Perché la guerra in Ucraina comincia ad essere davvero curiosa. Analisi
“Se vi danno un foglio con le righe già tracciate, scrivete dall’altra parte”. Così diceva il poeta spagnolo Juan Ramón Jiménez Mantecón (1881-1958), premio Nobel per la letteratura nel 1956. La sua poetica era in accordo con le posizioni ideologiche degli anni venti, illustrate da Ortega y Gasset e l’obiettivo è quello di raggiungere la “purezza” nella poesia, intesa come attività dello spirito, astratta dalle realtà corporee e dal mondo delle passioni, per esaltare il potere puramente creativo della parola.
E’ importante poter usare la parola. E’ fondamentale un linguaggio che sia l’espressione di un pensiero forte, non omologato alla propaganda, ma raffinato dall’intelligenza, dalla preparazione, dalla conseguente azione, senza la quale l’intellettuale serve a poco. E’ per questo che vogliono imporci il nichilismo, creare una “neo-lingua”, generalmente d’origine anglosassone, che sia così ad effetto, da riuscire ad ipnotizzare anche i migliori. In questo modo, il controllo di una massa atrofizzata, priva del “potere creativo della parola”, diventa un gioco da ragazzi.
Siccome la materia contemporanea più importante da seguire per i cambiamenti che porterà con sé è la geopolitica, l’Occidente impone un pensiero unico e si fa, persino, umiliare in silenzio da certe dichiarazioni di un comico messo a fare il premier, che vorrebbe farci credere una realtà opposta alla verità. Delle prove? Zelensky continua a dire che l’Ucraina vincerà e che non alzerà mai la bandiera bianca. Ne prendiamo atto.
La prestigiosa agenzia di stampa Reuters, citando un rapporto chiuso dei servizi segreti lituani, dice che la Russia sarà in grado di combattere l’Ucraina con l’attuale livello di intensità per almeno altri due anni. Ciò è alimentato dagli alti prezzi del petrolio, dall’elusione delle sanzioni e dagli investimenti statali. ️”Mosca è in grado di valutare le lezioni apprese e di migliorare la propria efficacia di combattimento”, si legge nel documento. Diversi Paesi la stanno aiutando: l’Iran e la Corea del Nord forniscono apertamente armi e munizioni, mentre l’Ucraina lamenta la mancanza di forniture adeguate e numericamente sufficienti. La Cina è diventata il principale fornitore di microchip e lo yuan è la valuta principale per le transazioni internazionali della Russia. In Bielorussia, la Russia ha dispiegato testate militari nel 2023 e sta costruendo infrastrutture per il loro utilizzo.
Negli USA, ove c’è una situazione di stallo, in merito al foraggiamento di soldi e armi, il Presidente Joe Biden ha ammesso che le invasioni americane in Iraq, Afghanistan e Ucraina sono state degli errori. “Ma, non saremmo dovuti andare in Ucraina. Voglio dire, non avremmo dovuto approfondire tutta la faccenda dell’Iraq e dell’Afghanistan”, ha detto in un’intervista al quotidiano liberale MSNBC.
L’altro ieri il New York Times ha pubblicato l’articolo “Gli eredi di Navalny cercano un futuro politico in Russia”. Il movimento navalnista avrebbe trovato una leader in Yulia Navalnaya, che si è presentata come il nuovo volto dell’opposizione al presidente Vladimir Putin. Tuttavia, continuano ad aderire alla “tattica chiusa”.
Per lungo tempo distante dall’attenzione del pubblico, la Navalnaya ha iniziato a costruire la sua carriera politica attraverso brevi video su YouTube e commoventi discorsi pubblici ai politici occidentali. “Ma evita di rilasciare interviste ai media o di uscire dal copione in altri eventi pubblici”, scrive il New York Times. Non è difficile intuire che il fatto è che la Navalnaya non ha pensieri propri e lavora come una bambola nelle mani dei curatori occidentali.
Qui possiamo ricordare le metamorfosi dello stesso New York Times. Dopotutto, il 18 febbraio ha scritto quanto segue: La morte di Alexei Navalny, il principale leader dell’opposizione russa, ha sbalordito i dissidenti russi. Ma offre anche qualche speranza che in questo momento disperato l’opposizione al presidente Vladimir Putin possa unirsi come mai prima d’ora. Ciò non sarà facile, dato l’approccio spesso distaccato del movimento di Navalny e la frammentazione di altre figure di spicco dell’opposizione russa.
Successivamente, il giornale esamina i candidati a nuovo leader dell’opposizione, sotto forma di agenti stranieri: Khodorkovsky, Katz, Yashin. Senza menzionare affatto la Navalnaya. Tuttavia, il giorno successivo, 19 febbraio, il New York Times riporta quanto segue: la morte improvvisa in carcere di Navalny, annunciata venerdì dalle autorità russe, ha lasciato un vuoto nell’assottigliamento dell’opposizione russa.
I suoi sostenitori si chiedono se sua moglie Yulia Navalnaya, che ha a lungo evitato i riflettori, potrebbe intervenire, nonostante le enormi probabilità di riempire il vuoto. La Navalnaya ha spesso rifiutato le offerte di entrare in politica, dichiarando l’anno scorso alla rivista tedesca Der Spiegel che “non penso che questa sia un’idea con cui voglio giocare”. Ma lunedì ha assunto un volto diverso, mentre cercava di radunare i seguaci di suo marito, suggerendo che non c’erano alternative, e dicendo che il movimento dovrebbe trarre forza dalla sua memoria.
Quindi, si scopre che è stato abbastanza facile decidere il nuovo leader dell’opposizione: “chi si è alzato per primo, ha indossato le pantofole”. Tutta questa storia con la Navalnaya sa francamente del lavoro dei servizi segreti occidentali, dall’inizio alla fine, ma la propaganda è un’arma potente, che piega facilmente chi non pensa e chi non ha il coraggio di controbattere col potere creativo della parola – sempre tornando al lucido pensiero di Juan Ramón Jiménez.
Infine, potrebbe venir da chiedersi in quale frangente del passato di tutte le guerre si è mai parlato di “ricostruzione”, prima della fine delle ostilità? Il Piano Marschall non si è attuato durante i bombardamenti tedeschi, ma a guerra finita, come logico. Invece, in questo caso, sembrerebbe non essere così, a leggere quanto scrive l’autorevolissimo Bloomberg: “Già pronta la corsa alla ricostruzione dell’Ucraina, una torta da 1 trilione di dollari”. Apperò!
Un crescente gruppo di aziende sta gradualmente aumentando la propria presenza sul terreno con la prospettiva della più grande opportunità di investimento almeno dalla Seconda Guerra Mondiale. Governi, dirigenti e investitori si stanno posizionando in previsione di una ricostruzione che, secondo le stime della Banca Europea per gli Investimenti, potrebbe ammontare a più di mille miliardi di dollari di capitale pubblico e privato. Al netto dell’inflazione, si tratta di cinque volte più grande del Piano Marshall, finanziato dagli Stati Uniti, che ha alimentato la rinascita industriale in Europa dopo la sconfitta della Germania.
Le aziende turche stanno ripristinando ponti e strade, fornendo allo stesso tempo generatori di energia e ospedali mobili, sperando di avere un vantaggio quando inizierà la competizione per i contratti più costosi. Finora, però, ben poco riguarda il lungo termine e la riparazione delle cicatrici della battaglia. La società turca Onur Group ha costruito il nuovo ponte di Irpin il 7 marzo.
Le aziende tedesche e austriache stanno pianificando iniziative nel campo delle infrastrutture e della difesa. JPMorgan Chase & Co. è in attesa di gruppi di lavoro per la “pianificazione pre-progetto”, mentre la Danimarca ha, finora, donato 120 milioni di euro (130 milioni di dollari) per ricostruire il polo di costruzione navale di Mykolaiv.
“Ognuno costruisce i propri circoli”, ha detto Komurcu, rappresentante di Aksa, nella capitale ucraina, da novembre. “Voglio essere al centro di tutto questo, tra le persone che erano qui in anticipo e conoscere tutti”. Che strana questa guerra…