondo, il § 71, pp. 305-19).

7. CONCLUSIONI:
IERI I GALATI, OGGI IL CARDINALE RATZINGER, ENTRAMBI
DEVONO RESPINGERE LA “CARNE” E TORNARE ALLO “SPIRITO”.

Questi cinque esempi, specie il primo, col quale dal 1968 al 2016 l’Autore di Introduzione al cristianesimo persiste nel dubbio dell’esistenza di Dio, che per lui « rimane l’ipotesi migliore, benché sia un’ipotesi », dimostrano l’impostazione mentale scettica, storicista e fideista che le ha originate e che, mutando uno per uno tutti gli articoli del Credo, come dimostro con ogni evidenza nel mio Al cuore di Ratzinger. Al cuore del mondo, non conducono affatto alla salvezza, ossia non conducono affatto a Dio: non vi conducono né il loro Autore, né i suoi lettori, discepoli, ammiratori, così come non sarebbero stati condotti alla salvezza, all’epoca, i poco saldi Gàlati da quelle dottrine anatemizzate da san Paolo, fossero pur state annunciate loro da « un Angelo del Cielo », perché, come si è detto, entrambe le dottrine – ieri quelle dei Gàlati, oggi quelle di Ratzinger – e dunque entrambe le fedi in esse mal riposte e che comunque proprio da esse purtroppo ancora germinano, sono “carne”: elucubrazioni umane mal condotte, inferenze che, non poggiando su basi metafisiche, non possono dirsi neanche scientifiche, e che infatti poi, in quanto tali, lasciano titubanti, nel più tragico dei dubbi, chi vi si appende, il loro pur esimio Autore e i suoi miseri lettori, e non può essere che così: solo Dio può portare l’uomo a Sé, e con fede certa, salda, potente e definitiva: ferma come è ferma solo la sua Roccia.
Si spera che questi cinque esempi possano essere utili a far conoscere la mia disamina al più largo pubblico di fedeli possibile, così da metterli in guardia sulle dottrine insegnate in Introduzione, e riescano a sollecitare, come si può riscontrare nelle ultime mie pagine, a trovare presto, e con ogni prudenza, la via per convincere l’illustre Soggetto a ritenere – almeno – che quel suo libro e le dottrine contenute non siano più proponibili alla Chiesa come sue convinzioni profonde, come a suo tempo il cardinale Dal Poggetto riuscì ad avvicinarsi al letto di Papa Giovanni XXII, a parlargli, a convincerlo, così da raggiungere il santo fine di far cadere ogni pericolo che i cancelli aurei gli restassero per sempre sbarrati.

8. PERÒ POTREBBE ESSERE ANCORA JOSEPH RATZINGER,
SE SOLO LO VOLESSE, A ILLUMINARCI LA STRADA VERSO DIO:
SEGUENDO L’ORSO DI SAN CORBINIANO DI CUI RACCONTA,
E L’ANIMALE DA SOMA IN CUI SI DOVETTE TRASFORMARE.

Nel suo La mia vita. Autobiografia, Joseph Ratzinger, a proposito della resa in italiano di Salmo 72,23, che in latino suona: « Ut iumentum factus sum apud te et ego semper tecum », con finezza rileva l’insoddisfazione di sant’Agostino a tradurre semplicemente in “bestia” il latino « iumentum », perché l’espressione, a suo avviso, designerebbe più precisamente, come leggiamo a p. 157, « gli animali da tiro che vengono usati dai contadini per lavorare la terra », ed è questo: un animale da tiro, l’animale in cui si dovette in qualche modo trasformare l’orso in cui si era imbattuto il monaco san Corbiniano secondo le antiche cronache di Frisinga, la città dove il futuro Papa doveva essere ordinato vescovo, orso che aveva sbranato la cavalcatura che stava portando a Roma il santo e il suo bagaglio: per riparare al mal fatto, l’orso, comandato dal monaco, dovette prendere il posto della sua cavalcatura, così « divenendo – contro la sua volontà – animale da soma ».
Il futuro Papa nota che è proprio questa: di andare contro la propria volontà, la differenza di un uomo che si comporta come una bestia selvatica, p. es. come un orso, e un uomo che si comporta come un animale da soma, come un animale aggiogato a una razione superiore alla sua, come è superiore, fuor di metafora, la ragione divina sulla umana.

Ma tale è anche la differenza, si fa notare qui, tra quel teologo che, come un orso tutto attaccato alla terra e a ciò che proviene dalla terra, elabora una fede in Dio su basi naturalistiche, storicistiche, soggettiviste, e il teologo che invece si lascia imbrigliare da Dio, accetta di essere attaccato al suo carro, con le spranghe e le redini di una fede dovuta a una razionalità superiore, a una razionalità « caduta dal cielo » come scrive ancora il Professore di Tubinga a p. 102 di Introduzione al cristianesimo parlando della Rivelazione.

Sicché “l’orso”, ossia la ragione umana, non imbrigliata come dev’essere da quella divina, deve completare anche in lui, nell’antico Teologo, la mutazione richiesta dalla fede per farsi perfetto “animale da tiro”: abbandonarne l’origine storicista e naturalistica, e abbracciarne la discesa dal Cielo, la sorgente divina, sacrificando a ciò, in obbedienza alla Chiesa, anche la propria libertà.
E questo devono fare anche tutti i suoi lettori e ammiratori, perché solo così si compirà in tutta la Chiesa, in tutta la cristianità, oggi, la trasformazione completa dell’ “orso” di una fede ancora troppo attaccata a motivazioni “carnali”: storiciste, come erano “carnali”, nella prospettiva giudaizzante, le motivazioni di fede dei Gàlati, in una fede felicemente tutta e solo aderente allo Spirito, alla grazia, ossia la trasformazione di una fede di “carne” nella fede tutta “a carico”, come quella data da quell’ “animale da tiro” che ha messo la propria libertà tutta a servizio di Dio.

 

Laicismo ante litterm: il martirio di San Tommaso Becket

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Segnalazione del Centro Studi Federici

“Accetto la morte in nome di Gesù e della Chiesa” – Vita di San Tommaso Becket, Arcivescovo di Canterbury, di don Ugolino Giugni: 
 
Prima parte Sodalitium n. 44, pagg. 41 – 45
 
Seconda parte Sodalitium n. 45, pagg. 67 – 72
 

Cancellate il Natale, abortite Gesù, ce lo chiede l’Europa

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QUINTA COLONNA

di Marcello Veneziani

Il Natale è cancellato, Gesù è abortito, e la Corte europea per i diritti dell’uomo acconsente, anzi risarcisce colei che aveva profanato la Chiesa urinando sui gradini dell’altare. D’ora in poi, seguendo le direttive dell’Europa e della sua corte suprema, anziché celebrare la Nascita di Gesù Bambino, faremo meglio a celebrarne l’aborto, nel nome dei diritti della donna. E la cancellazione del Natale, grado supremo della cancel culture, con il patrocinio della massima corte europea.

Se dovessi riassumere il senso peggiore del nostro tempo, e racchiudere in un episodio lo spirito capovolto con cui si compendia il corrente e morente anno 2022 alle porte di Natale, dovrei risalire a quell’episodio accaduto in Francia e conclusosi davanti alla corte europea. Dunque, in un infausto giorno del 2013 (lo stesso anno maledetto in cui uno scrittore, Dominique Venner, si suicidò in Notre Dame), una donna in topless, Eloise Bouton, fece irruzione nella chiesa della Madeleine a Parigi, con la scritta sulle spalle “Il Natale è cancellato” e dopo aver mimato l’aborto di Gesù bambino, concluse la sua performance urinando sui gradini dell’altare. I tribunali francesi avevano condannato l’attivista femminista e abortista a una pena pecuniaria e detentiva. Ma la Corte europea dei diritti umani, lo scorso 13 ottobre, ha ribaltato la sentenza del tribunale francese e dopo aver riconosciuto il proposito della donna come “molto nobile” e prezioso per i diritti delle donne, in particolare sul diritto all’aborto, ha “condannato” la Francia a pagare circa 10mila euro per danni morali, e sottolineo morali, più spese legali. Risarcita ed elogiata, con tante scuse dell’Europa.

In verità la stessa corte europea, in sigla CEDU, si era pronunciata in precedenza in modo assai diverso, anzi opposto: una donna aveva equiparato il rapporto sessuale di Maometto con Aicha che aveva allora nove anni, a una forma di pedofilia. La Corte in quel caso riconobbe colpevole la donna di “dolosa violazione dello spirito di tolleranza” perché alimentava un pregiudizio che attentava alla pace religiosa. E la condannò a una pena detentiva e pecuniaria. Fateci capire: se si profana una Chiesa, si urina sull’altare, si inneggia all’aborto di Gesù, è libertà di espressione e merita un elogio; si è invece deplorati e condannati se s’insinua che Maometto il profeta dell’Islam, fu pedofilo (affermazione sconveniente, ne convengo, e non solo perché ferisce credenti islamici ma non tiene conto della differenza di tempi e luoghi, di culture, storie e religioni). Un paese e un continente per millenni cristiano, unito dalla civiltà cristiana, assolve chi profana in Chiesa Gesù Cristo e condanna chi in luogo laico offende la suscettibilità degli islamici. Ma che mondo è?

Torno ai nostri giorni, e paragono questa sentenza assolutoria all’esemplare condanna del tifoso che davanti alle telecamere dette addirittura una pacca sulle chiappe di una giornalista sportiva davanti allo stadio di Empoli: un anno e mezzo di detenzione, diecimila euro di risarcimento alla giornalista offesa e perfino 5mila euro all’ordine dei giornalisti che si era costituito parte civile. E’ un altro tribunale, ma il paragone viene spontaneo: pensate, una pacca sui glutei è peccato mortale e reato atroce mentre la profanazione di una Chiesa, di una Religione, della figura di Gesù Cristo, del Santo Natale, con una serie di atti osceni in luogo sacro, è libertà d’espressione e diritto inviolabile. Capite in quali mani siamo noi europei, a quale Corte sono affidati i Diritti Umani?

E’ un episodio, direte, ma mi sembra il simbolo più rappresentativo, alle soglie di Natale, dello spirito dell’epoca: la giustizia europea è intollerante se trasgredisci al catechismo politicamente corretto ma è compiacente e garantista se profani la religione che ha permeato per millenni la nostra civiltà, che è ancora seguita da milioni di fedeli, che è alle origini perfino degli stessi diritti umani, del rispetto sacro della persona e della vita umana, della solidarietà e della carità…

Con un precedente del genere sarà difficile nella giurisprudenza europea tornare alla realtà, ai principi e al diritto come l’abbiamo conosciuto nei secoli. Ad aggravare la situazione è il silenzio dei media, la rara o inesistente d’indignazione, il freddo e neutrale sguardo da cronisti con cui si è freddamente annotato e archiviato la sentenza.

Tornando alla sentenza natalizia, è spiegato che “lo scopo dell’esibizione a seno nudo” della manifestante, “organizzata secondo le procedure previste dal movimento Femen, era quello di trasmettere in un luogo di culto simbolico, un messaggio relativo a un dibattito pubblico e sociale sulla posizione della Chiesa cattolica su una questione delicata e controversa, ossia il diritto delle donne di avere il libero controllo sul proprio corpo, compreso il diritto d’abortire”. Capite? Avendo applicato la protesta a Gesù bambino, è conseguente il rimprovero alla Madonna di aver accettato, senza batter ciglio, un figlio non voluto e non procreato in una relazione umana, mentre avrebbe dovuto chiamare i gendarmi all’apparizione dell’angelo molestatore, che annunciava la nascita e avrebbe dovuto sporgere denuncia contro Ignoti perché lo Spirito Santo l’aveva ingravidata violando “il libero controllo del proprio corpo”.

Dunque se dobbiamo attenerci fedelmente e scrupolosamente alle direttive europee, quando tornate a casa, trasformate il presepe della Natività in una manifestazione multietnica in favore della libertà di abortire. Celebrate la nascita dell’aborto più che del Bambinello, e vergognatevi della civiltà cristiana, perché se al posto della Natività avesse sancito il Diritto d’Aborto, avremmo un Gesù Cristo in meno nella storia del mondo e duemila anni di diritti della donna in più. E il bue e l’asinello non più costretti dalla bestia umana a star lì a sfiatarsi per giorni e giorni…

La Verità – 22 dicembre 2022

Tempo d’Avvento: le profezie messianiche

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Segnalazione del Centro Studi Federici

Testo tratto da: Gesauldo Nosengo, INCONTRO A CRISTO. Testo per l’insegnamento della Religione nella Scuola media inferiore. Volume primo per il primo anno, “Gesù Cristo Messia e Rivelatore, centro del tempo antico e della nostra fede, Felice Le Monnier, Firenze 1950, pagg. 84-90
 
GESU CRISTO CENTRO E TERMINE DELLE PROFEZIE 
 
SOMMARIO: Gesù sa e dice di adempiere le profezie. — I profeti: divinità delle profezie. — Il Cristo dei profeti. — I profeti hanno predetto del Messia: la stirpe; la nazione; la tribù; la famiglia; la Madre; il tempo della nascita; il luogo; la vita; la passione; la missione; la divinità; il sacerdozio; il trionfo; la regalità. 
 
GESU’ SA E DICE DI ADEMPIERE LE PROFEZIE. 
 
Gesù — dice il Vangelo — venne a Nazareth, dove era stato allevato, e, entrato, secondo l’usanza del sabato, nella Sinagoga, si alzò per fare la lettura. Gli venne dato il libro del profeta Isaia, ed Egli, apertolo, trovò quel passo dove è scritto : « Lo spirito del Signore è sopra di me; per questo Egli mi ha unto per portare la buona novella ai poveri; mi ha mandato a guarire i contriti di cuore, ad annunciare la liberazione ai prigionieri e la vista ai ciechi, a rimettere in libertà gli oppressi, a predicare l’anno accettevole del Signore e il giorno del premio ». Poi, ripiegato il libro, lo restituì all’ inserviente, mentre tutti nella Sinagoga tenevano gli occhi fissi su di Lui. 
Allora Egli cominciò a dir loro : « Oggi le vostre orecchie hanno udito l’adempimento di questa profezia ». 
In questo caso — come in molti altri — Gesù applica a sè stesso i passi dei profeti e dimostra che si sono adempiuti nella Sua Persona e davanti agli occhi dei suoi contemporanei. 
Dunque le profezie avevano per termine Lui e trovavano in, Lui il loro compimenti. 
 
I PROFETI: DIVINITÀ DELLE PROFEZIE. 
 
Dio aveva preparato il popolo ebreo a ricevere il Salvatore colle promesse più volte rinnovate; aveva costellato la sua storia politica e religiosa di stupende figure messianiche, ma volle anche anticipatamente descrivere molti aspetti del Cristo venturo per mezzo delle profezie. 
Per un periodo di 400 anni Dio suscitò uomini straordinari chiamati profeti, affidando loro il compito di richiamare il popolo alla fede ed alla morale divina. La loro missione, per volere di Dio, fu confermata coi miracoli e colla predizione del futuro. 
I profeti, per risvegliare l’attesa messianica, parlarono spesso del Messia, e le loro profezie sul Cristo, unite ed ordinate, ne costituiscono quasi una biografia anticipata. Sono come le pietruzze di un mosaico che, sistemate secondo il piano dell’artista e vedute nel loro complesso, formano una meravigliosa composizione: la vita del Messia. 
Questo fu possibile perché una sola Mente ordinatrice ispirava i profeti e li dirigeva verso un unico fine ed un’unica persona : Gesù Cristo. Così il Messia, apparendo sulla terra, unificava e realizzava in sè tutto il passato e trovava nelle profezie un argomento invincibile della sua missione divina. 
 
IL CRISTO DEI PROFETI. 
 
Le profezie intorno a Gesù Cristo sono moltissime: tra esse scegliamo quelle che si riferiscono ai fatti più impor-tanti della sua vita. 
 
I PROFETI HANNO PREDETTO DEL MESSIA : 
 
1) La stirpe da cui sarebbe nato : quella di Sem. Infatti Noè benedicendo a Sem disse : « Benedici, o Signore, i padiglioni di Sem, e sia Canaan loro schiavo. Di-lati Iddio Iaphet e trovi dimora nei padiglioni di Sem » (Genesi, 9, 26). 
 
2) La nazione: quella discendente da Abramo. « Benedirò chi ti benedice — disse il Signore ad Abramo — e maledirò chi ti maledice e Per te saranno benedette tutte le nazioni » (Genesi, 22, 18). 
 
3) La tribù: quella di Giuda. « Giuda, a te daran lode i tuoi fratelli — disse Giacobbe benedicendo i suoi figli — e ti adoreranno i figlioli del padre tuo. Lo scettro non sarà tolto da Giuda e dal condottiero della stirpe di lui, fino a tanto che venga colui che deve essere mandato, Egli sarà l’aspettazione delle nazioni » (Genesi, 40, 8). 
 
4) La famiglia: quella di Davide. « Il Signore ha dato a Davide promessa giurata e davvero non la ritratterà: un tuo figlio collocherò sul trono » (Salino, 131, 11). « Il seme di lui durerà in eterno » (Salmo 88). 
 
5) La Madre: Maria Vergine. « Ecco che una Vergine concepirà e darà alla luce un figlio e il suo nome sarà Emanuele cioè: Dio con noi (Isaia. 7. 14). 
 
6) Il tempo della nascita. —« Sappi dunque e nota attentamente : da quando uscirà l’ editto per la riedificazione di Gerusalemme fino al Cristo principe vi saranno sette settimane e sessantadue settimane; e saran di nuovo edificate le piazze e le mura in tempo d’angustie…. il Cristo sarà ucciso e non sarà più suo popolo quello che lo rinnegherà. E la città e il santuario saranno distrutti da un popolo con condottiero che verrà e la sua fine sarà la devastazione » (Daniele, 9. 25). 
« Quando verrà meno lo scettro di Giuda » (Genesi, 40, 10). 
« Prima della distruzione di questo secondo tempio che sarà da lui visitato» (Aggeo, 2-8). 
« La sua venuta sarà preceduta da una pace universale » (Isaia, 2, 4). 
« Sarà annunciata e preparata da uno speciale inviato » (Malachia, 3, 1). 
 
7) Il luogo. « E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei certo la più piccola fra le terre di Giuda; perchè da te uscirà Colui che reggerà il mio popolo di Israele » (Michea, 5, 2). 
 
8) La vita. « Sarà adorato dai re d’Oriente che gli offriranno oro e incenso » (Isaia, 60, 6). 
« Soggiornerà in Egitto » (Osea, 11, 1). 
« Sarà povero ed attenderà al lavoro » (Salmo 87, 16). « Sarà obbediente )) (Salmo 39, 
« Andrà a cercare le pecorelle smarrite, solleverà quelle che son cadute, fascerà le piaghe di quelle che son ferite » (Ezechiele, 34). 
« Consolerà gli afflitti » (Isaia, 61). 
« Opererà miracoli a favore dei ciechi, dei sordi, dei muti, ecc. » (Isaia, 35, 6). 
« Sarà anche una pietra di scandalo ed un’occasione di rovina per un gran numero di giudei » (Isaia, 1, 6, 8). 
« Entrerà trionfalmente in Gerusalemme « cavalcando un’asina e un asinello » (Zaccaria, 9, 9). 
 
9) La passione. « Egli non ha vaghezza nè splendore; e noi l’abbiamo veduto e non era bello a vedersi…. Veramente Egli ha preso su di sè i nostri languori e ha portato i nostri dolori, e noi l’abbiamo reputato un lebbroso e come flagellato da Dio e umiliato. Ma egli è stato piagato a motivo delle nostre iniquità, è stato sprezzato per le nostre scelleratezze; il castigo, cagione di nostra pace, cade sopra di Lui e per le lividure di Lui siamo risanati. Tutti noi siamo stati. come pecore erranti : ciascheduna deviò per la sua strada e il Signore pose addosso a lui le iniquità di tutti noi. È stato offerto, perché Egli ha voluto e non ha aperta la sua bocca; come pecorella sarà condotto ad essere ucciso; e come agnello muto si sta dinanzi a colui che lo tosa, così Egli non aprirà la sua bocca » (Dalle Profezie di Isaia). 
« Mi pesarono per mia mercede trenta monete d’argento » (Zaccaria, 11, 12).
« Hanno forato le mie mani ed i miei piedi, hanno contato tutte le mie ossa ; si son divise le mie vesti e han gettato la sorte per avere le mie vesti… ; quanti mi videro si burlarono di me, mossero le labbra e scossero la testa. Confidò nel Signore : essi dicono : lo liberi, lo salvi, se è vero che lo ama » (Salmo 21). 
« Per cibo mi diedero fiele, e per calmare la mia sete mi offersero aceto » (Salmo 62, 68). 10) La missione. — « Sarà il Salvatore » (Isaia, 51, 5). « Sarà il giusto per eccellenza » (Geremia, 23, 5). « Sarà l’Ammirabile; il Consigliere; il Principe della pa-ce » (Isaia, 9, 6).
 
11) La divinità. — « Il Signore mi ha detto : tu sei mio figliuolo oggi io ti ho generato ». 
« Tra gli splendori della santità, avanti ad ogni altra cosa, dal mio seno io ti generai – dice Iddio » (Salmo 109, 4). 
« Egli sarà l’Emanuele, il Dio forte, il Padre del futuro secolo » (Isaia, 42, 16). 
 
12) Il sacerdozio. « Il Signore ha giurato ed egli non si pentirà: tu sei sacerdote in eterno secondo l’ordine di Melchisedecco » (Salmo 109). 
 
13) Il trionfo. «L’Agnello sarà il Dominatore ». « Disse il Signore al mio Signore : siedi alla mia destra fino a tanto che io ponga i tuoi nemici sgabello dei tuoi piedi ); (Salmo 109). « Non permetterai che il tuo unto veda la corruzione » (risurrezione) (Salmo 15). 
 
14) La regalità. « Fiorirà ai suoi dì la giustizia e somma pace…. dominerà da un mare all’altro e dal fiume fino all’estremità della terra )) (Salmo 71). « Ci è nato un pargolo, ci fu dato un figlio, il suo nome sarà Principe ,di Pace e il principato è stato posto sulle sue spalle. Il suo impero crescerà. Sederà sul trono di Davide e sopra il suo regno » (Isaia, 9, 6). « Gli conferì la potestà, l’onore, il regno; tutti i popoli, le schiatte e le lingue serviranno a Lui; la sua potestà sarà una potestà eterna che non gli sarà mai tolta, e il suo regno un regno che non sarà mai distrutto » (Daniele, 7, 13). 
 
Tutte queste profezie si sono verificate alla lettera; basta leggere la Vita di Gesù, e specialmente il Vangelo di S. Matteo che, scrivendo per gli ebrei, diede un forte rilievo al parallelismo tra le profezie e la vita del Salvatore, offrendo la più forte dimostrazione che l’Aspettato delle genti era venuto, che era lui, Gesù di Nazaret. 
 

Paranoia anticristiana: mercatino di Natale senza crocifissi

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Segnalazione del Centro Studi Federici

Strasburgo: la paranoia laicista ed ecologista colpisce i mercatini di Natale 
 
In diverse nazioni europee la maggioranza della popolazione è ostaggio delle paranoie ideologiche o delle perversioni sessuali del partito del politicamente corretto. Un esempio proviene da Strasburgo, dove imperversa il sindaco “ecologista” madama Jeanne Barseghian, che sta stravolgendo i tradizionali mercatini natalizi.
 
Strasburgo. Il mercatino di Natale è troppo cristiano, via i crocifissi
 
La giunta ecologista della città francese fa una lista dei prodotti che non si potranno vendere al tradizionale “mercato di Gesù Bambino”: niente prodotti tipici, poco multiculturali, “croci di JC” ammesse solo “ad alcune condizioni”
 
Parigi. Robert Schuman concepì il progetto di un’Unione europea meditando fra le vetrate della cattedrale di Strasburgo, epicentro della cristianità in Francia e gioiello dell’arte gotica, tanto da essere definita da Victor Hugo «un prodigio di grandezza e leggiadria». Nei pressi dalla cattedrale e a Place Kleber si svolge ogni anno il “Christkindelsmärik”, ossia “il mercatino di Gesù Bambino”, uno dei più importanti mercatini di Natale d’Europa (quest’anno festeggia il suo 452esimo anniversario). Da sempre si respira una gioiosa atmosfera cristiana: è un momento speciale per tutti gli abitanti di Strasburgo, ma anche per i milioni di turisti che si recano nella città alsaziana.
 
Niente piatti della tradizione né crocifissi in vendita
Per l’edizione 2022, tuttavia, il comune guidato dalla giunta ecologista di Jeanne Barseghian vuole a quanto pare rovinare la festa: mettendo da parte le tradizioni “troppo” franco-francesi, e dunque non abbastanza multiculturali, e sgonfiando il più possibile la dimensione cristiana dell’evento. Secondo quanto rivelato dal quotidiano Dernières Nouvelles d’Alsace (Dna), i commercianti di Strasburgo che parteciperanno al mercatino hanno ricevuto una mail da parte del Comune che vieta loro la vendita di un certo numero di prodotti. La lista è stata diffusa su Twitter da Dna.
Sarà fermamente vietata la vendita delle bevande e dei piatti gastronomici della tradizione francese, champagne, tartiflette e raclette, ma soprattutto, ed è questa l’interdizione più scioccante, dei crocifissi, o meglio, delle “croix de Jc” (croci di Gesù Cristo, ma con le sole iniziali), come le chiama nel linguaggio politically correct il Comune ecologista. Nella lista inviata dalla sindaca Jeanne Barseghian e dai suoi pasdaran si specifica che i crocifissi, inseriti peraltro nello stesso gruppo dei cavatappi e dei posacenere, potranno essere venduti soltanto «ad alcune condizioni».
 
I Verdi a Strasburgo e il mercatino di Natale senza Gesù
«Al mercatino di Natale di Strasburgo, le “croix Jc” (sic), relegate al rango dei cavatappi o dei posacenere, sono autorizzati “ad alcune condizioni”? Ma quali condizioni? Senza crocifisso, il Natale sparisce», ha denunciato la giornalista di Boulevard Voltaire Gabrielle Cluzel. Lo sgomento dinanzi agli ordini della giunta green è tanta sia tra gli abitanti sia tra i consiglieri comunali dell’opposizione. Come Pierre Jakubowicz, centrista. «Dopo i musei e la cultura… il mercatino di Natale o quando le decisioni arbitrarie della sindaca ecologista di Strasburgo rovinano la festa. Sì a un momento festivo che rivendica le sue radici e smettiamola di voler impedire tutto e mettere regole ovunque», ha twittato Jakubowicz.
Il cinguettio sdegnato dell’eletto centrista è accompagnato da una lettera aperta alla sindaca di Strasburgo, rea non solo di voler svuotare il mercatino di Natale del suo significato cristiano, mettendo fine a una tradizione che va avanti da quasi cinquecento anni, ma anche di aver comunicato la lista in maniera tardiva e senza concertazioni. «Siamo sorpresi dall’arrivo tardivo di questa lettera, ossia a sole cinque settimane dall’inaugurazione del mercatino», ha attaccato Jakubowicz, denunciando un comportamento «unilaterale e brutale, in totale opacità».
 
«Trattiamo tutto allo stesso modo, crocifissi e souvenir»
In seguito alla levata di scudi trasversale, il vice sindaco di Strasburgo, Guillaume Libsig, ha provato a giustificare la scelta con la scusa della “scarsa qualità” degli oggetti venduti, tra cui i crocifissi, e dell’effetto “supermercato per i turisti”. Libsig ha spiegato che il Comune vuole mantenere l’autenticità del Natale in tutti i campi, non solo in quello religioso.
«Il lavoro che stiamo portando avanti è incentrato sulla volontà di garantire l’autenticità», ha scritto sul suo account Facebook il vice sindaco, prima di aggiungere: «E l’insieme dei prodotti è stato trattato allo stesso modo. Boule de neige… presepi… ghirlande… crocifissi… santoni… souvenirs». Il problema, appunto, è quello di trattare i crocifissi e i presepi come un oggetto qualsiasi, a maggior ragione in un evento che porta il nome di Gesù Bambino.
 
 

 

La festa dell’Ascensione

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Segnalazione del Centro Studi Federici

“Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio” (Mc 16, 19).
 
Auguri per la festa dell’Ascensione di N. S. Gesù Cristo.
 
Catechismo Maggiore di San Pio X – Dell’Ascensione del Signore

 

Ennesima follia BLM: “Abbattete le statue di Cristo bianco. E’ simbolo della supremazia “

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Segnalazione M.T.

di Pietro Sighel

Sembra si alimenti sempre di più l’odio scellerato della sinistra americana e dei Black Lives Matter verso le statue occidentali.

Il gruppo che si potrebbe definire anti monumentalista, si è da tempo prefissato l’obiettivo di distruggere qualunque monumento che rappresenti l’occidente. Per loro, l’occidente è simbolo di rovina e di distruzione.

Nel mirino dell’associazione anti razzista questa volta è finito nientemeno che l’onnipotente. Cristo.

Secondo costoro, ed in particolare a parere dell’attivista scrittore Shaun King, tutte le statue di Cristo bianco dovranno essere distrutte.

Gesù, da ora in poi, in America dovrà essere solamente nero. King si è scagliato contro le statue su Twitter.

Lo scrittore ha infatti specificato  quanto sia acclarato che il figlio di Dio avesse la pelle olivastra e l’aspetto da meridionale. La sua raffigurazione da uomo occidentale sarebbe infatti solamente una forma di supremazia bianca.

Penso che anche le statue del cristo raffigurato come un europeo bianco dovrebbero essere buttate giù, sono una forma di supremazia bianca- scrive nel tweet lo scrittore- Nella Bibbia quando la famiglia di Gesù voleva nascondersi e mimetizzarsi, indovinate dove sono andati? In Egitto e non in Danimarca. Abbatteteli”.

Naturalmente da tutti gli Stati Uniti sono piovute critiche e condanne di queste frasi che fanno riflettere quanto in là si sia spinto l’accanimento verso qualunque cosa sia occidentale e non nera.

(SP)

Fonte: https://www.lavocedeltrentino.it/2021/10/06/ennesima-follia-blm-abbattete-le-statue-di-cristo-bianco-e-simbolo-della-supremazia/

Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me

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di Carlos Werner

1 OTTOBRE – SANTA TERESA DI GESÙ BAMBINO, VERGINE E DOTTORE DELLA CHIESA – MEMORIA

Lc 10,13-16

In quel tempo, Gesù disse:

«Guai a te, Corazìn, guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidòne fossero avvenuti i prodigi che avvennero in mezzo a voi, già da tempo, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, nel giudizio, Tiro e Sidòne saranno trattate meno duramente di voi.

E tu, Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai!

Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me, disprezza colui che mi ha mandato».

Commento:

Enorme responsabilità, ammirabile compito: rappresentare – quasi nel senso letterale del verbo – lo stesso Gesù davanti agli uomini.

***

Nostro Signore maledice in questo passo Betsàida e Cafàrnao, due città del lago di Tiberiade che furono testimoni di grandi suoi miracoli. Da Betsàida sarebbero, addirittura, originari Pietro, Andrea e Filippo, Apostoli del Signore.

La maledizione divina si è fatta sentire, e come! In effetti, i resti archeologici di Betsàida si ritrovano oggi lontani dalla riva del lago, perché la città fu spostata in alto da un cataclisma. Letteralmente rasata al suolo, i suoi resti sono difficili da identificare… La parola del Verbo di Dio non uscì dalla sua bocca senza produrre frutti.

E se avessero la stessa sorte alcune città moderne? Perché no? Anche da noi abbiamo assistito, specie in Europa, a tanti miracoli e grazie insigni elargite dalla Provvidenza in profusione. Tanta misericordia non ha generato tra noi veri sentimenti di conversione, malgrado sia a Lourdes che a Fatima la Madonna abbia chiesto con veemenza materna che facessimo penitenza.

Preghiamo per ascoltare il Signore e non disprezzarlo, altrimenti, avremo in sorte un futuro simile a quello avuto da Betsàida e Cafàrnao.

Santa Teresina, nella sua grande bontà, possa attrarre tanti cuori al vero amor di Dio, per evitare che le rovine di un mondo decadente seppelliscano il passato glorioso di fede ed eroismo dei nostri antenati.

Fonte: https://www.cristianitoday.it/?mailpoet_router&endpoint=track&action=click&data=WzE5MCwiZWM1OTA1IiwiMTM2NyIsIjI1ZjI3NjJjNWQwZSIsZmFsc2Vd

Il mese del Sacro Cuore di Gesù

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Segnalazione del Centro Studi Federici
Cuore santissimo di Gesù, fonte di ogni bene, vi adoro, vi amo, vi ringrazio e, pentito vivamente dei miei peccati, vi presento questo povero mio cuore. Rendetelo umile, paziente, puro e in tutto conforme ai desideri vostri. 
Proteggetemi nei pericoli, consolatemi nelle afflizioni, concedetemi la sanità del corpo e dell’anima, soccorso nelle mie necessità spirituali e materiali, la vostra benedizione in tutte le mie opere e la grazia di una santa morte. Così sia.
 
Litanie del Sacro Cuore e atto di consacrazione:
Cor Jesu Sacratissimum, miserere nobis. 
 
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