“Mer…” e sbatte il microfono. Insulti tra Salvini e Asselborn

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Segnalazione di F.F.

Lite a Vienna all’incontro tra i ministri dell’Interno. “Basta importare migranti”. E il responsabile degli Esteri Ue sbotta

di Matteo Cartaldo

Matteo Salvini stava parlando delle sue politiche sull’immigrazione quando il responsabile lussemburghese degli Esteri e degli Affari europei, Jean Asselborn, lo ha interrotto, dando vita ad uno scambio duro di parole di fronte agli altri colleghi europei.

Il leghista è oggi a Vienna per il summit con i ministri dell’Ue e tra una stoccata e l’altra contro l’Onu ha dovuto pure far fronte ai borbotti dell’omologo lussemburghese.

Nel video (guarda) della relazione di Salvini, si sente il ministro dire che “ho sentito qualche collega dire che abbiamo bisogno di immigrati perché stiamo invecchiando. Ma io ho una prospettiva completamente diversa”. Il discorso del leghista è stato chiaro: “Io penso di essere al gtvoerno e pagato dai miei cittadini per aiutare i giovani per tornarli a fargli fare figli. E non per espiantare il meglio dei giovani africani e rimpiazzare i giovani eurpei”.

Le parole del vicepremier italiano però non sono piaciute al ministro lussemburghese che era seduto al suo fianco. “Non so se in Lussemburgo ci sono queste esigenze, noi in Italia aiutiamo i nostri figli ad avere altri figli. Non ad avere nuovi schiavi per soppiantare i figli che non facciamo più”. A quel punto, tolti qualche secondo di differita per via della traduzione, si sente Asselborn borbottare al microfono “Ale ale alè”, facendo il verso a Salvini: “bla, bla, bla…”

Nell’immediato Salvini si è limitato a rispondere che quelle sono le sue posizioni, legittime. Poi però è iniziato lo scontro verbale vero e proprio. “Io non l’ho interrotta cortesemente”, dice Salvini. Ma Asselborn perde la pazienza e sbotta: “In Lussemburgo, caro signore, avevamo migliaia di italiani che sono venuti a lavorare da noi, dei migranti, affinché voi in Italia poteste avere i soldi per i vostri figli”. E poi conclude con una espressione colorita: “Merde, alors”.

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Solidarietà al premier ungherese Victor Orban

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Risultati immagini per OrbanSegnalazione di Gianni Toffali

Invito (e noi con Toffali, n.d.r.) tutti coloro che non condividessero il voto di condanna del parlamento europeo alla politica della repubblica ungherese, a mostrare il loro dissenso e inviare all’ambasciata ingherese di Roma Janos alla seguente mail
mission.rom@mfa.gov.hu il seguente messaggio:
Signor Ambasciatore Janos Balla
io sottoscritto (nome e cognome) cittadino italiano, mi dissocio dal voto del parlamento europeo contro l’Ungheria, colpevole solo di attuare la difesa dei propri confini, e mi dichiaro totalmente d’accordo sulla politica posta in  essere dal suo paese e dal Presidente Orban al quale la prego di portare tutta la mia solidarietà.

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Orbán all’Europarlamento: “Non accettiamo minacce e ricatti. Non saremo patria di immigrazione”

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Il premier ungherese interviene davanti alla plenaria di Strasburgo “per difendere l’Ungheria che da mille anni è membro della famiglia europea”

STRASBURGO – Dopo aver anticipato parzialmente il suo discorso con diversi post sul proprio profilo Facebook, il premier ungherese Viktor Orbán ha parlato oggi a Strasburgo al Parlamento europeo nell’audizione sul rapporto Sargentini in cui si deciderà se sanzionare o meno Budapest sulla violazione dello stato di diritto. “Voi vi siete fatti già un’idea su questa relazione, e il mio intervento non vi farà cambiare opinione, ma sono venuto lo stesso. Non condannerete un governo, ma l’Ungheria che da mille anni è membro della famiglia europea. Sono qui per difendere la mia patria”, ha detto il primo ministro ungherese, che ha difeso il proprio operato soprattutto per il largo consenso che il suo governo riscuote in patria. E proprio confortato dal consenso interno, Orban non ha avuto problemi a schierarsi direttamente contro le istituzioni europee: “L’Ungheria sarà condannata perché ha deciso che non sarà patria di immigrazione. Ma noi non accetteremo minacce e ricatti delle forze pro-immigrazione: difenderemo le nostre frontiere, fermeremo l’immigrazione clandestina anche contro di voi, se necessario”.  Il leader di Fidesz, che a Bruxelles fa parte della famiglia del Partito popolare europeo, ha affermato come le misure sull’immigrazione siano state prese sulla base della volontà espressa dal popolo ungherese: “Siamo noi a difendere le nostre frontiere e solo noi possiamo decidere con chi vivere. Abbiamo fermato centinaia e migliaia di migranti clandestini e abbiamo difeso l’Ungheria e l’Europa. Gli ungheresi hanno deciso che la nostra patria non sarà un paese di immigrazione”. Continua a leggere

Salvini ha annunciato entro l’autunno accordi di espulsione e rimpatrio di migranti

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salvini migranti espulsione rimpatrioFOTO CREDITANDREAS SOLARO Matteo Salvini (Afp)

L’intervista del ministro dell’Interno a Rtl, dove ammette che per ora l’unico accordo che funziona è quello con la Tunisia. Ma non basta

“Stiamo lavorando per fare quello che in vent’anni non si è fatto: accordi di espulsione e rimpatrio assistito con tutti i Paesi di provenienza di questi ragazzi e di queste ragazze”. E sono Senegal, Pakistan, Bangladesh, Eritrea, Mali, Gambia, Costa d’Avorio, Sudan, Niger. Entro l’autunno “saprò dire quanti e di che tipo ne ho fatto”. Lo ha annunciato Matteo Salvini in un’intervista a ‘L’Indignato speciale’ su Rtl 102,5.

Un dossier “che ho sulla scrivania da tre mesi, da tre mesi stiamo aprendo cassetti, archivi, accordi verbali con alcuni Paesi africani del 1999, ma poi si è persa la firma, il capitolato, non si sa che fine abbiano fatto”. Per il ministro dell’Interno, attualmente quello che funziona “decentemente” è l’accordo con la Tunisia, “noi organizziamo due charter a settimana per un’ottantina di espulsioni. Se espelliamo ogni settimana tra tunisini, nigeriani ed altri cento, ci mettiamo ottant’anni a recuperare i cinque, sei, 700 mila immigrati entrati negli ultimi anni.

E quindi questo è un dossier su cui sto lavorando, su alcuni Paesi – dice ancora il leader leghista – siamo già abbastanza avanti,. In Tunisia ci andrò a settembre perché i tunisini sono arrivati in più di quattromila quest’anno ed è la nazionalità più presente. In Tunisia non c’è la guerra, non c’è la carestia, non c’è la peste bubbonica e quindi non si capisce perché questi ragazzi debbano scappare”. Continua a leggere

Immigrazione illegale fra disinformazione e realtà oggettiva

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di Andrea Gaiani 

Immigrazione illegale fra disinformazione e realtà oggettiva

Fonte: Analisi Difesa

Sull’immigrazione si riversano quotidianamente fiumi di parole e dati, a volte contrastanti, usati più per confermare una linea politica che per informare correttamente.
La tendenza, volontaria o meno, è generalmente quella di omettere alcuni tasselli rilevanti da cui non si dovrebbe prescindere se si volesse presentare all’opinione pubblica un quadro ragionevolmente completo e comprensibile delle problematiche connesse al flusso straordinario di migranti per lo più illegali.
Questi ultimi anch’essi vittime della disinformazione oltre che dei metodi spietati di trafficanti di esseri umani e dei loro complici siano essi organici alle organizzazioni criminali o usati indirettamente dalle stesse.
Per l’Italia, da anni ormai, le preoccupazioni maggiori riguardano i flussi incontrollati provenienti via mare e le oggettive difficoltà di gestione della crisi sul territorio italiano una volta adempiuto al sacro principio del salvataggio delle vite umane in mare. Difficoltà rese ancor più gravose dal fallimento di ogni tentativo per giungere ad una pragmatica, equa politica comune europea sull’immigrazione e una condivisione degli oneri da parte degli Stati membri.
Il dato di fatto al 2018 è che Italia, in primo luogo, Grecia e Spagna sono state lasciate sole, salvo esborsi comunque insufficienti di fondi comunitari e inutili parole di apprezzamento, dalle istituzioni europee e paesi membri, a gestire una crisi ben al di sopra delle capacità ricettive e gestionali dei singoli stati.
Nel caso italiano appare evidente che una parte della stampa, degli intellettuali più portati ai dibattiti salottieri che alle conoscenze del terreno e dei politici schierati acriticamente su posizioni ormai anacronistiche, incompetenti nella materia, ignorando le ripercussioni sulla credibilità internazionale e sicurezza interna, preferiscano ancor oggi dibattere demagogicamente piuttosto che trattare costruttivamente e realisticamente come una priorità nazionale una questione complessa, ad alta intensità di rischio.
Contro ogni logica di interesse nazionale, legittima tutela dei confini siano essi marittimi o terrestri, si è arrivati ad attaccare politicamente, personalmente, ipocritamente, due ministri degli interni di opposti schieramenti e governi contrapposti che hanno fatto e fanno il loro dovere per attenuare, ridurre al minimo i rischi di tensioni sociali, ripercussioni sulla sicurezza nazionale e soprattutto di ulteriore svilimento del nostro ruolo internazionale.
Un’informazione meno di parte richiamerebbe spesso le cause che hanno oggettivamente peggiorato la crisi, quali l’incapacità delle istituzioni europee di proporre, produrre e far eseguire un piano comune condiviso dai Paesi membri anche a tutela dei Paesi più esposti. L’Italia ha aggiunto di suo, rendendo più acuta la crisi, i ritardi decisionali dei governi passati, la debolezza della nostra azione di politica estera tesa irresponsabilmente a delegare e riporre cieca, inopportuna fiducia negli organismi comunitari e internazionali e nei nostri vicini alleati.
Anni di parole vuote e prese in giro europee hanno quindi portato ad un’azione concreta accelerata e dovuta, al fine di ridurre gli sbarchi di migranti per lo più illegali, iniziata peraltro in maniera anomala dal ministro degli interni Minniti, in assenza di una strategia, pari determinazione e gioco di squadra del collega degli esteri, con copertura felpata, quasi sussurrata del precedente Presidente del Consiglio.
Attaccato dal suo stesso partito e da colleghi ministri, il precedente titolare degli interni ha dovuto minacciare le dimissioni per poter operare pragmaticamente tralasciando retorica e demagogie.
La linea tracciata è semplicemente perseguita con maggiore determinazione e rigore dall’attuale titolare degli interni il quale segue, al netto di critiche strumentali o meno, un percorso quasi obbligato dalla situazione in cui si è venuta a trovare il nostro Paese dopo anni di mancanze internazionali ed errori gravi quali consentire quasi tutti gli sbarchi in Italia con l’avallo delle operazioni UE Triton e poi Sophia.
Altro esempio di disinformazione rispetto ad una realtà ben diversa dalla retorica delle parole. Si critica virulentemente la rigida azione del nuovo ministro degli interni Matteo Salvini (ovvero del governo italiano) argomentando che poiché gli sbarchi risultano drasticamente ridotti non sarebbe necessaria, né umana una tale prova di forza. In pochi completano l’informazione ricordando che l’Italia ha già accolto sul suo territorio dal 2013 circa 700.000 migranti di cui meno del 9% risultano aventi diritto alle tutele dovute dagli accordi internazionali per le categorie previste dagli stessi accordi.
Il nostro Paese, a prescindere dalle cifre sborsate coperte in minima parte da fondi europei, dall’efficienza o meno degli operatori dell’accoglienza, non è tuttora in grado di gestire anche amministrativamente tali flussi in assenza di politiche di redistribuzione europea dei migranti illegali, di una efficace politica di rimpatri assistiti sanciti da accordi, di strategie operative internazionali per condurre una lotta vera contro i trafficanti di vite umane.
Andrebbero sempre ricordate le politiche di respingimenti espulsioni ben più rigide adottate da Francia, Germania, Austria, Spagna che non sono Paesi appartenenti al gruppo detto di Visegrad. A fronte di promesse mancate, di solidarietà espressa solo a parole, di un’azione individuale di contrasto all’immigrazione illegale determinata ma non solidare da parte dei principali Paesi europei, cosa dovrebbe fare un Paese esposto come l’Italia per evitare di pagare costi al di sopra dei suoi mezzi e il possibile insorgere di tensioni sociali?
Raramente viene menzionato un dato di fatto oggettivo. Ciascun migrante spende da un minimo di 5.000 fino a 7.000 euro per i vari passaggi che lo conducono illegalmente in Europa, rischiando anche la vita. Ebbene con la stessa cifra in tutti i Paesi dell’Africa sub sahariana, a maggior ragione in Eritrea o Somalia si può iniziare, e bene, una fruttifera attività lavorativa indipendente quale piccolo ristorante locale, bottega di artigiano, agricoltore, pescatore e altro facendo vivere la famiglia senza problemi per diversi anni.
Come e da chi ricevono i finanziamenti per intraprendere un viaggio così rischioso senza neanche tentare la via del lavoro locale che una tal cifra consentirebbe ampiamente? Prima ipotesi sono finanziati da organizzazioni criminali che poi ricatteranno per anni il migrante e la famiglia per riavere con interessi la somma impiegata. Nella migliore delle ipotesi il migrante viene finanziato da parenti e familiari i quali a loro volta pretenderanno restituzione e assistenza finanziaria per lungo tempo e per un cospicuo gruppo di familiari vicini e lontani.
Risultato: il sopravvissuto migrante illegale o richiedente asilo in attesa prolungata, per poter sdebitarsi in assenza di lavoro onesto dovrà giocoforza entrare nel giro criminale del paese di approdo. Inoltre, a voler sintetizzare, viene danneggiata la stessa struttura familiare tradizionale africana dei villaggi sradicando giovani e famiglie dal territorio e dalle loro tradizioni, ben più rilevanti e importanti per la loro vita di quanto possano essere le nostre per il nostro futuro. La perdita dell’identità tradizionale dell’Africa profonda a lungo termine produrrà danni devastanti per il tessuto economico sociale incrementando di contro l’impiantarsi innaturale delle minoranze violente e jihadiste, vedi Boko Haram o Aqmi, il cui fanatismo violento non è mai stato parte delle tradizioni di quelle popolazioni.
I porti della Libia non possono essere considerati sicuri, la Libia non ha firmato la convenzione di Ginevra sui diritti umani. Dati ribaditi più volte negli ultimi tempi per contrastare l’azione del governo italiano eppure contraddetti dai fatti e dalle stesse politiche messe in atto dall’UE e dalle Nazioni Unite.
Non si vogliono certo negare gli abusi subiti da uomini e donne nei campi libici, tuttavia proprio grazie alle pressioni politiche e ai cospicui finanziamenti della UE e dell’Italia in primo luogo, si è riusciti a far operare stabilmente in Libia l’Alto Commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (UNHCR) e la ben più efficace Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) da qualche anno associata alle Nazioni Unite, la quale si occupa primariamente dei ricollocamenti dei migranti nei Paesi d’origine attraverso assistenza e finanziamenti al migrante di rientro per iniziare un’attività lavorativa.
Le due organizzazioni hanno accesso nei famigerati campi gestiti dai libici almeno per individuare e risolvere i casi più urgenti. Fino ad un netto miglioramento della situazione ed alla firma della Convenzione di Ginevra da parte libica non si può auspicare il trasferimento tout court degli illegali nei campi libici, si possono tuttavia riconsegnare i migranti assistiti ma fermati nel Mediterraneo nella zona di competenza libica alle due Organizzazioni internazionali che provvederanno dall’aeroporto di Tripoli o da campi da loro gestiti e controllati al rimpatrio con ricollocamento.
La realtà dei fatti attesta che l’OIM ha rimpatriato dalla Libia oltre 30.000 migranti, L’UNHCR avrà registrato e verificato lo status di rifugiato per altre decine di migliaia. Diventa quindi disinformazione il fatto di non citare o minimizzare la riuscita di queste operazioni nate e sponsorizzate dalle evocate inattaccabili organizzazioni internazionali con il cospicuo sostegno politico e finanziario di paesi come l’Italia.
La fornitura di motovedette e l’assistenza tecnica alla Libia da parte italiana rientrano beninteso nel contesto.
Solo negli ultimi tempi la maggior parte dei politici di parte, dei commentatori improvvisati e di una certa stampa, evocano in negativo, cercando di omettere sostanza e realtà dei fatti, l’operazione anti sbarchi di illegali dell’Australia denominata No Way (in sintesi nessuna possibilità di sbarco illegale sul suolo australiano). Prima della formazione del nuovo governo e delle dichiarazioni sul successo di tale iniziativa da parte del ministro Salvini, tenuto comunque conto di contesti diversi, non si erano registrate particolari evocazioni critiche sulla civile, democratica Australia e sulla operazione No Way lanciata nel lontano 2013.
La disinformazione si discosta dalla realtà anche per quanto riguarda l’analisi e l’impatto sui paesi di accoglienza del potenziale tasso di criminalità dei flussi migratori incontrollati.
Assodato che la stragrande maggioranza risultano migranti economici e non profughi e rifugiati da tutelare, diviene quasi una costante omettere, nel caso italiano, tutto ciò che può incidere sulla sicurezza interna e quindi giustificare pienamente una normale azione di risposta adeguata da parte dello Stato.
Alcuni esempi potranno forse chiarire meglio il concetto. Fra le tante nazionalità accolte risulta difficilmente comprensibile perché in Italia affluiscano tanti nigeriani (Nigeria, non Niger) paese detentore di uno dei più alti tassi di criminalità fra i Paesi africani. Ricordo nei miei quasi 15 anni trascorsi in Africa sub sahariana come gli stessi africani raccontassero di temere in particolar modo i nigeriani capaci di impiantare ovunque potenti e violente mafie locali dedite al traffico di droga, allo sfruttamento violento della prostituzione, di esseri umani.
Dalle recenti statistiche italiane negli ultimi anni la mafia nigeriana è proliferata tanto da divenire anche da noi una delle più violente e potenti nei settori criminali di competenza. Anche non volendo fare nessi è indubbio che una minoranza violenta. o costretta alla violenza, dei migranti nigeriani illegali sbarcati in Italia sia andata a rinvigorire le fila della criminalità organizzata.
Chi se non il governo ha la responsabilità di prevenire e di conseguenza adottare risposte adeguate inclusi respingimenti, espulsioni e azioni repressive al fine di arginare e combattere il fenomeno criminale?
Altro caso di specie anche se non di diretto impatto criminale. Perché il nostro paese dovrebbe accoglier tanti irregolari provenienti da Pakistan, Sri Lanka e Bangla Desh, magari parte di quelli respinti dall’Australia, chiaramente non vittime di guerra né tantomeno provenienti da paesi o aree vicine e depresse?
In mancanza di politiche comunitarie, di ripartizioni concordate e di massicci ri-accompagnamenti nei paesi di origine a livello europeo, non credo si possa oggettivamente negare a un paese la legittima tutela dei propri interessi primari e controllo e difesa dei propri confini da entrate illegali.

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Perché alle organizzazioni internazionali piacciono tanto le migrazioni?

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di Ilaria Bifarini

Perché alle organizzazioni internazionali piacciono tanto le migrazioni?

Fonte: Ereticamente

“La migrazione può essere utile per tutti nella costruzione di società più inclusive e sostenibili. Globalmente, il numero di migranti internazionali ha raggiunto circa 258 milioni nel 2017, rispetto ai 173 milioni del 2000. La migrazione contribuisce alla crescita e allo sviluppo economico inclusivo e sostenibile sia nei paesi di origine che di destinazione. Nel 2017, i flussi di rimesse verso Paesi a basso e medio reddito hanno raggiunto $ 466 miliardi, oltre tre volte l’importo di APS (Aiuti pubblici allo sviluppo) ricevuto nello stesso anno. Le rimesse costituiscono una fonte significativa del reddito familiare, migliorando la situazione delle famiglie e delle comunità attraverso investimenti in educazione, sanità, servizi igienico-sanitari, alloggi e infrastrutture. Anche i paesi di destinazione ne traggono beneficio, poiché i migranti spesso colmano le lacune del lavoro, creano posti di lavoro come imprenditori e pagano tasse e contributi di sicurezza sociale. Superando le avversità, molti migranti diventano i membri più dinamici della società, contribuendo allo sviluppo della scienza e della tecnologia e arricchendo le loro comunità di accoglienza attraverso la diversità culturale.”

E’ quanto si legge nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, a firma del cinese Liu Zhenmin, sottosegretario generale per gli affari economici e sociali ONU. Dunque, rispetto al 2000 le persone che hanno lasciato il proprio Paese di nascita e ora vivono in altre nazioni sono aumentate di circa il 50% per cento (il 49% per l’esattezza) con un trend di continua crescita. Al di là dei toni ottimistici e irrealistici usati nel documento programmatico, possiamo estrapolare il presunto modello economico di sviluppo sostenuto dai fautori delle attuali migrazioni, che, a differenza di quelle passate, hanno raggiunto livelli massivi e seguono nuove direttrici. A innescare un ipotizzato circolo virtuoso di crescita sarebbero da un lato l’offerta da parte dei migranti di forza lavoro per richieste non soddisfatte da parte dei lavoratori locali, dell’altro il flusso di denaro inviato ai Paesi di origine, che verrebbe utilizzato non solo per alleviare la povertà familiare, ma per investimenti produttivi nel tessuto economico nazionale. Un modello virtuoso e foriero di crescita, accompagnato da una convivenza felice, quasi simbiotica, tra migranti e cittadini dei Paese d’accoglienza. Continua a leggere

L’autunno caldo, lo spread e l’obiettivo di far cadere il Governo

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Esistono naturalmente una serie di pressioni perché i cinquestelle rompano con la Lega, maggiormente temuta – almeno oggi – dalle élite euriste, sia per le sue posizioni dure sull’immigrazione e sia per il suo evidente euroscetticismo. Del resto, fu proprio la Lega a insistere perché Paolo Savona andasse al MES. E non è un caso che, a capo delle commissioni bilancio di Camera e Senato, ci siano due euroscettici di eccezione: Claudio Borghi e Alberto Bagnai. Insomma, questo Governo è quanto di più distante esista dal religioso eurismo che ci ha governato in questi ultimi venti anni (il peggiore dei quali sicuramente è quello subito nell’ultimo scorcio dell’ultima legislatura berlusconiana e nella passata legislatura).

Proprio per questa ragione, in tanti tifano per la rottura tra M5S e Lega, sognando il ribaltone, con un M5S rimaneggiato e più accondiscendente verso le politiche euriste. Le ragioni – si ribadisce – sono l’atteggiamento di totale chiusura nei confronti dei flussi migratori di massa dal continente africano e l’euroscetticismo. Entrambi mettono i bastoni fra le ruote al progetto di deflazione salariale e alla dissoluzione degli Stati nazione, in favore della sovrastruttura europeista. Eccoli dunque che agitano lo spauracchio razzista e nazionalista, per cercare di indurre l’opinione pubblica a credere che la strada intrapresa dall’attuale Governo di scontro con l’Unione Europea sia la peggiore e la più pericolosa per i destini del popolo italiano. Continua a leggere

Orban: “Salvini è il mio eroe, il mio compagno di destino”

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Il ministro dell'Interno e vicepremier Matteo Salvini (S) ed il il primo ministro ungherese Viktor Orban © ANSAIl vicepremier e ministro dell’Interno: la sinistra esiste solo per insultarmi, per difendere Ue dei banchieri e immigrazione senza limiti

Con il ministro dell’Interno Matteo Salvini “vorrei fare una conoscenza personale. Lui è il mio eroe”. Lo ha detto il primo ministro ungherese, Viktor Orbàn, uscendo dal ristorante in cui ha pranzato a Milano. “È un mio compagno di destino – ha aggiunto – sono molto curioso di conoscere la sua personalità. Sono un grande estimatore e ho alcune esperienze che forse potrei condividere con lui. Ho questa sensazione”, ha concluso Orbàn.

“Ormai – scrive il vicepremier e ministro dell’Interno – la sinistra esiste solo per insultarmi, per difendere Ue dei banchieri e immigrazione senza limiti. P.S. In Ungheria disoccupazione è sotto il 5%, Flat Tax per le imprese è al 9% e per le persone al 15%, immigrazione è sotto controllo e economia cresce del 4%”. Lo scrive il vicepremier e ministro dell’Interno, Matteo Salvini, in vista del suo incontro nel pomeriggio con il presidente ungherese Viktor Orban.

E’ un “incontro importante” quello di oggi a Milano fra il vicepremier Matteo Salvini e il primo ministro ungherese Viktor Orban. L’ex ministro dell’Interno Roberto Maroni lo ha scritto su Twitter spiegando che “può essere davvero l’inizio della svolta verso un’Europa che si fa finalmente carico del problema immigrazione”. La conclusione dello storico esponente leghista è un augurio di “buon lavoro”.

CONTINUA SU: http://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2018/08/28/migranti-oggi-a-milano-incontro-salvini-orban_e64f1a6e-1aac-48ec-8d8d-f8a3a6431c35.html Continua a leggere

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