IL VATICANO IN LINEA CON SOROS. Dimissioni di Ratzinger per intrighi di Palazzo

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di Silvano Danesi

Per rimanere nella tempistica utile non si poteva aspettare la morte di Benedetto XVI e così lo si è invitato, per usare un eufemismo, alle dimissioni. Si arriva, dunque, alla rinuncia del Papa teologo… (Stando così le cose, è evidente che le dimissioni di Ratzinger abbiano favorito la “mafia di San Gallo”. Il comportamento dell’ “emerito”, a seguito delle dimissioni è stato più che accondiscendente. Se, in realtà, egli fosse d’accordo, non lo sapremo mai. Sappiamo che ha assecondato la “mafia di San Gallo” e certamente non avrebbe dovuto. [N.d.R.] )

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Da tre giorni La Verità scrive dei rapporti tra la Cei, guidata dal cardinale Matteo Maria Zuppi e l’ex noglobal Luca Casarini. Rapporti che hanno dato luogo a finanziamenti alla ong che arma la Mare Jonio, un rimorchiatore che trasporta migranti e che ora è indagata per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. L’inchiesta giornalistica rivela che anche la Open Arms è stata finanziata, ma direttamente dal Papa.

L’inchiesta è stata iniziata da Panorama e ieri il direttore de La Verità, Maurizio Belpietro, dopo che Luca Casarin è stato addirittura invitato al Sinodo, si chiede come sia stato possibile inquinare così i vertici cattolici.

Forse la domanda ha una risposta nei vertici cattolici stessi, ossia in Jorge Mario Bergoglio, nella sua elezione, nelle sue esternazioni, nei suoi rapporti internazionali e nella sua posizione su clima, green e migranti.

Nell’insieme il papato di Jorge Mario Bergoglio si pone in perfetta linea con la Open Society Foundations di George Soros e con la cupola finanziario- filantropica che dirige la musica sul clima, sulla nuova religione green e sui rapporti con la Cina in chiave di controllo sociale.

I vertici cattolici non sono inquinati da Casarin, che è solo una delle tante pedine di un disegno, ma dal vertice stesso, in quanto, come scrive Sir Henry Sire, docente universitario e storico, nonché cavaliere dell’Ordine di Malta (poi espulso per aver scritto di Bergoglio) con lo pseudonimo di Marcantonio Colonna (“Il Papa dittatore”), “Bergoglio è stato eletto dalla “mafia” liberale, un gruppo di vescovi e di cardinali progressisti che per anni ha agito per centrare proprio questo obbiettivo”.

Papa dittatoreMaschera di Bergoglio

Il termine “mafia” è stato introdotto per la prima volta in un’intervista televisiva nel settembre 2015 dal Cardinal Godfried Danneels, arcivescovo emerito, ma al tempo ancora molto influente, di Bruxelles-Mechelen a proposito del Gruppo di San Gallo.

“Danneels – scrive Colonna – ha affermato di aver fatto per anni parte di questo gruppo che si era opposto a papa Benedetto XVI durante tutto il suo pontificato. Il gruppo ha lavorato, egli ha detto, per favorire la formazione di una Chiesa Cattolica ‘molto più moderna’ e per far eleggere papa l’arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio”.

Il gruppo “si incontrava ogni anno dal 1996” a San Gallo, in Svizzera, originariamente su invito del vescovo della città, Ivo Fürer, e dell’arcivescovo di Milano, il cardinale gesuita Carlo Maria Martini.

“Danneels – scrive Colonna – aveva rilasciato l’intervista per promuovere la sua biografia autorizzata e ha aggiunto che il gruppo San Gallo vantava vescovi e cardinali, “troppi da elencare”. Ma tutti avevano lo stesso obiettivo comune: l’attuazione di un programma “liberale/progressista” in opposizione a Papa Benedetto e all’orientamento di un moderato conservatorismo dottrinale”.

Uno degli aspetti interessanti, che mettono subito in risalto la rete italiana che collega le posizioni del Vaticano di Bergoglio con la politica italiana è Villa Nazareth a Roma.

Colonna riferisce che nel 2015, Paul Badde, scrittore tedesco ed esperto delle questioni concernenti il Vaticano, ha sostenuto di aver ricevuto informazioni attendibili “che tre giorni dopo la sepoltura del papa Giovanni Paolo II, i cardinali Martini, Lehmann e Kasper dalla Germania, Bačkis dalla Lituania, van Luyn da Paesi Bassi, Danneels da Bruxelles e Murphy O’Connor da Londra «si sono incontrati nella cosiddetta Villa Nazareth a Roma, casa del cardinale Silvestrini, il quale ormai non era più eleggibile; hanno poi discusso in segreto una tattica per evitare l’elezione di Joseph Ratzinger»”.

Silvestrini, discepolo del cardinal Casaroli, era il potere della curia romana dietro ad Andreotti ed è stato, come riferisce Colonna, anche uno dei manovratori che ha fatto si che i Gesuiti arrivassero al potere con l’elezione di Bergoglio.

Nel Collegio di Villa Nazareth vengono fatti studiare dei ragazzi che faranno successivamente cureranno gli interessi del Vaticano in giro per il mondo.

Nel Collegio Nazareth di Roma, proprietà di una fondazione guidata dal cardinale Achille Silvestrini (ora defunto) ha studiato Giuseppe Conte e del Collegio era direttore monsignor Pietro Parolin, attuale segretario di Stato del Vaticano.

In una fase delicata della politica italiana, Giuseppe Conte è stato messo all’opera. Renzi, che faceva gli esercizi spirituali tutti gli anni dai Gesuiti, ha lanciato l’idea del Governo Conte bis, il cui operato è ben conosciuto da tutti noi, anche per quanto riguarda i rapporti con il Dragone.

In questo panorama si inserisce anche l’interessante esperimento italiano che ha dato vita al Movimento Cinque Stelle.

In un articolo di Giacomo Amadori e di Gianluca Ferraris (Panorama, 3 aprile 2013) l’ex Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, fondatore della Gran loggia regolare d’Italia, restauratore in Italia degli Illuminati di Baviera e fondatore di Dignity, alla domanda dei giornalisti volta a chiedere se Gianroberto Casaleggio, autore di una profezia di “un futuro senza religioni in cui «l’uomo è Dio»” e che fa immaginare “un approccio umanistico”, sia stato un massone risponde: “Non mi risulta che Casaleggio sia massone, la sua ideologia è sicuramente più vicina a quella degli Illuminati di Baviera e all’accademia che io ho risvegliato in Italia nel 2002. Quale la differenza? I massoni vogliono migliorare il mondo così com’è, gli illuminati puntano a ripensarlo rispetto alle future condizioni; in più gli Illuminati considerano la democrazia una forma di degenerazione del potere che va superata come hanno già postulato Platone e Aristotele. Il credo contenuto nel video della Casaleggio e associati va proprio in questa direzione”. “La visione di Casaleggio in Gaia e la mia nel libro La conoscenza umana (Marsilio) – continua Di Bernardo – sono molto simili: entrambi riteniamo che nel futuro dell’umanità scompariranno le differenziazioni ideologiche, religiose e politiche. Per me a governare sarà una comunione di illuminati, presieduta dal «tiranno illuminato», per Casaleggio a condurre l’umanità sarà la rete, probabilmente controllata dal tiranno illuminato. Un concetto che, però, Casaleggio non ha ancora esplicitato”. Esplicitazione giunta di recente dal comico Giuseppe Grillo, con la sua teoria degli Elevati.

Panorama Burattinaio

Il 4 marzo 2013 Casaleggio mette in onda Gaia, un video dove si afferma che si arriverà, il 14 agosto 2054, ad un mondo governato dalla rete, con un governo mondiale chiamato Gaia eletto dai cittadini attraverso la rete. Nel 2054 non esisteranno più partiti politici, ideologie, religioni e i cittadini non avranno più carte d’identità o passaporti, ma esisteranno solo se saranno iscritti a Earthlink, un social network, mente una mega intelligenza artificiale collettiva, chiamata Braintrust, risolverà i problemi del mondo. Il primo esperimento è stato fatto sulla pelle degli Italiani e ne sopportiamo le conseguenze tragiche. Altro che intelligenza artificiale. Qui siamo in presenza di un tentativo di dittatura strisciante venduto per democrazia di massa ( https://www.youtube.com/watch?v=rx46BpHQ2mo ).

Le teorie di Gaia, frutto delle visionarietà di Gianroberto Casaleggio, esplicitate dal Comico Giuseppe Grillo, sono, secondo Giuliano Di Bernardo, molto vicine a quelle degli Illuminati di Baviera.

L’Ordine degli Illuminati fu organizzato, il primo maggio 1776 da Adamo Weishaupt sulla base di un modello gesuitico.

L’Ordine ebbe uno scopo più politico che religioso e la corrente illuministica interna alla Stretta Osservanza, alla ricerca di un progetto massonico da opporre ai Martinisti, guardò agli Illuminati con la mediazione di Knigge, che aveva come modello il Paraguay gesuitico e pensava a stati modello nelle Indie Occidentali (America).

Alain Wodroow, uno dei massimi esperti dei Gesuiti, a proposito dell’esperimento del Paraguay, afferma: “Questa esperienza di comunismo paternalista è singolare e fu esempio per gli utopisti del XX secolo. L’ammirava persino Voltaire, che fu allievo dei Gesuiti, ma li detestava”[1]

L’intreccio si fa ancor più interessante quando guardiamo alla politica estera del Vaticano di Bergoglio, con la sua deriva filo cinese e anti occidentale.

In un’intervista del giornalista americano Glenn Beck a Whitney Webb, autrice di “A Nation Under Blackmail”, una nazione sotto ricatto (disponibile grazie a Roberto Mazzoni – https://mazzoninews.com/2023/11/26/deep-state-finanzieri-spie-mafiosi-editori-e-pedofili-parte-4-mn-236-ritorno-alla-poverta/), l’intervistatore afferma: “Ho amici industriali che 30 anni fa mi dicevano: “La Cina è il nuovo modello”. E ho pensato, questo è un cattivo modello. Noi non lo vogliamo. Si limitavano a dire con leggerezza che la Cina era il nuovo modello. Ci sono voluti 10 anni, prima che iniziassi a rendermi conto che ne erano sinceramente convinti, e che avremmo portato in America l’approccio cinese”.

Whitney Webb risponde: “Certo. Questo è stato il piano per molto tempo. Abbiamo parlato prima del CinaGate. Al suo interno troviamo le origini della Silicon Valley. E molte delle persone più potenti del nostro complesso industriale militare, tra cui Lockheed Martin, vi erano coinvolte e volevano che quella tecnologia segreta andasse in Cina e minasse la nostra sicurezza nazionale. Notiamo che c’era qualcosa che stava succedendo allora e penso che lo stiamo vedendo succedere sempre di più anche adesso.

Nel 2020 ho scritto un articolo sulla National Security Commission on Artificial Intelligence, la Commissione per la sicurezza nazionale sull’intelligenza artificiale. Fondamentalmente dice che, per essere competitivi nell’intelligenza artificiale e garantire l’egemonia economica e militare per gli Stati Uniti, dobbiamo andare oltre la Cina in termini di implementazione della tecnologia di sorveglianza, e dell’uso dell’intelligenza artificiale, dobbiamo abbandonare la proprietà privata delle automobili, a cui si riferiscono come sistema tradizionale. E bisogna abbandonare le visite mediche di persona, passando all’alternativa basata sull’intelligenza artificiale. Questo accadeva nel 2019, prima del Covid”.

Glenn Beck: “Due anni prima di questo, ho parlato con il presidente del consiglio di amministrazione di General Motors e mi ha detto che entro il 2030 non produrremo più auto di proprietà singola, ma flotte di veicoli di uso comune”.

Whitney Webb: “Uber offrirà noleggi solo all’interno delle città intelligenti e il passeggero non potrà controllare la destinazione. Non si potrà più viaggiare da una città all’altra. Niente più scampagnate. Non potrai più decidere dove andare, magari guidare per tre ore per vedere la tua famiglia o chiunque altro, magari i tuoi amici. È finita se queste persone vincono. E la Commissione per la sicurezza nazionale sull’intelligenza artificiale era gestita da Eric Schmidt, ex capo di Google. Uno dei co-presidenti era un uomo di alto livello che lavora a stretto contatto con Schmidt e che era al Dipartimento della Difesa. E le persone che sempre più decideranno cosa potete fare appartengono alla comunità dell’intelligence, alle forze armate e alla Silicon Valley. E ritengono che falliremo se non andremo oltre il sistema di sorveglianza cinese, le sue megalopoli e il suo modello di città intelligente”.

In buona sostanza, per combattere la Cina dobbiamo essere più cinesi dei cinesi, ossia per combattere una dittatura dobbiamo essere una dittatura ancor più dittatura. Non male come prospettiva. E come la mettiamo con la deriva filo cinese del Vaticano?

Torniamo a Bergoglio e alla “mafia di San Gallo”.

Danneels era uscito di scena, ma il conclave del 2013 – scrive Colonna – “lo ha riportato al centro della politica della Chiesa, con il nuovo papa che lo ha invitato a unirsi a lui nella Loggia di San Pietro per la sua prima apparizione alla folla. Ha avuto il privilegio di intonare le preghiere della Messa inaugurale di Francesco. Più tardi il cardinale, che molti avevano considerato “in disgrazia”, è stato invitato da papa Francesco, godendo così di uno speciale favore papale, a partecipare ad entrambi i Sinodi sulla Famiglia dove ha assunto una ruolo importante. Danneels stesso ha descritto il suo ultimo conclave come “un’esperienza di risurrezione personale”.

La “squadra Bergoglio” ha dunque completato l’opera di San Gallo.

“Nonostante regole della più rigorosa segretezza – scrive sempre Colonna – , dopo il conclave del 2005 si è venuto a sapere che lo sconosciuto gesuita di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio, era arrivato secondo nelle votazioni. Il gruppo di San Gallo era presente quasi al completo e aveva lavorato sodo per il suo candidato. E il suo sostegno aveva avuto il suo peso”.

L’esergo del testo “Il Papa dittatore, di Marcantonio Colonna” è una citazione di Abramo Lincoln: “Potete ingannare tutti per qualche tempo, o alcuni sempre, ma non potete ingannare tutti per sempre”.

Ai tempi di Peron, Bergoglio era uno dei suoi seguaci, ma il suo legame era con l’ala destra del Peronismo. “Nel 1971 – scrive Colonna – è stato nominato Maestro dei Novizi della provincia argentina e ha saputo coniugare questo incarico al sostegno della Guardia de Hierro (Guardia di Ferro), che a quel tempo era impegnata per il ritorno di Perón dall’esilio. Austen Ivereigh descrive questo coinvolgimento eufemisticamente come “sostegno spirituale” al movimento; esso era in realtà molto di più ed è rivelante degli interessi politici che dovevano distinguere Bergoglio per tutta la sua vita. Per tutte le norme, era un modo insolito per un maestro dei novizi di un ordine religioso di trascorrere il suo tempo libero”.

Resta il fatto che la Guardia de Hierro argentina si ispira all’omonimo gruppo rumeno. La Guardia di Ferro (in romeno Garda de Fier) è infatti la denominazione data da Corneliu Zelea Codreanu alla branca armata del movimento da lui fondato negli anni Trenta del XX secolo.

Dal 1965 ql 1981 il Generale dei Gesuiti è stato lo spagnolo Pedro Arrupe, il quale ha impresso alla Compagnia una svolta a sinistra, verso la teologia della liberazione.

Svolta che ha coinvolto la Università del Salvador e che ha visto contrario il peronista Bergoglio, il quale, ci dice Colonna, l’ha consegnata ad alcuni suoi compagni della Guardia di Ferro peronista.

Diventa, pertanto difficile capire come Bergoglio si sia poi orientato a sinistra, se non entrando nella logica argentina del peronismo.

Scrive in proposito Sir Henry Sire, alias Marcantonio Colonna: “Si narra la storia che Perón, nei suoi giorni di gloria, un giorno abbia proposto a un nipote di iniziarlo ai misteri della politica. Dapprima ha portato con sé il giovane quando ha ricevuto una delegazione di comunisti; dopo aver ascoltato le loro idee, ha detto loro: “Avete ragione”. Il giorno dopo ha ricevuto una delegazione di fascisti e ha risposto di nuovo alle loro argomentazioni: “Avete ragione”.

Poi ha chiesto a suo nipote cosa pensasse e il giovane ha detto: “Hai parlato con due gruppi con opinioni diametralmente opposte e hai detto ad entrambi che sei d’accordo con loro. Questo è completamente inaccettabile”. Perón ha risposto: “anche tu hai ragione”. Tale aneddoto è la spiegazione del motivo per cui nessuno può sperare di capire Papa Francesco se non comprende la tradizione della politica argentina, un fenomeno al di fuori dell’esperienza del resto del mondo; la Chiesa è stata colta di sorpresa da Francesco perché non possedeva la chiave per comprenderlo: egli è la trasposizione ecclesiastica di Juan Perón. Coloro che cercano di interpretarlo in altro modo non dispongono dell’unico criterio valido”.

Va anche considerato il rapporto di Bergoglio con il fevrerismo, al quale fu introdotto da Esther Ballestrino.

Le motivazioni che spingono il Vaticano di Francesco a cercare un rapporto con la Cina sono chiaramente non dovute alla difesa dei cristiani cinesi, ma agli interessi in altre aree del mondo: l’Africa, l’America Latina e la stessa Europa. Vi sono, inoltre, motivazioni ideologiche che coinvolgono i singoli protagonisti in campo. Bergoglio, fevrerista, peronista, propugnatore della Patria Latina, ha un rapporto difficile con gli USA e di collaborazione intensa con i regimi latino americani non collaborativi con gli States. La Curia vaticana è stata riempita di prelati latino americani in posizione di potere. Potere che condividono con il vero dominus della politica, il tedesco cardinale Reinhard Marx, sostenitore della politica filo cinese della Germania, dovuta agli interessi economici di Berlino nelle terre del Dragone.

Il grande enigma della conversione di Bergoglio alla sinistra e alla parte liberale della Chiesa, e in particolare il gruppo di San Gallo, che l’ha trasformato nel suo uomo guida, trova la giustificazione nella logica peronista. Perón, come Presidente, non ha avuto alcuna esitazione a spostarsi dalla destra all’estrema sinistra, fa notare Sir Henry Sire “se la sua smania di potere lo richiedeva”.

“Nel 2005 – scrive Sir Henry Sire -, i piani del gruppo di San Gallo sembravano infranti dall’elezione di Benedetto XVI. Si pensava che Benedetto avrebbe regnato per un periodo di dieci o addirittura quindici anni, e sarebbe stato un periodo troppo lungo per le persone interessate per poterne beneficiare. L’abdicazione del febbraio 2013 è arrivata appena in tempo per rilanciare il programma del gruppo di San Gallo. Il Cardinale Martini era morto l’anno precedente, ma Danneels e Kasper erano ancora abbastanza giovani per poter evitare l’esclusione dai conclavi papali che per i cardinali arriva all’età di ottanta anni, un limite che entrambi avrebbero raggiunto più tardi nel corso dell’anno. Specialmente Bergoglio, all’età di 76 anni, rimaneva papabile; il prolungamento del suo mandato da parte di Papa Benedetto significava che egli era ancora in carica come arcivescovo di Buenos Aires e quindi era un capo della gerarchia latino-americana”.

E qui facciamo i conti con i tempi e con la necessità di tenere un conclave in tempo utile per far votare i cardinali di San Gallo.

Per rimanere nella tempistica utile non si poteva aspettare la morte di Benedetto XVI e così lo si è invitato, per usare un eufemismo, alle dimissioni.

Si arriva, dunque, alla rinuncia del Papa teologo, inviso alla “mafia” di San Gallo.

Sir Henry Sire cita le pressanti “circostanze che l’avevano causata: la piaga continua delle finanze vaticane, che per anni aveva resistito ad ogni sforzo di essere sanata; lo scandalo “Vatileaks” del 2012, quando il maggiordomo del Papa aveva rivelato documenti segreti proprio per mostrare quanto Benedetto XVI fosse impotente nel controllare il caos intorno a lui; e infine il rapporto privato che è circolato nel dicembre 2012, il quale rivelava una tale corruzione morale nella Curia che si pensava fosse la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso nel persuadere Benedetto di non essere più in grado a far fronte a una tale situazione”.

Ora i nodi vengono al pettine e come diceva Abramo Lincoln: “Potete ingannare tutti per qualche tempo, o alcuni sempre, ma non potete ingannare tutti per sempre”.

Le linee seguite dal Vaticano sono sempre più leggibili e sono sempre più evidenti i legami tra la linea di Bergoglio e quella del centro finanziario e dei sedicenti filantropi (Soros in primis, in quanto finanziatore di ong che si occupano di migranti).

La vicenda Casarin inoltre disastra la politica estera vaticana, ultimamente molto delegata al cardinal Zuppi, il quale è in rapporto stretto con la Comunità di Sant’Egidio (filocinese) e colpisce nell’intimo il Pd, perché il cardinal Zuppi è in stretti rapporti con Romano Prodi e con l’ala cattolica del Partito democratico, la cui politica sui migranti è chiaramente ispirata da quella vaticana.

E così, alla domanda di Maurizio Belpietro riguardante come sia stato possibile che si siano inquinati a tal punto i vertici vaticani la risposta la troviamo nella “mafia di San Gallo e in tutto quello che è avvenuto in questi anni.

Chiaramente la Chiesa sta passando un gran brutto momento, basti pensare ai recenti siluramenti di prelati Usa invisi a Bergoglio.

L’emergenza climatica pare stazionare sulla cupola di San Pietro.

 

[1] Alan Woodrow, Una storia di potere, Newton Compton

 

Fonte: https://www.nuovogiornalenazionale.com/index.php/italia/politica/15026-il-vaticano-in-linea-con-soros.html?fbclid=IwAR2IPXRvN4_O6tGm9EBtrI7ylpOcWs6vnjZ6ROHkWfacHRkOjV9sCLZSnkE

Cristianesimo senza miracoli e senza inferno

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di Gianfranco Amato

Per comprendere lo stato di crisi della Chiesa e della fede cristiana, è sufficiente leggere le dichiarazioni di alcune teologi á la page, e biblisti particolarmente popolari e apprezzati.

Tra questi spicca certamente Padre Alberto Maggi, religioso dell’Ordine dei servi di Maria, che vanta persino studi all’École biblique di Gerusalemme, l’istituto più prestigioso del mondo per chi intenda approcciarsi alle Scritture con rigore scientifico, e che da trent’anni resta saldo al timone dell’altrettanto prestigioso Centro Studi Biblici di Montefano. È pure un volto conosciuto ed apprezzato dal pubblico, grazie ai suoi commenti al Vangelo trasmessi da TV2000, l’emittente televisiva della Conferenza Episcopale Italiana.

Le ultime dichiarazioni pubbliche rese da Padre Alberto Maggi appaiono assai eloquenti sul citato stato della Chiesa e della fede cristiana.

Il noto teologo, infatti, ha iniziato col definire «pericoloso» lo stesso Libro sacro per i cristiani, ovvero la Bibbia, in quanto «capace di far perdere la fede, più che suscitarla». Per Padre Maggi, infatti, il contenuto di quel testo sacro in realtà narra «una storia poco avvincente di cui conosciamo già il finale e su cui pesano condizionamenti esterni che finiscono per farci pensare all’assurdità del suo racconto».

Una di queste assurdità, per Padre Maggi, è proprio il concetto di «inferno come luogo di dannazione eterna». Il teologo, infatti, sostiene che «nella Bibbia questa parola non compare, al suo posto c’è la dizione d’inferi quale regno dei morti», e precisa che «da pochi anni anche l’ultima edizione delle Scritture curata dalla Cei è stata corretta, ma, visto che prevale la logica del “si è pensato e fatto sempre così”, poco ci si adopera e cambiare la mentalità comune».

Per Padre Maggi, quindi, nessun è dannato per l’eternità al termine dei suoi giorni, fra pianti e stridor di denti. Sul punto, infatti, il teologo è tranchant: «Nessuno. Nei Vangeli semmai si parla di una vita biologica, che si chiude con la morte a cui segue o un’esistenza senza fine nello spirito per chi, credente o meno, abbia amato, oppure una morte seconda, definitiva». Insomma, l’inferno come lo intende il Magistero della Chiesa sarebbe in realtà vuoto. Questa è un’idea molto più di diffusa di quanto si possa immaginare soprattutto nei seminari e nelle scuole teologiche. Oltre che tra alcuni autorevoli esponenti delle gerarchie ecclesiastiche. E ciò nonostante le chiare e inequivocabili parole dello stesso Gesù Cristo, citate nel Vangelo di Matteo: «E questi se ne andranno al castigo eterno, i giusti invece alla vita eterna» (Mt 25,46). Ma si sa, come ha spiegato il Generale dei gesuiti Padre Arturo Sosa Abscal ai tempi di Gesù «nessuno aveva un registratore per inciderne le parole», e dunque, in mancanza di certezze, occorre contestualizzare, relativizzare e procedere secondo il metodo del discernimento.

Il nostro Padre Alberto Maggi ne ha pure per i miracoli evangelici: «Anche questa parola è estranea ai Vangeli. Gesù ha compiuto dei segni per favorire la fede, non ha stravolto le leggi della fisica». E per spiegarlo cita l’episodio della resurrezione di Lazzaro, chiarendo bene che esso ha un suo «significato teologico, non storico­». E a chi gli obietta che togliendo inferno e miracoli si rischia di annacquare il messaggio cristiano, il nostro teologo risponde così: «Tutt’altro, lo si purifica da un’esegesi letteralista incapace di cogliere il reale messaggio liberante di Dio».

Per avere un quadro completo della situazione, è utile ricordare anche il fatto che lo stesso Padre Maggi sia stato uno dei primi accaniti sostenitori della chiusura delle chiese difronte all’emergenza Covid-19. Una circostanza non casuale. Ricordiamo bene quando disse, per esempio, che «la libertà di culto tanto sbandierata è essere responsabili della salute delle persone, non di infettare la gente». E ricordiamo altrettanto bene un’altra sua celebre affermazione: «La salute delle persone è molto più importante di una celebrazione». Nessun anticlericale mangiapreti è arrivato a tanto. Evidentemente ci voleva un teologo e biblista del calibro di Maggi, il quale ha voluto comunque precisare il senso della sua frase in questi termini: «La verità è che senza lavoro non si campa, senza culto si campa benissimo; questa è una cosa importante, anche se mi sembra ovvia: senza lavoro non si può andare avanti, senza la celebrazione della Messa si campa ugualmente bene, c’è tanta gente che non partecipa mai all’eucaristica e vive lo stesso». Forse bisognerebbe ricordare l’ammonimento evangelico che «non di solo pane vive l’uomo», ma qui torneremmo al problema del registratore sollevato dal Generale dei gesuiti.

Gravi errori della Civiltà cattolica sulla proposta di legge in tema di “suicidio assistito”

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PREMESSA: l’articolo è interessante e le critiche sono condivisibili. Il problema di fondo è che la rivista La Civiltà Cattolica e i gesuiti sono conciliari, quindi appartengono alla religione nata col Conciliabolo Vaticano II, che non fu un Concilio della Chiesa ma, appunto, un conciliabolo della Contro-Chiesa, che occupa i Sacri Palazzi. (n.d.r.)

Segnalazione Corrispondenza Romana

di Tommaso Scandroglio

Ha fatto molto parlare di sé l’articolo dal titolo La discussione parlamentare sul ‘suicidio assistito’ a firma di padre Carlo Casalone apparso sull’ultimo numero della rivista dei Gesuiti La Civiltà Cattolica (Quaderno 4114, a. 2022, vol. I, pp. 143-156). L’articolo è problematico per più motivi, che in questa sede non possiamo analizzare in modo esaustivo, ma in primis perché appoggia il varo della proposta di legge dal titolo Disposizioni in materia di morte volontaria medicalmente assistita. Ma procediamo con ordine esaminando gli aspetti più critici di questo articolo.

Casalone innanzitutto giudica positivamente la legge 219/2017: «Pur non mancando elementi problematici e ambigui, essa è frutto di un laborioso percorso, che ha consentito di raccordare una pluralità di posizioni divergenti». Dopo aver elencato le condotte legittimate dalla legge, Casalone conclude: «Il combinato disposto di questi elementi convalida la differenza, etica e giuridica, tra “lasciar morire” e “far morire”: il quadro delineato permette di operare rimanendo al di qua della soglia che distingue il primo dal secondo». Dunque secondo il gesuita la legge 219 non permetterebbe l’eutanasia. Ma le cose non stanno così. La legge permette la pratica dell’eutanasia omissiva e commissiva. In merito a quest’ultima tipologia la legge consente l’interruzione di terapie salvavita e di mezzi di sostentamento vitale quali l’idratazione e l’alimentazione assistite (tralasciamo qui per motivi di spazio la quaestio se tali mezzi possano configurare terapie, perché nulla muterebbe sul piano morale). Dunque consente l’uccisione di una persona innocente.

Passiamo ad un altro passo problematico dell’articolo: «Come la sentenza n. 242/2019, il testo riconosce non un diritto al suicidio, ma la facoltà di chiedere aiuto per compierlo, a certe condizioni». La sentenza a cui fa cenno Casalone è quella pronunciata dalla Corte costituzionale che ha legittimato l’aiuto al suicidio in presenza di alcune condizioni. L’attuale progetto di legge (Pdl) ricalca da vicino la struttura di questa sentenza. Ora c’è da dire che sia la sentenza che il Pdl attribuiscono un diritto all’aiuto al suicidio, non una mera facoltà. Sia la sentenza che la legge prevedono la necessaria e quindi doverosa realizzazione di alcune condotte in capo ai medici al verificarsi di alcune condizioni. Però nella sentenza, a differenza del Pdl, i medici possono astenersi dall’assumere queste condotte eccependo l’obiezione di coscienza: «Quanto, infine – si legge nella sentenza – al tema dell’obiezione di coscienza del personale sanitario, vale osservare che la presente declaratoria di illegittimità costituzionale si limita a escludere la punibilità dell’aiuto al suicidio nei casi considerati, senza creare alcun obbligo di procedere a tale aiuto in capo ai medici. Resta affidato, pertanto, alla coscienza del singolo medico scegliere se prestarsi, o no, a esaudire la richiesta del malato» (un altro errore dell’articolo è ritenere che nella sentenza non vi fosse presente l’obiezione di coscienza). Dunque se è presente l’obiezione di coscienza vuol dire che esiste, parallelamente, un obbligo verso cui eccepire questo istituto, altrimenti non avrebbe senso obiettare se, a monte, non ci fosse un dovere. E se c’è un dovere di eseguire X, vuol dire che in capo al paziente esiste un corrispettivo diritto di esigere X, diritto che se non verrà soddisfatto dal medico obiettore dovrà comunque essere soddisfatto da qualche altro medico. Dunque, come già accennato, sia nella sentenza che nel Pdl esiste il dovere di attuare la richiesta di assistenza al suicidio da parte del paziente, ma nella sentenza il medico può ricorrere all’obiezione di coscienza, nella legge non è presente questa possibilità. Ma anche laddove verrà inserita, l’aiuto al suicidio rimarrà comunque un diritto da riconoscersi in capo al paziente e la struttura ospedaliera dovrà trovare un medico non obiettore per soddisfare l’esercizio di questo diritto.

Veniamo ora ad un altro passo, forse il più significativo, che merita di essere censurato (tralasciandone altri, tra cui una sezione in cui pare fondarsi l’illeceità morale del suicidio in primis sul concetto di relazione, come se la persona originasse la sua dignità dalla relazione con gli altri). L’articolo così continua: «Non c’è dubbio che la legge in discussione, pur non trattando di eutanasia, diverga dalle posizioni sulla illiceità dell’assistenza al suicidio che il Magistero della Chiesa ha ribadito anche in recenti documenti. La valutazione di una legge dello Stato esige di considerare un insieme complesso di elementi in ordine al bene comune, come ricorda papa Francesco: “In seno alle società democratiche, argomenti delicati come questi vanno affrontati con pacatezza: in modo serio e riflessivo, e ben disposti a trovare soluzioni – anche normative – il più possibile condivise. Da una parte, infatti, occorre tenere conto della diversità delle visioni del mondo, delle convinzioni etiche e delle appartenenze religiose, in un clima di reciproco ascolto e accoglienza. D’altra parte, lo Stato non può rinunciare a tutelare tutti i soggetti coinvolti, difendendo la fondamentale uguaglianza per cui ciascuno è riconosciuto dal diritto come essere umano che vive insieme agli altri in società”». Dunque da una parte Casalone precisa che la ratio della legge è incompatibile con la dottrina cattolica, ma su altro fronte pare qualificarla come male minore frutto di un compromesso tra visioni differenti in senso alla società: un doveroso punto di equilibrio dato che viviamo in una società pluralista.

Perché male minore? Quali mali maggiori eviteremmo votando questa legge? Casalone ne indica più di uno. Il primo riguarderebbe un appoggio al referendum radicale sull’omicidio del consenziente: «La domanda che si pone è, in estrema sintesi, se di questo PdL occorra dare una valutazione complessivamente negativa, con il rischio di favorire la liberalizzazione referendaria dell’omicidio del consenziente, oppure si possa cercare di renderla meno problematica modificandone i termini più dannosi. […] L’omissione di un intervento rischia fortemente di facilitare un esito più negativo». Il ragionamento (erroneo) è il seguente: affossiamo questa legge e verrà approvato il referendum radicale sull’omicidio del consenziente. Se invece l’appoggiamo, nel nostro ordinamento chi vorrà morire userà del suicidio assistito e non sentirà il bisogno di avere anche una legge sull’omicidio del consenziente. Le cose non stanno così. Innanzitutto si danno casi in cui la persona non può fisicamente darsi la morte (v. i tetraplegici) e quindi, per morire, chiederebbe che qualcuno la uccida (omicidio del consenziente). In secondo luogo e in modo più pregnante, appoggiare una legge sul suicidio assistito significa appoggiare anche una futura legge di matrice referendaria sull’omicidio del consenziente, perché la ratio è la medesima. Dire sì all’aiuto al suicidio significa dire sì alla possibilità di uccidere l’innocente, così come avviene nell’omicidio del consenziente. In altri termini, varare una legge sul suicidio assistito significa accettare il principio di disponibilità della vita. Accettato questo principio non si vede il motivo di rifiutare una legge sull’omicidio del consenziente che configurerebbe solo una diversa modalità di applicazione di questo stesso principio. In estrema sintesi: se sei a favore dell’aiuto al suicidio favorisci l’omicidio del consenziente.

Una breve riflessione su questa frase appena citata: “si possa cercare di renderla [la legge] meno problematica modificandone i termini più dannosi”. Una norma che legittima l’aiuto al suicidio sarebbe una norma intrinsecamente malvagia e mai potrebbe essere votata, perché legge ingiusta. Non è lecito votare una legge ingiusta – anche nel caso fosse “meno problematica [rispetto ad una versione precedente] modificandone i termini più dannosi” – perché votare a favore significa approvare e mai si può approvare l’ingiustizia, mai si può approvare il male, seppur minore, perché è comunque un male (sul punto mi permetto di rimandare a T. ScandroglioLegge ingiusta e male minore. Il voto ad una legge ingiusta al fine di limitare i danni, Phronesis, Palermo, 2020, testo in cui si analizza anche il n. 73 dell’Evangelium vitae, numero che erroneamente si chiama in causa in casi come questi per legittimare il voto ad una legge ingiusta).

Casalone poi così prosegue: “Tale tolleranza sarebbe motivata dalla funzione di argine di fronte a un eventuale danno più grave”. Tradotto: votare una legge meno ingiusta di un’altra, ossia votare una legge sul suicidio assistito meno iniqua rispetto a quella attualmente in esame in Parlamento, è atto di tolleranza. Errato: la tolleranza significa non volere direttamente un certo effetto – anche provocato da terzi – quindi sopportarlo, subirlo. Votare a favore di una legge ingiusta all’opposto significa volere direttamente questa legge ingiusta. Io posso lecitamente tollerare il male compiuto da un altro per un bene maggiore – ad esempio per evitare danni più gravi – ma quando sono io a compiere il male, seppur minore, è errato usare il verbo tollerare. Se uccido un innocente per salvarne 100, io non tollero l’assassinio di quella persona, io voglio l’assassinio di quella persona.

L’articolo di La Civiltà cattolica poi aggiunge: “Il principio tradizionale cui si potrebbe ricorrere è quello delle «leggi imperfette», impiegato dal Magistero anche a proposito dell’aborto procurato”. Non comprendiamo esattamente a cosa l’autore dell’articolo si riferisca quando collega l’espressione “leggi imperfette” all’aborto procurato, ma, nonostante ciò, possiamo dire che la locuzione “leggi imperfette” è spendibile solo per le leggi giuste che possono essere più giuste, ossia per le leggi perfettibili. La gradualità della perfezione è predicabile solo nell’ambito del bene, non del male. Una legge meno ingiusta di un’altra non è una legge migliore di un’altra, ma meno peggiore, non è una legge con un maggior grado di perfezione, non è una legge imperfetta.

Casalone così prosegue: «Per chi si trova in Parlamento, poi, occorre tener conto che, per un verso, sostenere questa legge corrisponde non a operare il male regolamentato dalla norma giuridica, ma purtroppo a lasciare ai cittadini la possibilità di compierlo». L’illeceità del votare a favore questa legge prima di risiedere nella collaborazione formale all’aiuto al suicidio – la legge diviene strumento per compiere questa azione intrinsecamente malvagia – risiede nel voto stesso: votare a favore significa approvare e mai è lecito approvare l’ingiustizia.

L’articolo così continua: «Per altro verso, le condizioni culturali a livello internazionale spingono con forza nella direzione di scenari eticamente più problematici da presidiare con sapiente tenacia». Quindi un altro motivo per approvare questa legge sarebbe quello di giocare d’anticipo: in giro per il mondo alcuni Paesi hanno approvato o stanno approvando leggi sul suicidio gravemente ingiuste, noi facciamoci furbi e, votando una legge meno ingiusta, anticipiamo chi, qui in Italia, vorrebbe imitarli. In parole povere, compiamo noi oggi il male minore per evitare che altri compiano domani un male maggiore. Ma anche in questo caso vale un principio di base della morale naturale già ricordato: non si può compiere il male minore per evitare un male maggiore, perché pur sempre di male si tratta. Non si può compiere il male a fin di bene. Paolo VI nell’Humanae vitae scriveva: «non è lecito, neppure per ragioni gravissime, fare il male, affinché ne venga il bene, cioè fare oggetto di un atto positivo di volontà ciò che è intrinsecamente disordine e quindi indegno della persona umana, anche se nell’intento di salvaguardare o promuovere beni individuali, familiari o sociali» (14). Agire diversamente significherebbe scadere nell’utilitarismo, nel proporzionalismo.

Infine così il padre gesuita chiude l’articolo: «La latitanza del legislatore o il naufragio della PdL assesterebbero un ulteriore colpo alla credibilità delle istituzioni, in un momento già critico. Pur nella concomitanza di valori difficili da conciliare, ci pare che non sia auspicabile sfuggire al peso della decisione affossando la legge». Un ulteriore danno che l’approvazione della legge permetterebbe di schivare sarebbe quello del vulnus alla credibilità delle istituzioni. In questo caso, addirittura il principio di proporzione proprio dell’utilitarismo non sarebbe rispettato: metteremmo sul piatto della bilancia le vite delle persone uccise con l’aiuto al suicidio e sull’altro piatto della bilancia la credibilità delle istituzioni. Persino il vero utilitarista non potrebbe che riconoscere che le vite umane valgono più della credibilità delle istituzioni.

In conclusione, l’articolo de La Civiltà Cattolica risulta gravemente erroneo sul piano dei principi della morale naturale e cattolica apparendo antitetico all’insegnamento del Magistero in tema di eutanasia e manifesta una ignoranza o perlomeno una pessima interpretazione delle sentenze e delle leggi richiamate nel medesimo articolo.

Gravi errori della Civiltà cattolica sulla proposta di legge in tema
di “suicidio assistito”

Quei finanziamenti del PD ad un certo mondo “cattolico”

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                                                                                                                                         Mezzetti – Zuppi -Mazza – Bonaccini

 

di Matteo Castagna (pubblicato su Informazione Cattolica di oggi)

“Tres organizaciones caritativas de la Compañía de Jesús (jesuitas) han recibido en los últimos años más de un millón y medio de Open Society Foundations, la fundación del magnate pro aborto George Soros”.

La notizia viene data dalla Aci Press di ETWN, che è il maggior circuito internazionale di informazione del mondo cattolico ufficiale.

Pertanto appare difficile poterla annoverare come fake new oppure come la sparata dei soliti complottisti. Ulteriore notizia è che il circuito in italiano non ha ripreso la cosa, che, evidentemente risulta almeno imbarazzante.
AciPrensa riassume: «Tre organizzazioni caritative della Compagnia di Gesù negli ultimi anni hanno ricevuto oltre un milione e mezzo (di dollari) dalla Open Society Foundations, la fondazione del magnate abortista George Soros».
Inoltre, nel sito web della Jesuit Worldwide Learning Higher Education at the Margins «riconosce la Open Society come uno dei suoi soci».
L’agenzia di stampa si dilunga poi sui finanziamenti di Soros alle organizzazioni abortiste e genderiste nel mondo (ad es. i 12 milioni di dollari donati alla International Planned Parenthood), aspetti che per i cattolici italiani sono abbastanza noti grazie al lavoro di agenzie di stampa cattoliche e indipendenti. Quel che ACI – e molti altri – ignora è che persone di Soros sono entrate nei gangli del sistema di potere italiano, quali le giunte regionali a guida Partito Democratico.
Una per tutte, Elly Schlein (vedi qui), attuale vice presidente della “Regione rossa” e collegata alla Open Society di Soros quando era eurodeputata (vedi qui).

Sono altresì poco noti i finanziamenti dati dal Partito Democratico ad alcune componenti del mondo cattolico ufficiale.

Basti, come esempio, il milione e mezzo di Euro donati ai dossettiani, portati alla luce dal coraggioso consigliere regionale Daniele Marchetti della Lega (vedi qui). Continua a leggere

Da Spadaro ai gesuiti: perché Bergoglio tifa Draghi

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di Gianfranco Amato

Che cosa lega il peronista Bergoglio al mondialista Mario Draghi, tanto da nominarlo alla Pontifica Accademia delle Scienze Sociali? Le simpatie di Spadaro e della rivista dei gesuiti che gli ha riservato elogi sperticati. Fino ad auspicare per lui un impegno in politica

Cosa può legare il peronista (di simpatie giovanili) Jorge Mario Bergoglio con il mondialista Mario Draghi? Cosa possono avere in comune il campione argentino degli ultimi, degli oppressi, dei poveri con il rappresentante italiano dei poteri forti, dell’oligarchia finaziaria, della plutocrazia globalista? Cosa ha da spartire il Pontefice dei poveri con uno che si è reso responsabile della macelleria socio-economica europea, cosa c’entra il Vicario di Cristo con un esponente di rilievo del Pensiero Unico, dell’ideologia del politicamente corretto, del nuovo umanesimo europeo?

La domanda è più che lecita visto che il Papa in persona ha voluto nominare Draghi membro della Pontifica Accademia delle Scienze Sociali, e visto che lo ha incontrato solo un paio di volte in vita sua.

La prima occasione è stata il 19 ottobre 2013, durante un’udienza personale concessa a Mario Draghi e famiglia, mentre la seconda si è presentata il 6 maggio 2016, quando il Papa ricevette il prestigioso internazionale Premio Carlo Magno – il massimo riconoscimento europeo – nella Sala Regia del Palazzo Apostolico. In quel caso Mario Draghi era seduto tra i massivi livelli politici ed economici dell’Unione, insieme ad Angela Merkel, Jean Claude Junker, Martin Schultz e Donald Tusk. Fu proprio in quell’occasione che Bergoglio, nel discorso di ringraziamento per il premio ricevuto, disse espressamente di «sognare un’Europa capace di dare alla luce un nuovo umanesimo basato su tre capacità: la capacità di integrare, la capacità di dialogare e la capacità di generare». Chi scrisse il discorso al Papa si dimenticò di citare Gesù Cristo, ma sono molti, ormai, nei Sacri Palazzi a ritenere che il nuovo concetto di “umanesimo” possa anche prescindere dalla figura del Figlio di Dio. Continua a leggere

Il retroscena sulla morte di Luciani: “Voleva denunciare i gesuiti”

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Luciani avrebbe voluto denunciare l’ala più a sinistra dei gesuiti. La stessa corrente ecclesiastica, oggi, sarebbe arrivata ai vertici del Vaticano

di Francesco Boezi

Denunciare “l’ala deviata” dei gesuiti: questa sarebbe stata l’intenzione di Papa Luciani.

Una tra le ultime, stando a quanto raccontato dal professor Francesco Agnoli sulle pagine de La Verità, espressa prima di morire.

La narrazione è stata in qualche modo correlata al cosiddetto “dossier Viganò”, quello nel quale l’ex nunzio apostolico degli Stati Uniti ha accusato Papa Francesco di non aver fatto nulla nei confronti di Thedore McCarrick, nonostante fosse a conoscenza dei suoi comportamenti e abusi. Il documento, tuttavia, presenterebbe delle incogruenze e il cardinale statunitense, come i lettori ricorderanno, è stato però ‘scardinalato’ proprio da Bergoglio.

Fatto sta che il giornalista, collegando questa vicenda ad alcune presunte rivelazioni contenute nel memoriale composto da undici pagine, ha ricordato come Giovanni Paolo I, l’ultimo papa italiano, avesse espresso la volontà di porre un freno alle novità dottrinali apportate dai gesuiti in materia di dottrina morale. Specie quelle promosse da quel correntone che ha svolto un ruolo di sdoganamento tematico all’interno della Chiesa cattolica durante il 68′.

Il punto, sottolineato anche da monsignor Viganò, è questo: molti ecclesiastici appartenenti a quell’ala, che è considerata ultraprogressista, durante i giorni nostri, sono stati creati cardinali. Elevazioni avvenute durante il pontificato di Papa Francesco. Come se una certa sinistra, insomma, avesse preso il sopravvento successivamente all’ultimo Conclave. Il primo nome citato, però, è quello di Vincent O’Keefe: “Un gesuita, morto il 22 luglio del 2012, la cui storia è importantissima per collegare passato e presente…”. Lo stesso Thedore McCarrick avrebbe partecipato all’operazione culturale aperturista promossa da questa “ala deviata” negli anni della ribellione giovanile. Continua a leggere