Io sapevo che il responsabile della caduta di Draghi era stato Giuseppi. Di rinterzo poi si era messo di mezzo anche il CDX. Ora invece, per recuperare il M5S, la colpa della caduta del Drago la si fa ricadere sul “russo” Salvini. Conte quindi è innocente e può rientrare nel “Campo Largo”. E’ solo un’ipotesi, ma chissà?…
Martedì è arrivato il primo sì alla proposta di legge Magi-Licantini, che depenalizza la coltivazione domestica della cannabis a uso personale. Il testo è infatti stato approvato, emendato, dalla Commissione Giustizia della Camera. Giunti a questo punto. . . continua a leggere QUI!
È sempre scomodo trattare temi come la pornografia (e la pedopornografia). È però importante avere il coraggio di denunciare il male, anche quando è letteralmente “inguardabile”, perché far finta che certi problemi non esistano o che non ci riguardino ci rende in qualche modo complici di quel male. La nostra cultura, infatti, idolatra il sesso fine a se stesso che comporta lo sfruttamento e l’uso del corpo umano, cioè della persona, propria o altrui, degradandola ad oggetto.
Il Parlamento italiano sta discutendo un progetto di legge per legalizzare la coltivazione della cannabis in casa. Ci opponiamo a questa legge scellerata non solo perché aumenterà il numero di persone drogate in circolazione (in particolare alla guida di autoveicoli, aumentando il numero di incidenti, feriti e morti sulle strade). Ma soprattutto perché inciderà sulla percezione dei minori sul consumo di droga, abbassando le loro difese ed esponendoli a rischi enormi. La cannabis provoca danni enormi al cervello degli adolescenti, per anni e anche dopo un uso solo sporadico. Firma la petizione per chiedere al Parlamento di bloccare il progetto di legge sulla legalizzazione della cannabis.
Il testo unificato in materia di ‘morte medicalmente assistita’, approvato dalla Camera il 10 marzo 2022 agevola la procedura di suicidio assistito, accentua la sua identità eutanasica; non prescrive più al medico e al Comitato per la valutazione clinica di tenere conto delle ragioni familiari e sociali che motivano la richiesta di morte; consente al Comitato di accertare la volontà di morire del paziente anche in modalità telematica; restringe l’obiezione di coscienza. Esso non contiene alcun impegno di spesa per attuare la disciplina, e quindi per favorire l’accesso alle cure palliative e per aiutare le famiglie. Emblematica del valore conferito alla vita, alla dignità e all’autonomia del malato, è la disciplina provvisoria che consentirebbe l’accesso al suicidio assistito per un tempo di 270 giorni dall’eventuale approvazione definitiva, in assenza delle garanzie procedurali minime previste dallo stesso t.u.
di Carmelo Domenico Leotta
1. Il testo unificato in contrasto con le indicazioni della Corte costituzionale. La proposta di legge approvata il 10 marzo scorso alla Camera, assegnata al Senato il successivo 16 marzo (Atto S.2553) recante Disposizioni in materia di morte volontaria medicalmente assistita, presenta modifiche rispetto al testo unificato licenziato dalle Commissioni riunite Giustizia e Affari sociali il 9 dicembre 2021 (Atto C.3101). Per comodità di lettura, verrà indicata come t.u.
Di tali modifiche si può prendere visione tramite la tabella di confronto tra i due testi, che pubblichiamo a seguire; in taluni casi si tratta di semplici mutamenti lessicali, come la sostituzione della parola “malato” con la parola “persona” all’art. 2 co. 3 lett. a); in altri casi le modifiche, se colte nel loro contesto, radicalizzano la scelta di fondo del t.u., sostanzialmente ispirata ad un favor mortis del malato. Tale impostazione disattende gravemente le indicazioni della Corte costituzionale che, pochi giorni prima dell’approvazione della p.d.l. da parte della Camera, con la sentenza n. 50 depositata il 2 marzo (ud. 15 febbraio), ha dichiarato l’inammissibilità della proposta referendaria sull’omicidio del consenziente (art. 579 cod. pen.). Con tale decisione, la Consulta ha ribadito, richiamando la propria costante giurisprudenza, che “il diritto alla vita, riconosciuto implicitamente dall’art. 2 Cost., è “da iscriversi tra i diritti inviolabili, e cioè tra quei diritti che occupano nell’ordinamento una posizione, per dir così, privilegiata, in quanto appartengono – per usare l’espressione della sentenza n. 1146 del 1988 – all’essenza dei valori supremi sui quali si fonda la Costituzione italiana” (sentenza n. 35 del 1997). Esso “concorre a costituire la matrice prima di ogni altro diritto, costituzionalmente protetto, della persona” (sentenza n. 238 del 1996)” (cf. https://www.centrostudilivatino.it/omicidio-del-consenziente-e-droga-le-motivazioni-della-corte-costituzionale/#more-10292).
2. Elementi di divergenza rispetto alle sentenze della Consulta. La sentenza n. 50/2022, che pur si è espressa per la non ammissibilità della proposta referendaria avente a oggetto l’omicidio del consenziente, non ha mancato di richiamare l’ordinanza n. 207/2018 e la sentenza n. 242/2019 della medesima Consulta in materia di aiuto al suicidio (art. 580 cod. pen.), nelle quali si è detto a chiare lettere che il godimento del diritto alla vita, “primo dei diritti inviolabili dell’uomo” (sentenza n. 223/1996) comporta “il dovere dello Stato di tutelare la vita di ogni individuo: non quello – diametralmente opposto – di riconoscere all’individuo la possibilità di ottenere dallo Stato o da terzi un aiuto a morire”.
Ancorché l’impostazione fatta propria dalla Corte costituzionale con l’ordinanza n. 207/2018 e con la sentenza n. 242/2019 non sia condivisibile nel suo contenuto decisorio – perché ammette una deroga, seppur in casi limitati, al principio di indisponibilità della vita e fa un’equiparazione, tutt’altro che pacifica, tra rifiuto della cura e suicidio assistito (sui problemi posti dall’ordinanza cf. il volume (a cura) di Mauro Ronco, Il ‘diritto’ di essere uccisi: verso la morte del diritto?, Giappichelli 2019 https://www.centrostudilivatino.it/il-diritto-di-essere-uccisi-verso-la-morte-del-diritto/; sulla sentenza, ex multis, (a cura) di Alfredo Mantovano, Eutanasia le ragioni del no. Il referendum, la legge, le sentenze, Cantagalli 2021 https://www.edizionicantagalli.com/shop/eutanasia-le-ragioni-del-no/)– essa ha avuto il pregio di escludere che la richiesta di morte assurga a diritto soggettivo del malato e si è limitata a prevedere una causa di non punibilità a vantaggio di chi, liberamente accogliendo la richiesta dell’interessato, ne abbia cagionato il decesso.
l’affievolimento degli strumenti di controllo sulla libertà di scelta del malato;
la restrizione dell’obiezione di coscienza;
la previsione di una disciplina provvisoria.
Che, d’altronde, la tutela del diritto alla vita non sia tema di particolare interesse per il t.u. è dato inequivocabile, posto che all’art. 2 co. 3 nell’elenco dei princìpi fondamentali che il Servizio sanitario nazionale deve rispettare in materia di suicidio assistito, si menzionano la dignità e l’autonomia del malato; la qualità della vita e il sostegno al malato, ma (nella versione del 9 dicembre così come in quella approvata il 10 marzo) del diritto alla vita… nessuna traccia! Ciò premesso, si segnala nel dettaglio quanto segue.
3. Art. 5 co. 2: soppressa la considerazione delle condizioni familiari e sociali del suicidio assistito. Il medico che riceve la richiesta di morte medicalmente assistita da parte del paziente, nella versione del t.u. approvata il 10 marzo, redige “un rapporto dettagliato e documentato sulle condizioni cliniche e psicologiche del richiedente e sulle motivazioni che l’hanno determinata”.
La precedente versione prevedeva che oggetto del rapporto fossero anche le condizioni familiari e sociali del malato. Tale espunzione è grave e foriera di conseguenze negative per la tutela del malato; il rapporto è infatti oggetto di vaglio da parte del Comitato di valutazione clinica (art. 5 co. 5 ss.) e si conclude con il parere dello stesso Comitato, favorevole o contrario alla richiesta di morte medicalmente assistita. L’esclusione, prima per il medico che riceve la richiesta poi per il Comitato, dell’esame delle condizioni sociali e familiari del paziente rende impossibile, soprattutto da parte del Comitato, una valutazione complessiva che tenga conto, per es., di quanto possano avere inciso sulla scelta di morire opinioni o pressioni familiari ed eventuali ristrettezze economiche. Tale modifica è segno evidente e inequivocabile del fatto che, nell’impianto del t.u., il suicidio assistito, anziché essere la risposta estrema a mali ritenuti non altrimenti affrontabili – soluzione che comunque non è eticamente e giuridicamente ammissibile perché comporta la partecipazione a un atto causativo della morte di una persona –, si presta a divenire una sempre più larga “via di uscita” dall’esistenza, di fronte a situazioni di grave problematicità sociale e familiare generate dalla malattia.
L’espunzione delle condizioni familiari e sociali dal campo di indagine del medico e del Comitato non solo snellisce e agevola l’accesso al suicidio assistito ma è anche indice del reale valore che il t.u. assegna all’autonomia del paziente; a fronte dei proclami altisonanti sull’autonomia, sull’autodeterminazione e sulla dignità personale, la soluzione normativa che la Camera ha adottato è di non prevedere che il medico che riceve la richiesta e il Comitato che la valuta debbano tenere in conto proprio quei fattori ambientali che maggiormente interferiscono con la formazione della volontà del malato .
4. Art. 5 co. 5: volontà di morire accertabile per il Comitato anche ‘da remoto’. Non sono bastati due anni di vita sulle piattaforme online per rendere evidente a chiunque che l’interazione telematica tra le persone non è efficace come quella “in presenza”: ne parlano docenti, psicologici, esperti della comunicazione, sociologi, ma non ne tiene conto la Camera; essa rettifica l’art. 5 co. 5, prevedendo che l’audizione personale del malato finalizzata – si badi – ad “accertare che la richiesta di morte medicalmente assistita sia stata informata, consapevole e libera” possa avvenire anche telematicamente. La precedente versione del testo, pur senza qualificare tale procedura come obbligatoria, quanto meno prevedeva che, ove il Comitato intendesse sentire il malato, si dovesse recare, anche tramite un delegato, al domicilio del paziente.
La modifica è chiaramente pur essa volta, come la precedente, a snellire la procedura di accertamento delle condizioni che consentono la richiesta di morte medicalmente assistita, in vista di un suo più rapido espletamento. Anche in questo caso è evidente quanto poco stia a cuore il reale controllo della libertà di scelta del malato, da sentire tranquillamente in modalità smart. In fondo il malato che ha deciso di morire potrebbe già aver assorbito tante risorse di denaro e di tempo: un’ultima call basta per mettere “agli atti” che davvero la morte era ciò che voleva, precludendo quel contatto diretto che permetterebbe di coglierne fino in fondo le reali motivazioni e i disagi sottostanti!
5. L’obiezione di coscienza. Nessuna obiezione (art. 6 t.u.) per il pubblico ufficiale che, nel testo approvato il 10 marzo, interviene nella procedura di morte medicalmente assistita, ai sensi dell’art. 4 co. 2, attestando l’autenticità, la data e il luogo di espressione della volontà dell’interessato. Eppure, l’intervento del pubblico ufficiale – non contemplato nel t.u. del 9 dicembre – ha un’efficacia causale indispensabile e diretta nell’espletamento della procedura, e quindi realizza quel contrasto fra il precetto normativo, la deontologia e i dettami intimi della coscienza, tale da meritare tutela.
Circa l’operatore sanitario, la precedente formulazione dell’art. 6 t.u. prevedeva che l’obiezione di coscienza spettasse al “personale sanitario ed esercente le attività sanitarie ausiliarie”: il testo del 10 marzo riferisce invece il diritto all’obiezione solo all’esercente la professione sanitaria in senso stretto, escludendo quanti esercitano attività ausiliarie, senza essere al contempo esercenti professioni sanitarie.
6. La clausola di invarianza finanziaria. L’art. 9 t.u. fissa la clausola di invarianza finanziaria, in virtù della quale, dall’attuazione della legge “non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Le amministrazioni competenti provvedono agli adempimenti ivi previsti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente”.
La previsione è neutra solo in apparenza, e costituisce il contrario di quel segnale virtuoso che parrebbe costituire per la finanza pubblica, rassicurante per chi è contrario al suicidio assistito e all’eutanasia. Se davvero il suicidio assistito, come si fa credere all’opinione pubblica, fosse inteso, nell’impianto del t.u., come il rimedio estremo dinnanzi al fallimento di tutte le altre vie proposte al malato, come è possibile, nel momento in cui se ne consente la pratica, non investire contestualmente sulle cure palliative e sul sostegno agli informal caregiver, vale a dire a quei soggetti, appartenenti alla rete familiare e amicale del malato, che gli prestano assistenza?
La scelta del t.u. che da un lato esige, per l’accesso al suicidio assistito, il previo coinvolgimento del malato (salvo il suo rifiuto) in un percorso di cure palliative, dall’altro non impiega nessuna risorsa per rendere concrete tali cure, mostra come in realtà il suicidio assistito sia, nel testo approvato dalla Camera, non tanto la soluzione di extremaratio per chi non sopporta più le proprie sofferenze, quanto la via più semplice, immediata ed economica offerta a chi deve affrontare un grave dolore.
7. L’entrata in vigore e la disciplina transitoria. Il t.u. approvato dall’Aula si conclude con un nuovo art. 11, che stabilisce l’entrata in vigore della legge 90 giorni dopo la pubblicazione in Gazzetta.
L’art. 11 co. 2 prevede tuttavia che, nelle “more dell’entrata in vigore della presente legge, si provvede all’aggiornamento delle prestazioni a carico del Servizio sanitario nazionale, ai sensi dell’articolo 1, commi 554 e 559, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, conformemente alle prestazioni previste dalle disposizioni della presente legge e nei limiti delle risorse finanziarie destinate al medesimo Servizio sanitario nazionale dalla legislazione vigente”: è un comma avente efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione.
Occorre chiedersi, tuttavia, se le pratiche di suicidio assistito possano effettivamente essere inserite, stando al diritto vigente, nelle prestazioni a carico del Servizio sanitario nazionale, in via provvisoria prima dell’entrata in vigore di una (eventuale) disciplina organica qual è quella dettata dagli art. 1-10, dai regolamenti istitutivi dei Comitati per la valutazione clinica (art. 7) e dal decreto del Ministro della salute (art. 10). Per verificare tale ipotesi occorre richiamare alcune norme in materia.
Anzitutto, l’art. 1 co. 554 L. n. 208/2015 (legge di stabilità 2016) – cui l’art. 11 co. 2 t.u. rinvia – stabilisce che i livelli essenziali di assistenza (c.d. LEA) di cui all’art. 1 co. 7 D.Lgs. 502/1992 siano definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari. L’art. 1 co. 7 D.Lgs. n. 502/1992 prevede, a sua volta, che sono “posti a carico del Servizio sanitario le tipologie di assistenza, i servizi e le prestazioni sanitarie che presentano, per specifiche condizioni cliniche o di rischio, evidenze scientifiche di un significativo beneficio in termini di salute, a livello individuale o collettivo, a fronte delle risorse impiegate”.
Ai sensi dello stesso art. 1 co. 7 cit., sono esclusi dai livelli di assistenza erogati a carico del Servizio sanitario nazionale, tipologie di assistenza, servizi e prestazioni sanitarie che (tra gli altri casi di esclusione) non rispondono a necessità assistenziali tutelate in base ai principi ispiratori del Servizio sanitario nazionale, di cui all’art. 1 co. 2 dello stesso D.Lgs. Il co. 2 da ultimo richiamato sancisce espressamente che i livelli essenziali di assistenza garantiti dal Servizio sanitario nazionale, attraverso le risorse finanziarie pubbliche, siano in coerenza con i princìpi e gli obiettivi indicati dagli art. 1 e 2 L. n. 833/1978, istitutiva del servizio sanitario nazionale. L’art. 1 L. n. 833 al co. 3 stabilisce che finalità del servizio sanitario nazionale siano la promozione, il mantenimento e il recupero della salute fisica e psichica (e non, ad es., il dare la morte al paziente). L’art. 2 della stessa L. n. 833, sempre elencando i princìpi ispiratori del S.S.N., prevede al comma 2, lett. f) «la tutela della salute degli anziani, anche al fine di prevenire e di rimuovere le condizioni che possono concorrere alla loro emarginazione».
In breve, le prestazioni di suicidio assistito, a fortiori prima dell’entrata in vigore di una disciplina organica, non tollerano l’inserimento nei LEA, perché incompatibili con i principi ispiratori di erogazione delle prestazioni rese dal S.S.N. in base alla L. n. 833/ 1978 e al D.Lgs. n. 502/1992.
Vi è poi da chiedersi come sia possibile prevedere una disciplina provvisoria prima della istituzione, di cui all’art. 7 t.u., dei Comitati di valutazione clinica, i quali hanno la funzione precipua di garantire la tutela della dignità del malato. I Comitati potranno essere istituiti in un termine di 180 giorni dall’entrata in vigore della legge, la quale a sua volta entrerebbe in vigore dopo 90 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta. La disciplina provvisoria dell’art. 11 co. 2 invece entrerebbe in vigore il giorno successivo alla pubblicazione della legge in Gazzetta, come previsto dallo stesso art. 11 co. 3. Discorso analogo riguarda l’emanazione del decreto del Ministro della salute, considerato dall’art. 10 t.u., in cui dovrebbero essere previste norme di prim’ordine, relative ai requisiti delle strutture del Servizio sanitario nazionale idonee ad accogliere le persone che fanno richiesta di morte (lett. a); ai protocolli e alle modalità per la prescrizione, la preparazione, il coordinamento e la sorveglianza della procedura di morte (lett. b); alle procedure di sostegno psicologico alla persona malata e ai suoi familiari (lett. c); alle modalità di un’informazione capillare sulle possibilità offerte dalla legge 22 dicembre 2017, n.219 (lett. e); alle modalità di monitoraggio e di potenziamento delle cure palliative (lett. f).
La norma provvisoria prevista dall’art. 11 co. 2 t.u. è pertanto inattuabile: ancora una volta, segnala l’inadeguatezza tecnica del testo approvato dall’Aula della Camera. L’inserimento della disposizione provvisoria dice molto sul piano politico: che un ramo del Parlamento approvi un testo che permette l’accesso al suicidio assistito in totale assenza di una tutela minima per il malato per un tempo di 270 giorni dalla pubblicazione della legge in Gazzetta – 180 giorni necessari per l’istituzione dei Comitati e per l’emanazione del decreto ministeriale dall’entrata in vigore della legge, cui aggiungere 90 giorni per la stessa entrata in vigore della legge, che decorrono dalla sua pubblicazione – è il segnale più chiaro e incontrovertibile di quanto poco valga, per l’odierna rappresentanza della Nazione, la vita della persona malata.
Testi a confronto: in rosso le novità apportate dall’Aula della Camera rispetto al testo delle Commissioni riunite (a cura di Carmelo Domenico Leotta e di Aldo Rocco Vitale)
A.C. 2-1418-1586-1655-1875-1888-2982-3101-ATesto unificato (versione 9 dicembre 2021)
A.S.2553Disposizioni in materia di morte volontaria medicalmente assistitaapprovato dalla Camera il 10 marzo 2022 e trasmesso al Senato l’11 marzo 2022
Art. 1. (Finalità) 1. La presente legge disciplina la facoltà della persona affetta da una patologia irreversibile e con prognosi infausta o da una condizione clinica irreversibile di richiedere assistenza medica, al fine di porre fine volontariamente e autonomamente alla propria vita, alle condizioni, nei limiti e con i presupposti previsti dalla presente legge e nel rispetto dei princìpi della Costituzione, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
Art. 1. (Finalità) 1. La presente legge disciplina la facoltà della persona affetta da una patologia irreversibile e con prognosi infausta o da una condizione clinica irreversibile di richiedere assistenza medica, al fine di porre fine volontariamente e autonomamente alla propria vita, alle condizioni, nei limiti e con i presupposti previsti dalla presente legge e nel rispetto dei princìpi della Costituzione, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
Art. 2. (Definizione) 1. Si intende per morte volontaria medicalmente assistita il decesso cagionato da un atto autonomo con il quale, in esito al percorso disciplinato dalle norme della presente legge, si pone fine alla propria vita in modo volontario, dignitoso e consapevole, con il supporto e sotto il controllo del Servizio sanitario nazionale, secondo le modalità previste dagli articoli 4 e 5. 2. Tale atto deve essere il risultato di una volontà attuale, libera e consapevole di un soggetto pienamente capace di intendere e di volere. 3. Le strutture del Servizio sanitario nazionale operano nel rispetto dei seguenti princìpi fondamentali: a) tutela della dignità e dell’autonomia del malato; b) tutela della qualità della vita fino al suo termine; c) adeguato sostegno sanitario, psicologico e socio-assistenziale alla persona malata e alla famiglia.
Art. 2. (Definizione) 1. Si intende per morte volontaria medicalmente assistita il decesso cagionato da un atto autonomo con il quale, in esito al percorso disciplinato dalle norme della presente legge, si pone fine alla propria vita in modo volontario, dignitoso e consapevole, con il supporto e sotto il controllo del Servizio sanitario nazionale, secondo le modalità previste dagli articoli 4 e 5. 2. Tale atto deve essere il risultato di una volontà attuale, libera e consapevole di un soggetto pienamente capace di intendere e di volere. 3. Le strutture del Servizio sanitario nazionale operano nel rispetto dei seguenti princìpi fondamentali: a) tutela della dignità e dell’autonomia della persona; b) tutela della qualità della vita fino al suo termine; c) adeguato sostegno sanitario, psicologico e socio-assistenziale alla persona malata e alla famiglia.
Art. 3. (Presupposti e condizioni) 1. Può fare richiesta di morte volontaria medicalmente assistita la persona che, al momento della richiesta, abbia raggiunto la maggiore età, sia capace di intendere e di volere e di prendere decisioni libere, attuali e consapevoli, adeguatamente informata, e che sia stata previamente coinvolta in un percorso di cure palliative al fine di alleviare il suo stato di sofferenza e le abbia esplicitamente rifiutate. 2. Tale persona deve altresì trovarsi nelle seguenti concomitanti condizioni: a) essere affetta da una patologia attestata dal medico curante e dal medico specialista che la ha in cura come irreversibile e con prognosi infausta, oppure essere portatrice di una condizione clinica irreversibile, che cagionino sofferenze fisiche e psicologiche che la persona stessa trova assolutamente intollerabili; b) essere tenuta in vita da trattamenti sanitari di sostegno vitale, la cui interruzione provocherebbe il decesso del paziente.
Art. 3. (Presupposti e condizioni) 1. Può fare richiesta di morte volontaria medicalmente assistita la persona che, al momento della richiesta, abbia raggiunto la maggiore età, sia capace di intendere e di volere e di prendere decisioni libere, attuali e consapevoli, adeguatamente informata, e che sia stata previamente coinvolta in un percorso di cure palliative al fine di alleviare il suo stato di sofferenza e le abbia esplicitamente rifiutate o le abbia volontariamente interrotte. 2. Tale persona deve altresì trovarsi nelle seguenti concomitanti condizioni: a) essere affetta da una patologia attestata dal medico curante o dal medico specialista che la ha in cura come irreversibile e con prognosi infausta, oppure essere portatrice di una condizione clinica irreversibile, che cagionino sofferenze fisiche e psicologiche che la persona stessa trova assolutamente intollerabili; b) essere tenuta in vita da trattamenti sanitari di sostegno vitale, la cui interruzione provocherebbe il decesso del paziente.
Art. 4. (Requisiti e forma della richiesta) 1. La richiesta di morte volontaria medicalmente assistita deve essere attuale, informata, consapevole, libera ed esplicita. La richiesta deve essere manifestata per iscritto e nelle forme dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata. La richiesta può essere revocata in qualsiasi momento senza requisiti di forma e con ogni mezzo idoneo a palesarne la volontà. 2. Nel caso in cui le condizioni della persona non lo consentano, la richiesta può essere espressa e documentata con videoregistrazione o qualunque altro dispositivo idoneo che le consenta di comunicare e manifestare inequivocabilmente la propria volontà, alla presenza di due testimoni. 3. La richiesta di morte volontaria medicalmente assistita deve essere indirizzata al medico di medicina generale o al medico che ha in cura il paziente, nel rispetto della relazione di cura e di fiducia tra paziente e medico. 4. Ricevuta la richiesta, il medico prospetta al paziente, e se questi acconsente anche ai suoi familiari, le conseguenze di quanto richiesto e le possibili alternative, e promuove ogni azione di sostegno al paziente medesimo anche avvalendosi dei servizi di assistenza psicologica.
Art. 4. (Requisiti e forma della richiesta) 1. La richiesta di morte volontaria medicalmente assistita deve essere attuale, informata, consapevole, libera ed esplicita. La richiesta deve essere manifestata per iscritto e nelle forme dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata. La richiesta può essere revocata in qualsiasi momento senza requisiti di forma e con ogni mezzo idoneo a palesare la volontà. 2. Nel caso in cui le condizioni della persona non lo consentano, la richiesta può essere espressa e documentata con videoregistrazione o qualunque altro dispositivo idoneo che le consenta di comunicare e manifestare inequivocabilmente la propria volontà, alla presenza di due testimoni e di un pubblico ufficiale che attesti l’autenticità, la data e il luogo di espressione della volontà dell’interessato. 3. La richiesta di morte volontaria medicalmente assistita deve essere indirizzata al medico di medicina generale o al medico che ha in cura il paziente, nel rispetto della relazione di cura e di fiducia tra paziente e medico. 4. Ricevuta la richiesta, il medico prospetta al paziente e, se questi acconsente, anche ai suoi familiari le conseguenze di quanto richiesto e le possibili alternative, e promuove ogni azione di sostegno al paziente medesimo, anche avvalendosi dei servizi di assistenza psicologica.
Art. 5. (Modalità) 1. La morte volontaria medicalmente assistita deve avvenire nel rispetto della dignità della persona malata e in modo da non provocare ulteriori sofferenze ed evitare abusi. La persona malata ha la facoltà di indicare chi deve essere informato nell’ambito della sua rete familiare o amicale e chi può essere presente all’atto del decesso. 2. Il medico che ha ricevuto dal paziente la richiesta di morte volontaria medicalmente assistita formulata nelle forme di cui all’articolo 4 redige un rapporto dettagliato e documentato sulle condizioni cliniche, psicologiche, sociali e familiari del richiedente e sulle motivazioni che l’hanno determinata e lo inoltra al Comitato di valutazione clinica di cui all’articolo 7 territorialmente competente. Il rapporto è corredato da copia della richiesta e della documentazione medica e clinica ad essa pertinente. 3. Il rapporto deve precisare se la persona è stata adeguatamente informata della propria condizione clinica e della prognosi, se è stata adeguatamente informata dei trattamenti sanitari ancora attuabili e di tutte le possibili alternative terapeutiche. Il rapporto deve indicare inoltre se la persona è a conoscenza del diritto di accedere alle cure palliative e specificare se è già in carico a tale rete di assistenza o se ha esplicitamente rifiutato tale percorso assistenziale. Nel rapporto il medico è tenuto a indicare qualsiasi informazione da cui possa emergere che la richiesta di morte medicalmente assistita non sia libera, consapevole e informata. 4. Per la stesura del rapporto e la valutazione clinica il medico può avvalersi della collaborazione di medici specialisti. Qualora ritenga che manchino palesemente i presupposti e le condizioni di cui all’articolo 3 il medico non trasmette la richiesta al Comitato per la valutazione clinica, motivando la sua decisione. 5. Il Comitato per la valutazione clinica, entro trenta giorni, esprime un parere motivato sulla esistenza dei presupposti e dei requisiti stabiliti dalla presente legge a supporto della richiesta di morte volontaria medicalmente assistita e lo trasmette al medico richiedente e alla persona interessata. Ai fini dell’espressione del parere, il Comitato per la valutazione clinica può convocare il medico di riferimento o l’equipe sanitaria per una audizione e può altresì recarsi, anche a mezzo di un suo delegato, al domicilio del paziente per accertare che la richiesta di morte medicalmente assistita sia stata informata, consapevole e libera. 6. Nel corso del periodo che intercorre tra l’invio della richiesta al Comitato per la valutazione clinica e la ricezione del parere di quest’ultimo da parte del medico richiedente, al paziente è assicurato un supporto medico e psicologico adeguato. 7. Ove il parere sia favorevole, il medico richiedente lo trasmette tempestivamente, insieme a tutta la documentazione in suo possesso, alla direzione sanitaria dell’azienda sanitaria locale o alla direzione sanitaria dell’azienda ospedaliera di riferimento, che deve attivare le verifiche necessarie a garantire che il decesso avvenga, nel rispetto delle modalità di cui al comma 1, presso il domicilio del paziente o, laddove ciò non sia possibile, presso una struttura ospedaliera e sia consentito anche alle persone prive di autonomia fisica. 8. Nel caso in cui il medico non ritenga di trasmettere la richiesta al Comitato per la valutazione clinica o in caso di parere contrario dello stesso Comitato, resta ferma comunque la possibilità per la persona che abbia richiesto la morte volontaria medicalmente assistita di ricorrere al giudice territorialmente competente, entro il termine di sessanta giorni dalla data di ricezione del parere. 9. La richiesta, la documentazione e il parere di cui ai precedenti commi fanno parte integrante della cartella clinica o del fascicolo sanitario elettronico ove già attivato. 10. Il medico presente all’atto del decesso è in ogni caso tenuto previamente ad accertare, eventualmente avvalendosi della collaborazione di uno psicologo, che persista la volontà di morte volontaria medicalmente assistita e che permangano tutte le condizioni di cui all’articolo 3. 11. Il decesso a seguito di morte volontaria medicalmente assistita è equiparato al decesso per cause naturali a tutti gli effetti di legge.
Art. 5. (Modalità) 1. La morte volontaria medicalmente assistita deve avvenire nel rispetto della dignità della persona malata e in modo da non provocare ulteriori sofferenze ed evitare abusi. La persona malata ha la facoltà di indicare chi deve essere informato nell’ambito della sua rete familiare o amicale e chi può essere presente all’atto del decesso. 2. Il medico che ha ricevuto dal paziente la richiesta di morte volontaria medicalmente assistita, espressa nelle forme di cui all’articolo 4, redige un rapporto dettagliato e documentato sulle condizioni cliniche e psicologiche del richiedente e sulle motivazioni che l’hanno determinata e lo trasmette senza ritardo al Comitato per la valutazione clinica di cui all’articolo 7 territorialmente competente e all’interessato. Il rapporto è corredato di copia della richiesta e della documentazione medica e clinica ad essa pertinente. 3. Il rapporto deve precisare se la persona è stata adeguatamente informata della propria condizione clinica e della prognosi, se è stata adeguatamente informata dei trattamenti sanitari ancora attuabili e di tutte le possibili alternative terapeutiche. Il rapporto deve indicare inoltre se la persona è a conoscenza del diritto di accedere alle cure palliative e specificare se è già in carico a tale rete di assistenza o se ha esplicitamente rifiutato tale percorso assistenziale. Nel rapporto il medico è tenuto a indicare qualsiasi informazione da cui possa emergere che la richiesta di morte medicalmente assistita non sia libera, consapevole e informata. 4. Per laredazione del rapporto e la valutazione clinica il medico può avvalersi della collaborazione di medici specialisti. Qualora ritenga che manchino palesemente i presupposti e le condizioni di cui all’articolo 3, il medico non trasmette la richiesta al Comitato per la valutazione clinica, motivando per iscritto la sua decisione al richiedente. 5. Il Comitato per la valutazione clinica, entro trenta giorni, esprime un parere motivato sull’esistenza dei presupposti e dei requisiti stabiliti dalla presente legge a supporto della richiesta di morte volontaria medicalmente assistita e lo trasmette al medico richiedente e alla persona interessata. Ai fini dell’espressione del parere, il Comitato per la valutazione clinica può convocare il medico di riferimento o l’équipe sanitaria per un’audizione ed è tenuto a sentire il paziente, anche telematicamente o a mezzo di un proprio delegato, per accertare che la richiesta di morte medicalmente assistita sia stata informata, consapevole e libera. 6. Nel corso del periodo che intercorre tra l’invio della richiesta al Comitato per la valutazione clinica e la ricezione del parere di quest’ultimo da parte del medico richiedente, al paziente è assicurato un supporto medico e psicologico adeguato. 7. Ove il parere sia favorevole, il medico richiedente lo trasmette tempestivamente, insieme con tutta la documentazione in suo possesso, alla direzione sanitaria dell’azienda sanitaria locale o alla direzione sanitaria dell’azienda ospedaliera di riferimento, che deve attivare le verifiche necessarie a garantire che il decesso avvenga, nel rispetto delle modalità di cui al comma 1, presso il domicilio del paziente o, laddove ciò non sia possibile, presso una struttura ospedaliera e che esso sia consentito alle persone prive di autonomia fisica mediante l’adozione, nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, di strumenti, anche tecnologici, che consentano il compimento dell’atto autonomo secondo le disposizioni della presente legge. 8. Nel caso in cui il medico non ritenga di trasmettere la richiesta al Comitato per la valutazione clinica o in caso di parere contrario dello stesso Comitato, resta ferma comunqueper la persona che abbia richiesto la morte volontaria medicalmente assistitala possibilità di ricorrere al giudice territorialmente competente, entro il termine di sessanta giorni dalla data di ricezionedella decisione motivata del medico di cui al comma 4 o del parerecontrario del Comitato. 9. La richiesta, la documentazione e il parere di cui ai precedenti commi fanno parte integrante della cartella clinica o del fascicolo sanitario elettronico ove già attivato. 10. Il medico presente all’atto del decesso è in ogni caso tenuto previamente ad accertare, eventualmente avvalendosi della collaborazione di uno psicologo, che persista la volontà di morte volontaria medicalmente assistita e che permangano tutte le condizioni di cui all’articolo 3. 11. Il decesso a seguito di morte volontaria medicalmente assistita è equiparato al decesso per cause naturali a tutti gli effetti di legge.
Art. 6. (Obiezione di coscienza) 1. Il personale sanitario ed esercente le attività sanitarie ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure per l’assistenza alla morte volontaria medicalmente assistita disciplinate dalla presente legge quando sollevi obiezione di coscienza con preventiva dichiarazione. La dichiarazione dell’obiettore deve essere comunicata entro tre mesi dalla data di adozione del regolamento di cui all’articolo 7 al direttore dell’azienda sanitaria locale o dell’azienda ospedaliera, nel caso di personale dipendente. 2. L’obiezione di coscienza può sempre essere revocata o essere proposta anche fuori del termine di cui al comma 1, ma in tale caso la dichiarazione produce effetto dopo un mese dalla sua presentazione ai soggetti di cui al comma 1. 3. L’obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività sanitarie ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificamente dirette al suicidio e non dall’assistenza antecedente l’intervento. 4. Gli enti ospedalieri pubblici autorizzati sono tenuti in ogni caso ad assicurare l’espletamento delle procedure previste dalla presente legge. La regione ne controlla e garantisce l’attuazione.
Art. 6. (Obiezione di coscienza) 1. L’esercente la professione sanitaria non è tenuto a prendere parte alle procedure per l’assistenza alla morte volontaria medicalmente assistita disciplinate dalla presente legge quando sollevi obiezione di coscienza con preventiva dichiarazione. La dichiarazione dell’obiettore deve essere comunicata entro tre mesi dalla data di adozione del regolamento di cui all’articolo 7 al direttore dell’azienda sanitaria locale o dell’azienda ospedaliera, nel caso di personale dipendente. 2. L’obiezione di coscienza può sempre essere revocata o essere proposta anche fuori del termine di cui al comma 1, ma in tale caso la dichiarazione produce effetto dopo un mese dalla sua presentazione ai soggetti di cui al comma 1. 3. L’obiezione di coscienza esonera l’esercente la professione sanitaria dal compimento delle procedure e delle attività specificamente dirette al suicidio e non dall’assistenza antecedente l’intervento. 4. Gli enti ospedalieri pubblici autorizzati sono tenuti in ogni caso ad assicurare l’espletamento delle procedure previste dalla presente legge adottando tutte le misure, anche di natura organizzativa, che si rendano necessarie. La regione ne controlla e garantisce l’attuazione.
Art. 7. (Comitati per la valutazione clinica) 1. Al fine di garantire la dignità delle persone malate e di sostenere gli esercenti le professioni sanitarie nelle scelte etiche a cui sono chiamati, con regolamento del Ministro della salute, da adottare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono istituiti e disciplinati i Comitati per la valutazione clinica presso le aziende sanitarie locali. 2. Tali organismi devono essere multidisciplinari, autonomi e indipendenti, costituiti da medici specialisti, ivi compresi palliativisti, e da professionisti con competenze cliniche, psicologiche, giuridiche, sociali e bioetiche idonee a garantire il corretto ed efficace assolvimento dei compiti ad essi demandati.
Art. 7. (Comitati per la valutazione clinica) 1. Al fine di garantire la dignità delle persone malate e di sostenere gli esercenti le professioni sanitarie nelle scelte etiche a cui sono chiamati, con regolamentoadottato con decreto del Ministro della salute, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono istituiti e disciplinati i Comitati per la valutazione clinica presso le aziende sanitarie locali. 2. I Comitati di cui al comma 1 devono essere multidisciplinari, autonomi e indipendenti, costituiti da medici specialisti, ivi compresi palliativisti, e da professionisti con competenze cliniche, psicologiche, giuridiche, sociali e bioetiche idonee a garantire il corretto ed efficace assolvimento dei compiti ad essi demandati. 3. Ai componenti dei Comitati di cui al comma 1 non spettano compensi, gettoni di presenza, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati.
Art. 8. (Esclusione di punibilità) 1. Le disposizioni contenute negli articoli 580 e 593 del codice penale non si applicano al medico e al personale sanitario e amministrativo che abbiano dato corso alla procedura di morte volontaria medicalmente assistita nonché a tutti coloro che abbiano agevolato in qualsiasi modo la persona malata ad attivare, istruire e portare a termine la predetta procedura, qualora essa sia eseguita nel rispetto delle disposizioni della presente legge. 2. Non è punibile chiunque sia stato condannato, anche con sentenza passata in giudicato, per aver agevolato in qualsiasi modo la morte volontaria medicalmente assistita di una persona prima della data di entrata in vigore della presente legge, qualora al momento del fatto ricorressero i presupposti e le condizioni di cui all’articolo 3 della medesima legge e la volontà libera, informata e consapevole della persona richiedente fosse stata inequivocabilmente accertata.
Art. 8. (Esclusione della punibilità) 1. Le disposizioni contenute negli articoli 580 e 593 del codice penale non si applicano al medico e al personale sanitario e amministrativo che abbiano dato corso alla procedura di morte volontaria medicalmente assistita nonché a tutti coloro che abbiano agevolato in qualsiasi modo la persona malata ad attivare, istruire e portare a termine la predetta procedura, qualora essa sia eseguita nel rispetto delle disposizioni della presente legge. 2. Non è punibile chiunque sia stato condannato, anche con sentenza passata in giudicato, per aver agevolato in qualsiasi modo la morte volontaria medicalmente assistita di una persona prima della data di entrata in vigore della presente legge, qualora al momento del fatto ricorressero i presupposti e le condizioni di cui all’articolo 3 della medesima legge e la volontà attuale, libera, informata e consapevole della persona richiedente fosse stata inequivocabilmente accertata.
Art. 9. (Clausola di invarianza finanziaria)1. Dall’attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Le amministrazioni competenti provvedono agli adempimenti ivi previsti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Art. 9. (Disposizioni finali) 1. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con proprio decreto: a) individua i requisiti delle strutture del Servizio sanitario nazionale idonee ad accogliere le persone che fanno richiesta di morte volontaria medicalmente assistita; b) definisce i protocolli e le modalità per la prescrizione, la preparazione, il coordinamento e la sorveglianza della procedura di morte volontaria medicalmente assistita; c) definisce le procedure necessarie ad assicurare il sostegno psicologico alla persona malata e ai suoi familiari; d) determina le modalità di custodia e di archiviazione delle richieste di morte volontaria medicalmente assistita e di tutta la documentazione ad essa relativa in modo digitale; e) definisce le modalità di una informazione capillare sulle possibilità offerte dalla legge 22 dicembre 2017, n. 219; f) definisce le modalità di monitoraggio e di implementazione della rete di cure palliative che garantisca la copertura efficace e omogenea di tutto il territorio nazionale. 2. Il Ministro della salute presenta annualmente alle Camere una relazione sullo stato di attuazione delle disposizioni della presente legge.
Art. 10. (Disposizioni finali) 1. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con proprio decreto: a) individua i requisiti delle strutture del Servizio sanitario nazionale idonee ad accogliere le persone che fanno richiesta di morte volontaria medicalmente assistita; b) definisce i protocolli e le modalità per la prescrizione, la preparazione, il coordinamento e la sorveglianza della procedura di morte volontaria medicalmente assistita; c) definisce le procedure necessarie ad assicurare il sostegno psicologico alla persona malata e ai suoi familiari; d) determina le modalità di custodia e di archiviazione delle richieste di morte volontaria medicalmente assistita e di tutta la documentazione ad essa relativa in forma digitale; e) definisce le modalità di un’informazione capillare sulle possibilità offerte dalla legge 22 dicembre 2017, n.219; f) definisce le modalità di monitoraggio e di potenziamento della rete di cure palliative che garantisca la copertura efficace e omogenea di tutto il territorio nazionale. 2. Il Ministro della salute presenta annualmente alle Camere una relazione sullo stato di attuazione delle disposizioni della presente legge.
Art. 11. (Entrata in vigore)1. Salvo quanto previsto dal comma 3, la presente legge entra in vigore il novantesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.2. Nelle more dell’entrata in vigore della presente legge, si provvede all’aggiornamento delle prestazioni a carico del Servizio sanitario nazionale, ai sensi dell’articolo 1, commi 554 e 559, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, conformemente alle prestazioni previste dalle disposizioni della presente legge e nei limiti delle risorse finanziarie destinate al medesimo Servizio sanitario nazionale dalla legislazione vigente.3. Il comma 2 entra in vigore il giorno successivo alla data di pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale.
Nuovi tagli alla Sanità, il governo Draghi riduce la spesa di 6 miliardi tra il 2022 e il 2023
Nella Nadef già approvata dal Parlamento il governo Draghi prevede di ridurre la spesa sanitaria tra il 2022 e il 2023 di 6 miliardi di euro
Non è servita a molto la ‘lezione’ impartita con l’emergenza sanitaria Covid-19, visto che il governo guidato dall’ex presidente della Bce ha deciso di imboccare nuovamente la strada dei tagli alla sanità dopo una brevissima parentesi aperta (e in procinto di essere richiusa) nel 2021.
Per la Sanità 6 miliardi di euro di tagli in programma
Il governo di Mario Draghi, a dispetto di tutte le misure introdotte nel dichiarato intento di tutelare la salute pubblica, programma tagli alla sanità per circa 6 miliardi di euro tra il 2022 e il 2023. Non si tratta di un’ipotesi ventilata distrattamente tra un Consiglio dei Ministri e l’altro, ma di quanto scritto nero su bianco nella Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza.
I tagli alla sanità per 6 miliardi di euro infatti sono stati previsti nella Nadef già approvata dal Parlamento nei giorni scorsi con una risoluzione di maggioranza. Il documento prevede da un lato che il governo si impegni a consolidare la crescita del PIL utilizzando al contempo le risorse del bilancio per la sanità, e dall’altro si andranno a ridurre le spese in ambito sanitario per gli anni 2022 e 2023.
D’altra parte la spesa in ambito sanitario è stata di anno in anno ridotta in nome dell’austerità imposta dal patto di stabilità, e quella del 2021 è stata solo un’eccezione. Si è trattato niente più che di una parentesi, con un aumento della spesa per la sanità di 6 miliardi per il 2021, per un totale di 129 miliardi di spesa complessiva.
Nel 2022 però la spesa per la sanità subisce intanto un primo taglio, di 4 miliardi di euro appunto, il tutto nonostante siano piuttosto frequenti i riferimenti fatti, anche dallo stesso presidente del Consiglio Draghi, alla “prossima pandemia”.
La salute pubblica quindi è importante fintanto che si tratta di imporre chiusure e restrizioni, obbligo di mascherina, distanziamento e Green Pass, ma passa in secondo piano nel momento in cui si tratta di stanziare risorse economiche che potrebbero aumentare il numero di posti letto disponibili e di personale.
Nel 2023 la spesa per la sanità si riduce ulteriormente nei programmi di Mario Draghi, infatti da quanto scritto nella Nadef evinciamo che dai 125 miliardi di spesa del 2022 si passerà ai 123 miliardi del 2023. In tutto, tra i 4 miliardi di spesa in meno dell’anno prossimo e i 2 miliardi in meno dell’anno seguente, la spesa per la sanità si riduce in 6 miliardi di euro.
Per il 2024 invece nessun taglio, anzi si prevede di aumentare la spesa per la sanità di 1 miliardo, portandola dai 123 ai 124 miliardi di euro. Ben poca cosa se si considera che stiamo parlando di uno dei Paesi che si sono trovati maggiormente in difficoltà nell’affrontare l’emergenza Coronavirus anche per via dei pochi posti letto disponibili sia nei reparti di terapia intensiva che in quelli di medicina generale.
Nella Nadef si legge che “nel biennio 2022 – 2023 la spesa sanitaria a legislazione vigente calerà del -2,3 per cento medio annuo per via dei minori oneri connessi alla gestione dell’emergenza epidemiologica” e che “a fine periodo è prevista una crescita limitata, dello 0,7 per cento, ed il ritorno ad un livello del 6,1 per cento del PIL”.
Aiom chiede di “investire e promuovere la lotta contro il cancro”
Lo scenario descritto insomma è quello di un miglioramento della situazione emergenziale legata alla diffusione del Covid-19, motivo per cui si andranno a stanziare risorse meno cospicue alla sanità. In altre parole si gettano le basi per ritrovarsi nel caso di una nuova pandemia, esattamente nella stessa situazione di impreparazione in cui ci siamo trovati a inizio 2020 per via di 10 anni di tagli alla sanità.
A far notare le carenze del sistema sanitario nazionale anche l’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) che ha evidenziato l’importanza di tornare a “investire e a promuovere la lotta contro il cancro” visto che in Italia le oltre 3 milioni di persone che hanno la malattia affrontano una situazione molto difficile sotto questo aspetto con servizi e risorse stanziate del tutto inadeguate.
Secondo alcune stime nel 2020 le nuove diagnosi di tumore sono diminuite dell’11% rispetto al 2019, i nuovi trattamenti farmacologici si sono ridotti del 13% e gli interventi chirurgici si sono ridotti del 18% circa.
Quanto agli screening, il presidente Eletto Aiom Saverio Cinieri ha fatto notare che “lo scorso anno abbiamo avuto oltre due milioni e mezzo di esami di screening in meno rispetto al 2019” e il presidente Nazionale Aiom, Giordano Beretta ha ricordato che il numero dei decessi registrati annualmente per patologie oncologiche “potrebbe aumentare anche per colpa del Covid-19 e delle sue conseguenze nefaste sull’intero sistema sanitario nazionale”.
Ed è infatti lo stesso Beretta a chiedere “un intervento delle istituzioni per continuare a poter erogare i livelli di assistenza precedenti all’avvento del Covid-19”.
Sullo stesso tema è intervenuto anche Carlo Palermo, segretario nazionale dell’Annao Assomed, il sindacato dei medici ospedalieri. Questi ha recentemente illustrato le pessime condizioni in cui si trova la sanità pubblica italiana, sottolineando sul problema dei dipendenti “schiacciati da una macchina che esige troppo e non li ascolta” e che, con l’inizio dell’emergenza Covid ha messo a dura prova i medici.
Infatti con la pandemia Covid-19 sono “aumentati i carichi di lavoro, complessità assistenziale, stress fisico e psichico”. Sarebbero queste ragioni che hanno spunto una buona parte dei medici a fuggire dagli ospedali.
Il segretario Palermo ha infatti chiesto di “assumere personale, riconoscere ai medici e ai dirigenti sanitari un ruolo decisionale nella governance delle aziende e valorizzare economicamente le professioni”.
Ma ancora una volta il governo di Mario Draghi segue un binario che porta in una direzione completamente diversa e non sembra incline all’ascolto. Si va avanti quindi con la linea dei tagli alla sanità pubblica che è stata portata avanti negli ultimi 10 anni e che ha fatto trovare l’Italia del tutto impreparata davanti alla pandemia.
Intanto dal ministro della Salute Roberto Speranza nessun segnale. Eppure era proprio Speranza che qualche mese addietro illustrava le grandi opportunità legate alle risorse che sarebbero arrivate con il Recovery Fund e grazie alle quali sarebbe stato possibile “rilanciare il Servizio sanitario nazionale”.
Ed era sempre Roberto Speranza che parlava di “chiudere per sempre la stagione dei tagli alla sanità”, evidentemente però la stagione non si è chiusa affatto, così nel caso di nuove pandemie non resterà altro da fare che chiedere ai cittadini di restare a casa, e se avremo più malati di quanti il sistema sanitario è in grado di gestire sarà chiaramente ‘colpa dei cittadini’.
È inquietante come il processo di metamorfosi istituzionale che sta subendo in nostro Paese avvenga in un clima di irresponsabile nonchalance.
L’opinione pubblica ha ormai digerito l’idea che il sistema liberal-democratico che abbiamo conosciuto fin ora sia in realtà un gioco. Un bel gioco, di cui puoi permetterti il lusso se non ci sono problemi veri, situazioni gravi da affrontare come la pandemia Covid-19. Perché quando arrivano i problemi, occorre smettere di giocare e chiamare papà.
Si è di fatto certificato il fallimento del sistema istituzionale delle democrazie liberali borghesi, quelle fondate sul parlamento, sulla tripartizione dei poteri, sulla rappresentanza popolare, sui partiti, elezioni, e così via. Questo sistema ha dimostrato di non essere in grado di affrontare le grandi sfide ed emergenze del futuro. Da qui l’idea che, proprio in nome della cosiddetta “biosicurezza”, il sistema migliore, più rapido, efficace e moderno sia quello che i politologi americani chiamano Security State. Basta perdere tempo con le stanche liturgie democratiche, col parlamento, i partiti, la politica politicante. Occorre affrontare e risolvere le emergenze. Se serve, quindi, è bene sospendere le garanzie costituzionali, lo stato di diritto, le libertà fondamentali e affidare tutto ad una Guida Illuminata, assistita da un Comitato Tecnico. Praticamente, introdurre una dittatura. L’affluenza incredibilmente bassa alle urne nelle recenti elezioni amministrative delle più importanti città italiane è un segno evidente di questa tendenza. Basti pensare che a Milano è andato a votare il 47% degli aventi diritto, meno di un milanese su due, dato mai registrato dal dopoguerra. Nel suo splendido saggio Le origini del totalitarismo, la filosofa Hanna Arendt spiega che «all’interno del regime totalitario gli individui provano un totale isolamento nella sfera politica e un forte senso di estraniamento nei rapporti sociali», che arriva ad «annientare, in primis, la vita politica democratica, e la libera comunicazione tra cittadini». È esattamente quello che sta accadendo.
In Italia si è di fatto instaurato quello che il grande giurista tedesco Carl Schmit teorizzò come Ausnahmezustand, ovvero Stato d’eccezione. Il problema per il Potere oggi è renderlo permanente.
La pandemia Covid-19 ha rappresentato il presupposto perfetto per giustificare l’Ausnahmezustand, ma si tratta pur sempre di un’emergenza sanitaria destinata, prima o poi, a cessare. Quando nel resto d’Europa il virus sparirà definitivamente, sarà difficile sostenere la sua esistenza solo nel Bel Paese.
Il problema è, allora, semplicemente quello di trovare altri presupposti per mantenere una perenne situazione d’emergenza tale da legittimare un Ausnahmezustand istituzionalizzato.
Non ci vuole molta fantasia per capire quale sarà il prossimo pretesto. Basta leggere alcuni fatti.
Primo, il discorso che Mario Draghi ha indirizzato all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 22 settembre 2021, in cui ha parlato espressamente di nuove emergenze, come, ad esempio, quella del «cambiamento climatico», che avrà ripercussioni in campo energetico e alimentare. «Condizioni meteorologiche estreme e interruzioni degli approvvigionamenti hanno contribuito all’aumento dei prezzi degli alimenti», ha spiegato infatti il premier italiano, ricordando anche che «il numero di disastri naturali legati al clima è quintuplicato dagli anni Sessanta» e che «gli eventi meteorologici estremi sono destinati a intensificarsi nei prossimi decenni».
Secondo fatto da considerare: è passata in sordina la notizia che il primo ministro albanese Edi Rama ha dichiarato, il 9 ottobre 2021, lo stato di emergenza in Albania dopo una riunione del governo, a causa dei problemi di approvvigionamento energetico «innescati dall’impennata dei prezzi dell’energia sui mercati internazionali», come ha riferito Euronews Albania. Il premier Rama ha confrontato lo stato d’emergenza appena dichiarato con «la crisi pandemica», e ha promesso di proteggere i consumatori e le imprese dall’aumento dei prezzi dell’energia, con le stesse efficaci e drastiche misure utilizzate per combattere il Covid-19. Un precedente poco confortante.
Agli italiani, quindi, in nome dell’emergenza energetica potrà essere chiesto di restare in casa la domenica, come avvenne con l’Austerity degli anni Settanta, o di spegnere le luci alle undici di sera ed evitare di uscire. Del resto, gli stessi italiani hanno ormai imparato a conoscere termini come lockdown, coprifuoco, e hanno pure gradito il fatto di seguire le celebrazioni liturgiche via streaming.
A quest’ultimo proposito, occorre segnalare un altro fatto: l’atteggiamento dell’attuale Chiesa cattolica, ridotta oramai a specchietto del mondo.
Il 4 ottobre 2021, Bergoglio ha riunito in Vaticano i leader religiosi che rappresentano le principali religioni del mondo per chiedere alla comunità internazionale di aumentare la sua ambizione e intensificare la sua azione per il clima in vista della COP26, in programma a Glasgow dal 31 ottobre al 12 novembre prossimi. Nell’incontro Faith and Science: Towards COP26, promosso in Vaticano, quasi quaranta leader religiosi hanno firmato un appello congiunto, che è stato presentato dallo stesso Bergoglio al presidente designato della COP26, Alok Sharma, e al ministro degli Affari Esteri italiano, on. Luigi Di Maio. L’appello chiede che il mondo raggiunga il prima possibile l’azzeramento delle emissioni nette di carbone, per limitare l’aumento della temperatura media globale a 1,5 gradi al di sopra dei livelli preindustriali.
Prepariamoci. Tra poco non usare l’auto per poter andare a Messa e seguire la celebrazione on line da casa in nome del risparmio energetico e dell’emergenza climatica, sarà considerato un atto d’amore.