Cosa significa educare

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di Gianfranco Amato

Non sono pochi i commentatori che si accingono a descrivere la condizione dei giovani d’oggi, enfatizzando l’aspetto legato alla loro evanescenza esistenziale. Vengono a volte descritti come «labili, volatili, inquieti, lievi, effimeri, colorati, esili», e qualcuno ha persino coniato il termine di «generazione farfalla». A volte la descrizione viene fatta con articoli ben scritti ed intelligenti, ma che ti lasciano l’amaro in bocca. Avverti una sensazione di incompletezza, come se mancasse la soluzione del problema: ottima diagnosi ma senza terapia.

Io non credo nell’evoluzione darwiniana della coscienza e non penso affatto che i giovani di oggi siano diversi dai coetanei di cento, mille, diecimila anni fa. No, al di là dell’apparenza, sono convinto che nel profondo del cuore dei giovani d’oggi alberghi sempre lo stesso desiderio d’infinito, la stessa domanda di senso sulla vita, e lo stesso anelito di felicità.

Oggi i giovani fanno fatica nel mondo a trovare un’autentica e appagante risposta a quella esigenza di verità, di giustizia, di amore, di felicità, di compimento che sentono dentro di sé, nonostante i numerosi tentativi di censurarla. E allora, come si fa a dare questa risposta? Qual è la soluzione perché i giovani non si sentano definitivamente sedotti dalla fascinatio nugacitatis (Sap. 4, 12), ossia da quel groviglio di valori effimeri e inadeguati alle aspirazioni profonde ed essenziali dell’uomo?

Il punto sta in una cosa che si chiama educazione. Si può declinare questa delicatissima funzione secondo tre verbi latini: educĕre/tradĕre/introducĕre. Se, infatti, la stessa derivazione etimologica del termine offre l’idea di “tirar fuori” ed estrarre le potenzialità di un giovane (educĕre), questa idea non può prescindere da altri due aspetti fondamentali.

Il primo è legato alla tradizione (tradĕre), ovvero al compito di “consegnare”, “trasmettere” il patrimonio culturale ricevuto dagli avi. Proprio il legame con la tradizione costituisce uno dei fattori originali delle dinamiche dell’evento educativo. La tradizione rappresenta il cuore dell’identità di un individuo, al punto che il suo disconoscimento non solo lo priva di un’origine, ma, scollegandolo dalle generazioni che lo hanno preceduto, lo immerge in un micidiale cocktail fatto di individualismo relativista, di cinico scetticismo e di squallido edonismo. È, invece, proprio il legame con la Tradizione che può consentire oggi ad un giovane di acquisire un giudizio critico capace di osservare la realtà senza il paraocchi del pregiudizio ideologico e di guardare al di là delle false apparenze. Solo così si può essere davvero liberi. Occorre, infatti, educare i giovani a far comprendere che la libertà non è poter fare tutto ciò che scaturisce dalla pura istintività, non è l’anarchia del piacere egoistico, non è l’esercizio arbitrario del possesso sulle cose e sulle persone, non è la pretesa di veder soddisfatti i propri capricci, non è il diritto di imporre agli altri un vacuo narcisismo egocentrico. Questa forma di “libertà”, in realtà, rende i giovani schiavi dei propri istinti o dell’ideologia dominante. La vera libertà è la capacità dell’uomo di valutare e giudicare ciò che compie alla luce di quello che in qualche modo riconosce come ideale. Per questo occorrono dei veri maestri.

Il secondo altro aspetto concerne la funzione ultima della stessa educazione, ossia quella di introdurre (introducĕre) alla realtà nella totalità dei suoi fattori, proprio perché è insita nel cuore dell’uomo la domanda di senso totale, che non potrà mai trovare risposta in una ragione dimostrativa o scientifica. Educare davvero significa insegnare che la realtà non si può ridurre solo a ciò che è misurabile, dimostrabile, a razionalità scientifica, come avviene nella prospettiva positivista e materialista. Educare significa essere toccati, anzi feriti, dal desiderio della bellezza. Senza accontentarsi di una bellezza qualunque, di una bellezza banale, ma cercando la Bellezza stessa, la Bellezza infinita. Un autentico compito educativo, inoltre, non può prescindere dalla considerazione dell’uomo nella sua consistenza integrale, ovvero quella di spiritus e corpus, due entità che non possono essere scisse. Come spiegava il vecchio catechismo di Pio X, il corpo è fatto dai genitori, ma «l’anima è infusa direttamente da Dio». Per questo appare devastante la visione unicamente materialista dell’essere umano che prevale oggi nella concezione pedagogica posta alla base del sistema d’istruzione scolastica.

Molto della disastrosa situazione dei giovani dipende proprio dalla visione dell’uomo offerta dalla maggior parte degli insegnanti nelle scuole pubbliche, ossia quella dell’uomo come esito contingente, effimero, di antecedenti puramente biologici, materiali e meccanici. La vera educazione, invece, è quella capace di coinvolgere soprattutto le grandi domande fondamentali che valgono per l’uomo di ogni tempo: il senso dell’esistenza, il dolore, la morte, il destino. E bisogna avere il coraggio di spiegare che solo l’ideale cristiano è capace di rappresentare l’unica, insostituibile e più efficace risposta alla sete inappagata di felicità che da sempre vive nel cuore umano. Questo significa davvero educare. Se i giovani oggi avessero la fortuna di ricevere una simile educazione la loro dimora esistenziale potrebbe essere quella dell’orizzonte e non di una buia tana. Ricordo a questo proposito le parole del regista polacco Andrej Tarkovskij: «Da tempo l’uomo occidentale ha bruciato le bisacce e il bastone del viandante con la sua commovente attitudine alla domanda, dell’uomo mendicante della verità e della giustizia. La dimora dell’uomo non è più l’orizzonte, ma un nascondiglio dove non incontra nessuno e dove perciò comincia a dubitare della sua stessa esistenza». Bisogna educare i giovani d’oggi ad uscire dal nascondiglio, prima che questo diventi la loro prigione e la loro tomba.

Covid, lo studio Iss che ha ingannato tanti. I morti sono 131.000 non 3700

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Scritto e segnalato da Antonio Amorosi

Lo studio dell’ISS non indica la causa finale delle morti. Non è vero che gran parte non siano associati al Covid. Cosa dice il report citato da Il Tempo

I lettori ci hanno chiesto con insistenza di fare chiarezza sull’ultimo rapporto dell’ISS, del portale di epidemiologia Epicentro, denominato “Caratteristiche dei pazienti deceduti positivi all’infezione da SARS-CoV-2 in Italia, dati al 5 ottobre 2021”, consultabile quial centro di un articolo del quotidiano Il Tempo.
Secondo alcuni questo report dimostrerebbe che i morti da Covid in Italia, da inizio pandemia, sarebbero stati in realtà causati da malattie pregresse e non dal Covid stesso. In sostanza i veri morti da Covid sarebbero solo il 2,9% dei decessi registrati, 3.783 e non 130.468 (quanti erano quelli segnalati il 5 ottobre scorso), come riportato da tutti gli enti specializzati e dai media (oggi i deceduti sono 131.826).

Ma il report di Epicentro non permette di affermare che solo il 2,9% dei deceduti positivi al Sars-cov-2 siano morti a causa del Covid. Nell’articolo dell’ISS non viene riportata un’analisi della causa delle morti dei pazienti analizzati. Epicentro fa una verifica a campione di “7.910 deceduti per i quali è stato possibile analizzare le cartelle cliniche”. Se il 2,9% dei decessi Covid sono di soggetti ritenuti sani e il restante 97,1% era già affetto da almeno una patologia grave e la stragrande maggioranza affetta da 3 o più patologie gravi, non viene detto se il Covid sia stato letteralmente la goccia che ha fatto traboccare il vaso o se i pazienti siano morti a causa di altre patologie. Non viene proprio scritto. Non è indicata la causa finale delle morti, ma si scrive che quei pazienti erano affetti da altre patologie ed avevano il Covid. Non sappiamo quindi se ci sia stato un peggioramento di queste patologie o se il Covid si sia presentato per loro in forma così grave da accelerarne la dipartita.

Resta la confusione che si è riscontrata durante tutta la pandemia in molti casi, di dati parziali, raccolti in modo diseguale, associati in modo arbitrario e sottratti a qualsiasi tipo di verifica.
Per tanto in Italia ci sono stati 131.000 morti con il Covid, non 3.783. E il numero ha un suo rilievo se confrontato con quello di tanti altri Paesi che hanno adottato misure di gestione differenti dalle nostre ma con un monte di deceduti di poche migliaia di persone, con buona pace del governo italiano e di tutte le sue mirabolanti misure di contenimento.
Nello studio dell’ISS si scrive che “complessivamente, 230 pazienti (2,9% del campione) presentavano 0 patologie, 902 (11,4%) presentavano 1 patologia, 1.424 (18,0%) presentavano 2 patologie e 5.354 (67,7%) presentavano 3 o più patologie”.
Da qui emergono due dati importanti.

Il primo dato: il Covid ha colpito essenzialmente soggetti anziani, il 95% ultra 60enni e l’85% ultra 70enni, con pluripatologie a carico. “Al 5 ottobre 2021 sono 1.601, dei 130.468 (1,2%), i pazienti deceduti SARS-CoV-2 positivi di età inferiore ai 50 anni. In particolare, 399 di questi avevano meno di 40 anni (245 uomini e 154 donne con età compresa tra 0 e 39 anni)”. Lo studio di Epicentro spiega anche che “l’età media dei pazienti deceduti e positivi a Sars-CoV-2 è 80 anni”. Durante il 2020 l’età media era ancora più alta (85 anni) riducendosi nel 2021. Pertanto coloro che andavano protetti, con il distanziamento e tutte le altre misure, erano essenzialmente gli anziani e coloro che avevano più patologie gravi in corso.
Poi un elemento interessante: i giovani sotto i 30 anni deceduti da Covid sono lo 0,08% del totale. Sappiamo da molti studi che i giovani morti per il Covid avevano altre patologie gravi, altrimenti il decesso tra i giovani non viene riscontrato.

Da qui il secondo dato importante: il mistero della vaccinazione con i nuovi vaccini sperimentali anti Covid nei più giovani. Dato che il vaccino non limita la trasmissione tra le persone (ci si contagia e ci si ammala anche se vaccinati) ma si dice che ridurrebbe gli effetti gravi del Covid, cosa fra l’altro non del tutto provata sul campo, perché vaccinare i giovani che in base agli enti di sorveglianza sono coloro su cui si riscontrano più sovente gravi reazioni avverse? Un mistero. Anche perché le possibili reazioni avverse gravi sugli anziani, trombosi, ictus, infarti e via dicendo, vengono sempre catalogate come effetti delle patologie di cui questi già soffrono! Nel caso di chi ha un età avanzata si esautora i vaccini da ogni possibile azione negativa. Un paradosso nel paradosso.
Ma nel report c’è anche un aspetto finale su cui non sorvolare.
Si scrive che con il passare dei mesi, dall’esplosione della pandemia, è “aumentato il tempo mediano dall’insorgenza dei sintomi al decesso, in particolare per coloro che vengono ricoverati in rianimazione; si è ridotto il tempo mediano dall’insorgenza dei sintomi al ricovero in ospedale. Questi dati sono indicativi di un miglioramento nella capacità diagnostica e nell’organizzazione delle cure ai pazienti SARS-CoV-2 positivi”.
Tradotto: è aumentata la capacità di curare i pazienti. In una pandemia, in cui è essenziale non concentrare le persone, abbiamo imparato che le cure andrebbero impartite lontane dai centri di cura tradizionali, quindi non bisogna farli finire negli ospedali se non nelle situazioni senza rimedio.
Ergo se da subito anche in Italia si fossero adottate, all’insorgere dei primi sintomi, cure domiciliari immediate, come hanno fatto ad esempio Paesi come la Corea del sud, forse non avremmo avuto i 131.000 morti che il governo, prima Conte e poi Draghi, hanno annoverato come morti per Covid.

Fonte: https://www.affaritaliani.it/coronavirus/covid-lo-studio-iss-che-ha-ingannato-tanti-i-morti-sono-131000-non-3700-764014.html?refresh_ce

 

 

I misteri del covid, dieci domande senza risposta

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di Marcello Veneziani

Fonte: Marcello Veneziani

Con la bella stagione l’Italia sta finalmente ritrovando un po’ di vita, di libertà e di fiducia. Ma restano irrisolti molti dubbi sulla pandemia che ci trasciniamo da mesi e che rischiamo di ritrovarci in futuro. Senza mettere in discussione le vaccinazioni, ci sono almeno dieci domande senza una risposta compiuta.

1. Come è nato e da dove è partito il covid?

Si fa sempre più strada la tesi che il covid non sia un errore della natura ma un errore di laboratorio; e non è fugato il sospetto che non sia un errore involontario. Dalla pandemia che ha patito in anticipo sugli altri e fronteggiandola coi mezzi efficaci di un regime totalitario e militarizzato, la Cina esce rafforzata, leader mondiale non solo nel commercio. E resta un mistero che le varianti siano identificate per nazione – variante inglese, indiana, brasiliana – mentre il virus originario non sia definito cinese.

2. Oltre il racconto dei media quali sono stati in realtà i paesi più colpiti?

Se usiamo tre parametri, ovvero il numero di vittime in rapporto alla popolazione, il rapporto tra ricoverati e deceduti e la durata dell’emergenza pandemia, dobbiamo tristemente concludere che l’Italia è tra i paesi al mondo più colpiti e più a lungo, mentre i media puntavano su Inghilterra e Stati Uniti al tempo di Trump, poi su India e Brasile. Ci evidenziano, per esempio, il numero di contagi in India ma considerando che la popolazione è 22 volte superiore all’Italia, avere – poniamo – da noi 100mila malati equivale a più a 2,2 milioni d’ammalati in India.

3. Quanti sono davvero i morti di covid?

Manca una distinzione almeno fra tre categorie di decessi: a) chi è morto a causa del covid; b) chi è morto col covid come fattore scatenante di altre gravi patologie; c) chi era già in condizioni terminali o in assoluta fragilità, e il covid è sopraggiunto al più come colpo di grazia. Più ardua e penosa sarebbe invece la domanda su quanto abbiano inciso gli errori, i ritardi, i piani e i protocolli sbagliati, le mancate cure a domicilio, tempestive ed efficaci.

4. Era proprio necessario il regime di restrizioni, i lockdown e le chiusure?

Paragonando i dati dei paesi con norme più restrittive e più a lungo vigenti e altri con norme minime e più transitorie, non c’è conferma che le restrizioni siano state più efficaci, anzi. In più si è testato un regime di sorveglianza che non ha precedenti in democrazia, con la sospensione delle libertà più elementari, dei diritti primari. Una prova generale e inquietante per eventuali dispotismi futuri.

5. Quante vittime stanno mietendo i vaccini?

Non disponiamo di studi e statistiche attendibili, conosciamo solo casi e denunce episodiche. Probabilmente sono sottostimati i dati; funziona a rovescio il meccanismo applicato per il covid: chi è deceduto dopo il vaccino per una complicanza, si attribuisce solo a quella la causa della morte, non al vaccino. Qui non vale la regola post hoc propter hoc usata per le vittime di covid.

6. Come stanno funzionando i vaccini, i contagi calano solo per questo?

Se paragoniamo i dati di ora a quelli del giugno scorso ci accorgiamo che anche l’anno scorso, senza vaccino, ci fu lo stesso drastico calo. E quindi si vorrebbe capire quanto incidano realmente i vaccini e quanto concorra il clima stagionale. Resta poi indeterminata l’incidenza e la durata d’efficacia dei vaccini, se il vaccinato può essere ancora contagioso, se il vaccino stesso innesca varianti. Non sarebbe poi necessario dopo il vaccino prescrivere il test seriologico per sapere come stiamo con gli anticorpi?

7. La gente si è davvero convertita in massa alla necessità dei vaccini?

In realtà si è rassegnata in massa a vaccinarsi, per istinto di gregge, pur diffidandone e pur sapendo di fare da cavia nel buio. Si vaccina per stanchezza, per conformarsi a un obbligo socio-sanitario, per timore di sanzioni, per levarsi quanto prima la mascherina, per disporre del passaporto, circolare liberamente e tornare alla vita normale. Pur vaccinandosi sono molti gli scettici, convinti che non serva o produca danni, soprattutto nel tempo e non ci copra da ulteriori varianti. E che saremo costretti a rifare ancora.

8. È davvero necessario vaccinare in massa anche in giovane età?

I giovani hanno un rischio molto basso di contagi e ancora più basso di un’infezione in forma pericolosa. Si usa il generico alibi che sono veicoli di contagio in famiglia e si usa il loro desiderio di avere un pass per sentirsi di nuovo liberi. Non si conoscono poi gli effetti nel lungo tempo di vaccini mai testati che potranno avere sulla loro salute, fertilità, genetica.

9. A che punto sono le cure per debellare o rendere innocuo il covid?

Proiettando tutta la profilassi e le aspettative sul vaccino, si sta trascurando la via di curare il covid con cure appropriate e tempestive, abbassando al minimo i rischi di ricoveri, complicanze e letalità. Eppure ci sono ormai medicinali e terapie che potrebbero abbattere il pericolo e mutare le strategie sanitarie.

10. Al di là del virus e delle vittime, quale effetto globale ha prodotto il covid?

Innanzitutto, più isolamento, più dipendenza e più sorveglianza; quindi una ripresa di potere dello Stato non solo sulla salute ma anche sul lavoro, il controllo e l’economia; poi di fatto ha penalizzato i governi outsider e rafforzato il modello cinese. Ha ingigantito la dipendenza dal circuito info-mediatico-sanitario e l’insicurezza. E non sappiamo ancora quante sono, e a che livello, le vittime dell’isolamento indotto dal covid, in termini di depressioni, suicidi, vite peggiorate, rapporti deteriorati e cure mancate per altre malattie gravi.

Le domande qui sollevate, circolano sparse da tempo, aprono dubbi e possibili risposte o interpretazioni. Dal covid siamo usciti più vulnerabili e più esposti ai rischi di altre pandemie; spontanee, indotte o manipolate. Ed è cresciuta l’incertezza, come dimostrano queste domande che non hanno avuto risposta.

Nigeriane, dai barconi ai marciapiedi della tratta

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Segnalazione FB di Matteo Salvini

Luigi De Ficchy, procuratore capo di Perugia: “Così avviene il traffico delle giovani dalla Nigeria all’Italia”

di Giacomo De Sena

Prostitute nigeriane

Prostitute nigeriane

Otto persone arrestate, sei donne e due uomini, tutti nigeriani. È questo il risultato nei giorni scorsi di un’operazione della Squadra mobile della Polizia di Perugia, con il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia della Procura di Perugia, che ha smantellato un’organizzazione criminale dedita allo sfruttamento della prostituzione nel capoluogo umbro. Il gruppo di uomini e donne – a partire dal 2015 – faceva arrivare ragazze dalla Nigeria all’Italia, attraverso la Libia, per farle prostituire. Le giovani salivano su camion gremiti, poi sugli ormai arcinoti gommoni che navigano nel Mediterraneo per finire sui marciapiedi italiani. L’indagine toglie il velo su una piaga diffusa e complessa, sulla quale In Terris ha provato a far luce intervistando Luigi De Ficchy, procuratore capo di Perugia.

Da quest’ultima operazione emergono i profondi interessi commerciali che trasformano queste donne in merce da piazzare sui vari mercati della criminalità: quanto è diffuso questo fenomeno in Italia e cosa si può fare per stroncarlo?
“Anzitutto il pubblico deve prendere consapevolezza del fatto che siamo di fronte non ad un’emergenza, ma ad una permanenza. Ci sono elementi, studi, analisi, investigazioni su questo fenomeno da almeno venticinque anni. Personalmente, stando alla procura nazionale, ne scrivevo al riguardo già vent’anni fa. Certo, sono cambiate le modalità del traffico, magari un tempo si arrivava in Italia in modo diverso, i flussi migratori seguivano altre strade, ma la tratta di persone proveniente da Nigeria e Paesi limitrofi è un fenomeno antico”.

Il fenomeno è stato sottovalutato?
“Ritengo che in troppi che dovevano fronteggiare questa piaga, purtroppo hanno messo la testa sotto la sabbia. La magistratura fa quello che può, con investigazioni che non sono facili, perché in gran parte sono transnazionali e internazionali, che riguardano organizzazioni criminali di diversi Paesi”.

In genere quante organizzazioni criminali sono coinvolte in questi traffici?
“Se parliamo dei traffici della Nigeria, esistono organizzazioni che agiscono già in Nigeria. Poi, dello spostamento delle persone dal subsahara alla Libia se ne occupano già altre organizzazioni. E ancora, in Libia, queste persone vengono prese in consegna da gruppi libici che si occupano del viaggio fino in Italia. Una volta qui, tante cellule si attivano per lo smistamento di queste donne sui vari mercati”.

C’è anche un forte legame tra traffico di stupefacenti e sfruttamento della prostituzione…
“Certo, c’è un legame, spesso queste stesse donne vengono utilizzate per il trasporto della droga. La Nigeria, del resto, è un crocevia di sostanze stupefacenti: passano di lì la cocaina che viene dal Brasile e dalla Colombia e l’eroina proveniente dal Sud-Est asiatico e dal Pakistan, queste sostanze vengono poi stoccate e portate verso i Paesi consumatori. Negli anni ’80 i nigeriani operavano come corrieri per altre organizzazioni, oggi stanno gestendo questo traffico in proprio perché hanno acquisito una capacità criminale maggiore. In Nigeria questa attività viene organizzata liberamente perché c’è una notevole corruzione e poi perché la povertà è dilagante”.

Quanto è forte l’aspetto pseudo-religioso sul traffico di prostituzione?
“Nel caso della Nigeria è fortissimo. Nelle ragazze nigeriane c’è una forza costrittiva legata ai riti voodoo. In molte occasioni, queste giovani sanno che vengono qui a prostituirsi, mentre in tante altre non lo sanno. In ogni caso, tuttavia, sono consapevoli che devono pagare un prezzo molto alto, quello del viaggio, che si aggira tra i 10 e i 20mila euro. Soldi che devono corrispondere sotto minaccia nei confronti loro e dei loro familiari. E poi prima che partano, spesso vengono loro sottratti degli effetti personali con riti voodoo, magari un ciuffo di capelli o una parte di un abito, facendo loro credere che ciò serva per controllarle a distanza. Non va poi trascurata la figura della maman, la donna che va a prendere queste ragazze direttamente nei campi di prima accoglienza per prendersene carico e costringerle alla prostituzione”.

Ci sono zone a Perugia, ma anche in tanti altri territori d’Italia, in cui la prostituzione è radicata, quasi da sembrare impossibile da smantellare. Come è possibile che ciò avvenga?
“Perché c’è grande disattenzione sul fenomeno della prostituzione. Il retroterra criminale che vi sta dietro viene spesso ignorato, così lo sfruttamento viene visto come un reato minore, con pene relativamente basse, difficilmente repressive dell’ampio fenomeno in questione. E poi c’è una domanda continua e numerosa: sarebbe necessaria maggiore consapevolezza da parte di chi utilizza queste donne sul fatto che così si rende responsabile di queste storie tristi e cariche di sofferenza. Ritengo dunque necessario stroncare la domanda, ma non con mezzi sanzionatori, bensì con la cultura”.

Qual è la percentuale, tra le donne che arrivano in Italia sui barconi, di quelle che finiscono sui marciapiedi? È possibile fare una stima?
“Non è possibile. Tenga però presente che, se parliamo della Nigeria in particolare, è quasi normale che le donne vengano avviate alla prostituzione, anche se spesso viene promesso loro, al termine del viaggio, un lavoro diverso, dignitoso. Per quanto riguarda gli uomini, gran parte di essi, giunti in Italia, sanno già che non avendo altre opportunità lavorative, dovranno unirsi a gruppi criminali oppure dedicarsi all’accattonaggio”.

Dalle intercettazioni utilizzate nell’inchiesta emerge la preoccupazione da parte degli organizzatori che questi traffici possano essere arginati dalla linea del nuovo governo?
“L’indagine non riguarda solo gli ultimi due mesi scarsi in cui è in carica il nuovo governo, riguarda un periodo pregresso, dunque al momento non è possibile fare queste valutazioni. Vedremo in futuro se, in qualche modo, la nuova linea influirà sul fenomeno”.

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Immigrazione: quanti falsi miti da sfatare!

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Risultati immagini per stop immigrazionedi Tatiana Santi

“Fanno i lavori che gli italiani non vogliono più fare”, “pagano le pensioni agli italiani”, “solo loro fanno figli in un Paese morente”. Il presidente dell’Inps Boeri vede proprio nell’arrivo di nuovi immigrati la soluzione a tutti i problemi italiani. Gli immigrati sono davvero così indispensabili?

Mentre i giovani italiani scappano all’estero in cerca di un lavoro e mentre le famiglie rinunciano a fare figli per mancanza di sicurezze, secondo il presidente dell’Inps Tito Boeri l’Italia ha bisogno di immigrati. Sarebbe curioso capire se Boeri si riferisce ad altri immigrati ancora che finirebbero a lavorare sui campi senza contratto, quindi sottopagati e senza alcun diritto. Il cosiddetto lavoro che gli italiani non farebbero più.

Per quanto riguarda il calo demografico, fenomeno preoccupante per il Paese, i dati Istat hanno mostrato come a fare meno figli siano tutti, italiani e immigrati. A mancare sono le sicurezze e il lavoro per poter mantenere una famiglia con i bimbi. Al di là della propaganda e delle dichiarazioni politiche del presidente dell’Inps, quali sono i miti legati all’immigrazione ancora da sfatare? Sputnik Italia ha raggiunto per un’intervista Laura Tecce, giornalista e sociologa.

Laura Tecce, qual è il suo punto di vista sulla dichiarazione di Boeri in merito alla necessità di una maggiore immigrazione per pagare le pensioni ai contribuenti?

Questo è lo slogan di tutti gli immigrazionisti, di chi è pro immigrazione e pro sostituzione della popolazione italiana, perché di questo si tratta. Boeri, che è il presidente dell’Inps, messo a capo dell’ente previdenziale da Renzi nel 2015, ha fatto dichiarazioni assolutamente opinabili. Ha affermato che l’invecchiamento della popolazione, il declino demografico e la fuga dei giovani all’estero possono essere compensati solo dagli immigrati.

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Oltre 250mila italiani emigrano all’estero

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Oltre 250mila italiani emigrano all’estero, quasi quanti nel Dopoguerra – Il Sole 24 ORE

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2017-07-06/oltre-250000-italiani-emigrano-all-estero-erano-300000-dopoguerra-094053.shtml?uuid=AEuX6nsB&refresh_ce=1 Il Dossier Statistico Immigrazione 2017 elaborato dal centro studi e ricerche Idos e Confronti registra: oggi gli emigrati italiani sono tanti quanti erano nell’immediato dopoguerra. In numero, oltre 250.000 l’anno. Corsi e ricorsi della storia, appunto. Prima il calo poi la crisi del 2008 e l’inversione di tendenza L’emigrazione degli italiani all’estero, dopo gli intensi movimenti degli anni ’50 …

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Comincia la lotta per la liberazione dalla prigione dei Popoli

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di Maurizio Blondet

Comincia la lotta per la liberazione dalla prigione dei Popoli

Fonte: Maurizio Blondet

Ormai è chiaro a tutti. Non si tratta del debito pubblico, del rating, o dell’euro. Si tratta della lotta di liberazione di un popolo dalle oligarchie plutocratiche, costituitesi in dittatura. Sarà una lotta dura, perché i  nemici della libertà hanno tutti i poteri in mano e li abbiamo già visti, fin dalla Grecia, capaci di ogni disumanità. E’ la Resistenza  che attende la vostra generazione, giovani. Continua a leggere

Verona, Fortezza Europa protesta fuori dal Liceo Montanari contro l’inculturazione immigrazionista

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Segnalazione di A.F.
Il nucleo giovanile dell’associazione culturale  Fortezza Europa, cui appartiene anche il nostro Responsabile Nazionale Matteo Castagna, ha manifestato davanti alla scuola, coinvolta in un progetto di sensibilizzazione sul tema della migrazione, che potremmo anche definire di “inculturazione immigrazionista”. E il PD chiede: “Il sindaco da che parte sta?”

L’articolo è evidentemente fazioso (ma ci sta che a Verona esista anche una mini-testata on-line “sinistra-friendly”…):

http://www.veronasera.it/attualita/migrazione-montanari-fortezza-europa-pd-17-maggio-2018.html

Fortezza Europa, a stretto giro, replica:

“Leggendo le ultime dichiarazioni rilasciate alla stampa dal PD di Verona in relazione alla protesta inscenata dal nostro movimento nel corso della mattina del 17/05, troviamo risibile che tale Partito Politico parli di “pochezza numerica”, soprattutto dopo le ripetute batoste elettorali subite negli ultimi anni, che hanno condotto la suddetta “compagine” ai minimi storici in termini di gradimento.  Questa, però, è roba di poco conto per chi già da tempo ha girato le spalle agli interessi del suo ex-elettorato.
Viene da chiedersi anche quanti studenti il PD riuscirebbe a mobilitare alle ore 7 di un qualsiasi giovedì mattina. Probabilmente un numero che si avvicina molto a quello raccolto da uno sparuto gruppetto variopinto e mal organizzato che, in opposizione alla manifestazione dei ragazzi di Fortezza Europa, manifestava, confuso nelle idee e nei principi, per la salvaguardia delle identità, ovvero per la stessa medesima tematica che ha portato oltre 30 studenti a levare alta la propria voce contro i tragici esiti nati dal connubio tra la Buona Scuola di marca piddina e il mondo della finanza. Viene difficile fare anche solo una stima numerica, dal momento che in oltre 15 anni di opposizione non si hanno ricordi di manifestazioni piddine in città.

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In Italia va tutto male? Tutti in coda per le selezioni del Grande Fratello

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http://www.lastampa.it/rw/Pub/p4/2018/02/25/Cronaca/Foto/RitagliWeb/gf-k0XG-U1101256624531543-1024x576%40LaStampa.it.jpg

SE E’ VERO CHE IN ITALIA LE COSE VANNO MALE ED I GIOVANI (E MENO GIOVANI) SONO QUELLO CHE SONO, SAREBBE OPPORTUNO INTERROGARSI SULLE MOTIVAZIONI. INTANTO RISCONTRIAMO QUESTO FATTO, NON DI POCO CONTO (N.D.R.):

Tra i trecento candidati c’è chi addirittura si è messo in fila all’alba

Quasi 300 persone hanno assediato la Corte dei giochi, al primo piano della 8gallery, nel pomeriggio di oggi, domenica 25 febbraio. Il tutto per le selezioni e i casting per partecipare al Grande Fratello, iniziati alle 15. Tra i presenti, qualcuno si è addirittura messo in coda all’alba, per garantirsi la sicurezza di essere nei 200 potenziali «gieffini». E proprio a causa dell’alto numero di partecipanti, gli organizzatori hanno dovuto chiudere le prenotazioni poco dopo l’inizio delle selezioni. A tentare la fortuna, persone dai 18 fino ai 60 anni, tutti in cerca della rampa per la notorietà, oltre a chi ha deciso di partecipare per gioco: «Sono venuta ad accompagnare un amico e ho deciso di rimanere, anche se so che non verrò presa», racconta Lorella, universitaria di 25 anni. A fare la coda anche chi non è alla prima esperienza televisiva, come Mariastella Roselli, 60 anni, apparsa alcuni anni fa in un video di Caparezza. Le selezioni andranno avanti per tutto il pomeriggio, in attesa che lo staff esamini tutti e 200 i partecipanti, per trovarne uno adatto alla casa del Grande Fratello.

Fonte: http://www.lastampa.it/2018/02/25/cronaca/tutti-in-coda-allgallery-per-le-selezioni-del-grande-fratello-f1VWlsZiO8TnWLTOqFhMEO/pagina.html Continua a leggere