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L’OPINIONE DELL’IDEOLOGO DI PUTIN
di Aleksandr Dugin
La scala globale del problema ucraino
Il destino dell’ordine mondiale si sta decidendo in Ucraina. Questo non è un conflitto locale tra due potenze che non hanno diviso qualcosa tra loro. È uno spartiacque fondamentale nella storia.
C’è la pratica comune di separare gli interessi e i valori. Gli interessi sono legati all’equilibrio politico e geopolitico del potere, i valori – agli ideali di civiltà. Non ci sono conflitti militari che non abbiano avuto entrambe le dimensioni: la questione del valore e gli obiettivi pragmatici. Nel caso dell’Ucraina, entrambi – interessi e valori – sono di natura globale e riguardano direttamente tutti sul globo. Questo non è un incidente locale.
L’Ucraina ha perso l’occasione di costruire uno Stato
Cosa rappresenta l’Ucraina? A prima vista è il suo Stato nazionale con i suoi interessi (presumibilmente) razionali, i suoi valori e ideali nazionali. L’Ucraina ha avuto la sua opportunità di diventare uno Stato relativamente di recente – come risultato del crollo dell’URSS. Non aveva una storia nazionale. Ecco perché la questione dell’identità era in primo piano. C’erano due popoli sul territorio dell’Ucraina – uno occidentale e uno orientale. Il primo si considerava un ethnos indipendente, mentre il secondo faceva parte del grande mondo russo, tagliato fuori da esso solo per caso. All’Ucraina fu data la possibilità di creare uno Stato, ma solo se teneva conto delle posizioni di entrambi i popoli, entrambi quasi alla pari.
Entrò poi in gioco un fattore esterno: la geopolitica, la Grande Guerra dei Continenti. L’Occidente, da parte sua, ha visto nell’Ucraina indipendente (quasi accidentalmente) un’opportunità per creare una testa di ponte antirussa su questo territorio, al fine di contenere il probabile rafforzamento della Russia dopo l’uscita dallo shock del crollo dell’URSS. Era inevitabile, e l’Occidente si stava preparando per questo.
Quindi, fu l’Occidente che puntò sugli abitanti delle regioni occidentali dell’Ucraina e sulla loro identità e cominciò a sostenere solo loro in ogni modo possibile a nome dell’altra metà, quella filorussa.
La genesi geopolitica del nazismo ucraino
Fu allora che si presentò il compito di stabilire un’identità ucraina occidentale come identità pan-ucraina. Per fare questo, era necessario compiere un genocidio culturale e, se necessario, diretto dei popoli dell’Ucraina orientale. Per accelerare la formazione della nazione ucraina, che non era mai esistita nella storia, l’Occidente accettò misure estreme, per creare artificialmente un simulacro di “Una Nazione” e sopprimere i sentimenti filorussi dell’Ucraina orientale, si ricorse all’ideologia nazista. Tuttavia, non è la prima volta – per combattere le influenze sovietiche nel mondo islamico durante la guerra fredda (e più tardi per contrastare la Russia) l’Occidente ha effettivamente creato, sostenuto e pompato armi e denaro nel fondamentalismo islamico (da al-Qaeda all’ISIS).
Il nazismo in Ucraina non è solo quello di singoli partiti e movimenti estremisti, è il principale vettore politico-tecnologico che, con il sostegno dell’Occidente, ha iniziato a prendere forma nei primi anni ’90. Mentre perseguivano il nazismo sul loro territorio, i liberali occidentali – e i più radicali (Soros, Bernard-Henri Levy, ecc.) – fraternizzavano apertamente con i nazisti ucraini. La nazificazione dell’Ucraina era l’unico modo per l’Occidente di creare rapidamente un Anti-Russia sul suo territorio. Altrimenti, se la democrazia, anche se relativa, fosse stata conservata, la voce dell’Est non avrebbe permesso di costruire l’Anti-Russia (almeno alla velocità desiderata).
Fasi del nazismo ucraino
La presa del potere da parte dei nazisti filoccidentali in Ucraina è avvenuta per tappe. Dall’inizio degli anni ’90, cominciarono a formarsi movimenti e partiti nazionalisti, e la propaganda influenzò i giovani, instillando atteggiamenti russofobi nelle loro menti. Allo stesso tempo, l’identità ucraina si trasformò in un Giano bifronte:
– un sorriso liberale all’Occidente
– una smorfia nazista (Bandera, Shukhevich) di odio verso la Russia.
Il nazionalismo ucraino si è dichiarato più distintamente durante la rivoluzione arancione del 2004-2005, quando gli occidentali si sono ribellati alla vittoria del candidato dell’est ucraino. Di conseguenza, l’occidentale Yushchenko è salito al potere, sostenuto da nazionalisti e liberali, ma il suo governo fu un completo fallimento, e fu sostituito da Yanukovich, presumibilmente filorientale.
Tuttavia, durante tutto il tempo il pompaggio del nazismo ucraino continuò. In tutte le fasi, l’Occidente ha continuato a costruire l’Anti-Ucraina.
Un’alleanza dei liberali con i nazisti
Al Maidan nel 2013-1014 c’è stata una svolta finale. Con il sostegno diretto e aperto dell’Occidente, un colpo di stato ha avuto luogo, e un’alleanza russofoba di nazisti e liberali ha preso il potere, fondendosi in qualcosa di indivisibile nel nuovo governo. Gli oligarchi liberali Poroshenko e Kolomoisky hanno contribuito a trasformare l’Ucraina in un perfetto stato nazista. L’Occidente ha chiesto l’antirusso, e Kiev ha seguito rigorosamente questo piano.
La reazione della Russia con la riunificazione con la Crimea, e la rivolta del Donbass filorusso seguirono. La Primavera russa doveva dividere l’Ucraina in Ucraina occidentale e Novorossia sulla linea dei due popoli, due identità, ma è stata scartata per una serie di motivi. Così Kiev ha avuto l’opportunità di iniziare la nazificazione dei territori orientali. Il genocidio dell’Est è iniziato con nuova forza e non solo contro il Donbass resistente, ma contro tutte le zone della Novorossia – sia le parti occupate delle regioni di Donetsk e Lugansk che tutte le altre.
L’Occidente non ha semplicemente chiuso un occhio su questo, ma lo ha promosso in ogni modo possibile. In questo caso possiamo dire che l’Occidente ha compromesso i suoi valori per il bene dei suoi interessi. La geopolitica (atlantismo) questa volta è stata più importante del liberalismo.
L’anti-Russia è stata in tal modo creata.
Allo stesso tempo, idee e norme occidentali come la politica di genere, LGBT+, la circolazione più o meno libera delle droghe, la cultura post-modernista (intesa dagli ucraini come nichilismo totale e cinismo), la cancellazione, il femminismo, il wokeismo e così via sono penetrati attivamente nella società ucraina. Come risultato, nel 2022 l’Ucraina era diventata un’anti-Russia a tutti gli effetti.
I suoi interessi nazionali a questo punto consistevano in:
– riconquistare il Donbass e la Crimea,
– l’adesione alla NATO,
– completare il ciclo completo del genocidio nell’Est,
– ottenere armi nucleari e biologiche da usare contro la Russia,
– inoltre, l’ideologia consisteva in russofobia e nazismo combinati con l’occidentalismo e il liberalismo.
Questo è ciò che Kiev difende oggi a livello di interessi e valori. L’Occidente sostiene pienamente Kiev in tutto tranne che nella sua disponibilità ad entrare in un confronto nucleare con la Russia. L’Occidente ha trasformato l’Ucraina nell’Anti-Russia, e ne ha bisogno solo in questa veste.
La russofobia come nuova ideologia globale
È indicativo che nella situazione critica dell’operazione militare speciale, l’Occidente si è trovato in una posizione difficile: ora deve non solo spiegare i suoi interessi, ma anche giustificare il nazismo ucraino, che non era più possibile nascondere. Prendete la recente fotografia a Odessa di Bernard-Henri Levy, l’ideologo iconico del liberalismo globale e ardente sostenitore del Grande Reset, con apertamente neonazista, ex capo del battaglione punitivo “Aidar” e capo dell’amministrazione militare di Odessa, Maxim Marchenko. Ecco come il liberal-nazismo come ideologia pragmatica dell’Ucraina è diventato per necessità accettato dall’Occidente stesso. Da qui la politica delle reti globali di sostegno al nazismo ucraino e la cancellazione di tutte le voci alternative – Youtube, facebook, twitter, Instagram, Google e così via – che sono state dichiarate recentemente “organizzazioni terroristiche” e vietate nella Federazione Russa. La russofobia è diventata il comune denominatore di questa empia alleanza tra nazisti e liberali globalisti.
L’Occidente ha trovato rapidamente una via d’uscita: equiparando la Russia stessa al “nazismo”, è stata dichiarata una crociata contro di essa, in cui il nazismo anti-russo è stato considerato un alleato completamente accettabile, cioè “non è affatto nazista” – nonostante i suoi simboli, le pratiche criminali, il genocidio dichiarato e attuato, la tortura, gli stupri, il traffico di bambini e di organi, la pulizia etnica, ecc.
Interessi e valori dell’Occidente globale: egemonia, totalitarismo liberale, russofobia
Così è stata costruita la configurazione del confronto tra due campi. Da un lato, abbiamo l’Occidente e i suoi interessi geopolitici – il desiderio
– espandere la NATO,
– preservare il modello unipolare,
– continuare la globalizzazione e il processo di trasformazione dell’umanità in un’unica massa sotto il controllo del governo mondiale (il progetto del Grande Reset),
– per salvare la fatiscente egemonia degli Stati Uniti.
Questo corrisponde ad una diffusione altrettanto totale dell’ideologia –
– liberalismo,
– globalismo,
– individualismo,
– la richiesta di cancellazione di tutti i dissensi,
– LGBT+, femminismo e transgenderismo,
– postmodernismo, distruzione deliberata e derisione dell’eredità culturale classica,
– wokeismo, la volontà di denunciare coloro che contestano il liberalismo (si qualificano come nemici della società aperta e quindi commettono crimini di pensiero),
– postumanesimo, migrazione forzata dell’umanità in una dimensione virtuale (progetto Meta, un’altra organizzazione terroristica vietata nella Federazione Russa),
– e a questo oggi si aggiunge il nazismo russofobico.
L’ideologia liberal-nazista dell’anti-russismo, creata artificialmente in Ucraina, sta penetrando nell’Occidente stesso, dove la russofobia sta diventando una norma obbligatoria, e la sua assenza o il suo disaccordo è oggetto di una persecuzione amministrativa o penale. Così la coda ucraina ha iniziato a scodinzolare il cane di Washington. Oggi, di fronte all’operazione militare speciale della Russia, il liberalismo si è finalmente e inseparabilmente fuso con il nazismo (nella sua versione russofoba).
Gli interessi della Russia: un mondo multipolare
Ora quali sono gli interessi e i valori della Russia in questo conflitto fondamentale?
In primo luogo, gli interessi geopolitici. La Russia rifiuta categoricamente il globalismo, un mondo unipolare e l’egemonia occidentale. In pratica, questo significa una dura resistenza all’espansione verso est della NATO e a tutte le altre forme di pressione occidentale sulla Russia. Mosca sta costruendo un mondo multipolare in cui sta reclamando il suo posto come polo indipendente e sovrano. È sostenuta in questo da Pechino e da un certo numero di paesi islamici e latino-americani. Anche l’India sta andando alla deriva verso un modello di ordine mondiale simile. In seguito, tutti gli altri – compresi i paesi dell’Europa e dell’America – si convinceranno dell’attrattiva, della validità e dell’inevitabilità di una tale costruzione.
Affinché gli interessi geopolitici russi si realizzino, l’anti-Russia non deve esistere sul territorio dell’Ucraina. E visto dal punto di vista dell’Occidente, è proprio il contrario, perché l’Occidente ha creato questo anti-Russia proprio per non farlo accadere. Quindi, abbiamo un conflitto di interessi fondamentale, che la Russia ha cercato di risolvere pacificamente, ma non ha funzionato. Da qui la nuova fase, più dura.
L’atlantismo contro l’eurasiatismo è la battaglia finale nel territorio dell’Ucraina. Questa è una posizione classica della teoria geopolitica da Mackinder a Putin. Come ha detto Brzezinski (piuttosto correttamente) negli anni ’90: “Senza l’Ucraina, la Russia non risorgerà mai più”, e con l’Ucraina lo farà, hanno deciso correttamente gli strateghi di Mosca.
I valori della Russia: Tradizione, Spirito, Uomo
Passiamo ai valori. Oggi, l’Occidente e Kiev stanno lottando per una sintesi patologica (dal punto di vista della teoria politica) di liberalismo e nazismo. Entrambi sono uniti dalla russofobia.
La russofobia dei globalisti liberali si spiega con il loro odio per una Russia sovrana che faccia cadere il mondo unipolare, distrugga i piani dei globalisti e l’egemonia dell’Occidente. La russofobia di Kiev si basa sul fatto che la Russia impedisce il genocidio della popolazione dell’est e la creazione della nazione ucraina. È così che il liberalismo e il nazismo si uniranno in un unico impulso. L’odio per i russi, gli appelli alla distruzione fisica dei russi a partire dal presidente Putin fino ai neonati, alle donne e ai vecchi si fondono con la propaganda LGBT+, la difesa dei matrimoni gay e la cultura postmodernista. Questi sono i valori di una civiltà che ha dichiarato guerra alla Russia.
La Russia difende altri valori. In primo luogo, i valori tradizionali – potere, sovranità, fede, una famiglia normale, umanità, patrimonio culturale. Secondo, la Russia insiste sulla legittima protezione dei russi – concretamente in Ucraina, minacciata dallo sterminio e vittima di genocidio. Terzo, i valori eurasiatici – la Russia stessa è aperta ai diversi popoli e culture e rifiuta categoricamente ogni forma di nazismo e razzismo. La Russia riconosce il diritto degli altri ad andare per la propria strada e a costruire il tipo di società che sarà scelto – ma non a spese della Russia stessa e dei popoli che cercano in Russia – come nell’Arca – la salvezza. Questi sono i fondamenti della moderna Idea Russa contrapposta al liberal-nazismo occidentale e ucraino.
Civiltà russa contro civiltà antirussa
Gli interessi e i valori di noi e loro sono opposti. Gli obiettivi e le conseguenze del conflitto sono globali, riguardano l’intero ordine mondiale, tutti i paesi e i popoli. La scala del conflitto è planetaria.
Due sistemi si scontrano – il campo liberale-nazista dell’Occidente e la Russia, difendendo non solo la loro Idea Russa, ma anche un ordine mondiale multipolare, in cui possono esistere altre idee – cinese, islamica, e la stessa occidentale, ma dove non c’è posto per il nazismo e il liberismo globalista obbligatorio.
Quindi lo scopo dell’operazione militare speciale è la denazificazione. Questo vale direttamente per l’Ucraina, ma indirettamente per tutti gli altri. La Russia non tollererà la russofobia in nessuna forma. Questa è già una questione di principio.
È uno scontro di civiltà: la civiltà russa contro quella antirussa.
Il destino della quinta colonna nella stessa Russia
Ora dovremmo prestare attenzione alla quinta colonna, che ha cercato di ribellarsi all’operazione militare speciale, ma è stata rapidamente fermata e fuggita all’estero nella prima fase, e soprattutto alla sesta colonna, che in precedenza ha imitato con successo per anni, esprimendo fedeltà formale a Putin.
La quinta colonna dei liberali è stata inequivocabilmente dalla parte degli antirussi fin dalla prima campagna cecena. I discorsi e le dichiarazioni della maggior parte degli esponenti liberali dell’opposizione russa sono pieni di odio per la Russia. Molti di loro erano fuggiti dalla Russia anche prima, stabilendosi negli Stati Uniti, in Europa, in Israele e a Kiev. Molti di loro hanno scelto Kiev consapevolmente, come roccaforte dell’Anti-Russia, cioè come loro feudo ideologico; e, naturalmente, non hanno notato il fiorire del nazismo ucraino lì – con esso condividono una russofobia comune per entrambi. Molti dei liberali della quinta colonna russa divennero anche loro nazisti, o almeno i loro apologeti.
Oggi, la quinta colonna in Russia è sotto una stretta interdizione e non rappresenta una grande minaccia. Ma nel complesso, i suoi interessi e valori coincidono con Washington, la CIA, il Pentagono, il blocco NATO e Kiev, che servono. Quindi è un nemico puro. Non ho bisogno di ricordarvi ancora una volta cosa si fa con un nemico sotto legge marziale.
I liberali sistemici sono tra l’incudine e il martello
La situazione della sesta colonna è molto più complicata. Oggi è proprio questa colonna ad essere al centro dell’attenzione. È composta da quelli che sono stati chiamati “liberali di sistema” come oligarchi, politici, burocrati e figure culturali che condividono l’ideologia liberale (monetarismo, imperialismo del dollaro, currency board, cosmopolitismo, LGBT+, transgender, globalizzazione, digitalizzazione, ecc) ma non si oppongono apertamente a Putin.
Oggi, si trovano in una posizione difficile – tra l’incudine e il martello. È contro la sesta colonna che l’Occidente ha imposto gravi sanzioni economiche, ha portato via i loro yacht e palazzi, ha congelato i loro conti bancari e sequestrato i loro beni immobili. L’obiettivo era lo stesso: farli rovesciare Putin. Ma questo è impossibile e significa un suicidio.
Così la sesta colonna è ora confusa – l’Occidente ha preteso da lei qualcosa di impossibile. Quindi o devono fuggire dalla Russia e combattere Putin dall’esterno (come hanno fatto Chubais e un certo numero di altre figure iconiche dell’oligarchia russa), o solidificarsi con un’operazione militare speciale, ma questo cancellerebbe la loro posizione in Occidente e li priverebbe del loro bottino ammassato lì. Ed ecco il punto principale: non possono più rimanere liberali – nemmeno sistemici, perché il liberalismo oggi si è fuso con la russofobia su scala globale, è diventato una versione del nazismo, e non si può essere un nazista e allo stesso tempo lottare contro il nazismo, paradosso irrisolvibile.
Si scopre che o la Russia o il liberalismo.
Se i liberali sistemici (la sesta colonna) vogliono rimanere sistemici, devono smettere di essere liberali. Il liberalismo oggi è uguale al nazismo, e la Russia ha lanciato un’operazione di denazificazione senza precedenti. Di conseguenza, i liberali sistemici devono denazificare (cioè de-liberalizzare) se stessi.
Conversione al patriottismo
Molti ex liberali degli anni ’90 avevano già preso la loro decisione nelle fasi precedenti, scegliendo tra la Russia con i suoi valori tradizionali e l’Occidente con i suoi valori liberal-nazisti. Questi hanno scelto la Russia e la tradizione. Ed è una grande e giusta decisione. Nessun problema con loro. Una persona può cambiare idea, può sbagliarsi, può perseguire obiettivi tattici, alla fine può peccare e pentirsi. Nessuno tirerà pietre agli ex-liberali che sono diventati patrioti. Ma un certo rituale di cambiamento dell’ideologia, una sorta di conversione al patriottismo, è comunque utile.
Sarebbe sbagliato convertire, come gli ebrei spagnoli al cattolicesimo, i liberali sistemici al patriottismo con la forza. È una questione di ideologia e di libertà di coscienza. E qui la violenza avrà solo l’effetto contrario. Ma l’élite dirigente della società in un momento così teso e decisivo dovrebbe essere composta da coloro che condividono pienamente gli interessi e i valori del paese che sta combattendo una guerra ontologica contro un avversario forte e potente – per gli interessi e i valori. E se l’élite non condivide i valori, e non capisce gli interessi, allora non ha senso essere un’élite – almeno quella al potere.
Oggi, la guerra tra la Russia e l’Anti-Russia globale è in pieno svolgimento. Sarebbe innaturale mantenere reti nemiche all’interno della Russia. Pertanto, se la sesta colonna sceglie la Russia, non può più essere chiamata “liberali di sistema”, suonando come contraddizione come essere “nazisti di sistema”. Lo stato attuale delle cose non lo permette.
La Russia deve diventare la Russia: la luce russa
La nostra vittoria non dipende solo dalle azioni eroiche del nostro esercito, dai successi della pianificazione militare e strategica, dal supporto materiale dell’operazione, dall’efficace gestione politica e amministrativa dei territori liberati, ecc. Dipende da quanto profondamente e completamente la Russia diventa Russia. Oggi l’appello all’Idea Russa non è un capriccio del potere. Anche i comunisti sovietici, per bocca di Stalin in una difficile situazione critica si appellavano al popolo russo, alla Chiesa ortodossa, alla Tradizione e alla nostra eroica storia. Oggi, nulla si oppone a questo. Tranne i pregiudizi dei liberali sistematici, che, spero, semplicemente non si sono ancora resi conto della gravità della loro situazione.
La gente sia in Russia che in Ucraina sta aspettando che Mosca dica parole vere. Un discorso vero. Un appello sincero al profondo dell’essere della gente. È ora di dire che questa operazione militare speciale appartiene alla categoria del sacro.
Oggi di nuovo un soldato russo e un cittadino russo nelle retrovie, un figlio russo e una madre russa, un prete russo e un poeta russo stanno decidendo il destino dell’umanità.
La Russia in lotta mortale con l’Anti-Russia si erge come una civiltà della Luce. Questo è il nostro interesse e i nostri valori. Portiamo ancora una volta la Luce al mondo, silenziosa, ma inestinguibile tranquilla Luce Russa.
Traduzione a cura di Lorenzo Maria Pacini
26 marzo 2022
Fonte: https://www.ideeazione.com/russia-vs-anti-russia-interessi-e-valori/
di Giulio Tremonti
Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno
Una visione preveggente sul mondo che sta cambiando in fretta, fuori dai dogmi globalisti, emerge dal dialogo con Giulio Tremonti, ex ministro dell’Economia e presidente dell’Aspen Institute Italia, che sulla prospettiva di «un patto nazionale» anti-inflazione è perplesso, ritenendolo difficilmente irrealizzabile. Sullo sfondo risalta la visione dell’“europeismo della realtà” che l’accademico ha perseguito sul piano politico e culturale, osteggiato dai tecnocrati del sovrastato Ue. Il suo ultimo saggio è Le tre profezie (Solferino).
Prof. Tremonti, alle difficoltà del post Covid ora si aggiunge la crisi economica per l’Ucraina. Dall’inflazione al caro energia, famiglie e imprese sono allo stremo. Che strumenti ha la politica per fronteggiare questa fase?
«Evocare un “patto nazionale” come ai tempi di Ciampi non tiene conto del fatto che la storia non si può ripetere per identità perfette. E in questo caso neppure ripetere per analogie. A quel tempo, nei primi anni novanta, non c’era la globalizzazione, non c’era la Cina, non c’era l’euro, non c’era la sovranità di Bruxelles. E quindi, se a quell’altezza di tempo fu fatto un esercizio politico virtuoso, oggi sarebbe un servizio politico non virtuoso e molto difficile tentarne la replica. Non ci sono i presupposti, il mondo è radicalmente cambiato».
Quali i cambiamenti più rilevanti rispetto al passato?
«L’Italia aveva una forte sovranità economica nazionale, e anche per questo era più facile combinarla con la responsabilità sociale. Tra l’altro la forza delle parti sociali era anche superiore a quella attuale».
Pesano meno?
«Ricordo il “Tavolo Verde” a Palazzo Chigi: da un lato il governo, dall’altro lato un impressionante schieramento di forze sociali economiche e sindacali. Credo che ora sia difficile rifare il tavolo in quella composizione, di massa e di forza».
Prima della pandemia c’era una ossessione per il rigore e l’austerità. Ora è tutto rimosso…
«Nelle considerazioni conclusive del governatore Draghi, Banca d’Italia maggio 2011, c’era scritto: “La gestione del pubblico Bilancio è stata prudente. Le correzioni necessarie in Italia inferiori a quelle necessarie in altri paesi europei”. Poi la stessa mano ha firmato l’opposto con la lettera della Bce… La pandemia in ogni caso ha segnato una rottura della storia politica dell’Italia e non solo».
Sono cambiati anche gli equilibri istituzionali?
«La pandemia ha avuto effetti politici e non solo sanitari. Ha spostato l’asse del potere verso il governo, ha liberato l’esecutivo dai vincoli finanziari. C’è una immagine che rende l’idea di quello che è successo».
Prego.
«La pandemia ricorda il mito della torre di Babele: l’uomo sfida la divinità erigendo verso il cielo la torre. La divinità reagisce privando l’umanità della lingua unica. Con la pandemia è stato lo stesso: è stato tolto il pensiero unico, spezzato il software della globalizzazione, si è persa la fiducia nel paradiso terrestre. Il mondo che riappare adesso è un mondo diverso da quello globale, oggi carico di tensioni, di torsioni, che si vedono sulle linee di produzione e sul prezzo delle materie prime: dal legno alla ghisa, dal petrolio al gas. Un mondo in cui l’uomo registra i suoi limiti, e i limiti del suo mondo. E questi sono evidenti per esempio nell’inquinamento ambientale creato dall’industria globale».
E i cittadini registrano l’arretramento del proprio potere d’acquisto.
«Erano già iper-evidenti tutte le tensioni di inflazione, prima della guerra. L’inflazione c’era già nelle bollette, nel carrello della spesa, sul pieno di benzina. E questo ci poneva il problema fondamentale».
Quale?
«Siamo tutti uguali davanti alle bollette, al carrello e alla pompa o sta peggio chi ha di meno?».
C’è un rischio gilet gialli sullo schema delle proteste francesi?
«Più che un rischio futuro, vedo già attuale la sofferenza di chi ha meno risorse economiche».
Non ricordavamo più gli effetti dell’inflazione…
«E’ una orrenda tassa regressiva. Fino all’ultima Finanziaria, davanti a questa realtà già evidente, l’azione del governo è stata strampalata, con politiche espansive, prevedendo sgravi fiscali per il ceto medio, e solo alla fine la tardiva scoperta del caro-bollette. Adesso il governo è mezzo salvato dalla guerra, ma lo vedo in difficoltà nel continuare le politiche di spesa pubblica espansiva, come sarebbe necessario a fronte dell’inflazione».
La realtà, se ci fosse chi la registra, scombina i piani dei governanti?
«Il malessere sociale è un dato di fatto. L’altro giorno scorreva sul display di un treno dell’Alta velocità, uno spot del governo sul Pnrr. Nel video risaltavano uomini e donne bellissimi, tipo attori americani. Ecco, la réclame del governo è oltre Hollywood: dà l’idea della distopia tra governo e Paese. Chi lo ha commissionato dovrebbe rimborsare di tasca sua il costo dello spot e destinare l’importo alla Caritas… Ho l’impressione che l’alta velocità si confonda con l’altra stupidità…».
La crisi energetica: c’è chi quasi scarica la responsabilità sugli italiani stessi…
«Il governo ha accusato il Paese per non aver capito l’emergenza energetica addossando le colpe agli italiani e agli anni passati. Ma se emergenza energetica fosse stata prevedibile, Draghi avrebbe dovuta metterla nel suo programma già l’anno scorso. In realtà non se ne parla neppure nel Pnrr. Aggiungo che fino al 2011, l’Italia, con l’Eni, aveva la piena proprietà dei campi petroliferi in Libia, non i diritti di concessione. E quindi una prospettiva di sviluppo incredibile. Qualcuno, che forse chi è al governo conosce, ha deciso di privarcene. Ottima dunque la prospettiva di ricerca di fonti alternative, ma come diceva quel tale…».
Diamogli un nome.
«Un economista di rango secondario rispetto ai giganti attuali, John Maynard Keynes, (Tremonti sorride, ndr), diceva che “nel lungo periodo siamo tutti morti”. Non dico che Gheddafi fosse simpatico, ma il petrolio libico era utile».
I dem, intanto sono innamorati del governo di emergenza e del mantra “ci vuole più Europa”. E’ la posizione di chi ha combattuto gli eurobond e portato il vincolo esterno…
«Quando è caduto il Muro, pochi sono rimasti sotto le macerie. Tutti hanno compiuto il salto. Molti hanno portato i loro “Penati ideologici”, nei templi dell’Occidente: dalla City di Londra a Bruxelles. Il comunismo ha perso perché ha perso, il mondo occidentale si è successivamente perso nel mercatismo e in varie successive ideologie».
L’europeismo come coperta di Linus?
«L’idea di Europa è fuori da tutto questo. Nel 2003, nel semestre di presidenza italiana Ue, il governo italiano propose gli eurobond per finanziare infrastrutture e industria militare. Il no fu totale. Solo nel 2020 – con 17 anni di ritardo – l’Ue emette eurobond. Solo nel 2022 in questi giorni si comincia a parlare di Difesa europea. Con questo ritardo sulla storia, è almeno il caso di rinunciare a dare lezioni».
Il mercatismo come era, non ci sarà più. Verrà maggiore spazio per i diritti dei popoli?
«Non c’è più l’ideologia globalista, riemerge “nella sinistra” la retorica europeista. Tanto per tentare di pareggiare il pensiero di questi giganti, le citerò una frase sull’Europa di Konrad Adenauer, pronunciata dopo il trattato di Roma del 1957: “Che la foresta non sia tanto fitta da impedire la visione dell’albero”. Parlava del rapporto tra Bruxelles e gli stati».
Che lettura non conformista consiglierebbe ai governati italiani in questi giorni…
«Mi faccia un’altra domanda…».
A cura di Michele de Feudis
di Sonia Savioli
Fonte: Sonia Savioli
La cosiddetta legge sulla concorrenza è un altro passo verso la dittatura delle multinazionali. Un loro funzionario, Mario Draghi, assistito e ossequiato da quella corte parassita in cui si è trasformato il parlamento italiano, segue passo dopo passo le direttive del Forum Economico Mondiale, la cricca delle multinazionali più potenti del mondo, per il loro progetto di accelerazione della Quarta Rivoluzione Industriale.
Quel progetto a cui è finalizzato l’inganno pandemico.
La legge “concorrenza” è l’ennesima distruzione dei beni pubblici e delle piccole attività autonome, a vantaggio dell’economia globalcapitalista, che è decisa ad occupare tutto il mercato, senza lasciare una briciola neanche ai passeri.
Si sottraggono alle pubbliche amministrazioni servizi e trasporti, la gestione dei rifiuti, il potere di amministrare qualsiasi bene comune.
Si “agevola l’accesso all’accreditamento delle strutture sanitarie private”, e anche queste cosiddette “agevolazioni” sono in realtà una sottrazione di potere alle istituzioni e una eliminazione dei controlli sui privati. “Abolire le barriere al commercio e al profitto privato” dicevano i documenti del Forum Economico Mondiale a proposito della “pandemia”.
I grossisti dei farmaci non saranno più obbligati, come succedeva finora, a distribuire tutti i farmaci; potranno distribuire quelli che preferiscono, e non dubitiamo che saranno i farmaci delle multinazionali, in grado di concedere loro un margine di profitto più ampio.
Tutto questo è nella LEGGE PER ELIMINARE QUALSIASI CONCORRENZA ALLE COMPAGNIE MULTINAZIONALI.
Si affida la gestione degli impianti idroelettrici (dighe!) ai privati. Impianti idroelettrici costruiti coi nostri soldi e che i nostri soldi continueranno a tenere (o rimettere?) in piedi, come è successo per il ponte Morandi.
Si dà il via libera a multinazionali come Huber, un’azienda parassita e strozzina, che non produce niente ma si limita a prendere il pizzo sulle prestazioni fornite da privati (i passaggi in auto) e da altre attività (ristoranti, corrieri, fattorini), e le “app e piattaforme digitali” sostituiranno i lavoratori impiegati nelle aziende di taxi, mentre la multinazionale strangolerà le aziende che parassita: è questo lo sviluppo del capitalismo globale.
Le società di capitali potranno aprire farmacie. Ma, naturalmente, saranno catene di farmacie molto “digitalizzate”, che potranno occupare tutto il mercato.
Come sono contenti gli psicopatici del Forum Economico Mondiale!
Ciaociao taxisti, farmacisti, operai comunali, lavoratori e tecnici della gestione dei rifiuti, lavoratori e tecnici degli impianti idroelettrici!
E, mentre tutti questi lavori e lavoratori si allontanano e svaniscono come fantasmi di trapassati, avanzano verso il futuro i sistemi di controllo cibernetico della dittatura del ventunesimo secolo. Il nazipass, detto “green”, è solo uno di essi e, naturalmente, verrà potenziato, ma ce ne sono altri e la legge contro la concorrenza e gli ostacoli alle multinazionali si occupa di diffonderli.
Per esempio, se metteremo sul nostro veicolo dispositivi che ci controllino negli spostamenti (li chiamano “raccolta dati”), avremo degli sconti sull’assicurazione auto, e inoltre, con le nuove forme di mobilità che utilizzano le app e piattaforme tecnologiche pagheremo meno che prendendo un taxi.
E’ con bocconcini come questi che i topolini vengono attirati nella trappola.
Non sarebbe ora di svegliarci tutti? Vaccinati e non, siamo tutti sulla stessa barca, che i banditi del FEM progettano di far colare a picco. Non ci sarò salvezza per nessuno, se non ci uniamo contro il progetto tirannico e folle del capitalismo globale, che esso chiama Quarta Rivoluzione Industriale. Una sorta di impero in cui la cibernetica sostituisce la repressione violenta e i lager, rendendo lager interi paesi, senza barriere apparenti ma con evidenti e drammatiche costrizioni, che saranno sempre più soffocanti e liberticide.
Non sarebbe ora di svegliarci tutti? Ci hanno detto che niente sarà più come prima. Ce lo hanno detto i servi e i lacché del capitalismo globale. Bene, diciamolo noi a loro: Niente sarà più come prima, voi non ci sarete; faremo fallire il vostro progetto di dominio, costruiremo una società di uguaglianza e solidarietà, di rispetto e ripristino di quell’ambiente naturale che volete continuare a distruggere con il vostro falso “green new deal”. Una società dove non ci sarà più posto per la finanza globale, per le multinazionali e per i loro falsi scienziati e falsi politici.
Cominciamo subito, in tutte le piazze, in tutti i paesi e le città, in tutti i luoghi di lavoro e di studio: informare per resistere, resistere per cambiare.
di Marcello Veneziani
Fonte: Marcello Veneziani
Razzismo e Lgbtqia sono diventati ormai i dogmi ossessivi di tutti i media, della narrazione globale, dell’agenda politica mondiale, in primis della sinistra planetaria. Non c’è religione, chiesa, famiglia, popolo, proletariato, governo che tenga; non c’è nemmeno lo sport che possa esserne immune. Tutto viene investito da questo ciclone che ha oscurato ogni altro tema, ogni altra urgenza. È uno di quei temi discriminatori in assoluto dell’umanità: di qua i devoti del nuovo catechismo, di là i razzisti omofobi in tutte le loro gradazioni, da cattolici a nazi. Per essere tali non occorre un esame approfondito, basta non inginocchiarsi, reclamare la libertà di pensiero o dire che i bambini nascono da un uomo e una donna.
La campagna permanente contro il razzismo, l’inginocchiatoio globale negli stadi, magari colorati d’arcobaleno, ha contagiato pure il calcio, in un’invasione di campo senza precedenti. In Italia, la sinistra si è ormai votata a un’ideologia fondata sull’antirazzismo e la legge Zan che potremmo chiamare in sintesi Razzanesimo. Qualcuno dice che è maccartismo rovesciato: ma la caccia alle streghe comuniste di allora si fondava almeno sulla realtà: c’era Stalin, l’Urss, la guerra fredda. Qui invece c’è…Hitler e tanta psicosi.
La partita in gioco non è tra due ideologie, tra due visioni del mondo, ma tra l’ideologia e la realtà, tra la natura e la sua abolizione, tra la Vita e il Modulo. Perfino la Chiesa va in ritirata e Draghi si sfila, invoca la laicità, si fa neutrale, passa la palla al Parlamento.
Il nemico principale di questa ideologia manichea, pervasiva, intollerante non è un soggetto politico e nemmeno la Chiesa, ma più semplicemente e più vastamente la realtà. Perché se di mille crimini compiuti nel mondo, uno solo merita sdegno, commozione e mobilitazione permanente e tutti gli altri vanno dimenticati; se tra mille bisogni che esistono sulla terra, alcuni che toccano la vita e la morte, il tema degli omo e dei trans diventa la priorità planetaria permanente; vuol dire che non si fronteggiano due culture politiche e civili diverse, come sarebbe legittimo e auspicabile, ma un’Ideologia Sola e Ossessiva che non ammette avversari, perché li squalifica in partenza, li reputa barbarici, li criminalizza e vorrebbe perseguirli penalmente; e dall’altra parte la composita, contraddittoria, imperfetta realtà, la vita quotidiana, i corpi, gli istinti, gli affetti, i legami, i pensieri, le tradizioni, le esperienze di ogni giorno.
L’altro giorno tornando finalmente a incontrare lettori e cittadini, la domanda ricorrente in tema di attualità è: ma chi è disposto a mandare all’aria tutta la realtà, la famiglia, i rapporti umani, le tradizioni, le civiltà e le istituzioni millenarie pur di inginocchiarsi al Potere nero, omotrans e arci-femminista, e insieme a cancellare anche la propria storia, provenienza, le proprie lotte del passato, ha perduto la testa o cosa ha in mente, inteso più come materiali che come pensieri? È un fenomeno di rincretinimento globale, di pandemia della demenza o cosa? Ci credono davvero oppure no, i genufessi, ci sono o ci fanno?
In Italia, in Europa, in Occidente funziona a pieno regime la Fabbrica per l’allevamento dei cretini. Gestita da cretini in malafede, invasati che mettono a profitto la loro demenza. Anzi la definizione completa, scientifica è: cretini punitivi, planetari, in malafede, al potere. Non mi riferisco a qualcuno in particolare, alcuni a livello personale stupidi non sono; ma alla loro somma, al Cretino Collettivo che ne scaturisce. I suddetti non si limitano a proporre soluzioni circoscritte e nemmeno a rivendicare la loro opinione e il diritto di vivere in libertà, ciascuno come crede. No, pretendono di imporla a tutti, di farla adottare come testo, norma di legge; e di sanzionare coloro che non la pensano come loro, non hanno il cervello nelle ginocchia, non si piegano ai catechismi dell’odio e dell’idiozia.
Un cretino, seppure in malafede, che si rivolge ad altri cretini, che si costituisce in movimento, che scende in piazza e chiede voti, può essere detestabile ma in fondo esercita la sua libertà e il suo diritto; in democrazia non si può negare. Ma quando il cretino chiede che tutti debbano seguire i suoi precetti e le sue precettazioni, e pretende che le sue opinioni siano regola universale, altrimenti si è razzisti, omofobi, nazisti e indemoniati, allora la faccenda si fa pericolosa. E diventa addirittura torva se si pensa che questa setta di dementi è stabilmente al potere, si costituisce in cupola e in casta, detiene i media e gestisce la politica televisiva, cinematografica, giudiziaria, e poi la cultura, lo spettacolo e vorrebbe allargarsi pure allo sport. Allora diventa un’emergenza. Per giunta planetaria, se consideriamo che questa follia non colpisce solo la malata Italia, ma va dal Galles agli Stati Uniti, fino in Australia. Allora il quadro si completa: non stiamo parlando di un idiota qualunque ma del Cretino Planetario in Mala Fede che dispone del Potere. La vicenda si fa allora insopportabile, inaccettabile. Il loro rifiuto a priori di riconoscere che su quei temi si possa avere almeno una diversa opinione, costringe chi non è con loro a ricambiare la loro inimicizia. Non si può discutere, non c’è la possibilità di accordo e di una mediazione, lo dicono loro. Dunque che si fa? Si può dichiarare guerra alla pandemia degli idioti? Non pretendendo l’eliminazione dell’avversario, come da loro preconizzata tramite leggi e squalifiche, più semplicemente ci accontenteremmo di una cosa: avere la possibilità di esprimere un giudizio democratico, tramite il voto per rendere se non inoffensivo almeno meno letale il virus della stupidità militante da loro propagato con zelo poliziesco e missionario. Ma il voto tarderà e alla fine non basterà. Perché il potere non ha limiti, come la stupidità.
Fonte: Marcello Veneziani
di Marcello Veneziani
Come spiegare la guerra ai “classics” che si allarga negli Stati Uniti e pure sull’altra sponda dell’Atlantico e trova oggi conforto e rinforzo con l’arrivo alla casa Bianca dei progressisti e antirazzisti Joe Biden e di Kamala Harris? È stata proprio la “sua università”, quella da cui proviene la vice nera di Biden, la Howard University di Washington, a fare da capofila nell’opera di demolizione e di epurazione dei classici dagli studi. Trattandosi di un’università simbolo degli afro-americani, assume un significato speciale. La cacciata dei classici dalle università, non solo dunque del “conquistatore” Cristoforo Colombo ma dei grandi poeti, pensatori e letterati della tradizione antica, greco-romana ed europea, è diventata ora il simbolo della lotta dei neri contro la “supremazia” dei bianchi. La cultura è vista come un segno di violenza, schiavismo e sottomissione coloniale che l’occidente avrebbe esercitato sulle popolazioni indigene di tutto il mondo. Anche i capolavori della letteratura vengono sottoposti alla censura postuma e vengono giudicati dai tribunali e dalle piazze, dai MeToo e dagli Antifa, e non più nelle sedi letterarie in ragione del loro valore. Il significato umanistico viene sottomesso al valore umanitario e sottoposto al Tribunale Permanente dei Diritti Umani Violati.
Sono lontani i tempi in cui un presidente negro e illuminato, come Leopold Senghor, poeta e alfiere della “negritudine”, esibiva il suo amore per i classici e per la lingua latina e spingeva gli studenti più bravi del suo paese, il Senegal, e di tutta l’Africa nerissima a integrarsi anche tramite la cultura e l’assimilazione dei classici e della lingua latina.
Ora il problema non è integrare i neri, i latinos e gli indiani nella civiltà euro-occidentale ma dis-integrare la nostra cultura sin dalle sue radici e contrapporre i temi dei diritti umani a ogni discorso culturale, storico e spirituale. L’appello si estende a tutti gli occidentali che devono ricusare il loro passato, vergognarsi delle loro origini e sostenere la battaglia contro i classici, che a esaminarli furono tutti, più o meno, “razzisti”, “schiavisti”, “omofobi”, “maschilisti”, e via dicendo. Via la vita spirituale, al più cantiamo gli spiritual.
Perfino gli schemi del pensiero rivoluzionario vengono capovolti: le classi subalterne, i proletari, non devono impossessarsi delle idee dominanti e della cultura egemone per rovesciare i rapporti di potere e sostituirsi al comando della società; ma devono disprezzare la loro cultura e cancellare le sue tracce. Verso dove si va in questo modo? Verso una forma di imbarbarimento planetario e di ripiegamento narcisistico nell’oggi contro tutti gli ieri e i sempre. Continua a leggere
di Cesare Sacchetti
Il filo del dialogo non si è interrotto.
La lettera inviata da monsignor Viganò al presidente americano Donald Trump non è caduta nel vuoto.
Trump si è detto onorato di aver ricevuto l’appello così potente ed evocativo del prelato italiano.
Viganò è stato in grado di spiegare chiaramente a Trump come in gioco non ci sia soltanto uno scontro tra forze di opposto segno politico. C’è molto di più. C’è in atto una vera e propria battaglia spirituale.
E la battaglia dei figli della luce contro quelli delle tenebre che trascende il piano politico per approdare verso quello più propriamente di natura escatologica.
Non si può spiegare il mondialismo soltanto con le anguste e parziali categorie dell’economia o della geopolitica.
La volontà di erigere una sorta di supergoverno mondiale è qualcosa di strettamente legato ad una religione che nulla ha a che vedere con il cristianesimo.
Al contrario, la religione di questo pensiero, noto negli ambienti mondialisti con il famigerato nome di “nuovo ordine mondiale” è l’esatta negazione della Verità rivelata da Cristo.
I riferimenti di carattere satanista ed esoterico della religione globalista dalla violenta carica anticristica sono del tutto evidenti, per chi ha la volontà di vederli.
L’abominevole pratica della pedofilia, un tempo bandita nell’Occidente cristiano, inizia ad essere sdoganata sempre più apertamente. Continua a leggere
Qui si ride e si scherza, ma quello degli antirazzisti italiani è un dramma lacerante: una pattuglia così agguerrita e motivata che cerca solo un messia, un testimonial all’altezza del suo compito titanico, e invece niente. L’ultima delusione arriva da Sergio Sylvestre, chiamato a trasformare l’inno di Mameli in una sorta di «Motherfucker of Italy» prima della finale di Coppa Italia e franato rovinosamente sull’elmo di Scipio davanti agli sguardi perplessi di mezza Italia (e a quello di Leonardo Bonucci, impietosamente ripreso dalle telecamere mentre alzava il sopracciglio dal disappunto). Una performance degna dell’Enrico Pallazzo di Una pallottola spuntata, che ha bruciato sul nascere questa maldestra marchetta a Black lives matter, brillante capolavoro della Lega calcio, che ha così completato la sua serata di gloria dopo la partita cominciata inspiegabilmente in ritardo e la grottesca coreografia posticcia a coprire gli spalti vuoti. Complimenti vivissimi.
E quindi niente da fare, il colored italiano destinato a redimere le recalcitranti folle italiche per portarle nell’eden antirazzista e multirazziale ancora ha da venire. Sylvestre, americano di madre messicana e padre haitiano ma italiano di adozione, anche perché la vittoria di Amici di Maria de Filippi dà più punti di italianità del passaporto, ha fallito la grande occasione. Non solo ha violentato l’inno, ma, non contento, si è anche esibito nel pugno chiuso e nello slogan del ghetto, senza riflettere sul fatto che il naufragio canoro avrebbe portato a fondo anche qualsiasi messaggio politico susseguente.
Una brutta botta, per un mondo che non si è ancora ripreso dall’implosione della supernova attorno a cui gravitavano le speranze degli antirazzisti de ‘noantri, ovvero Mario Balotelli. Era lui, l’unto della Costituzione, il prescelto. Ma anche lui ha fallito. Non una volta, sempre. Un fallimento durato anni, recidivo, continuato, ostentato, fino a che il fallimento non ha saturato tutta la bolla mediatica che gli era stata costruita attorno. E non è stato solo un fallimento sportivo o personale, ma la catastrofe di tutta un’operazione culturale. Doveva farci ricredere dai pregiudizi, e invece li ha confermati tutti. Tutti, anche quelli che non sono veri in generale ma che ha inverato lui da solo. E, nel mondo del calcio, ogni altro tentativo di trovare un sostituto è andato a vuoto: i vari Ogbonna o Okaka, pure più simpatici di Mario, non hanno avuto la fortuna sportiva che poteva renderli dei simboli, mentre il predestinato Moise Kean ha per ora dimostrato di essere l’erede di Balotelli solo nel senso deteriore dell’espressione. Continua a leggere
Segnalazione Arianna Editrice
Storia di una dinastia che domina il mondo rimanendo nell’ombra, lontana dai riflettori.
I Rothschild sono una delle più potenti dinastie aristocratiche riconvertitesi in banchieri e imprenditori.
Pietro Ratto
Dal governo del mondo all’indebitamento delle nazioni: i segreti delle famiglie più potenti.
Prezzo: € 9,80
Formato: Brossura – cm 15×21
Editore:Arianna Editrice
Collana:Un’Altra Storia
In una recente intervista esclusiva al Canale YouTube Byoblu, Pietro Ratto ha potuto ribadire l’importanza e la pericolosità di famiglie come quella Rothschild. La storia di questa dinastia, ben approfondita nel bestseller I Rothschild e gli altri, è caratterizzata dall’assenza pressoché totale da libri, organi di informazione. Questo dato stride parecchio con la sua ricchezza e la capacità di condizionare, o meglio pilotare, i punti nevralgici del potere politico a livello mondiale.
Ora, grazie all’indagine di Ratto, la verità inizia finalmente a venire a galla e i numeri parlano chiaro: i libro sta rapidamente guadagnando la vetta delle classifiche di genere, i dossier sui Rothschild (come quello su ByoBlu) ottengono istantaneamente decine di migliaia di visualizzazioni e centinaia di commenti. Che il giochino dei Rothschild si stia rompendo? Dipende anche da noi.
Nell’era dei social network, in cui ognuno cerca disperatamente di apparire e di collezionare il maggior numero possibile di amici e di condivisioni, chi davvero esercita un’influenza importante non viene mai, o quasi mai, menzionato.
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