La battaglia di Vienna, che ci salvò dall’invasione islamica

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Historia magistra vitae. Purtroppo l’attuale Europa dimentica la propria identità. Noi intendiamo ricordarla, perché non si compiano gli errori del passato (n.d.r.)

di Matteo Castagna

UNA GUERRA SCONOSCIUTA AI PIÙ, PROBABILMENTE PERCHÉ POCO STUDIATA IN QUANTO POLITICAMENTE SCORRETTISSIMA

Una guerra sconosciuta ai più, probabilmente perché poco studiata in quanto politicamente scorrettissima, ha fatto la storia dell’Europa: la battaglia di Vienna del 12 Settembre 1683. Di questa straordinaria e fondamentale vittoria, paladini della cristianità del XVII secolo: il cappuccino Carlo Domenico Cristofori, chiamato Marco D’Aviano e il Papa Innocenzo XI. la crociata fu preparata da un’ intensa opera di apostolato e predicazione in tutta l’Europa, effettuata instancabilmente dal frate, ed accompagnata da una serie di miracoli che accrescevano la credibilità e l’autorevolezza del religioso, in tutto il continente.

Innocenzo XI si fidò unicamente della Provvidenza divina: “In sola spe gratiae coelestis”. Si è occupato della riforma dei costumi, soprattutto in riguardo allo stato spirituale degli ecclesiastici. In particolare, si scagliò contro il lusso che regnava tra i vescovi e cardinali dell’epoca. Nella sua camera e nel suo studio si vide solo la figura di Cristo risorto. “Era tale la compassione che Innocenzo XI provava per i poveri, che si tenne la stessa veste per tutta la durata del pontificato: mai la volle cambiare, nemmeno quando divenne logora e quasi inutilizzabile […]”. Lo storico Ludwig von Pastor, nella sua “Storia dei Papi”, descrive così Benedetto Odescalchi: “Il significato storico-universale del suo pontificato, di gran lunga il più importante e glorioso nella seconda metà del secolo XVII…consiste nella sua politica, mantenuta ferma sino all’ultimo respiro, di unire le potenze cristiane contro l’attacco violento dell’islam”. Naturalmente l’impegno più importante per cui sarà ricordato per sempre è la liberazione di Vienna dall’assedio degli Ottomani nel 1683. Contemporaneamente, Padre Marco d’Aviano trascorreva un’esistenza austera e isolata, dormiva solo tre per notte su un letto di foglie secche, per il resto pregava e leggeva. Mangiava pochissimo, mai carne, uova e formaggio, la sua dieta era poco latte e poi frutta e verdura. Cercò sempre di rispettare scrupolosamente le regole dell’Ordine francescano. Sostanzialmente condusse una “vita intensa e spirito di preghiera; devozione e contemplazione; pratica radicale dell’altissima povertà interiore es esteriore […] grande ardore nella predicazione e apostolato ricondotto alla semplicità e umiltà evangeliche; carità concreta e prontezza nel servire ogni fratello bisognoso; spirito ecclesiale nella sottomissione e totale docilità al Pontefice romano e alla Chiesa gerarchica: queste erano le linee fondamentali della spiritualità ‘cappuccina’ che adottò il frate di Aviano”.

Il Seicento fu, per l’Europa cristiana, intriso di paura di essere invasi e conquistati dai turchi. Di fronte a questo vero e proprio incubo, c’era la divisione politica dell’Europa. In particolare, la Francia di Luigi XIV era in continuo dissidio sia con l’imperatore Leopoldo I, che con la Chiesa di Roma. Capita che alcuni governanti diventano protestanti per accaparrarsi i beni della Chiesa. Il re di Francia osteggiò apertamente gli Asburgo nella lotta contro gli ottomani.“Per tutto il Seicento, la discordia fra i principi all’interno degli stati cristiani fu grande e capillarmente diffusa. Essi si combatterono e si indebolirono a vicenda per egoistiche ragioni di predominio”. Invece padre Marco e Innocenzo XI, lavoravano per la liberazione della cristianità dal flagello turco, pertanto appoggiarono l’impero. Addirittura, il Papa affermò: “[…] saria andato volentieri alla testa dell’esercito e salito sulle navi da guerra per combattere contro il comune esercito”. Il pensiero dominante del Pontefice era quello di organizzare una Lega difensiva contro il pericolo turco. Oltre ai due beati, altre grandi personalità li affiancarono o con essi si scontrarono in quel frangente per il futuro dell’intero continente europeo.

Solo qualche nome, segnalo oltre a Luigi IV e Leopoldo I d’Asburgo, imperatore del Sacro Romano Impero. Il compagno di viaggio di Marco D’Aviano, padre Cosma da Castelfranco. Giovanni III Sobieski re di Polonia e granduca di Lituania, grande ammiratore di padre Marco. Infine, Eugenio di Savoia-Garignano, comandante supremo dell’esercito imperiale. E poi Kara Mustafa Pasha di Merzifon, comandante in capo dell’armata turca.

Le truppe cristiane erano composte da settantamila uomini, un numero assai inferiore rispetto ai centocinquantamila dell’armata turca del gran visir Kara Mustafa Pasha che intendeva conquistare prima Vienna e successivamente Roma per fare di San Pietro la scuderia per i suoi cavalli. A questo proposito scrive lo storico Arrigo Petacco in “L’ultima crociata”: “con i se e con i ma la storia non si fa, va comunque sottolineato che se a Vienna, quel 12 settembre 1683, un qualsiasi accidente avesse fermato la carica degli ‘ussari alati’ che si scatenarono contro i turchi come arcangeli vendicatori, oggi probabilmente le nostre donne porterebbero il velo”.

Il 12 settembre prima della battaglia, sulle alture del Kahlemberg, padre Marco celebra la Messa, servita da due chierichetti d’eccezione: il re di Polonia e il Duca di Lorena, distribuisce la comunione ai comandanti, benedice l’esercito cristiano con la sua croce di legno. Attorno alle 12 ebbe inizio la battaglia. Lo scontro viene descritto da padre Cosma, testimone diretto dell’evento. La battaglia ben presto costringe miracolosamente i turchi alla resa. I trionfi dell’esercito cristiano – scrive il “cardinale” Schonborn – a Vienna, e poi a Buda, allontanarono il serio rischio di un’islamizzazione dell’Europa”. L’esultanza in tutta l’Europa fu immensa, l’unico a non esultare fu il re di Francia.

La preoccupazione dei due grandi della Civitas Christiana, Innocenzo XI e padre Marco, “fu la difesa della cristianità, e del cattolicesimo in modo particolare, e non la supremazia sull’islam. Si trattò, dunque, di un’azione di tutela e non di una crociata…”. Ne è convinto anche Petacco, le crociate, furono invece una legittima risposta al jihad. Tra l’altro padre Marco dopo queste liberazioni cercò di convincere i regnanti di completare l’opera di liberazione dei territori europei ancora in mano agli ottomani, la salvezza dell’Europa era sempre in cima ai suoi pensieri.

Il cattolico tiepido o chi si finge cattolico è restio a riconoscere la verità storica, determinata sia dall’eccezionale spiritualità dei due sopraccitati protagonisti, che dalle loro indiscutibili capacità politiche, nell’arte della mediazione, della diplomazia, dell’intuizione, della capacità oratoria, basate su quel connubio inscindibile tra Fede e Ragione così caro a San Tommaso d’Aquino. oggi, se si parla di loro, lo si attraverso un’oleografia molto parziale per non urtare la sensibilità degli islamici. Fortunatamente, il beato Innocenzo XI e padre Marco d’Aviano non furono buonisti, altrimenti da almeno 500 anni saremmo tutti in ginocchio verso la Mecca.

Fonte: https://www.informazionecattolica.it/2023/09/12/quella-battaglia-che-ci-salvo-dallinvasione-islamica/

La crisi della Chiesa

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Abbiamo pensato, su richiesta di molte persone che ci contattano, di riunire in un unico articolo, i numerosi articoli importanti sulla crisi della Chiesa, che sono tutti consultabili sul sito www.crisidellachiesa.it  rimandando ad esso per ogni ulteriore approfondimento, fotografia, o altro. Il sito fa riferimento all’Istituto Mater Boni Consilii di Verrua Savoia (TO): www.sodalitium.biz

«Abbiamo deciso lo Spirito Santo e noi…» (At 1528).

tu es petrus

– Articoli sulla crisi nella Chiesa

– Articoli sulla liturgia

– Articoli sullecumenismo

– Articoli sulle eresie

– Articoli sui movimenti ecclesiali

– Articoli sul problema dell’Autorità

– Articoli sulle apparizioni

 Articoli sul Concilio Vaticano II

– Articoli su Chiesa e Massoneria

– Articoli su Chiesa ed ebraismo

– Articoli su Chiesa e islam

 

In questa pagina è possibile visualizzare diverse immagini che documentano visivamente gli effetti devastanti della rivoluzione conciliare sulla componente umana della Chiesa cattolica.

 

In questa pagina sono disponibili le omelie domenicali o festive dei sacerdoti dell’Istituto Mater Boni Consilii predicate nella chiesa di Albarea (Ferrara).

apostasia postconciliare

 

rudolf steiner - concilio vaticano II

abbé paul roca e il concilio

 

 

vergine addolorata

Perseveriamo nel dedicare il santo Rosario a questa unica intenzione:

riparare alle orribili colpe commesse contro Dio dagli ecclesiastici.

ratzinger o bergoglio?

Di fronte agli atti, alle omissioni e ai discorsi  farneticanti di Jorge Mario Bergoglio, un certo numero di persone (da annoverare tra i cosiddetti «conservatori») ha iniziato a rimpiangere la presunta ortodossia del «papa emerito» Joseph Ratzinger, contrapponendo il suo insegnamento a quello di Francesco. Alcuni sono giunti addirittura ad affermare che Bergoglio non sarebbe il vero papa, ma lo sarebbe Benedetto XVI. Alle «vedove» ratzingerine riproponiamo la lettura di un articolo molto interessante di qualche anno fa (2013) sulla figura dell’ex professore di Teologia dogmatica presso l’università di Tubinga (leggi l’articolo).

la nuova cresima è valida?

 

francesco

«Marco Pannella è una persona […] di cui non si poteva non apprezzare l’impegno totale e disinteressato per nobili cause […]. Lo ricordo con stima e simpatia. Pensando che ci lascia un’eredità umana e spirituale importante».

marco pannella

– Padre Federico Lombardi, portavoce di Francesco I, Radio Vaticana, 19 maggio 2016.

le nobili cause di marco pannella

Sopra: le «nobili cause» per cui Marco Pannella si è battuto per tutta la vita: la legge sul divorzio, la liberalizzazione della droga e l’aborto libero. Davvero «un’eredità umana e spirituale importante»!

 

sincretismo di bergoglio

Il 6 gennaio scorso 2016 è stato diffuso nel mondo intero, in lingua spagnola con sottotitoli in varie lingue, tra le quali l’italiano, un video, detto «video del Papa», come «inziativa globale sostenuta dalla Rete Mondiale di Preghiera del Papa (Apostolato della Preghiera) per collaborare alla diffusione delle intenzioni mensili del Santo Padre sulle sfide dell’umanità». Ecco un commento a questo filmato… (leggi).

Sito online da martedì 6 ottobre 2010

Ultimo aggiornamento: martedì 25 luglio 2017

QUESTO SITO È FORT

 

 

titolo articoli sulla crisi nella chiesa cattolica

SITO È FORTEMENTE SCONSIGLIATO

A CHI HA PAURA A GUARDARE INo FACCIA ALLA VERITÀ

EMENTE SCONSIGLIATO

A CHI HA PAURA A GUARDARE IN FACCIA ALLA VERITÀ

 

Alleanza franco mongola come possibile percorso per il futuro

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Riceviamo e pubblichiamo questa lettera del lettore

di Fabio Foresi

I tempi radicali richiedono scelte radicali e di polso; voglio proporre un’occasione mancata che poteva essere fondamentale per la cristianità.

L’alleanza franco mongola ovvero un’accordo tra la cristianità e l’impero mongolo che avrebbe cambiato le sorti del mondo e molto probabilmente in meglio, oserei dire; durante la 5 crociata iniziarono I contatti a circolare le voci dell’avanzata mongola, all’inizio si pensava fossero le forze del Prete Gianni venute dall’oriente a salvare la Terra Santa.

Durante la settima crociata cominciarono I contatti veri e propri, soprattutto le prime missive, I Papi chiedevano la conversione al cattolicesimo ed I Khan chiedevano la sottomissione dei governanti europei.

Il punto di questo articolo è cosa può insegnarci questa gigantesca occasione mancata?

Il nuovo blocco russo-cinese che si sta formando nell’emisfero orientale è praticamente l’impero di Gengis Khan rinato, I popoli dell’Asia stanno costruendo un loro sistema alternativo al sistema unipolare americano-occidentale.

Questo nuovo paradigma che si crea non è quello della Santa Romana Chiesa ma può essere un’aiuto in forma inaspettata; la Russia rappresenta il tentativo modero che più si avvicina al principe cristiano ( con tutti I distinguo ed gli errori umani) ma l’ostacolo per molti cattolici è l’avvicinamento di Putin alla Cina; intanto questo avvicinamento è stato dettato dalle condizioni e dalle sanzioni ( come l’avvicinamento dell’Italia Fascista a Hitler è stato dettato dalle sanzioni inglesi) ma forse il nostro odio e sospetto verso la Cina non è forse frutto della stessa propaganda che ci vuole far odiare Putin?

Intendiamoci la Cina è comunista e perseguita la Chiesa Cattolica Clandestina e lungi da me difendere il massacro abortista compiuto da loro govenro fino ad oggi ( sempre però infinitesimale rispetto a quello americanista liberale) ma attualmente sono uno dei pochi alleati su cui I sovranisti possono contare insieme alla Russia, il loro sistema economico gli ha portati a diventare in 30 anni la seconda potenza economica al mondo, perchè li vige il sacro primato della politica sull’economia, anche se la politica è più o meno comunista.

La Cina ha tutto l’interesse ad avere un governo italiano a loro vicino in politica estera, quindi non baderanno molto se esso sia cristiano o rosso, ed questo potrebbe girare a nostro vantaggio; per quanto riguarda la Chiesa clandestina il vero problema è questa specie di riedizione moderna della lotta delle investiture, è che il PCC vede la Chiesa come alleata con le potenze occidentali ed al NWO (come dargli torto vedendo l’antipapa Bergoglio), quindi forse una forza cattolica integrale ma non schierata a prescindere contro di loro potrebbe esercitare leva per una fine o almeno distensione della persecuzione.

Per concludere come l’opportunità di sconfiggere l’islam proposta dal Khan al Papa del tempo non venne colta per inconprensioni reciproche, non possiamo difronte alle forze sataniche permetterci lo stesso errore.

Che il Sacro Cuore di Gesù ci protegga

Cavalieri d’America: i “valori dell’Occidente”

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di Franco Cardini

Forse non tutti lo sanno, ma gli Stati Uniti sono uno dei paesi al mondo nei quali la letteratura cavalleresca medievale e i suoi succedanei di ogni tipo hanno il massimo successo. Dagli studi accademici alle pubblicazioni scientifiche, ma anche dalla letteratura popolare ai “giochi di ruolo” la passione per le gesta dei paladini di Artù dilaga: del resto, la Disney Co. ne è uno dei maggiori veicoli a livello mondiale. E il fenomeno sta tracimando da oltre due secoli in tutte le possibili direzioni: dall’architettura neoromanica e neogotica ai “ristoranti medievali” dove si fanno anche i tornei, dal cinema alla TV, dal “teutonismo” come fenomeno antropologico-giuridico e antropologico-militare (l’Accademia di West Point) alle infinite derivazioni del tolkienismo ai continui revivals del mito del Santo Graal.
Argomenti di questo genere sono ormai da tempo anche oggetto di seri studi specialistici. Il fenomeno del “medievalismo” è accuratamente indagato da ottimi specialisti: basti pensare, in Italia, ai lavori di Maria Giuseppina Muzzarelli, di Francesca Roversi Monaco, di Tommaso di Carpegna Falconieri e di moltissimi altri.
Questa passione collettiva è radicata in aspetti non trascurabili della stessa “mentalità collettiva” (e ci rendiamo conto della problematicità di questa espressione). Nello “spirito americano”, nel “manifesto destino” degli Stati Uniti, la componente cavalleresca ha un rilievo del tutto speciale. Pensiamo al mito del Lontano Occidente, ricalcato su quello antico e diffuso dell’Antico Oriente. E “Lontano Occidente”, com’è ben noto, si traduce in inglese con l’espressione Far West. Il “mito della Frontiera” rigurgita di elementi cavallereschi, sia pure semplicizzati e stereotipati: l’Avventura anzitutto, dimensione com’è noto basilare della Weltanschauung arturiana; la ricerca della ricchezza e dell’amore, appiattimento banale ma fascinoso dei fini ultimi dell’Avventura stessa; la difesa dei deboli e degli oppressi, anche se spesso non correttamente identificati; il parallelo odio contro tutte le personificazioni del Male, a cominciare dai “Pellerossa”. La destra ha elaborato e sviluppato al riguardo una decisa categoria etico-antropologica, incarnata dai cosiddetti Libertarians che anni fa riempivano le fila dei neoconservative impegnati contro l’Islam e che sembrano aver trovato oggi una loro nuova Isola Felice nella lotta contro tutto quello che sa di russo.
Nella “cultura libertarian” (da non confondersi con liberal: fra i due concetti esiste una fitta rete di elementi di affinità e di opposizione che li rende complementari ed opposti al tempo stesso) il mito della Frontiera ha un ruolo fondamentale: la libertà dell’eroe western, che al di sopra di sé ha solo il cielo stellato e Dio e dentro di sé una legge morale intima infallibile e indiscutibile, è autoreferenzialmente riconosciuta da chi vi s’identifica come una libertà cavalleresca. Col risultato paradossale che l’individualismo assoluto, questo caratteristico fondamento primario della Modernità occidentale, viene identificato con la figura archetipica del cavaliere medievale che è invece l’uomo della dedizione a Dio e al prossimo, miles pacificus nella definizione agostiniana passata ai rituali di addobbamento.
D’altronde un uomo libero non è tale se non è armato, se non è un guerriero. Si tratta di un principio di base del diritto germanico, ben riconoscibile in tutte le leges barbariche la raccolta delle quali occupa vari volumi dei Monumenta Germaniae Historica, i leggendari M.G.H. D’altronde un cavaliere non è solo un guerriero: è molto di più. Il guerriero è libertà e ferocia; il cavaliere è spirito di servizio, disposizione al martirio.
Ed ecco uno degli elementi di base che oggi osta al riconoscimento della “cultura europea” come “cultura occidentale”, anzi del carattere sinonimico delle due espressioni, che ha viceversa conosciuto un’allarmante diffusione mediatica. La giovane America (ormai non più giovanissima) dei self-made men, degli illimitati diritti individuali, del “diritto alla ricerca della felicità” di ciascuno conseguita – forse – da pochissimi a scapito di troppi, quella che ha fondato la “prima democrazia del mondo” la quale coincide con il paese della più profonda disuguaglianza e della più tragica ingiustizia sociale è divenuta il modello trainante di un mondo strettamente connesso a quello dei paesi del Commonwealth e della sua stessa antica Madrepatria, l’Inghilterra, dalla quale provenivano i Pilgrim Fathers calvinisti per i quali la ricchezza era il segno del favore divino e la povertà quello della Sua maledizione: quelli che bruciavano le streghe e consideravano i native Americans dei barbari preda di Satana. Su queste premesse si conquistò la frontiera sempre più spinta vero ovest: sulle canne delle Colt ch’erano le spade dei Nuovi Cavalieri e sulle rotaie dei treni coast to coast.
La nostra vecchia Europa è stata profondamente invasa, negli ultimi tre quarti di secolo, da quest’Occidente iperindividualista e predatore: ma, attraverso la sua antica storia di guerre e di sofferenze, ha saputo costruire un’altra Weltanschauung. Anch’essa si è resa responsabile di aver seminato conversione al cristianesimo e democrazia parlamentare raccogliendo però, nel mondo, i ricchi frutti dello sfruttamento coloniale e delle ingiustizie del capitalismo: mantenendo però nel contempo fede anche a una dimensione di progressiva giustizia sociale e di costante solidarismo. Ecco perché nella felice America chi non ha una carta di credito in ordine non ha accesso agli ospedali mentre l’umiliata e decaduta Europa, pur equivocamente rappresentata da un’Unione Europea ormai fallimentare, continua a far di tutto per tenere in piedi uno straccio di quel welfare state alla base del quale c’è anche il contributo di pensiero di studiosi e di statisti americani. Noialtri europei abbiamo assicurazioni obbligatorie ma ci è difficile poter tenere legittimamente in casa un’arma; gli americani possono comprarsi interi arsenali da guerra, ma se si ammalano e non hanno abbastanza soldi in banca sono fottuti. Ecco la differenza, punto d’arrivo di altre più profonde e significative differenze. Ed è il caso di dirlo: Vive la difference!
Ecco perché, parafrasando il vecchio Kipling, West is West, Europe is Europe. L’America è la patria d’infiniti diritti riconosciuti a tutti ma conseguiti e goduti da pochissimi; l’Europa è la patria di popoli che non hanno ancora del tutto dimenticato che a qualunque diritto corrisponde un dovere, e che soprattutto sul piano sociale i doveri vengono prima dei diritti. E le radici di Europa e di Occidente possono ben essere anche le stesse: ma l’albero si riconosce dai suoi frutti. Ecco perché, da oltre due secoli almeno – ma a causa di un processo avviato circa mezzo millennio fa, con il decollo della globalizzazione –, noialtri europei non possiamo più dirci occidentali.
Qualcuno ha detto e scritto, su organi mediatici della “destra”, che io sono “antiatlantista” e “antiamericano” e che all’“Euramerica” preferisco l’“Eurasia”. Sia chiaro che non sono un eurasiatista, ammesso che un eurasiatismo come valore politico esista. Certo, all’Euramerica e al suo cane da guardia, la NATO, preferisco l’Eurasia: ma proprio in quanto ostinatamente credo alla possibilità che l’Europa ritrovi le sue autentiche radici e che sappia costruire in futuro una solida compagine indipendente dai blocchi che si vanno configurando e fra loro mediatrice in funzione di una politica di pace. Nel loro sistema di costruzione dell’America come grande potenza nel contesto dei blocchi contrapposti, gli USA non ci lasciano sufficiente autonomia: né, pertanto, ci lasciano scelta. Se non vogliamo restar subalterni (e uso un eufemismo) bisogna stare dall’altra parte nella prospettiva di rimanere autonomi e sovrani: sarà poi loro compito rimediare agli errori fatti e recuperare la nostra fiducia, ma per questo momento non c’è spazio. In questo momento sostengo pertanto la necessità che l’Occidente à tête americaine non consegua il disegno della Casa Bianca e/o del Pentagono di stravincere sul mondo eurasiatico reimponendo un’egemonia ch’è storicamente tramontata in modo irreversibile e attuando le strategie e le tattiche del totalitarismo liberista, il più subdolo ma non il meno infame dei totalitarismi (e ce lo sa dimostrando nell’Europa d’oggi: tentando di fare strame di qualunque libertà di pensiero degradandone sistematicamente le espressioni a forme di fake news, facendo il deserto su qualunque differenza di giudizio e chiamando tale deserto “democrazia”). Certo che, al limite, una tirannia lontana è un male minore rispetto a una tirannia vicina e incombente. Ma il fatto che il totalitarismo occidentale sia quello del “pensiero unico” e della negazione di troppi diritti sostanziali dei più (a cominciare non dalla ricchezza, bensì dalla dignità civile e sociale) nel nome del diritto di sfruttamento da parte delle lobbies conferisce alla “tirannia vicina” che ci minaccia un carattere particolarmente odioso: e il fatto che essa, almeno per il momento, possa permettersi il lusso di forme di “libertà” nella sostanza irrilevanti se non addirittura socialmente illusorie e pericolose anche perché utilizzate come anestetico morale di massa la rende ancora più infame.
Federico Rampini, ch’è un giornalista di rara intelligenza ed efficacia, ha di recente pubblicato un “best seller annunziato” – 70.000 copie vendute ancor prima dell’uscita, annunzia l’Editore: potenza dei media, specie se Zio Sam veglia sulla buona riuscita di qualcosa… – dal titolo Suicidio occidentale (Mondadori) il cui sottotitolo, illuminante, recita: “Perché è sbagliato processare la nostra storia e cancellare i nostri valori”. Si tratta di un libro da leggere con la massima attenzione, cercando nelle sue pagine l’esposizione (o la non-spiegazione) dei tre grandi temi che il suo titolo propone usando l’aggettivo “occidentale” e le espressioni “nostra storia” e “nostri valori”.
Occidente: che cosa significa, quali sono i suoi confini cronologici, geografici, antropologici, culturali? È un valore immobile, metastorico, o dinamico, soggetto quindi ai mutamenti? E quanto vi ha inciso, nella seconda ipotesi, la Modernità quale trionfo dell’individualismo e del primato di economia-finanza e di tecnologia su altri valori, a cominciare da quelli religiosi ed etici?
Nostra storia: nostra di chi? Valutata alla luce di quali parametri, di quali giudizi? E poi, chi siamo noi? Quali sono i confini e i contorni etnici, culturali, etici, geostorici del nostro “essere noi stessi”? Da che momento in poi possiamo considerarci “noi” trascurando o superando dinamiche e addirittura soluzioni di continuità? Siamo tutti gli stessi, tutti concordi, tutti uguali?
Nostri valori: nostri di chi? Quali sono? Fino a che punto sono universalmente condivisi? Sono davvero perfettamente condivisibili? Sono perfetti o suscettibili di perfettibilità? Li enunziamo con chiarezza, li pratichiamo con coerenza e fedeltà? O sono più spesso alibi per quella che Nietzsche definiva “Volontà di Potenza” o, per altri versi, papa Francesco definisce “cultura dell’indifferenza” e “dello scarto”? E Rampini, questi valori, li riconosce e li accetta in blocco oppure opera delle selezioni, delle esclusioni?
Muniti di questo companion per affrontare una lettura che oggi si presenta come ineludibile, cerchiamo di renderci conto di quali siano questi valori in ordine a una questione civile ed etica fondamentale: la violenza, che da noi in Europa sia pure in modo e in grado diverso abbiamo deciso di negare ai singoli cittadini espropriandone il diritto – nel nome del bene comune – per trasferirlo al monopolio della società costituita in quanto tale, quindi dello stato.
“Da noi” in Europa, da Lisbona e Mosca e da Oslo ad Atene con molte diversità, articolazioni e sfumature, la “violenza privata” è stata messa con chiarezza da circa due secoli e mezzo al bando in tutte le sue forme (comprese la “vendetta” e la “difesa privata” entro certi limiti): nel nome dello stato di diritto, che garantisce a tutti la libertà ma perciò stesso la limita per mezzo di leggi miranti alla sicurezza pubblica e alla garanzia contro la possibilità che un eccesso di libertà esercitato da qualcuno (in forza per esempio della sua superiorità civile o economica) si risolva con un danno di libertà altrui. Da noi, salvo precise eccezioni quali forze armate o forze dell’ordine, il disarmo è regola generale cui possono essere esentati solo pochi cittadini in possesso di requisiti speciali.
“Altrove” nell’Occidente, non è così: questo, che potrebbe essere valutato – e senza dubbio con ragione – un grave limite alla libertà individuale, viene respinto. Le armi private sono considerate beni lecitamente commerciabili. I risultati di tutto ciò, associati con evidenza ad altri fattori, hanno determinato autentiche tragedie: ultima in ordine di tempo quella di Uvalde in Texas della quale in questo numero dei MC parla David Nieri. Subito dopo la tragedia gli affiliati della NRA (National Rifle Association), ricchissimo e potentissimo sodalizio che contribuisce costruire l’imponente fatturato delle industria che producono armi e che è soggetto privilegiato nella stessa scelta del presidente degli USA con il suo massiccio intervento finanziario e mediatico in sede elettorale, si sono riuniti a Houston, dove in un applaudito intervento di venerdì 27 scorso Donald Trump ha difeso anzi esaltato tanto i costruttori quanto i possessori di armi, entrambi “paladini della libertà”. Al pari della spada al fianco degli aristocratici d’ancien régime, l’arme sarebbe per molti cittadini americani – solo conservative?… – simbolo di libertà di chi la porta e garanzia di sicurezza per la società civile tutta, dal momento che tale è lo spirito secondo il quale la costituzione degli USA consente ai cittadini di armarsi privatamente.
Ma la realtà è ben diversa da queste rosee intenzioni. L’articolo di Nieri lo documenta con puntualità impressionante (Minima Cardiniana 380/4 | I valori dell’Occidente (francocardini.it)).
Si delinea qui un confine preciso tra la società civile della nostra Europa e quella del “nostro” Occidente, che tale per fortuna non è o non è ancora del tutto. Noi europei preponiamo la libertà e la sicurezza comunitarie alla libertà e alla possibilità d’arbitrio dei singoli. La nostra libertà è concettualmente infinita, ma strutturalmente e fenomenologicamente si arresta là dove comincia la libertà altrui.
Allo stesso modo ci comportiamo in modo differente per quanto concerne altre forme di libertà: sia quella “di”, sia quelle “da”. Nella nostra vecchia Europa siamo sensibili da molto tempo nei confronti della libertà di parola, di stampa, di pensiero, di associazione: e ciascuna di queste libertà è definita nei suoi limiti in quanto non deve nuocere alla libertà di nessuno dei nostri concittadini. Ma i risultati conseguiti fino ad oggi dalla “libertà di” sono comunque sempre soggetti a minacce (nelle ultime settimane, troppi sono stati minacciati da attentati alla loro libertà d’opinione da parte di censori che ai sensi della legge hanno loro impedito di diffondere notizie ch’essi giudicavano fake news); mentre a nostro avviso è ancora troppo carente – a livello europeo e, a maggior ragione, in tutto il mondo – la lotta contro le “libertà da”: dalla fame, dalla miseria, dalla malattia, dalla paura. Una corretta società civile deve lottare per il conseguimento della liberazione da questi mali; così come deve difendere il suo passato, ma ha pieno diritto di denunziarne quegli aspetti che hanno condotto, oggi, al pubblico instaurarsi di un regime solidamente fondato sulla giustizia sociale. Il ricorrere allo “strumento dell’oblio”, cioè per esempio alla cancel culture, non è né civicamente, né culturalmente, né moralmente corretto: ma la condanna storica di modelli che hanno condotto al manifestarsi o all’instaurarsi di sistemi politici fondati sull’ingiustizia e sull’ingiusto privilegio, questo sì. Non si giustificano le violenze e i soprusi commessi nel nome della conversione dei popoli alla fede cristiana o di quella che grottescamente venne a suo tempo definita “esportazione della democrazia”; non si nega il diritto alla libertà, al rispetto delle tradizioni, all’autodeterminazione, nel nome di quelli che a nostro avviso sono soluzioni migliori e “più civili”. Anche perché di solito non lo sono. L’aggressione del 2001 all’Afghanistan controllato dai fondamentalisti di al-Qaeda ha condotto a una “esportazione della democrazia” che ha finito con una prospettiva di occupazione straniera e di un progressivo deterioramento che ha sfociato un ventennio più tardi all’instaurazione di un regime fondamentalista ancora peggiore di quello sradicato.

Castagna a Telenuovo su vaccini, immigrazione, globalizzazione, rincari e significato del Natale (VIDEO)

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di Redazione

Per la terza volta ospite di Telenuovo, nel corso del mese di dicembre, il nostro Responsabile Nazionale del Circolo Christus Rex Matteo Castagna si è confrontato con l’avv. Stefano Artuso del Partito Democratico e l’imam Ahmed Mohamed Scek Nur. Il conduttore di Rosso&Nero Mario Zwirner, dopo la conferenza stampa del Governatore veneto Luca Zaia, ha spaziato sui temi principali d’attualità: vaccini, emergenza sanitaria, valutazione chiusure per non vaccinati, questione energetica e rincari, immigrazione clandestina, globalizzazione, il significato del Natale.

Ecco il Video della trasmissione di ieri: https://play.telenuovo.it/rosso-e-nero/tit-13157280

La libertà religiosa in Pakistan

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LA NOTIZIA

di Leonardo Motta

La questione delle conversioni religiose forzate è fonte di grande preoccupazione per le minoranze religiose in Pakistan, soprattutto cristiani e indù, e manca la volontà politica di risolvere un tale problema, a causa anche dell’instabilità politica e alle pressioni dei gruppi religiosi estremisti.
Il governo pakistano non presta alle minoranze religiose la dovuta attenzione, sia che si tratti di discriminazione nei programmi scolastici e universitari, lavoro, matrimonio e divorzio, sia che riguardi l’abuso della legge sulla blasfemia o le conversioni forzate.
Secondo i musulmani non dovrebbero esserci limiti di età per la conversione all’Islam, rapitori e abusatori di ragazze usano questo tipo di leggi per compiere rapimenti e matrimoni forzati con ragazze adolescenti di altre religioni.
Anche certe sentenze dei tribunali incoraggiano gli autori del rapimento di ragazze minorenni non musulmane, soprattutto quando i giudici dei tribunali superiori dettano sentenze influenzate dalla sharia piuttosto che difendere la legislazione in vigore nel paese, come la legge sulla restrizione del matrimonio infantile (del 1929), che criminalizza i matrimoni delle ragazze di età inferiore ai 16 anni.
Inutile dire che i tribunali pakistani continuano a ignorare anche gli standard internazionali.
Purtroppo la maggior parte dei musulmani pakistani è contraria a stabilire un’età minima per la conversione all’Islam perché credono che una legge contro la conversione forzata andrebbe contro il Corano e la Sunnah e potrebbe creare disordini pubblici.
“In una situazione così difficile, è necessario utilizzare tutte le piattaforme e le alleanze a livello nazionale e internazionale per fare pressione e ricordare al Pakistan i suoi obblighi internazionali in materia di diritti umani, in particolare per quanto riguarda i bambini, le donne e le minoranze”, ha detto Nasir Saeed, Direttore della ONG CLAAS, organizzazione no-profit che opera per il raggiungimento della libertà religiosa in Pakistan.

 

Il tremendo virus della Cristianofobia

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La cristianofobia dilaga ormai ad ogni latitudine e le cronache confermano un dato in progressivo peggioramento (Usa, Spagna, Nigeria, India, ecc.)
di Mauro Faverzani

Non solo Covid-19… Dall’anno scorso c’è un altro virus, che serpeggia nel mondo intero, non meno temibile: è quello della persecuzione contro i cristiani. Dilaga ormai ad ogni latitudine e le cronache confermano un dato in progressivo peggioramento. Dal maggio 2020, la Conferenza episcopale statunitense ha contato 95 nuovi attacchi a chiese o fedeli in tutto il Paese: incendi, statue di santi decapitate, intimidazioni con armi da fuoco, è capitato di tutto. Gesti assurdi, sferrati con odio e furia incontrollata. Tanto da spingere l’episcopato americano a diffondere una lettera lo scorso primo giugno, per chiedere una rivalutazione del bilancio della Fema,l’Agenzia federale per la gestione delle emergenze, rivalutazione che tenga conto di un sostegno anche economico, per mettere in sicurezza i luoghi di culto da quest’esplosione di violenza contro la fede: «In questo momento di crescente estremismo e di opposizione a vari gruppi religiosi ed alla religione in quanto tale, incoraggiamo il Congresso ad aumentare il budget totale per il programma di sicurezza a 360 milioni di dollari per il 2022» contro i 180 del 2021, rivelatisi assolutamente insufficienti per far fronte alle 3 mila richieste pervenute.

LA SITUAZIONE IN OCCIDENTE
Qualche esempio? Nel luglio dell’anno scorso, poco prima della S. Messa feriale, un uomo ha diretto il suo minivan contro il santuario intitolato alla Regina della Pace, in Florida. Dopo lo schianto ha cercato di dar fuoco al mezzo, poi si è dato alla fuga, ma è stato individuato ed arrestato. Nel marzo scorso, invece, in Missouri, la Madre badessa del monastero benedettino intitolato a Maria Regina degli Apostoli ha trovato due proiettili conficcati nel muro della sua cella. Nel periodo precedente altri colpi erano già stati sparati contro l’edificio. Il Cancelliere della Diocesi di Brooklyn, Padre Anthony Hernandez, ha espresso chiaramente la sua preoccupazione a fronte di tali eventi: «Siamo davvero preoccupati – ha detto – di questa tendenza emergente ai crimini d’odio contro i cattolici».
L’anticlericalismo però dilaga anche in Europa ed, in particolare, in quella che fu la cattolicissima Spagna, dove ancora una volta il governo socialcomunista si dedica ad un nuovo attacco contro la Chiesa. In un proprio comunicato, la lista di estrema sinistra Unidos Podemos ha chiesto all’esecutivo di annullare tutti gli accordi in essere tra lo Stato e la Santa Sede e di abolire i relativi benefici fiscali concessi, considerati come un’«anomalia democratica», di eliminare l’insegnamento della religione dalla Scuola, di recuperare il patrimonio immatricolato dalla Chiesa e di promuovere indagini suppletive circa gli abusi sessuali commessi dal clero. Il tutto, per assicurare così laicismo ed aconfessionalità alle istituzioni, ritenendo che il Concordato di Franco, firmato nel 1953, in realtà non sia mai stato abrogato, dimenticando però come, in ogni caso, nel gennaio 1979 Spagna e Santa Sede abbiano firmato i nuovi accordi, abrogando quelli precedenti. Richieste, dunque, quelle avanzate, totalmente infondate e folli, come si evince anche dalle parole espresse in proposito dai deputati di Podemos Javier Sánchez Serna e Martina Velarde: «La Chiesa cattolica – hanno detto – continua a godere di scandalosi privilegi, che violano la Costituzione spagnola. La gerarchia cattolica riceve ogni anno 11 miliardi di euro dalle casse pubbliche, tuttavia è esente dal pagamento di tasse come l’Ibi. Il paradiso dei vescovi non è in cielo, è un paradiso fiscale ed è in Spagna».
L’aggressione della Sinistra alla Chiesa qui è talmente grave da spingere Sofía Ruiz del Cueto, vicepresidente della programmazione e della produzione della sezione spagnola del network televisivo cattolico EWTN, a dedicare all’«evangelizzazione della Spagna» la veglia di adorazione, trasmessa in diretta domenica scorsa e rilanciata da EWTN Usa News, realizzando quanto chiesto dalla Madonna ovvero pregare: «L’evangelizzazione della Spagna – ha dichiarato Ruiz del Cueto – ovvero della nazione che ha evangelizzato il mondo è un evento con ripercussioni mondiali». C’è da sperarlo, poiché il bisogno e l’urgenza sono evidenti.

LA SITUAZIONE IN AFRICA
Intanto, però, le cronache riservano nuove sofferenze e nuovi dolori, anche guardando all’Africa, in Nigeria nello specifico, dove lo scorso 11 ottobre un gruppo di uomini armati ha assaltato il seminario di Cristo Re a Fayat, nella diocesi di Kafanchan, aprendo il fuoco ed invadendo i locali. I 130 studenti in quel momento erano riuniti per la S. Messa del mattino: sei di loro sono rimasti feriti, tre del quarto anno di Teologia sono stati sequestrati ma rilasciati due giorni dopo.
La situazione qui è davvero pesante: la Chiesa ha pubblicamente denunciato come i cattolici, in Nigeria, siano vittime non di banali “scontri” per questioni terriere, bensì di un vero e proprio processo di pulizia etnica e religiosa ad opera degli islamici Fulani con la complicità dello Stato. Il vescovo di Makurdi, mons. Wilfred Anagbe, è stato chiarissimo: «Questa è una guerra religiosa – ha detto -. Hanno un’agenda, che è l’islamizzazione del Paese. E lo stanno facendo, eliminando accuratamente tutti i cristiani ed occupando i loro territori», ammazzando e bruciando case. Le cifre ufficiali parlano di 3 mila morti finora, ma chi è sul campo stima le vittime in almeno 36 mila, oltre a molti sfollati ed indigenti. Molte ong hanno già abbandonato le zone a rischio, a restare è solo la Chiesa, segno di speranza e strumento operativo per far arrivare gli aiuti a quanti si trovino in difficoltà. Come è stato rilevato da Johan Viljoen, direttore del Denis Hurley Peace Institute in Sudafrica, quella in corso è un’«occupazione concertata e ben pianificata. Non credo che l’esercito stia cercando di risolvere qualcosa. Semmai cerca d’incoraggiare» tale triste fenomeno, dato che, dopo anni di violenza, «non un solo Fulani è stato processato». Del resto, la riluttanza delle forze armate ad intervenire discende direttamente dal coinvolgimento diretto dello Stato ad alti livelli in questa sconcertante epurazione di massa. Mons. Anagbe osserva come «tutti i capi militari della marina, dell’aviazione e della polizia siano musulmani». Padre Joseph Fidelis della diocesi di Maiduguri ribadisce: «Non è uno scontro, è un lento genocidio. Costringere le persone a lasciare le loro terre, privarle dei mezzi di sussistenza e massacrarle, ebbene questa è una forma di genocidio». Da qui l’appello all’Occidente, chiedendo preghiere ed aiuti. Ma l’Occidente, troppo preda di un suicidio collettivo chiamato aborto, eutanasia, suicidio assistito e dintorni, è purtroppo sordo ai richiami che giungono da fratelli nella fede, che dall’altra parte del globo chiedono soccorso.
Anche l’India piange gli attacchi dei fondamentalisti indù contro i cristiani: solo nello scorso 3 ottobre si sono registrati almeno 13 episodi di violenza e minacce contro le comunità di Uttarakhand, Haryana, Uttar Pradesh, Chhattisgarh, Madhya Pradesh e Nuova Delhi, la capitale. Urlando slogan inneggianti al dio indù Ram, gli estremisti del Sangh Parivar hanno aggredito i fedeli riuniti in preghiera e distrutto i luoghi di culto, oltre ad aver lanciato false accuse di conversioni forzate a danno dei sacerdoti. Secondo Padre Cedric Prakash, gesuita, «la violenza è in aumento».
America, Europa, Africa ed Asia: in pochi minuti abbiamo fatto il giro del mondo. Ma è un mondo in preda alla follia, alla violenza, all’integralismo, un mondo che pare aver deciso che per i cristiani non v’è posto…

Titolo originale: Usa, Spagna, Nigeria, India, qui scorre sangue cattolico
Fonte: Corrispondenza Romana, 20 ottobre 2021

L’imbarazzante flop delle sardine: al sit in per la moschea partecipano in undici

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di Cristina Gauri

Pisa, 2 nov — La costruzione di una moschea a Pisa è un tema molto sentito tra la cittadinanza della città toscana: lo testimonia l’affluenza record — in negativo ovviamente, ben undici (11) persone — al sit in delle sardine volto alla raccolta fondi per la creazione di un centro di preghiera islamico in città. Un flop apocalittico, in altre parole.
Il sit in per la moschea di Pisa naufraga 
Non che avessimo dei dubbi, sin dal giorno dell’annuncio comparso sulla pagina dei sodali pisani di Mattia Santori: «Siete tutte e tutti invitati domenica 31 ottobre, alle ore 12, per un imperdibile appuntamento, con pranzo al sacco, sul luogo dove verrà costruita la moschea di Pisa. Sarà una splendida occasione per ritrovarci, conoscerci e cogliere l’occasione per raccogliere fondi per la costruzione della stessa». Così il post delle Sardine invitava simpatizzanti e militanti ad accorrere numerosi all’evento. «Un panino per la libertà di culto», questo il nome dell’iniziativa.
Le donazioni latitano
Le testimonianze fotografiche pubblicate dal sito L’Arno raccontano un’altra, prevedibile verità. Cioè che ai pisani non potrebbe fregare di meno della costruzione di una moschea, peraltro decisamente costosa — per la sua edificazione sono necessari 2 milioni e 800mila euro. Il tutto sotto l’egida dell’«incontro di culture», ovviamente. «Il luogo – proseguiva infatti il post – deve essere, come ha sempre voluto la comunità islamica, un’occasione d’incontro, per conoscere l’altro, un’altra cultura ed altre tradizioni, per un momento di accoglienza reciproca, che giovi alle vite personali di tutti noi ed al benessere collettivo». Buona fortuna alle sardine, allora, quando nel merito dell’«occasione di incontro» con «l’altra cultura» dovranno spiegare ai padri di famiglia musulmani la propria visione su gender e matrimoni omosessuali.   
Ma l’Imam è ottimista 
Nonostante il flop di domenica e la campagna di donazioni arenatasi a 8.356 euro di donazioni, da parte di 138 benefattori, l’imam Mohamed Khalil si dice ottimista: «Tra poco inizieranno i lavori della moschea, entro due anni saranno finiti». Sì, ma con che soldi? «Passeremo a una raccolta nazionale. Siamo fiduciosi, anche se i ritardi causati dal Covid ci hanno creato non pochi problemi». Non solo a voi, caro Imam. Non solo a voi.
Cristina Gauri

Fonte: https://www.ilprimatonazionale.it/cronaca/imbarazzante-flop-sardine-moschea-212978/

Rispuntano le Sardine: picnic per finanziare moschea a Pisa

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Pisa, 27 ott – Non c’è che dire, il movimento delle Sardine ce la mette proprio tutta per cercare di far parlare di sé anche con iniziative che spesso suscitano ilarità generale, come nel caso della finta occupazione con sacco a pelo del Nazareno. Questa volta l’oggetto della mobilitazione del movimento capitanato dall’istruttore di frisbee Mattia Santori è la costruzione di una moschea a Pisa.

Le Sardine raccolgono fondi per… una moschea

La vicenda ha generato un forte dibattito in città tra favorevoli e contrari ed è stata al centro di un braccio di ferro legale tra la Comunità Islamica e il Comune di Pisa, guidato dal centrodestra. Alla fine, in seguito a un ordinanza del Tar, il Comune è stato costretto a concedere il permesso, e così la Comunità Islamica ha avviato una campagna di raccolta fondi per le ingenti spese da sostenere. L’iniziativa non sta però riscuotendo un grande successo ed in tre mesi sono stati raggranellati solamente 8 mila euro, una somma davvero misera considerato che l’obiettivo della campagna è quello di ottenere 2,8 milioni di euro.

Un picnic per pochi intimi

Ma ecco che in loro supporto arrivano le Sardine con l’iniziativa “Un panino per la libertà di culto”. “Siete tutte e tutti invitati – annunciano gli organizzatori – per un imperdibile appuntamento, con pranzo al sacco, sul luogo dove verrà costruita la moschea di Pisa. Sarà una splendida occasione per ritrovarci, conoscerci e cogliere l’occasione per raccogliere fondi per la costruzione della stessa”.

Chissà se durante questo momento di confronto i pesciolini parleranno con i fedeli musulmani anche delle loro idee riguardo matrimoni omosessuali e insegnamento del gender nelle scuole. Certo è che viste le premesse difficilmente l’iniziativa sposterà molto in termini economici. Gli organizzatori infatti fanno sapere che “sul posto saranno disponibili 12 sedie con due tavoli” e il post su Facebook si ferma a 10 condivisioni. Insomma, un picnic per pochi intimi.

Lorenzo Berti

Fonte: https://www.ilprimatonazionale.it/cronaca/rispuntano-le-sardine-picnic-per-finanziare-la-moschea-di-pisa-212410/

Rilasciati i tre seminaristi nigeriani rapiti dagli islamici

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LA NOTIZIA

di Leonardo Motta

Padre Emmanuel Uche Okolo, cancelliere della diocesi di Kafanchan, ha confermato la liberazione dei tre seminaristi nigeriani rapiti lunedì 11 ottobre, assicurando che stanno tutti bene.
Il rapimento è avvenuto presso il Seminario “Cristo Re”, situato nella diocesi di Kafanchan, nella città di Fayat, nello stato di Kaduna. Un gruppo di uomini armati aveva aperto il fuoco e aveva invaso le strutture, trovando 130 studenti riuniti per la messa.
I tre seminaristi rapiti, studenti del quarto anno di teologia e appartenenti alla congregazione degli Apostoli della Divina Carità e dei Piccoli Figli dell’Eucaristia, grazie a Dio adesso hanno fatto ritorno al seminario, mentre durante il rapimento sei persone sono rimaste ferite, in modo più o meno grave.
Padre Emmanuel ha scritto: “Con cuore gioioso, alziamo le nostre voci in una sinfonia di lode, mentre annunciamo il ritorno dei nostri tre seminaristi maggiori”.
Allo stesso modo ha espresso la sua gratitudine a “tutti coloro che hanno offerto preghiere e suppliche per la pronta liberazione dei nostri seminaristi” e ha chiesto a Dio la liberazione di tutti coloro che sono ancora in mano ai rapitori islamici.

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