La conversione di Alphonse Ratisbonne per mezzo della Medaglia Miracolosa
Segnalazione del Centro Studi Federici
Nonostante fosse stato educato senza alcuna formazione ebraica, Alphonse era fiero di appartenere ad una famiglia di notabili, essendo suo padre presidente del concistoro di Strasburgo. Disse di se stesso: «Ero ebreo di nome, ecco tutto, poiché non credevo nemmeno in Dio» (Ratisbonne, di Jean Guitton, Wesmael-Charlier, coll. «Conversions célèbres», 1964, p.42). Quando suo fratello maggiore Théodore si convertì nel 1827 e divenne sacerdote nel 1830, i rapporti familiari si deteriorarono e il disprezzo di Alphonse verso la religione cattolica aumentò. Aveva programmato di sposarsi non per convenienza ma per amore a 28 anni, nell’estate del 1842, con sua nipote Flora di 16 anni, ma prima, nel novembre del 1841, volle partire in viaggio, con l’intenzione di visitare Napoli, la Sicilia, Malta e Costantinopoli. Alla fine, dopo essere stato a Napoli e prima di recarsi a Palermo, decise di dirigersi verso Roma, temendo di non avere un’altra occasione per visitarla. Dopo qualche giorno di svago trascorso a Roma, alla vigilia della sua partenza per Palermo datata 15 gennaio 1842, andò a trovare un amico di infanzia, Gustave de Bussières, che era protestante. Non trovandolo, fu ricevuto da suo fratello convertito dal protestantesimo, il barone Théodore de Bussières, fervente cattolico e devoto della Medaglia Miracolosa, strumento di tante conversioni.
Ispirato dalla Santa Vergine, questi sfidò Ratisbonne: «Giacché lei detesta la superstizione e professa dottrine tanto liberali, giacché è uno spirito forte tanto illuminato, avrà il coraggio di sottoporsi a una prova innocente?». Questa prova invitò Ratisbonne ad indossare la Medaglia Miracolosa e a recitare mattino e sera il Memorare, il «Ricordatevi» che san Bernardo compose in onore della Vergine Maria, una preghiera molto efficace: «Ricordatevi, o piissima Vergine Maria, che non s’è inteso mai che alcuno che è ricorso alla vostra protezione, che ha implorato il vostro patrocinio e chiesto la vostra protezione, sia rimasto abbandonato. Animato io da tale confidenza, vengo, o Vergine delle Vergini a gettarmi nelle vostre braccia e gemendo sotto il peso delle mie colpe mi prostro ai vostri piedi. O Madre del Verbo, non disdegnate le mie preghiere ma benignamente ascoltatele e degnatevi di esaudirle». Ratisbonne accettò: «Oh! Non importa, esclamò, scoppiando a ridere; voglio quantomeno provarvi che si fa torto agli ebrei accusandoli di ostinazione e di testardaggine insormontabile» (Ratisbonne, di J. Guitton, op. cit., p.22). Promise dunque al barone de Bussières di recitare questa preghiera: «Se essa non mi fa del bene, almeno non mi farà del male!» (op. cit., p.56).
Alphonse Ratisbonne ritornò dal de Bussières per riportargli la preghiera che aveva ricopiata, dal momento che il barone non ne possedeva altre copie. Una forza interiore spinse Théodore de Bussières ad insistere, affinché Alphonse rinviasse la sua partenza, suggerendogli così che se fosso rimasto a Roma avrebbe potuto vedere il Papa. Fece pregare alcuni suoi amici, fra i quali il conte de La Ferronays, per la conversione di un ebreo. Nella notte tra il 19 e il 20 gennaio, Ratisbonne si svegliò di soprassalto: vide davanti a lui una grande croce nera, avente una forma particolare, senza Cristo. Provò, invano, a scacciare questa immagine, dopodiché si riaddormentò. Dopo la sua conversione, qualche ora più tardi, avrebbe riconosciuto in quella visione, la croce coniata sulla Medaglia Miracolosa. Giovedì 20 gennaio 1842, Théodore de Bussières andò nella chiesa di Sant’Andrea delle Fratte poiché doveva far riservare i banchi per la famiglia di de La Ferronays, vecchio ministro di Carlo X, esiliato a Roma dal 1830. Il conte, purtroppo, era morto improvvisamente la sera del 17 gennaio. Nel frattempo, chiese a Ratisbonne di aspettarlo per qualche minuto. Lo ritrovò inginocchiato davanti alla cappella dell’Arcangelo san Michele e san Raffaele, con il viso bagnato di lacrime, dicendo tutto emozionato e riconoscente: «Che Dio buono! Che pienezza di grazia e felicità!». Supplicò Théodore de Bussières di portarlo da un sacerdote poiché, spiega, «quanto ho a dire, non posso proferirlo che in ginocchio. La parola umana non deve tentare d’esprimere l’inesprimibile; ogni descrizione, per quanto sublime possa essere, non sarebbe che una profanazione dell’ineffabile verità. (…) Non sapevo dove mi trovavo; non sapevo se ero Alphonse o un altro; provavo un cambiamento così totale che mi credevo un altro. (…) La gioia più grande si sprigionava dal fondo della mia anima; non potetti parlare; non volli rivelar niente; sentivo in me qualche cosa di solenne e di sacro che mi fece chiamare un sacerdote» (op. cit., p.64).
Théodore de Bussières lo portò al Gesù, convento dei Gesuiti, affinché parlasse a Padre de Villefort. Ratisbonne tirò fuori la sua Medaglia che aveva attaccata al suo collo, l’abbracciò e gridò: «L’ho vista! L’ho vista!». Il Padre de Villefort gli chiese di parlare. Ratisbonne si mise in ginocchio e raccontò che entrando in chiesa aveva visto un cane nero che saltava e abbaiava davanti a lui. In seguito, il cane disparve (il cane sembra essere l’immagine del diavolo). «D’un tratto – dichiarò – mi sono sentito di un turbamento inesprimibile. Tutta la chiesa disparve; la chiesa mi sembrava tutta oscura, eccetto una cappella, quasi che tutta la luce della chiesa si fosse concentrata in quella. Alzai gli occhi verso la cappella raggiante di tanta luce e vidi sull’altare della medesima, grande, maestosa, bellissima, misericordiosa, la Vergine Maria, simile nell’atto e nella forma, all’immagine che si vede nella Medaglia Miracolosa; una forza irresistibile mi spinse verso di Lei, che parve dicesse: “Basta così”. Non lo disse, ma lo capii» (Ratisbonne, di J. Guitton, op. cit., p.30). E aggiunse: «Uscivo da una tomba, da un abisso di tenebre, ed ero vivo, perfettamente vivo… Ma piangevo! Vedevo nel fondo dell’abisso le miserie estreme dalle quali ero stato strappato da una misericordia infinita». Pensando alla sua fidanzata e alla sua famiglia ebrea, li implorò: «A voi dono le mie preghiere! (…) Non alzerete voi gli occhi verso il Salvatore del mondo il cui sangue ha cancellato il peccato originale? Oh, che l’impronta di questa macchia è orribile! Rende completamente irriconoscibile la creatura fatta a immagine di Dio» (op. cit., p.65). In seguito, Ratisbonne si recò con P. de Villefort e Théodore de Bussières a Santa Maria Maggiore e a San Pietro per rendere grazie a Dio. Trovandosi in dette basiliche, esclamò: «Com’è bello qui! Non vorrei uscirne mai (…). Non è più la terra, è quasi il cielo».
Si trovava alla presenza di Dio, ma gemeva sapendo di avere ancora in sé il peccato originale e rifugiandosi nella cappella della Santa Vergine, affermò: «Qui, non posso avere paura; sento che sono protetto da una misericordia immensa» (op. cit., p.31). Quando Théodore de Bussières gli domandò i dettagli di ciò che avesse visto, Alphonse Ratisbonne precisò: «Vidi la Regina del cielo in tutto lo splendore della sua bellezza senza macchia; ma il suo sguardo non aveva potuto sostenere lo splendore di quella luce divina. Aveva provato per tre volte a contemplare nuovamente la Madre delle misericordie; tre volte i suoi inutili sforzi non gli avevano permesso di alzare gli occhi che alle sue mani benedette dalle quali sgorgava, con fasci luminosi, un torrente di grazia» (op. cit., p.33).
Sapeva con certezza assoluta che il de La Ferronays aveva non solo pregato per lui, ma persino offerto la propria vita a Dio per la sua conversione e che essa era ugualmente dovuta alle preghiere rivolte al Signore nel corso di tutto l’anno precedente da suo fratello Théodore, da P. Desgenettes e dai fedeli dell’Arciconfraternita di Nostra Signore delle Vittorie, ai quali P. Théodore aveva confidato questa intenzione.
Alphonse Ratisbonne si fece istruire secondo i dettami della religione cattolica, come già aveva osservato in una delle sue tante lettere, affermando che nel cattolicesimo «intravedeva il senso e lo spirito dei dogmi» (op. cit., p.66). Entrò nel convento dei Gesuiti per un ritiro spirituale sotto la direzione di P. de Villefort e secondo le sue richieste, fu battezzato il 31 gennaio 1842, 11 giorni dopo la sua conversione. Scrisse: «Gli ebrei che udirono la predicazione degli apostoli furono immediatamente battezzati, e voi volete farmi attendere dopo che ho udito la Regina degli apostoli!» (op. cit., p.67).
Il così breve tempo intercorso fra la sua conversione ed il battesimo si giustifica grazie alla conoscenza della dottrina cattolica da lui dimostrata ai sacerdoti incaricati di istruirlo, sebbene non avesse mai aperto in precedenza alcun testo religioso.
Dicendo «la Santa Vergine non mi ha detto niente, ma ho capito tutto», Ratisbonne affermò che Lei gli aveva fatto conoscere le verità del cristianesimo tutte in una volta; l’apparizione fu per lui un centro di luce dal quale tutto s’irradiava, come una formula matematica che spiegava il mondo intero. In seguito, Alfonso e Flora si lasciarono e a tal proposito, egli scrisse che «l’amore del mio Dio aveva talmente preso il posto di ogni altro amore, che la mia stessa fidanzata mi appariva sotto un altro aspetto. L’amavo come un oggetto che Dio tiene nelle sue mani, come un dono prezioso che fa amare ancora di più il donatore» (op. cit., p.66).
È interessante ricordare che il 29 aprile 1918, il P. Kolbe – colui che donò la vita fino alla morte per l’Immacolata – volle celebrare la sua prima messa in Sant’Andrea delle Fratte, proprio sull’altare dove Alphonse Ratisbonne il 20 gennaio 1842 vide la Santa Vergine, Colei che aveva convertito il Nostro Israelita di 28 anni mediante la Medaglia e la preghiera del «Ricordatevi».
Mauriac osserva, nei suoi Bloc notes del maggio 1964: «Ci sono attimi eterni attorno ai quali tutto un destino cristallizza degli istanti che durano fino alla morte, sin quando l’uomo vive» (Rue de Bac ou la superstition dépassée, di Jean Guitton, Ed. S.O.S., coll. «Hauts lieux de spiritualité», 1973, p.94). Qualche giorno dopo il suo battesimo, il 3 febbraio 1842, Ratisbonne è ricevuto da papa Gregorio XVI, il quale gli fece la seguente impressione: «Le maestà del mondo mi sembravano riunite in colui che quaggiù possiede la potenza di Dio (…). Ma (…) non era un monarca, ma un padre la cui bontà estrema mi trattava come un caro figlio» (Mémoire del 12 aprile 1842, éd.1919, p.94, citato da R. Laurentin, in Multiplication des apparitions de la Vierge aujourd’hui, Fayard, 1988, p.125).
L’apparizione privata e la conversione spettacolare di Ratisbonne fecero molto clamore: si aprirono a Roma un’inchiesta e subito dopo un processo canonico. Esso si concluse con il riconoscimento dell’autenticità dei fatti. Il 3 giugno 1842, un decreto del cardinale Patrizi, vicario di Roma, assicurò «che era certo che un vero ed insigne miracolo operato da Dio, ottimo e massimo, per l’intercessione della Vergine Maria, ha generato la conversione istantanea e perfetta di Alphonse Ratisbonne dal giudaismo al cattolicesimo». È grazie a questo Decreto che la Sacra Congregazione dei Riti accordò, il 23 giugno 1894, l’istituzione della Festa della Manifestazione della Vergine Immacolata, detta della Medaglia Miracolosa. Questa festa si celebra il 27 novembre, ricorrenza dell’apparizione di Nostra Signora a santa Caterina Labouré. L’ufficio del breviario, in questa data, racconta proprio la conversione di Alphonse Ratisbonne. In ringraziamento delle preghiere a Nostra Signora delle Vittorie per la sua conversione, nel 1843 Ratisbonne fece benedire da Monsignor Affre una cappella consacrata al Santissimo ed Immacolato Cuore di Maria.
Alphonse Ratisbonne lasciò il suo mestiere di avvocato e il mondo della finanza. Entrò nel noviziato dei Gesuiti il 14 giugno 1842 prendendo il nuovo nome di Marie-Alphonse e fu ordinato sacerdote il 24 settembre 1848. Con l’autorizzazione del Superiore Generale dei Gesuiti, P. Jean-Philippe Roothaan e la benedizione di Papa Pio IX, nel 1852 lasciò la Compagnia di Gesù per entrare nella Congregazione di Nostra Signora di Sion. Votata alla conversione degli ebrei, essa è stata fondata dal fratello Théodore nel 1843, su domanda di Gregorio XVI. I due fratelli, Théodore e Alphonse Ratisbonne, avevano fondato nello stesso anno l’apostolato delle religiose di «Nostra Signora di Sion», e nel 1855 «I Preti Missionari di Nostra Signora di Sion», affinché potessero «lavorare, piangere e soffrire per la redenzione di Israele». Eressero a Gerusalemme e ad Ain Karim, il villaggio natale di San Giovanni Battista a 7 chilometri ad ovest di Gerusalemme, alcuni conventi e monasteri per i religiosi e le religiose di Nostra Signora di Sion, oltre che delle scuole e degli orfanotrofi nei quali si impartiva una specifica formazione al lavoro. Divenuto quasi cieco, P. Marie-Alphonse aveva profetizzato: «Avrò prestò l’età della Santa Vergine, 70 anni: morirò a quell’età». Morì, infatti, a 70 anni, il 6 maggio 1884, ad Ain Karim, dicendo: «Offro la mia vita per la salvezza di Israele» e gridando, pieno di gioia e come rapito: «Maria!». Alcuni testimoni pensano che abbia visto a quel punto la Santa Vergine poiché il suo viso si illuminò e la sua stanza fu investita da una luce soprannaturale. Sulla sua tomba, a San-Giovanni-in-Montana, presso Gerusalemme, dove fece costruire un convento, si legge la seguente preghiera, incisa su sua richiesta: «O Maria, ricordatevi del vostro figlio che è la dolce e generosa conquista del vostro amore!».
L’efficacia della Medaglia Miracolosa risiede nella preghiera che riconosce Maria «concepita senza peccato». Maria, nostra Madre, «Rifugio dei peccatori», risplendente dell’amore di Dio che Ella dona agli uomini, è molto generosa nelle grazie, tra le quali quella della salvezza. È per la nostra consacrazione ai Sacri Cuori, che noi otterremo la nostra santificazione e la conversione dei peccatori. P. Desgenettes ne fece esperienza: la confraternita di Nostra Signora delle Vittorie, che era come morta, rivisse quando egli obbedì ad una voce interiore che il 3 dicembre 1836 gli rivelò: «Consacra la tua parrocchia al Santissimo e Immacolato Cuore di Maria». P. Desgenettes scrisse: «Non sembra forse naturale pensare che Gesù Cristo si interessi alla gloria di questo Cuore che gli ha fornito le prime gocce del Sangue adorabile al prezzo del quale ci avrebbe riscattati? Egli vuole che la gloria di cui ha coronato la sua Santa Madre nel Cielo, si rifletta sulla terra, che tutti gli uomini sappiano che il Cuore di Maria è il serbatoio e il canale delle misericordie divine» (Annales de l’Archiconfrérie de Notre-Dame des Victoires, marzo 1854, p.214, in L’Abbé Desgenettes, serviteur et apôtre de Marie, di Suor Maria-Angelica della Croce, op. cit., p.218).