La Sovversione anticristiana e contro-identitaria è sempre più palese

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L’EDITORIALE DEL LUNEDI

di Matteo Castagna per https://www.informazionecattolica.it/2022/04/17/la-sovversione-anticristiana-e-contro-identitaria-e-sempre-piu-palese/

IL CATTOLICESIMO PUÒ FERMARE LE LOBBY SOVRANAZIONALI

Negli ultimi mesi si è sentito parlare su tutti gli organi di informazione del cosiddetto Nuovo Ordine Mondiale (N.O.M.), che determinate lobby sovranazionali occidentali vorrebbero edificare tramite la “società aperta”, teorizzata e finanziata, ovunque, dall’oligarca George Soros. Prima della guerra, l’argomento era un tabù. Se ne occupavano, come la geopolitica, solo alcuni appassionati, oltre agli addetti ai lavori e, con esasperazioni grottesche, alcune conventicole complottiste.

Attraverso un’analisi equilibrata dell’attuale situazione potremmo definire il N.O.M. come l’Anti-Tradizione. Non si offenderebbe alcuno, soprattutto oggi che la Sovversione anticristiana e contro-identitaria è sempre più palese, alla luce del sole. Non ha più bisogno di tramare nell’ombra perché ha raggiunto o condizionato tutti i vertici, in tutti i poteri.

Se esemplifichiamo, possiamo definire l’Illuminismo, che spianò la strada alla Rivoluzione francese e alle rivoluzioni del XIX secolo, come il principale movimento che, gradualmente e, inizialmente, con la violenza delle guerre e della repressione, attuò la sostituzione della Civitas Christiana con l’Europa liberale. Certamente trovò degli ostacoli, lungo il percorso, posti soprattutto dalla Chiesa Cattolica e dai grandi Pontefici della Dottrina Sociale, da Pio IX a Leone XIII, da San Pio X a Pio XI e Pio XII.

Anche in ambiente politico, la contro-rivoluzione ebbe esponenti di prim’ordine, che, spesso, sacrificarono la loro vita per la difesa dell’Ordine naturale e divino. Oggi possiamo dire, senza timor di smentita, che il Nuovo Ordine Mondiale basato sull’ateismo, sulla fluidità di ogni manifestazione della vita, sull’internazionalismo, sul mondialismo e sul primato dell’economia in mano a poche famiglie stia, apparentemente, vincendo, demolendo tutto ciò che profuma di virtù, di Patria, di cattolicesimo, di Tradizione e di identità.

La reazione all’Occidente liberale perviene da ambienti sani che rifiutano fin da principio, il compromesso con la “società aperta”, prima e a prescindere dalla Russia, da Putin e da Kirill. Purtroppo questa eroica difesa lotta materialmente con armi impari ed è numericamente esigua.

Sul piano spirituale, il più piccolo dei contro-rivoluzionari vale almeno cento dei perversi teorici della Sovversione. Le porte degli Inferi non prevarranno perché ce l’ha detto Gesù Cristo, figlio del Dio vivente, morto e risorto per la nostra salvezza. Perciò, anche se non possiamo sapere né quando né come, qualcosa dovrà per forza accadere, perché la Luce trionfi sulle tenebre e la Verità schiacci la testa al serpente.

Abbiamo visto cadere ufficialmente, ma non del tutto, il comunismo come forma di sovversione anti-tradizionale. Sembra, invece, aver ripreso una certa vitalità e diffusione l’ateismo illuminista, scientista, che già nel XIX secolo adottò strutture religiose come il Deismo, “il Culto della Natura” ovvero il panteismo alla Greta, la prassi New Age.

Il noto storico americano dell’ateismo Conrad Goeringer spiega come la Massoneria abbia un ruolo fondamentale nel portare la Sovversione all’instaurazione della “società aperta” dell’Anti-tradizione. Egli scrive sul suo “The Enlightenment, Freemasonry” che l’Illuminismo “è stato un fenomeno che ha travolto il mondo occidentale, affogando nella sua scia molte delle istituzioni sclerotiche e dispotiche dell’antico regime e del vecchio ordine, contribuendo a cristallizzare una nuova visione dell’uomo e dei ruoli della ragione, della natura, del progresso e della religione”. Goeringer spiega che gran parte dell’agitazione era motivata dall’odio per il cattolicesimo, come fondamento dei residui sociali tradizionali. Goeringer sottolinea che queste dottrine dell’umanesimo e del razionalismo hanno costituito la base di quello che oggi viene considerato il pensiero democratico normativo, di provenienza anglosassone, fondamentali per la rivoluzione Americana.

Scrive Goeringer che “Benjamin Franklin (1706-1790) fu un deista, firmatario della Dichiarazione d’Indipendenza, …membro della “Loggia delle Nove Muse” di Parigi, uno dei gruppi massonici continentali dove la “rivoluzione stava per uscire dall’uovo” “.

Lo storico massonico Mackey ha scritto: La storia della Loggia delle nove Sorelle è stata scritta da Louis Amiable, avvocato e un tempo Sindaco del Quinto Distretto di Parigi, Consigliere della Corte d’Appello, Grande Oratore del Grande Collegio e già membro del Consiglio del Grande Oriente di Francia”. Mackey cita frat. Amiable: “La massoneria è stata, incontestabilmente, uno dei fattori dei grandi cambiamenti che sono stati prodotti in Nord America e in Francia” (confronta Kerry Bolton, “Movimenti occulti e sovversivi”, Gingko Edizioni, 2020).

Restare ancorati alla Tradizione ed all’identità, valorizzare il patriottismo, la religiosità, la famiglia naturale significa nella post-modernità compiere un atto rivoluzionario, nel senso di anti-sovversivo e anti-massonico e costituisce il lavoro quotidiano che ogni uomo libero europeo dovrebbe compiere quotidianamente per non soccombere negli abissi della società aperta di Soros.

“E’ la massoneria che comanda. E’ oramai documentato attraverso numerose indagini che Cosa Nostra e la ‘Ndrangheta sono cresciute proprio grazie alla massoneria” – sostiene il Procuratore Nazionale antimafia Federico Cafiero De Rao. Saldi nella Fede, con la consapevolezza della Speranza e pieni di autentica Carità affrontiamo il potente Leviatano globalista, le cui fila sono mosse dal male assoluto.

 

La Russia e la Cina sono più forti dell’Occidente?

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L’EDITORIALE DEL LUNEDI

di Matteo Castagna per www.informazionecattolica.it 

LA GUERRA IN UCRAINA STA DIMOSTRANDO L’INCONSISTENZA DELLE DEMOCRAZIE EUROPEE

La gestione dell’emergenza pandemica ha dimostrato l’impreparazione e, quindi, la debolezza delle democrazie europee, che hanno risposto con assurde restrizioni e grotteschi tentativi campione, malriusciti e ritirati. La guerra in Ucraina sta dimostrando, in più, l’inconsistenza delle democrazie europee e, in un certo senso, la debolezza degli Stati Uniti di Joe Biden, che si sono ritirati dall’Afghanistan in quel modo così disonorevole ed arrendevole da stupire la maggioranza degli osservatori internazionali. Perché la debolezza delle democrazie è data dal fatto che sono divenute plutocrazie, con la ricchezza in mano a pochi che comandano su molti. L’Enciclica di Pio XI Quadragesimo Anno (15 maggio 1931), nel condannare questo sistema, fu profetica quanto inascoltata.

Donald Trump ha rilasciato una dichiarazione che non lascia margini ad interpretazioni: “con la mia Presidenza non sarebbe accaduto niente. Abbiamo mantenuto sempre rapporti distesi e di collaborazione con la Russia“. Non solo: Trump ha previsto, anche, a ruota, l’invasione di Taiwan da parte della Cina, ovvero uno spostamento ad est dell’asse delle superpotenze, a scapito dell’Occidente, che, a furia di contar dollari sulla pelle dei popoli, non si è accorta dei cambiamenti in corso negli ultimi decenni, divenendo un autentico nano geopolitico.

Le dichiarazioni roboanti e le minacce di parte occidentale, capitanate dal Presidente Biden, dalla NATO e dall’ONU appaiono un modo per nascondere l’impossibilità di reagire alla Russia sia militarmente che attraverso una seria applicazione di sanzioni. Nessuno è disposto a morire per Kiev, così come nessuno è disposto a sacrificarsi per Taiwan. Costa troppo, sul piano economico e troppa è l’incertezza di finire in un altro Vietnam. Se Biden facesse applicare davvero pesanti sanzioni, si trasformerebbe nel nuovo Tafazzi, perché a pagarne il prezzo sarebbero i cittadini europei, a livello energetico. Chi si assume la responsabilità di far pagare 4.000 euro ogni 1.000 metri cubi di gas alle famiglie, come risposta alle sanzioni?

Il primo problema è la mancanza di indipendenza da parte dell’Europa, che, ora, può solo fare da scendiletto alla NATO, istituzione obsoleta, da sciogliere al più presto per ridare sovranità alle Nazioni europee e, quindi, libertà di scelta nelle politiche e nelle alleanze da seguire. Si nota come stranamente le sinistre riscoprano il valore della sovranità nazionale, se si tratta di difendere gli interessi americani in Ucraina, mentre la negano, in nome del globalismo, in ogni altro contesto. Il secondo problema, che è la diretta conseguenza del primo, è l’assoluta mancanza di una politica, anche militare, a livello europeo. L’Unione Europea appare esclusivamente un comitato d’affari dell’alta finanza internazionale, garante della moneta unica in una banca privata (BCE) che ha deciso di indebolire gradualmente il ceto medio di ogni Paese membro, producendo un generale aumento del costo della vita, sproporzionato rispetto al reddito e sbilanciato sull’età pensionabile. Tale impoverimento del ceto produttivo è una delle motivazioni della disaffezione elettorale, che, infatti, ha dato la maggioranza relativa al partito dell’astensionismo.

Di fronte a questo decadentismo, non possiamo dimenticare la dimensione religiosa. La secolarizzazione iniziata negli anni settanta, sta raggiungendo preoccupanti livelli di nichilismo dilaganti soprattutto nelle nuove generazioni. Un pensiero unico assai debole, ma largamente diffuso, accompagna il Vecchio Continente in un baratro di ignoranza, ipocrisie, cattiverie, relativismo ed egoismo che non hanno precedenti. La Russia e la Cina, al contrario, hanno mantenuto salde e forti le loro radici e le loro identità, divenendo grandi potenze economiche e militari globali.Dopo il 1991 il liberalismo ha vinto totalmente e si è affermato come la sola possibile ideologia politica su scala mondiale: oggi abbiamo un sistema politico ed economico liberale ed un sistema culturale e filosofico fondato sull’individualismo. Come ha detto Francis Fukuyama, “la storia del mondo è finita“, perché il liberalismo ha vinto, non ha più alternative e può quindi mostrare la sua natura totalitaria: questa è post-modernità. Il liberalismo, quindi, si afferma,  entro un “sistema chiuso”, come «l’emancipazione dell’individuo da tutti i legami con l’identità e con la collettività: è un processo che è iniziato con la “liberazione” dalle religioni, è proseguito con la “liberazione” dalla Nazione e poi dal genere sessuale ed, infine, verrà l’emancipazione dall’umanità stessa (transumanesimo postmoderno). Il liberalismo non è soltanto ideologia, ma anche l’essenza degli “oggetti”, il centro della realità, l’assenza di ogni trascendenza» (Alexander Gel’evic Dugin).

La vera natura di noi italiani

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di Matteo Brandi 

Fonte: Sfero

Ci fu un periodo storico in Italia, lungo almeno tre secoli, durante il quale vissero personaggi come Leonardo, Michelangelo, Borromini, Raffaello, Bernini, Donatello, Brunelleschi, Caravaggio…
Ora, non stiamo parlando di semplici “esperti di settore”, ma di geni assoluti. Uomini con capacità straordinarie, dal gusto estetico divino e dall’estro unico. Artisti in grado di coniugare lo studio dell’anatomia umana nella pittura a quello dell’armonia nell’architettura, con l’ambizione di lasciare un segno indelebile.
Sono personalmente fiero di essere stato tra i primi ad aver posto con forza l’accento sul problema dell’autorazzismo, ma ciò che a molti non è ancora chiaro è l’aspetto decisamente pratico della faccenda. I momenti in cui l’Italia ha brillato sono stati quelli in cui il genio italico è stato esaltato, non soffocato. L’ultimo di questi periodi lo abbiamo vissuto nel dopoguerra, con il fiorire dei grandi marchi italiani e del Made in Italy nel mondo.
Perché oggi il nostro paese sta vivendo nella decadenza? Perché gli italiani sono umiliati. Perché una vocina sempre accesa sussurra al loro orecchio le parole d’ordine dell’esterofilia e dell’autocommiserazione. Questo getta secchiate d’acqua su ogni fiammella di rinascita, ed è voluto.
Siamo un popolo che non conosce mezze misure: o si esalta o si deprime. Leggete i grandi commentatori e pensatori della nostra Storia, da Machiavelli ai giorni nostri, e troverete sempre la stessa analisi sugli italiani. Siamo la terra dell’io e non del noi. Ma questa caratteristica può essere un punto di forza, se ben indirizzata. Gli evergeti hanno reso immortali le nostre città al pari dei grandi imprenditori e dei sinceri uomini di Stato, coniugando la ricerca della gloria personale a quella della collettività.
Curiosamente, questo sistema fu collaudato anche dall’Antica Roma. Le varie gentes romane, come le famiglie rinascimentali dei secoli successivi, contribuirono al successo di Roma con la propria sete di immortalità. Gli Scipioni come i Colonna, i Fabi come gli Sforza, i Giulio-Claudi come i Medici. Battaglie vinte e palazzi costruiti, province conquistate ed opere compiute.
Ambizioni personali per la grandezza collettiva e nessun sentimento di inferiorità verso il resto del mondo. Questo, in Italia, funziona. E funziona talmente bene dal cambiare ogni volta la Storia del globo.
Forse, prima di chiederci cosa dovremmo fare per risorgere, noi italiani dovremmo iniziare a domandarci chi siamo e cosa, da sempre, ci contraddistingue davvero.

L’autorazzismo e lo scimmiottamento dello straniero sono erbacce che celano la nostra vera natura.

AGLI ALBORI DI UNA SVOLTA EUROPEA

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L’EDITORIALE

di Adriano Scianca per il numero di Ottobre 2021 de Il Primato Nazionale

Gli studiosi di futurologia da tempo agitano, con entusiasmo o con timore, lo spettro della singolarità tecnologica. Cosa si intende con tale espressione? In breve, il punto di sviluppo
di una civiltà in cui il progresso tecnologico accelera vertiginosamente e in modo non più controllabile. Uno degli scenari spesso proposti è per esempio quello di una intelligenza artificiale capace di progettare altre intelligenze artificiali ancora più potenti, che a loro volta creeranno super-computer a uno stadio ancora più avanzato e così via, con un movimento esponenziale non più prevedibile o manipolabile dall’uomo, neanche dai progressisti tecnofili che l’hanno avviato.
Ora, prendendo spunto da questa ipotesi futurologica, ci chiediamo: e se stessimo assistendo agli albori di una «singolarità europea»? È possibile che la dinamica di costituzione di un’Europa potenza sia stata avviata in modo ormai irreversibile e con esiti imprevedibili per i suoi stessi fautori?
Le previsioni così assertive rischiano sempre di diventare meri slogan, speranze tramutate in granitiche certezze, wishful thinking a portar via. Ma è indubbio che qualcosa sta accadendo a livello geopolitico, sotto ai nostri occhi, che lo si colga o meno. 
Un primo fattore è che quella che è tuttora l’unica superpotenza globale appare per la prima volta tentata di abdicare. Non avverrà facilmente o in modo indolore, ci saranno gruppi di potere che faranno il diavolo a quattro per non mollare la presa. Ma i segnali sono ormai troppi, tutti convergenti, e perduranti nel tempo.
La linea del disimpegno ha cominciato a farsi largo sotto Obama, è diventata una bandiera con Trump ed è stata confermata da Biden. Qualcosa vorrà pur dire.
Contemporaneamente, anche l’Europa ha cominciato a muoversi. È un movimento ancora impacciato, non pienamente consapevole. È il movimento di un sonnambulo: non pienamente addormentato, non ancora sveglio. Si muove, fa delle cose, risponde a degli stimoli, dà corpo a impulsi inconsci, ma non ancora giunto alla fase dell’autocoscienza. La fase dell’Europa dormiente è stata lunga ed estenuante.
La fase dell’Europa sonnambula è in corso da qualche anno: si accumulano progetti, partnership, velleità, infrastrutture, canali, idealismi. Si è costruito (malissimo) un mercato comune. Si stanno costruendo (bene) collaborazioni sostanziali. Si progetta (un po’ utopisticamente, ma non importa) un esercito continentale.
Cosa manca? L’autocoscienza, la volontà e la fierezza di essere ciò che si è, senza complessi. Ma, presto o tardi, ci si arriverà, probabilmente passando per sentieri imperscrutabili e tramite gli ultimi personaggi da cui ce lo saremmo potuti aspettare.
Sarà un movimento spurio, contraddittorio, oscuro, che non rispetterà i piani stabiliti, che molti faticheranno a riconoscere. Eppure, la singolarità dell’Europa potenza è innescata. Prima di quanto lo immaginiamo, saremo chiamati a scegliere da che parte stare rispetto a esso. 

La differenza tra uomo e donna ci salverà perché lì c’è la vita

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di Claudio Risè

Fonte: La Verità

La tesi del disegno di legge Zan sulle pretese identità sessuali percepite è una teoria che cerca di smontare una delle maggiori e più significative evidenze umane, per sostituirla con una serie di caselle burocratiche

Il bizzarro decreto Zan contro un reato introvabile nelle statistiche nazionali forse non passerà. Un risultato notevole l’ha però già ottenuto: ha suscitato il panico tra genitori e educatori, impegnati nel loro lavoro e spaventati dal quadro della situazione affettiva giovanile fornita da giornali e media, devoti al loro zelo zannofilo. Da ciò che molti adulti riferiscono all’analista, il mondo giovanile secondo i media appare come qualcosa tra Sodoma e Gomorra, tra imbellettati Pride e cambi di sesso di massa. Genitori e maestri, per lo più sofferenti per il loro scarso potere e incisività, sono poi sbalorditi dalla tesi gender dell’identità sessuale ridotta a “produzione culturale” inventata dalla società. Non si erano mai accorti di avere con le loro idee o speranze il potere di determinare addirittura il sesso dei loro figli e allievi; anzi erano convinti di non avere nessun potere. Le figure educative sono disorientate. Vorrei, per quanto posso, rassicurarli.
E, già che siamo nello Sguardo selvatico, li inviterei a “scendere dal pero”, albero che nel folclore contadino ha spesso rami complicati e contorti, fragili, spesso intaccati da parassiti, da cui è facile cadere. Per giunta di frequente sterili, come protesta un detto popolare siciliano: “Pira ‘un facisti, e miraculi vöi fari?” (“Non hai fatto pere, e vuoi fare miracoli?”). Presunzioni  contorte come i ragionamenti della supponente Gender theory, con la quale una ricca sociologa americana, Judith Butler, pretende di spiegarci come siamo fatti e come si fa ad amare.
Giù dal pero, dunque. Non impressioniamoci. I molti scrivani o opinion maker simpatizzanti o comunque colpiti dalla LGBT etc, (spesso non giovanissimi), non rappresentano tutti i giovani italiani, e neppure quelli europei. Sono persone testardamente devote a una teoria nata nel decostruzionismo del ‘900, che ha cercato di smontare la differenza sessuale, una della maggiori e più significative evidenze umane, per sostituirla con una serie di caselle burocratiche corrispondenti neppure a sessi, ma a pratiche sessuali, anche molto minoritarie e private, sostanzialmente irrilevanti ai fini dell’identità personale. Ma non ci stanno riuscendo. I popoli dei paesi del Nord, che la teoria del gender l’hanno scoperta già prima del terzo millennio, hanno pagato da tempo il loro scotto di cambiamenti di sesso infelici, disagi mentali, rotture familiari e peggio. I governi di quei Paesi hanno ora atteggiamenti più cauti e smagati, anche per i costi sul piano umano e sociale delle pretese “identità sessuali percepite”. Noi invece stiamo ancora scoprendo l’acqua calda, e allestendo i corrispondenti finanziamenti, giornate celebrative e burocrazie nuove di zecca, apprestate per l’occasione. Certo, se non smettiamo in fretta, ahimè qualcuno si farà male. Sarà doloroso, non però la fine del mondo.
Perché, anzi, il mondo è cominciato, e continua a funzionare, non con la pur importante (anche se spesso traditrice) tecnologia o su stravaganti teorie sociologiche, ma proprio grazie a quella Differenza essenziale, tra donne e uomini, di cui ci parla (ad esempio) sir Simon Baron-Cohen, professore di psicologia dello sviluppo all’Università di Cambridge, nel suo The essential difference (Penguin). Una differenza sulla quale poggia il mondo degli esseri umani, e che non ha nulla a che vedere con il mondo degli stereotipi, come Baron-Cohen precisa fin dalle prime pagine. A dimostrare però le resistenze dei templi della cultura italiana verso le decine di ricerche raccolte dall’autore, che molto elegantemente svuotano la teoria del genere (senza neppure mai nominarla perché scientificamente inesistente), basti notare che questo libro, fra i primi e più noti del giovane e brillante psichiatra, è quasi l’unico a non essere stato ancora tradotto in italiano. I nostri soloni della cultura non vogliono neppure sentire parlare della “differenza essenziale” tra maschi e femmine.
Forse perché Simon Baron-Cohen nel libro svelava (già nel 2003) con grande chiarezza e understatement: “Nei passati decenni l’idea stessa di differenze psicologiche nei due sessi avrebbe sollevato pubbliche proteste. Gli anni 60 e 70 videro un’ideologia che svalutò le differenze psicologiche dei sessi come o mitiche o comunque non essenziali… riflessi di forze culturali diverse in azione nei due sessi. Il cumulo però di evidenze prodotte per molti decenni da studi e ricerche di laboratori indipendenti mi hanno persuaso che ci sono differenze essenziali che devono essere studiate e riconosciute: la vecchia idea che possano essere soltanto culturali è oggi troppo semplicista”. Le “differenze essenziali” , spiega l’autore, sono presenti fin dalla nascita: troppo presto per attribuirle tutte alla cultura. I fattori biologici sono gli unici candidati in grado di spiegarli, almeno in gran parte.
Nel libro, l’analisi del cervello e della mente incrocia poi la riflessione neuroscientifica sull’evoluzione, dove emerge molto presto la differenza essenziale tra uomo e donna: l’uomo procura il cibo e difende la donna e la prole, la donna  fa i bambini e li nutre. La capacità specifica del femminile è l’empatia, con la sua capacità di accoglienza e scambio affettivo, quella del maschile è il costruire sistemi che aiutano e sviluppano la vita; con il necessario accompagnamento della funzione di difesa/aggressione, presente fin dalla prima infanzia dell’uomo. Naturalmente poi, entrambi gli aspetti fanno un po’ di tutto, a seconda delle necessità e anche delle inclinazioni. Giovanna d’Arco è stata (anche) un grande capo militare e Francesco d’Assisi un campione assoluto di accoglienza ed empatia: sono le dimostrazioni estreme della possibilità di sviluppare anche le qualità dell’altro sesso, che confermano la fondamentale libertà dell’essere umano. Tuttavia i due, donna e uomo, sono fatti così, e tali rimangono, anche se si iscrivono a un’altra casella. Il maschio crea continuamente sistemi: di ragionamento, di produzione, di vita spirituale (san Benedetto). E la manager emancipata e superaffermata porta in analisi il suo desiderio di maternità.
Baron-Cohen poi, approfondisce, qui e anche altrove (per esempio ne: I geni della creatività. Come l’autismo guida l’invenzione umana appena uscito da Cortina), anche gli aspetti “autistici”, fortemente introversi del maschile, a cui si deve gran parte dello sviluppo tecno-scientifico. Ma che spesso fanno perdere la pazienza alle donne: “Perché mio marito non parla mai?”
Genitori e insegnanti si possono tranquillizzare: la “differenza essenziale” ci salverà. Perché lì c’è la vita.

Qualche spunto per un “grande reset” identitario

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L’EDITORIALE DEL LUNEDI

di Matteo Castagna per Informazione Cattolica

DALLA MORTE DELLA BALENA BIANCA ALLA PEGGIOR SINISTRA, TUTTA GENDER E CAPITALE

‘La Democrazia Cristiana è contagiosa: il fascismo fu virile, la DC è virale’. Fu la sorella bigotta della fratellanza comunista. Il suo massimo ideologo fu Orietta Berti che teorizzò: Finché la barca va, lasciala andare“. Con queste frasi impietose quanto sarcastiche, Marcello Veneziani definisce la Balena Bianca, poi morta sotto la mannaia di Tangentopoli, fuori dal Parlamento e dagli strali politici della Lega Nord di Bossi, che ne erose il consenso e mise in guardia dalla peggior mala gestio.

Con il 1993 arrivò la cosiddetta Seconda Repubblica, ovvero un rimescolamento degli equilibri, che diede la parvenza di un cambiamento, in cui marchette e clientele, collusioni ed affarismo venivano messe al bando in favore di onestà e trasparenza, competenza e abbattimento della burocrazia.

Ma la DC non morì davvero, perché la “mens democristiana”, figlia del modernismo teologico e dell’italica ipocrisia di quegli odiosi baciapile arraffoni, alleati di chiunque sia speculare al mantenimento del potere fine a se stesso, si incistò in tutti i partiti.

Il maggioritario fu farlocco perché più si “divide” e più si “impera”, mentre due sole coalizioni avrebbero bloccato il sistema di spartizione ed il “magna magna” avrebbe subito un arresto per troppi soggetti.

Poi arrivò il grillismo a dare il colpo di grazia, perché, anziché aprire il Parlamento come una scatola di tonno, ha fatto la fine della rana bollita ed è stato risucchiato come garante del Sistema delle poltrone, dell’incompetenza come prassi di governo e di opposizione, della trasformazione dell’abbattimento degli sprechi con il qualunquismo dell’antipolitica, che ha abbattuto persino il nobile aristotelico concetto di Politica, per favorire il primato dell’economia global su di essa, soprattutto quella con gli occhi a mandorla. Alleato naturale è divenuta la peggior sinistra, tutta gender e capitale.

La seconda Repubblica è la dimostrazione pratica, riconoscibile in ogni ambito pubblico, della peggior “DC virale”. Un’opposizione a questi modelli c’è e si richiama ai movimenti o partiti identitari, che sono però in difficoltà, perché il Sistema è un moloch che si trascina ed un carrozzone che si autoricicla, che infiltra e seduce, che costringe ad accettare coperchi ideologici globalisti, che ricatta e pone veti incrociati, utilizzando, anche, una fetta di Magistratura: quella che leggiamo nel bel libro di Sallusti su Palamara.

 

Ma, allora, questa Seconda Repubblica è stata all’altezza delle aspettative del popolo o ne ha tradito le aspirazioni divenendo peggiore della Prima? Se guardiamo al livello medio, senza generalizzare troppo, mantenendo il giusto equilibrio tomista, sembrerebbe che nei Palazzi romani vi fossero colonie di personaggi in cerca d’autore, in mano ai burocrati, camerieri dei banchieri privi di idee e identità politica propria, che vivono di slogan perché i partiti mancano di una vera classe dirigente, preparata e attenta alla “civitas”, che faccia proposte realizzabili e concrete, in almeno due visioni antropologiche diverse, con culture politiche, etiche e socio-economiche definite e alternative, con alleanze internazionali definite ed alternative, ma in un contesto di pari legittimazione.

La guerra è finita da un pezzo e non possiamo continuare coi preconcetti e gli schemi degli anni di piombo, altrimenti saremo sempre impreparati di fronte al mondo che cambia. La gestione dell’emergenza Covid dovrebbe aver insegnato qualcosa… Va bene lasciare il “grande reset” della seconda repubblica ai globalisti? Oppure sarebbe ora di costruire la proposta della terza repubblica, osservando il tradimento delle élite, la collaborazione coi nemici storici della nostra identità occidentale, l’impunità e la promozione dell’anticattolicesimo, la sovversione della civiltà classico-cristiana, l’invasione dei “nuovi schiavi” della globalizzazione, il ceto medio in ginocchio, l’umiliazione della Chiesa e dei suoi bimillenari principi?

Sul testo più letto al mondo, che rimane la Bibbia, si può trovare la storia di Giuda Maccabeo, che ha saputo opporsi alle forze che minacciavano l’identità del suo popolo. Julien Langella osserva, giustamente, che “la prima cosa che ci colpisce tra i maccabei è la loro viva pietà (che andrebbe recuperata da moltissimi dei “nostri”, n.d.r.) e la buona conoscenza del loro Paese (anche in fatto di cultura, infatti, a partire dalla scuola, ma anche sulla lettura e sui media si potrebbe fare un salto di qualità, n.d.r.). Quei ribelli ci hanno dimostrato che non c’è riconquista senza radicamento geografico, senza riappropriarsi del territorio. Di fronte al Ball mondialista e a tutti i tentativi di appiattimento generale, l’unica risposta efficace consiste nel riappropriarsi della propria lingua (valorizzando ogni peculiarità locale, n.d.r.) delle tradizioni, dei paesaggi, della gastronomia“, del turismo, delle politiche demografiche, delle abitudini, del ritorno alla terra, del rispetto della natura e del senso comunitario perduto dalla vita frenetica.

Contro l’onda di questa subcultura da discount, scialba e incolore o, forse, per qualcuno, mono-subcultura arcobaleno, dobbiamo innalzare la diga identitaria. L’amore della piccola Patria non è d’ostacolo alla grande. Felix Gras, compagno di strada di Mistral, diceva: “amo il mio villaggio più del tuo villaggio, la mia Provenza più della tua provincia e la Francia più di tutto”. Dunque: io amo la mia Valpolicella più della tua Val Brembana, la mia Verona più della tua Vicenza e l’Italia più di tutto.

Le nostre appartenenze devono accumularsi l’una sull’altra in modo complementare e armonioso sotto il “giogo soave” del Regno sociale di Cristo Re delle cose visibili e invisibili. Farà il bene anche di chi non crede, poiché si fonda sull’Amore della Verità che rende liberi – come dice San Paolo – ed il rigetto dell’errore nichilista e relativista, che porta alla disperazione. E poi, perché abbiamo già provato e abbiamo sotto gli occhi cosa sia la “civiltà laicista”, ossia quella dell’odio verso Dio ed il Creato, la dittatura dei desideri sovversivi del diritto naturale, in un contesto di amebe prive di capacità critiche ed appiattite su mode irragionevoli, nel dominio dell’ignoranza e del brutto.

Come diceva Maurras: “lavorando alla ricostruzione della città o della provincia, si lavora a ricostruire la Nazione“, perché l’Italia integrale non può non dirsi cristiana – come sosteneva il miscredente Benedetto Croce – ed è l’Italia federale, dei campanili, delle arti e dei mestieri, degli operai e della piccola/media impresa che l’hanno resa una potenza invidiata da tutto il mondo.

Fonte: https://www.informazionecattolica.it/2021/05/31/qualche-spunto-per-un-grande-reset-identitario/

Dove porta la guerra global ai classici

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Fonte: Marcello Veneziani

di Marcello Veneziani

Come spiegare la guerra ai “classics” che si allarga negli Stati Uniti e pure sull’altra sponda dell’Atlantico e trova oggi conforto e rinforzo con l’arrivo alla casa Bianca dei progressisti e antirazzisti Joe Biden e di Kamala Harris? È stata proprio la “sua università”, quella da cui proviene la vice nera di Biden, la Howard University di Washington, a fare da capofila nell’opera di demolizione e di epurazione dei classici dagli studi. Trattandosi di un’università simbolo degli afro-americani, assume un significato speciale. La cacciata dei classici dalle università, non solo dunque del “conquistatore” Cristoforo Colombo ma dei grandi poeti, pensatori e letterati della tradizione antica, greco-romana ed europea, è diventata ora il simbolo della lotta dei neri contro la “supremazia” dei bianchi. La cultura è vista come un segno di violenza, schiavismo e sottomissione coloniale che l’occidente avrebbe esercitato sulle popolazioni indigene di tutto il mondo. Anche i capolavori della letteratura vengono sottoposti alla censura postuma e vengono giudicati dai tribunali e dalle piazze, dai MeToo e dagli Antifa, e non più nelle sedi letterarie in ragione del loro valore. Il significato umanistico viene sottomesso al valore umanitario e sottoposto al Tribunale Permanente dei Diritti Umani Violati.

Sono lontani i tempi in cui un presidente negro e illuminato, come Leopold Senghor, poeta e alfiere della “negritudine”, esibiva il suo amore per i classici e per la lingua latina e spingeva gli studenti più bravi del suo paese, il Senegal, e di tutta l’Africa nerissima a integrarsi anche tramite la cultura e l’assimilazione dei classici e della lingua latina.

Ora il problema non è integrare i neri, i latinos e gli indiani nella civiltà euro-occidentale ma dis-integrare la nostra cultura sin dalle sue radici e contrapporre i temi dei diritti umani a ogni discorso culturale, storico e spirituale. L’appello si estende a tutti gli occidentali che devono ricusare il loro passato, vergognarsi delle loro origini e sostenere la battaglia contro i classici, che a esaminarli furono tutti, più o meno, “razzisti”, “schiavisti”, “omofobi”, “maschilisti”, e via dicendo. Via la vita spirituale, al più cantiamo gli spiritual.

Perfino gli schemi del pensiero rivoluzionario vengono capovolti: le classi subalterne, i proletari, non devono impossessarsi delle idee dominanti e della cultura egemone per rovesciare i rapporti di potere e sostituirsi al comando della società; ma devono disprezzare la loro cultura e cancellare le sue tracce. Verso dove si va in questo modo? Verso una forma di imbarbarimento planetario e di ripiegamento narcisistico nell’oggi contro tutti gli ieri e i sempre. Continua a leggere

È necessario togliere ai liberal-progressisti l’ideologia “green”

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L’EDITORIALE DEL LUNEDI su Informazione Cattolica (Rubrica settimanale del nostro responsabile nazionale Matteo Castagna)

di Matteo Castagna

LE IDEE ECOLOGISTE DI GRETA TINTIN ELEONORA ERNMAN THUNBERG, RELATIVE AI CAMBIAMENTI CLIMATICI, AFFONDANO LE RADICI NEL COSIDDETTO PANTEISMO

La figura di Greta Tintin Eleonora Ernman Thunberg sembrerebbe un po’ appannata, certamente in ombra, almeno da quando è iniziata la pandemia. Le sue idee ecologiste, relative ai cambiamenti climatici, affondano le radici nel cosiddetto panteismo.

Il sistema progressista o liberal si è servito di una bambina svedese, con la sindrome di Asperger, per impietosire il mondo e colpirlo nel suo più irrazionale sentimentalismo così da far passare l’ “ideologia green”, che è solo un modo più elegante e mediaticamente carino rispetto al più brutale “panteismo pagano”, che i Verdi non sono mai riusciti a far passare, nonostante decenni di propaganda.

In realtà, il messaggio ecologista di Greta non necessita più di lei, perché grazie a chi se n’è servito, è divenuto un nuovo dogma della post-modernità, che fa parte della rimodulazione dell’economia, della politica, della società e della religione che sarà la conseguenza più evidente del periodo che seguirà il Covid. Se ne parla poco, perché tutto ciò che è “green” viene venduto e percepito da tutti come una cosa buona, a prescindere.

L’uomo d’oggi, perso nel suo assurdo nichilismo, non vede differenze di rilievo tra il disquisire della vita sessuale delle foche e della liceità dell’utilizzo delle staminali umane per produrre farmaci sperimentali. Alle volte, sembrerebbe addolorato fino al pianto per la morte di un cane ed indifferente di fronte alla difesa dell’aborto volontario come diritto umano. Anzi, chi si adopera di fronte alla presunta estinzione del panda viene considerato un eroe, mentre chi lotta perché l’utero in affitto sia riconosciuto come una indegna mercificazione dei bambini è preso per Conan il barbaro.

Sono riusciti nell’intento di impossessarsi della tematica ecologica, trasformandola in ideologia panteista, che identifica Dio nel mondo, a coronamento dell’ illuminismo filosofico e del socialismo politico che identificano Dio nell’uomo. Con la conseguenza che Dio sarebbe nel “tutto” e nel “niente”, annullando, così, ogni riferimento metafisico proprio della nostra identità classico-cristiana.

In realtà, sganciando la tematica relativa al creato dall’ideologia globalista, scopriamo che esiste un vero amore per animali e piante, che è insito nella cultura tramandata da Aristotele e da San Tommaso d’Aquino, che permea la nostra identità e non ha nulla a che vedere con le questioni new age che ci vengono continuamente propinate. Parliamo del dominio che l’uomo ha per natura sugli animali e sulle altre cose prive di ragione. Continua a leggere

La Lega scrive la “carta dei valori europei” con Orban e Morawiecki

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di Redazione

Importante viaggio del leader della Lega Matteo Salvini con una delegazione guidata dall’On. Lorenzo Fontana, recentemente nominato capodipartimento Esteri del partito, in Ungheria, ospite del premier Victor Orban e alla presenza del premier polacco Morawiecki.

Il Corriere della Sera dedica al veronese Fontana un’intervista nella giornata di ieri. In serata Salvini dirà: “Dall’incontro di oggi a Budapest con il premier ungherese Victor Orbàn e il premier polacco Mateusz Morawiecki, che ringrazio, parte un progetto di “Rinascimento europeo” dopo il Covid: una nuova idea di Europa, che riconosca le proprie radici, fondata su salute, lavoro, sicurezza e controllo dei confini, comuni valori cristiani, cultura, bellezza, identità e libertà. Una visione alternativa all’europa della finanza e della burocrazia, che rimetta al centro i cittadini e sulla quale coinvolgeremo altri leader politici e di governo e rappresentanti del mondo della cultura, delle professioni e dell’impresa, con l’ambizione di diventare il primo gruppo al Parlamento europeo”.

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Ovunque il Cristianesimo è arrivato ha portato la civiltà, ricordiamocelo!

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L’IDENTITA’ CLASSICO-CRISTIANA DELL’OCCIDENTE (pubblicato su Informazione Cattolica di oggi)

Di Matteo Castagna

Vogliamo dare un’anima a questo Occidente secolarizzato, in profonda crisi soprattutto di identità? Ebbene cos’è l’identità?  E’ l’insieme delle caratteristiche di un popolo.

Il grande sociologo anglo-polacco Zygmund Bauman alle soglie del terzo millennio, presentò per la prima volta, in maniera compiuta e puntuale, la sua geniale quanto profetica visione, o meglio versione, della modernità, una modernità liquida, che come un liquido straborda a infettare tutto ciò che tocca. Simbolo del nostro secolo e della sua liquidità, frutto acerbo degli stravolgimenti che la modernità liquida ha portato con sé, è stato per Bauman l’uomo narcisisticamente isolato, che si presenta ancora oggi tanto evoluto quanto egocentricamente solo, incapace di riflettere lucidamente e in maniera indipendente sugli eventi che caratterizzano questi anni, essendo racchiuso nel suo ego e rimanendo schiavo delle paure nate dal contatto con l’esterno.

L’individuo per Bauman è in continua decadenza ma, insieme a lui, decade la società in toto: le strutture amministrative, la polis, la cultura, la sfera personale. La vita liquida si alimenta dell’insoddisfazione e della frustrazione che l’io prova rispetto a se stesso, il quale rinuncia alla sua identità, al suo ruolo sociale, al suo valore intrinseco, preferendo trasformarsi in un ‘kit Ikea’ da assemblare per essere funzionale solo per un periodo limitato di tempo, piuttosto che impegnarsi attivamente nella propria sfera personale e sociale. È stato, infatti, fra i primi sociologi a denunciare il pericoloso processo di isolamento dell’uomo moderno inserito nella società opulenta, che tende «a sacrificare le soddisfazioni di oggi in vista di finalità remote, e dunque ad accettare sofferenze prolungate in cambio di gratificazioni individuali in nome del benessere di un gruppo» (Z. Bauman, Vita liquida, Editori Laterza, Roma-Bari 2005, p. VII).

Fra le conseguenze più gravi della debolezza umana ed esistenziale, Bauman ha rintracciato il decadimento delle strutture fondamentali della società. Entrano in crisi le famiglie e i rapporti umani; le istituzioni politiche, che pongono innanzi i propri interessi piuttosto che quelli dei cittadini; l’identità nazionale e partitica, che si annulla a vantaggio di logiche di mercato caotiche; e la qualità del tempo che si perde del tutto, costringendo indirettamente l’individuo a vivere apaticamente la propria esistenza svolgendo attività ‘narcolettiche’ per fuggire alla paura del domani. La perdita di consistenza dell’individuo e il suo isolamento costringono l’uomo a venir meno ai suoi compiti di cittadino attivo, padre o madre, intellettuale o scrittore, politico o ‘maestro’, cancellando la funzione esercitata dall’etica sull’individuo e sulla società. La flessibilità si pone come nuovo valore sociale, presupposto necessario per la nascita delle cose e delle relazioni fra esse: «Una società può definirsi liquido-moderna se le situazioni in cui operano gli uomini si modificano prima che i loro modi di agire riescano a consolidarsi in abitudini e procedure» (Ivi, p. 45). Più volte Bauman ha rimarcato che la vita che viviamo è precaria e angosciante, perché l’individuo percepisce che il mondo viaggia ad una velocità più sostenuta rispetto al ritmo della propria esistenza e, non riuscendo a stare al passo con gli avvenimenti, si sente colto alla sprovvista, e ciò provoca in lui un profondo senso di frustrazione. Continua a leggere

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