Un “gaio nichilismo” con a capo Elly Schlein

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di Riccardo Arbusti – 01/03/2023

Un “gaio nichilismo” con a capo Elly Schlein

Fonte: Il Secolo d’Italia

Il filosofo Del Noce lo aveva già previsto: la sinistra diventerà un “gaio nichilismo”. Con a capo Elly Schlein

Quale potrebbe essere, da un punto di vista filosofico, il nuovo profilo del Pd targato Elly Schlein? Non forzando troppo la mano potrebbe essere esattamente quello profetizzato dal filosofo Augusto Del Noce quando, a metà degli anni Ottanta del Novecento, descriveva l’emergere di un possibile “partito radicale di massa” quale esito “suicida” della cultura politica della sinistra che era stata precedentemente socialista e marxista.

Del Noce profetizzò la saldatura tra tecnocrazia e postmarxismo
Negli anni Ottanta, infatti, la saldatura in corso tra tecnocrazia e quel che restava del comunismo, tra ricca borghesia e popolo de-cristianizzato, veniva da Del Noce identificato in una sorta di superpartito trasversale, laicista e individualista che stava egemonizzando tutto il quadro. A questo superpartito, il filosofo torinese opponeva una nuova alleanza tra cattolici, socialisti non subalterni al laicismo e al marxismo e settori politici e sociali sensibili al richiamo della cultura nazionale italiana . Non a caso, si professerà in sintonia con l’analisi di Del Noce anche il filosofo postmarxista come Costanzo Preve quando scriverà dello scivolamento della cultura di sinistra verso «l’adesione inesorabile alla società radicale dei consumi».

Giuliano Ferrara stronca la Schlein: “Banale e modaiola, rischia l’irrilevanza. La Meloni è un’altra cosa”
La cultura azionista alla Scalfari utile a scardinare la questione sociale
L’incontro inevitabile tra ciò che restava del marxismo e l’ordine tecnocratico neocapitalistico è l’essenza della tesi del libro più politico di Del Noce, Il suicidio della rivoluzione, del 1978. Il filosofo aveva infatti chiaro l’avversario politico-culturale di quella nuova forma di Risorgimento nazionale che Del Noce auspicava, come aveva ben presente l’avanzante minaccia “morbida” di una nuova forma di totalitarismo, quella che a suo dire veniva delineata secondo una strategia condotta dalla parte politica «che si riconosceva nel quotidiano la Repubblica e nelle idee del suo direttore, Eugenio Scalfari. Quel quotidiano, secondo il filosofo torinese, mettendo insieme la componente progressista della Dc rappresentata da De Mita insieme al risultato della laicizzazione del Pci, puntava dritto dritto al “partito radicale di massa” e, quindi, a egemonizzare il nuovo soggetto sulla base di una rinnovata cultura azionista, espressione diretta di una borghesia laicista, permissiva e, col pretesto della “questione morale” a annullare la centralità della questione sociale».

Il rifiuto da sinistra dei valori permanenti e lo slittamento verso il laicismo
Ricordiamoci come è proprio dalla celebre intervista di Berlinguer a Scalfari, del 1981, che il Pci in qualche modo compie una scelta sul fronte del progressismo azionista mettendo progressivamente in sordina la tradizione sociale e la rappresentanza dei ceti popolari. Del Noce definisce quella scelta un’opzione per la rappresentanza privilegiata – da parte della sinistra – della nuova borghesia, che – citiamo le sue parole – «è poi il soggetto storico degli ultimi decenni nelle sue abitudini, nei suoi costumi, nella sua mentalità. Ideologicamente questa nuova borghesia è caratterizzata dal timore di un qualsiasi risveglio religioso, sia cattolico, sia persino comunista, addirittura nella vecchia forma del marxismo come religione secolare. Si vuole dunque una società completamente secolarizzata, che rifiuti ogni sorta di valori assoluti, permanenti, immutabili». Si andava così prefigurando, a suo avviso, «un totalitarismo di nuova natura, assai più aggiornato, assai più capace di dominio assoluto di quel che i modelli passati non fossero». Un progetto, portato avanti, da quello che lui definiva «il superpartito tecnocratico che attraversa i partiti, che ha in possesso le sorgenti di informazione, che cura la propria apologia attraverso la casta degli intellettuali, che è equamente ripartito secondo le varie posizioni culturali e politiche dai cattolici ai comunisti…». Insomma quella che oggi chiamiamo la sinistra della Ztl o dei salotti o dei “comunisti col rolex”.

L’orizzonte umano coincide col piacere del singolo
È proprio questa l’essenza della “società radicale”, che non può che assumere una forma tecnocratica, inevitabile, per dirla con Del Noce, «in una realtà in cui i valori etico-politici sono sostituiti da criteri strumentali: è la società della massima oppressività possibile, quella il cui fondamento è il principio pragmatico esteso a tutti i rapporti sociali, in cui tutto sembra passare in via privilegiata per il diritto assoluto degli individui al soddisfacimento dei propri desideri». Se la natura diviene, in altre parole, solo un oggetto per l’uomo, e se la società viene pensata solo nei termini dei vantaggi che essa può assicurare al piacere del singolo, allora il problema di un valore “trascendente” della natura e della società – la religione, la morale, la prospettiva nazionale – appare come privo di senso. La sinistra postmarxista raggiunge così la perfetta negazione della trascendenza, il rifiuto dell’esperienza immediata e della consapevolezza della realtà, sia per ciò che riguarda la natura, sia per ciò che riguarda la società: il mondo e l’uomo emergono soltanto come ciò che appaiono e la misura concreta che li avvince al soggetto umano è soltanto il soddisfacimento dei suoi bisogni e desideri. Non c’è, anche in questo, una prefigurazione dell’orizzonte liquido, sradicato, indifferenziato, politicamente corretto e “sostenibile” degli scenari a noi contemporanei?

La nuova religione tecnologica profetizzata da Del Noce
Annotava appropriatamente Del Noce: «Si sta organizzando dunque una società globale, che trae la sua forza dalla conciliazione del massimo dell’oppressività con l’aumento del benessere». Di fronte a questa presa d’atto, il filosofo torinese arriva esplicitamente a domandarsi: «Significa che il pieno fiore della civiltà tecnologica coinciderà con il rispetto di tutti gli individui, visti nella loro individualità? Mi pare sia proprio qui l’illusione che si tratta di dissipare. Facciamo l’ipotesi di un governo mondiale diretto da un’élite di grandi scienziati e di grandi tecnici. Per essere però del tutto coerenti, dobbiamo supporre uomini ridotti alla pura dimensione scientifica, e nient’altro. Ovviamente essi non potranno ragionare che in termini di potenza, di efficacia, di organizzazione… Si avrà un’umanità divisa nettamente in due classi, quella di coloro che in qualche maniera partecipano a questa conquista, quella di coloro che a essa sono superflui. Se anche si vorrà pensare che a costoro verrà garantito un minimo vitale, essi però non potranno che servire, sapendo che ogni tentativo di sottrarsi alla loro condizione è del tutto inutile e assurdo, per la potenza senza pari che sarà concentrata in poche mani, quelle dei custodi della religione tecnologica».

Il “nichilismo gaio” della sinistra di Elly Schlein
La “società radicale” era stata profetizzata nel migliore dei modi da Del Noce già in una lettera del gennaio 1984 a Rodolfo Quadrelli e descritta nei termini di un totalitarismo morbido dai tratti nichilisti, un “nichilismo gaio”, un totalitarismo senza inquietudine. Per Del Noce il “nichilismo gaio” appariva tale – forse quarant’anni fa se ne resero conto in pochi – anche nel riferimento a una sessualità neutralizzata e “gender”, così come si sostiene recentemente. «Si può infatti dire – annotava – che tende a intendere l’amore sempre omosessualmente, anche quando mantiene il rapporto uomo-donna, immaginando una relazione sessuale indifferenziata», escludente il principio di “differenza” tra i generi. «Tale nichilismo – precisava – è esattamente la riduzione di ogni valore a valore di scambio: l’esito borghese massimo, nel peggiore dei sensi, del processo che comincia con la prima guerra mondiale. Il peggiore annebbiamento che il nichilismo genera è la perdita del senso dell’interdipendenza dei fattori della nostra storia presente; infatti a ben guardare, non è che l’altra faccia dello scientismo e della sua necessaria autodissoluzione da ogni traccia di valori che non siano strumentali».

Del Noce faceva propria l’analisi di Pasolini
Insomma, Del Noce – e lo rilevò più volte – si riteneva in pieno accordo con il Pier Paolo Pasolini che non solo negli Scritti corsari ma anche nel suo ultimo discorso pubblico alla Festa nazionale dell’Unità del settembre 1975 contestava alla sinistra quel “progressismo” – incipiente in quegli anni Settanta ma oggi dominante ed egemone – che a suo dire era il tratto trasversale e coinvolgente di tutta la realtà nel mondo dell’omologazione compiuta. Anche il Pci, a suo dire, era di fatto già “inquinato” – così lui spiegava – da «quel falso laicismo, e da quel falso progressismo, con cui il potere ammanta la sua ideologia consumista. Cioè, la televisione o anche la scuola. I modelli di vita che offre la televisione sono, per quanto laidamente, laici. Chi viene offerto alla vostra indicazione? Non certamente un santo eremita, o un prete che fa delle belle prediche. Viene esposto alla vostra indicazione un giovane cretino e una giovane cretina. Laici, che godono la vita. La cui religione è il pic-nic, il weekend, la macchina, il profumo, il sapone, le belle scarpe, i blue jeans, eccetera. …. Anche i voti andati a sinistra – denunciava Pasolini, in pieno accordo con Del Noce – sono “inquinati” da un laicismo e un progressismo, che noi non possiamo condannare, dal nuovo modo di produzione, cioè dalla nuova cultura e dal nuovo Potere». E oggi, quasi cinquant’anni dopo quel laicismo e quel progressismo sono diventati la piattaforma ideale ufficiale della nuova sinistra del Pd. Alla cui guida non si poteva che scegliere una leader come Elly Schlein.

Paolo Di Nella, 37 anni fa l’ennesimo omicidio comunista impunito. Oggi lo ricordiamo

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di Antonio Pannullo

Paolo Di Nella morì 37 anni fa, in questo giorno. Morì, fuori tempo massimo, nel 1983, dopo la stagione degli anni di piombo. Sembrava che quel periodo tragico fosse ormai concluso, con la morte nel marzo 1980 di Angelo Mancia. Il dipendente del nostro giornale assassinato in un agguato partigiano dalla Volante Rossa. Come gli assassini di Paolo Di Nella, anche quelli di Angelo Mancia rimasero impuniti. Paolo Di Nella lo conoscevo, frequentava la sezione del Msi del Trieste Salario in viale Somalia e la federazione provinciale del Fronte della Gioventù. Era amico di tutta quella meglio gioventù di attivisti di quegli anni. Ma in particolare dei fratelli Buffo, di Gianni Alemanno, di Sergio Mariani, di Paolo Omodei e di quel gruppo di giovanissimi che frequentavano la sezione Trieste. Era apparentemente un po’ chiuso, ma sempre pronto a scherzare quando stava con i suoi fratelli. Il gruppo era profondamente legato. Era spesso preso in giro per le sue battaglie ambientaliste, alle quali dedicava tutte le sue energie. Allora non capivamo che Paolo Di Nella era avanti tutti noi.

Di Nella, “uccidere un fascista non è reato”

I fatti sono noti, ma li rievochiamo per quei giovani che oggi portano avanti anche la sua battaglia. Alle 20.05 di quel 9 febbraio 1983 il suo cuore smise di battere. Noi ragazzi del Fronte della Gioventù (l’organizzazione giovanile del Movimento Sociale Italiano) ci sentimmo allora irrimediabilmente più soli. Perché sapevamo perfettamente che “uccidere un fascista non è reato” non era solo uno slogan dei “duri” dell’Autonomia operaia (che rivendicò l’assassinio), ma era diventata una legge non scritta. L’avevamo subìta parecchie volte e non ci eravamo mai fermati. Il Fronte non si fermò neanche allora, benché sapessimo perfettamente che anche questo omicidio non sarebbe mai stato punito, così come era accaduto per Francesco Cecchin, ucciso da sconosciuti a piazza Vescovio pochi anni prima. E così è stato. Ancora oggi aggressori a piede libero. Nel caso di Paolo Di Nella le cose andarono un po’ diversamente, anche se una sfortunata vicenda giudiziaria chiuse il caso senza che si fosse arrivati a un colpevole.

Gli inquirenti si mossero solo dopo l’arrivo di Pertini

Anche perché gli inquirenti si mossero con un certo impegno solo dopo che l’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini accorse, in forma privata, al capezzale di Paolo. Era evidentemente stato colpito dall’efferatezza e dalla gratuità del gesto feroce verso un ragazzo di vent’anni che si batteva per il verde pubblico nel suo quartiere. Pertini fu affrontato – è il caso di dirlo – da una ragazza del Fronte, Marina, che eludendo la sorveglianza al presidente, riuscì a intercettarlo e a dirgli quello che pensava. «Questo è il frutto dell’odio che avete alimentato per quarant’anni! Ci stanno ammazzando tutti!», disse Marina. Pertini la guardò in faccia, rimase a capo chino in silenzio, le posò una mano sulla spalla e si allontanò. Il vecchio partigiano ascoltò con molta attenzione la ragazza in lacrime di rabbia e di dolore, e probabilmente capì che i tempi della giustizia sommaria erano davvero finiti per sempre. Possiamo affermare senza timore di essere smentiti da nessuno, che se gli anni di piombo si chiusero fu solo ed esclusivamente grazie alla buona volontà, al senso di responsabilità, alla civiltà degli “estremisti di destra” di allora, che scelsero consapevolmente di non attuare ritorsioni di alcun genere.

Di Nella e la sua battaglia pacifica

E dopo Pertini, fu un profluvio, piuttosto stupefacente, per noi missini, di solidarietà da tutte le parti: l’allora sindaco di Roma Ugo Vetere, del Pci, venne all’ospedale, il segretario del partito Enrico Berlinguer mandò un commosso telegramma. Il giornalista Giuliano Ferrara scrisse un articolo in difesa di Di Nella e del suo diritto a pensarla come la pensava. E proprio così Paolo conduceva la sua lotta politica: civilmente e pacificamente, talmente fiducioso nel suo diritto da andare ad attaccare manifesti da solo con la sua ragazza, in un periodo in cui questo non era consigliabile.

Paolo aggredito vigliaccamente alle spalle

Paolo non era assolutamente un violento, ma non si fermava mai. Non c’era nulla che si potesse dire o fare per impedirgli di agire come a lui sembrava giusto. Anche quella sera, poiché non c’erano persone disponibili ad accompagnarlo, gli fu proposto di rimandare alla sera successiva l’affissione, ma lui non ne volle sapere. La battaglia di combatte tutti i giorni, e guai a chi si ferma. Andò con una militante del Trieste Salario, che lo accompagnò con l’automobile. E’ grazie a lei se abbiamo una testimonianza precisa di tutto quello che accadde. Paolo scendeva, affiggeva, e ripartivano. L’Autonomia operaia era molto attiva nel quartiere Africano, quello dove Paolo e i suoi camerati lottavano affinché Villa Chigi fosse restituita alla gente. Negli anni e precedenti le sezioni missine della zona, via Migiurtiniaviale Somalia, la Monte Sacro, la Talenti, la Tufello, erano state oggetto di decine di attentati dinamitardi incendiari, assalti armati.

Quella notte in viale Libia

A piazza Gondar, in viale Libia (dove oggi c’è la scritta che lo ricorda), Paolo fu aggredito da dietro da due ragazzi, uno dei quali lo colpì con un oggetto contundente mai identificato. Gli causò la commozione cerebrale che lo portò, dopo una settimana di agonia, alla morte. La ragazza lo accompagnò a sciacquarsi la testa alla fontanella, e lui le gece promettere di non dire nulla a nessuno, che non er aniente. Ma tornato a casa si sentì male e fu portato in ospedale. Vegliato incessantemente – oltre che dalla sua splendida famiglia – da tutti i suoi camerati. Il suo sacrificio è servito a far accorgere agli italiani di quanto accadeva, a far diventare Villa Chigi parco pubblico – oggi è intitolato a suo nome – e a far finire gli anni di piombo.

La responsabilità morale della sua e di altre morti è ascritta per sempre a tutta una classe politica e mediatica che per anni ha chiuso gli occhi di fronte alla palese ingiustizia a cui i giovani missini erano sottoposti da parte di tutti. In quella settimana di agonia di Paolo ci furono affissioni per denunciare l’accaduto, un corteo sfilò per il quartiere, assemblee nelle scuole, ma a nessuno sembrava gliene fregasse qualcosa: al Giulio Cesare anzi si arrivò a confermare il diktat che uccidere un fascista non è reato.

Il comunicato del FdG: “Caduto per la Rivoluzione”

Vogliamo concludere questo ricordo con il comunicato del Fronte della Gioventù emesso qualche giorno dopo la morte di Paolo. “Con Paolo di Nella è morto un combattente per il proprio popolo, un nazional-rivoluzionario. Nessuno si permetta di offendere questo martire con inutili isterismi. L’unica vendetta è continuare la sua lotta contro il sistema che lo ha assassinato”. Al suo funerale, quando la bara avvolta nella bandiera con la croce celtica uscì dalla chiesa di piazza Verbano, a migliaia salutarono Paolo Di Nella col braccio teso.

Il volantino di rivendicazione dell’assassinio spuntò il 14 febbraio, in una cabina telefonica di piazza Gondar, a pochissimi metri da dove c’era stata l’aggressione. È firmato da Autonomia Operaia. L’ultimo atto della tragedia avviene nel dicembre del 2008, il papà di Paolo è morto e la famiglia ha deciso di farli riposare insieme. La bara di Paolo è lentamente esposta e appaiono ancora quei colori: il rosso, il bianco, il nero; per venticinque anni la bandiera con la celtica ha riposato insieme a Paolo. La bara di Paolo viene messa vicino a quella del padre, si stende di nuovo sopra la sua bandiera, e c’è una piccola scritta: “Caduto per la Rivoluzione”.

Fonte: https://www.secoloditalia.it/2020/02/paolo-di-nella-37-anni-fa-lennesimo-omicidio-comunista-impunito-oggi-lo-ricordiamo/#amp_tf=Da%20%251%24s&aoh=16759337127036&referrer=https%3A%2F%2Fwww.google.com&ampshare=https%3A%2F%2Fwww.secoloditalia.it%2F2020%2F02%2Fpaolo-di-nella-37-anni-fa-lennesimo-omicidio-comunista-impunito-oggi-lo-ricordiamo%2F

Fumetti sempre più Lgbt: Superman diventa bisessuale. E la Marvel rilancia con il supereroe gay

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di Carlo Marini

Superman sventolerà la bandiera dell’orgoglio gay il 9 novembre, quando verrà rivelato che il supereroe è bisessuale nel prossimo numero della DC Comics Superman: Son of Kal-El. Lo riporta il sito Deadline.

L’attuale Superman è Jon Kent, figlio di Clark Kent e Lois Lane. Nei pannelli pubblicati dal fumetto, i lettori possono conoscere il nuovo interesse amoroso del giovane Kent: Jay Nakamura, un giornalista, naturalmente. Il fumetto mostrerà la fiorente amicizia di Jon e Jay che diventa romantica dopo che il giornalista si prende cura dell’Uomo d’Acciaio che si sente mentalmente e fisicamente esaurito dal tentativo di tenere tutti al sicuro.

“Ho sempre detto che tutti hanno bisogno di eroi e tutti meritano di vedere se stessi nei loro eroi e sono molto grato che DC e Warner Bros. condividano questa idea”, ha detto lo scrittore Tom Taylor in una nota. “Il simbolo di Superman è sempre stato sinonimo di speranza, verità e giustizia. Oggi quel simbolo rappresenta qualcosa di più. Oggi, più persone possono vedersi nel supereroe più potente dei fumetti”. L’artista John Timms ha aggiunto: “Sono incredibilmente onorato di lavorare al fianco di Tom nella serie Superman: Son of Kal-El, che mostra Jon Kent affrontare la sua complessa vita moderna, salvando anche il mondo dalle sue più grandi minacce, cattivi e minacce”.

“Non potremmo essere più orgogliosi di raccontare questa importante storia di Tom Taylor e John Timms”, ha affermato Jim Lee, Chief Creative Officer ed Editore DC. “Parliamo molto del potere del DC Multiverse nella nostra narrazione e questo è un altro incredibile esempio. Possiamo avere Jon Kent che esplora la sua identità nei fumetti così come Jon Kent che impara i segreti della sua famiglia in tv su Superman & Lois. Convivono nei loro mondi e tempi, e i nostri fan possono godersi entrambi contemporaneamente”.

Superman bisex e la Marvel lancia il primo supereroe gay

La tendenza è inarrestabile. Da una parte Superman con la Dc Comics, dall’altra il colosso Marvel. All’interno del prossimo kolossali, Gli Eterni, ha infatti inserito il primo supereroe apertamente gay. Il personaggio in questione sarà Phastos, interpretato da Brian Tyree Henry.
Grazie alle dichiarazioni dell’attore Haaz Sleiman, sappiamo che si tratta proprio di Phastos. Le precedenti partecipazioni dell’attore di origine libanese naturalizzato statunitense comprendono Assassin’s Creed e le serie tv Jack Ryan e The Good Wife, e del suo ruolo ne Gli Eterni, sappiamo solo che sarà il marito di Phastos.
Sleiman ha confermato che il film vedrà anche un bacio gay trai due: “Oh sì, assolutamente, ed è un bacio bellissimo e molto commovente. Tutti hanno pianto sul set. Per me è molto importante mostrare quanto possa essere amorevole e bella una famiglia strana.”

Fonte. https://www.secoloditalia.it/2021/10/fumetti-sempre-piu-lgbt-superman-diventa-bisessuale-e-la-marvel-rilancia-con-il-supereroe-gay/

Il delirio di Henri Lévy: «Vaccino contro il virus grazie agli immigrati». Salvini: «Porta l’Africa a casa tua»

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Indigna non poco il “comizio” pro migranti del filosofo francese Bernard-Henri Levy ospite di Quarta Repubblica da Nicola Porro. In contrapposizione a Matteo Salvini il francese si è permesso di dire in piena emergenza sbarchi delle fandonie colossali che neanche Laura Boldrini avrebbe pronunciato con tanta sicumera. Con la prosopopea tipica dei guru della rive gauche. Dopo avere sputato veleno contro i sovranisti italiani , ecco la perla che ha sconcertato e imbufalito gli spettatori collegati sui social: i migranti sarebbero una chiave fondamentale per arrivare al più presto ad un vaccino efficace contro il Coronavirus. Testuale: “Il fatto che troveremo il vaccino in Italia e in Europa lo dobbiamo agli immigrati”, ha a più riprese ribadito”, suscitando lo sconcerto dell’ex vicepremier Salvini. “Siamo su scherzi a parte?”, ha chiesto il leader leghista al conduttore.

Henri Levy peggio della Boldrini

Le scintille si sprecano. ”Aspetta un attimo, con tutto il rispetto, lei dice che se troviamo il vaccino, lo dobbiamo agli immigrati che sbarcano a Lampedusa? – interloquisce Salvini con gran dose di pazienza. – Mi scusi, se troviamo la cura al Covid, non è grazie ai medici italiani e ai ricercatori e scienziati del San Matteo di Mantova ma è grazie agli immigrati che arrivano? Adesso, questa perla mi mancava…E’ colpa di Putin, è colpa di Salvini… Grazie agli immigrati, invece, troveremo il vaccino…”. La replica di Salvini al filosofo francese Bernard-Henri Levy non si fa attendere. La sua espressione è tutta un programma. Ma è un dialogo tra sordi. Lo scrittore e intellettuale transalpino, consulente di Emmanuel Macron, sembra invasato e fuori di sé.

Salvini a Henri Lévy: «Venga alla stazione Termini…»

”Mi arrendo, professore, venga stasera in stazione Termini a Roma o alla Stazione centrale di Milano, così vede quanto è bella l’immigrazione clandestina che a lei piace tanto…”, dice il leader della Lega.”Senza l’immigrazione africana non c’è ricerca in Francia, non si troverà mai una vaccino e una cura contro il Covid. Deve dire grazie ai migranti…”. Salvini non ci sta: ”Vabbè, stiamo su Scherzi a parte…”. Continua a leggere

A Leu Conte regala il ministero della Salute. Gli italiani nelle mani di Speranza

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Non esistono nel Paese, ma si vendono e piazzano bene. Leu, il partitino di Pietro Grasso e Laura Boldrini, da oggi siede al governo. Proprio così. Il ministero della Salute, guidato dalla grillina Giulia Grillo, che fino all’ultimo doveva rimanere in quota 5Stelle, è passato di mano. A guidare la salute italiana sarà Roberto Speranza esponente di “peso” di Liberi e Uguali, sicura garanzia di saldatura a sinistra, quella gruppettara dei centri sociali, per il nascente governo giallorosso. Per la squadra di governo «ci hanno chiesto una rosa di nomi e noi abbiamo proposto Muroni e Speranza», ha riferito la senatrice Loredana De Petris al termine dell’incontro a palazzo Chigi con Conte. La decisione di piazzarlo al ministero di Lungotevere a Ripa, ribaltando tutte le caselle, è arrivata solo a tarda mattinata.

Nato a Potenza il 4 gennaio 1979, sposato con due figli e laureato in Scienze Politiche, di lui non si conoscono particolari competenze in materia di sanità pubblica.
Già deputato nelle file del Pd nella scorsa legislatura, componente la commissione Esteri della Camera, nel febbraio 2017 Speranza abbandona il Pd di Matteo Renzi insieme ad altri esponenti della minoranza, tra cui anche l’ex segretario Pier Luigi Bersani, per aderire alla nuova formazione di Liberi e Uguali fondata dall’ex presidente del Senato.

Tra le congratulazioni per il nuovo incarico non potevano mancare quelle del compagno Alessio D’Amato, assessore alla Sanità della Regione Lazio guidata da Zingaretti. «Voglio rivolgere un augurio di buon lavoro al neoministro alla Salute, Roberto Speranza. Sono molte le sfide che lo attendono per una Sanità sempre più vicina alle esigenze delle persone e con uno sguardo rivolto alle fragilità e le categorie più bisognose», dice l’amico D’Amato. Non manca chi gioca con il cognome del nuovo ministro del governo giallorosso. «Auguri e congratulazioni a @robersperanza ministro della Sanità. Con quel cognome questo incarico era scritto nel suo destino! Sono certo che farà bene perché è una persona seria e appassionata #speranzasanita», così su Twitter l’ex Pd Miguel Gotor.

fonte – https://www.secoloditalia.it/2019/09/a-leu-conte-regala-il-ministero-della-salute-gli-italiani-nelle-mani-di-speranza/

Bologna, strage senza verita’. La cerchera’ il Parlamento

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Fra un anno ne saranno trascorsi 40 dalla strage alla stazione di Bologna. L’emozione prese alla gola, con un dolore immenso, tutta Italia. Eppure, venne data in pasto alla pubblica opinione la “pista nera”. Fu un periodo terribile per chi militava a destra. L’indice contro una comunità. I “colpevoli”. Il “processo”. Le “sentenze”. Si scatenò la caccia all’uomo. 40 anni dopo conosceremo la verità?

Tutto quello che è accaduto ufficialmente sembra messo coraggiosamente in discussione dalla gran parte delle forze politiche del Parlamento. Lega e Cinquestelle, Forza Italia e Fratelli d’Italia: ci sono le firme di loro rappresentanti per una commissione d’inchiesta vera. Con poteri reali. Vengono i brividi alla schiena alla lettura di quel che si racconta e che troppo presto è stato cestinato dalla magistratura: tutto deve avere risposta. Certezza e diritto. Non vendetta e propaganda politica.

La verità va ancora cercata

Sapere che cosa è successo in quella “interminabile notte di depistaggio e segreti di Stato”, per dirla con il deputato di Fdi Federico Mollicone. Lui e Paola Frassinetti hanno messo attorno a un tavolo tutti quelli che hanno qualcosa da dire sulla strage e sul non detto delle inchieste. Ed è impressionante la mole di dubbi che si accavallano.

Onore alla vittime anche oggi, trentanove anni dopo quell’eccidio, ma la verità va ancora cercata. E senza strumentalizzazioni di parte.

Dice Gasparri che esistono documenti – che lui e Carlo Giovanardi hanno visionato – “connessi alla storia delle Br e dei rapporti che ebbero con le realtà mediorientali”. Troppi presidenti del Consiglio hanno opposto, ancorché sollecitati, il segreto di Stato. Lo farà anche Conte? Il premier di un governo che si intesta il cambiamento dovrebbe avvertire il dovere morale della conoscenza reale di quella tragedia e delle responsabilità esistenti. Lo faccia.

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I razzisti cercateli a sinistra. Contro gli italiani, da Martina a Saviano

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Ascolti Maurizio Martina – per sbaglio – in tv, e lo senti dire, come se fosse preso da un raptus, che “nel Paese sta crescendo un’onda pericolosa, razzista e xenofoba”.

Cambi canale e arriva Saviano: “Da Nord a Sud si sta diffondendo un clima di aggressione razzista contro gli immigrati e contro chiunque non abbia la pelle bianca. Nessun italiano ha la vita migliorata se viene resa la vita impossibile ai migranti“.

Poi leggi i giornali di sinistra e ti devi cibare la solita filastrocca presa da un pezzettino di relazione dei servizi di sicurezza.

Dobbiamo dedurne che a sinistra sono pazzi. E anche in qualche palazzo. Perché i razzisti li hanno in casa e ce l’hanno con gli italiani.

Ci vorrebbe una tv disponibile a svergognarli.

Le rapine, gli omicidi, i colpi di mannaia, le azioni più sanguinose vedono in carcere metà dei detenuti stranieri. Quando li prendono. E siccome la  metà della popolazione in Italia non è straniera, quando verrà il giorno in cui Martina, Saviano e compagnia di giro la smetteranno di turlupinare la gente con le loro sciocchezze?

Gli italiani poveri sono sempre di più e pensate di addolcire la loro rabbia pretendendo ancora frontiere spalancate a tutta l’Africa?

Non ne possiamo più dei ciarlatani che strillano al razzismo e poi scappano quando ad essere pizzicato è uno della loro banda. Accadde vicino a Torino per un uovo tirato in fronte ad un’atleta di colore; si è ripetuto nei giorni scorsi col maestro di Foligno, compagno di provata fede. Dove sono andati a indignarsi Martina e Saviano?

Questa cultura antinazionale diffonde un’immagine fasulla dell’Italia e degli italiani, capaci invece di straordinarie prove di solidarietà ogni qualvolta ce ne sia stato bisogno. Purtroppo annoveriamo anche personaggi come quelli che vanno in tv a farsi belli parlando male della loro Patria e dei loro connazionali.

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Bartali nelle tracce della Maturità. Se l’Anpi sapesse che aderì alla Rsi…

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Il nome di Ginettaccio – come era soprannominato Gino Bartali – tra le tracce della maturità 2019 segna il riconoscimento del celeberrimo campione di umanità e di sportività scolpito nell’immaginario popolare degli italiani. Nella traccia da cui gli studenti partono è riportato un articolo scritto da Cristiano Gatti e pubblicato su Il Giornale del 24 settembre 2013, che  rievoca la vicenda degli ebrei salvati da Gino Bartali durante la Seconda Guerra Mondiale, vicenda che gli valse il riconoscimento di Giusto tra le Nazioni. L’amatissimo campione, icona della nostra storia sportiva è stato anche altro. Ce lo ha raccontato proprio su queste colonne Antonio Pannullo in un bellissimo e documentato articolo dal titolo “Ma lo sa l’Anpi che Gino Bartali era nella Repubblica sociale italiana?” . Visto che l’associazione dei partigiani ancora non si è risentita per questa traccia, desumiamo che no, che non ne sa nulla

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fonte – https://www.secoloditalia.it/2019/06/bartali-nelle-tracce-della-maturita-il-campione-aderi-alla-rsi-se-lanpi-sapesse/

Ballottaggi, il centrodestra avanza ancora. Vittorie storiche nelle “rosse” Ferrara e Forlì

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Come un carrarmato nei ballottaggi. Dopo circa 70 anni di governo “rosso” il centrodestra conquista la città di Ferrara con Alan Fabbri, che batte il candidato del centrosinistra Aldo Modonesi. È lo stesso destino di Forlì, che dopo un lungo dominio della sinistra vede trionfare Gian Luca Zattini del centrodestra, mentre a Reggio Emilia vince il candidato di centrosinistra Luca Vecchi.

Vittoria storica del centrodestra anche a Piombino, da sempre roccaforte della sinistra. Francesco Ferrari è stato infatti eletto con il 64,27 % dei voti, in base ai dati definitivi diffusi dal Viminale. Si ferma al 35,73% Anna Tempestini, candidata del centrosinistra.

Il Movimento 5 Stelle si aggiudica la sfida di Campobasso con Roberto Gravina, che batte la sfidante del centrodestra Maria Domenica D’Alessandro. A Potenza Mario Guarente diventa il primo sindaco leghista di una città del Sud; ad Avellino la fascia tricolore va al candidato delle civiche Gianluca Festa. A Livorno il centrosinistra torna alla vittoria con Luca Salvetti dopo i 5 anni di consiliatura M5S targata Filippo Nogarin; sempre in Toscana Matteo Biffoni, centrosinistra, si guadagna la riconferma come primo cittadino di Prato. Vanno al centrodestra i comuni di Foggia, Ascoli Piceno, Biella, Vercelli. Il centrosinistra invece elegge i propri candidati a Cremona, Verbania, Rovigo.

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fonte – https://www.secoloditalia.it/2019/06/ballottaggi-il-centrodestra-avanza-ancora-vittorie-storiche-nelle-rosse-ferrara-e-forli/

Europee, la Grecia svolta a destra. Tsipras costretto alle dimissioni

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I cedimenti di Alexis Tsipras ai diktat dell’Unione europea non hanno pagato. E In Grecia ci saranno elezioni anticipate. Il premier Tsipras ha annunciato che chiederà al presidente Prokopis Pavlopoulos di convocare il voto dopo il secondo round di domenica delle elezioni locali e regionali. Le elezioni avrebbero dovuto tenersi a ottobre. Il partito del premier, Syriza, è arrivato secondo, con un distacco di circa il 9% dai conservatori di Nuova Democrazia. “Il risultato non è in linea con le nostre aspettative e non ignorerei mai un tale risultato”, ha detto Tsipras in una conferenza stampa. La prima data utile per le elezioni anticipate sarebbe il 30 giugno. I conservatori di Nd avrebbero il 33% contro il 24% di Syriza.

Nuova Democrazia, il partito di centrodestra guidato da Kyriakos Mitsotakis, sarebbe arrivato in testa nelle elezioni europee superando il partito del primo ministro Alexis Tsipras, secondo gli exit poll alla chiusura delle urne in Grecia.

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fonte – https://www.secoloditalia.it/2019/05/europee-la-grecia-svolta-a-destra-tsipras-costretto-alle-dimissioni/

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