Rosso&Nero – Telenuovo Castagna. “basta guerra, società multipolare”

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Circa una volta al mese il nostro Responsabile Nazionale Matteo Castagna viene invitato alla trasmissione Rosso&Nero su Telenuovo dal conduttore Mario Zwirner.

Ecco l’ultima volta, lunedì 5 Giugno 2023, conduttrice Antonella Manna in sostituzione temporanea di Mario Zwirner. Ospiti con Castagna collegato tramite Skype: Etta Andreella (Pd), Marcello Bamo (Lega, sindaco di Noventa Padovana) Qualche piccolo sfottò ironico con Andreella, che avendo presagito cosa io avrei potuto dire sul ruolo delle donne nella loro dimensione domestica, si è beccata la battuta d’esser la “maga Circe” di Telenuovo, che legge nel pensiero altrui… e un rimbrotto all’esponente della Lega sulla guerra in Ucraina, che gli fa fare marcia indietro…

la registrazione: https://play.telenuovo.it/rosso-e-nero/tit-13282314

Sondaggi, la sorpresa su Schlein (e il dato che va visto davvero) e le uscite di Zaia…

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La rilevazione nei sondaggi Ipsos: cresce il Pd della Schlein, cala il centrodestra di Meloni. Ma c’è un grosso “però” da considerare

sondaggi vanno sempre presi con beneficio di inventario, soprattutto quando sono così lontani da una tornata elettorale. E poi casa sondaggistica che vai, risultato che trovi: variazioni percentuali, saliscendi, gradimenti che si muovono anche in base ai temi del momento. Eppure l’ultima rilevazione realizzata da Ipsos per il Corriere della Sera qualche indicazione la dà.  La prima l’avevamo esternata anche nella Zuppa di Porro di ieriElly Schlein alla fine della fiera, nonostante fosse sfavorita alle primarie, non solo ha vinto la sfida delle urne ma sta pure convincendo gli elettori di centrosinistra. Piace a quel circolo di giovani, meno giovani e anziani che vedono nella cancel culture, nel progressismo ambientalista e nel movimentismo emo-lesbo-trans-femminista il futuro della sinistra. Beati loro, vien da dire. Ma la democrazia funziona così. Funziona che fino a l’altro ieri Giuseppe Conte sembrava il sol dell’avvenire della sinistra (“un punto di riferimento fortissimo per i progressisti”, ebbe a dire Nicola Zingaretti) e adesso annaspa dietro Elly. Una Schlein che oltre al vantaggio di essere “nuova” è pure donna. E nella sfida con Meloni la cosa certo di male non fa.

I sondaggi su Elly Schlein

Lo si capisce dai sondaggi sul partito della Schlein. Il Pd è salito di due punti rispetto alla settimana del 23 febbraio 2023: rispetto al 17% cui era crollato, è risalito al 19%. Direte: “Fico”. Ed è vero. Però va anche notato un altro dettaglio: si tratta di una rincorsa affannata se si considera che alle politiche del 2022 il Partito Democratico di Enrico Letta, uscito bastonato dalle urne, raccolse il 19,1%. Cioè più di quanto valgono oggi i dem con Elly. Certo aver recuperato in così poco tempo il terreno perso non è cosa da poco, ma va anche detto che al momento il computo finale dei potenziali elettori dem non è “cresciuto” rispetto all’ultima tornata politica. Staremo a vedere nelle prossime settimane se la crescita di Schlein nei sondaggi continuerà con questi ritmi o se sarà solo la fiammata iniziale. L’obiettivo – alle prossime europee – sarà fare meglio di quel 22,7% raccolto nel 2019 dai suoi predecessori. Al momento mancano ancora 3,7 punti percentuali. Tanti.

Cala il centrodestra, ma…

E arriviamo agli altri partiti. Mentre il Pd cresce, il M5S scende: dal 17,5 di due settimane fa siamo arrivati al 16,8% con un saldo negativo di -0,7%. In negativo anche tutti i partiti di centrodestra: -0,7% per Meloni, -0,6 per Salvini, -0,2 per Berlusconi e -0,2 per Noi Moderati. Occhio anche qui, però: il dato riguarda la differenza rispetto all’ultimo sondaggio del 23 febbraio. Ma se osserviamo la differenza col risultato elettorale alle Politiche del settembre 2022, scopriamo che Meloni sta al 30,3% rispetto al 26% di cinque mesi fa mentre gli alleati annaspano (Lega: 8%, Forza Italia: 7,2%).

Per approfondire:

Le coalizioni: chi vince?

Interessanti anche i numeri sulle coalizioni, che poi a ben vedere è la partita dove si gioca il governo del Paese. Al momento Ipsos assegna al centrodestra il 46,5% dei voti e al centrosinistra il 24,5%. La distanza è netta, anche aggiungendo al centrosinistra la probabile alleanza col M5S (totale giallorossi: 41,3%). Guardiamo il dato rispetto alle elezioni del 2022: quando Meloni scoprì di essere la prima donna premier d’Italia, il contatore delle coalizioni diceva centrodestra al 43,8% (oggi il dato è maggiore del +2,7%), il centrosinistra al 26,1% (oggi il dato è inferiore del -1,6%) e l’eventuale alleanza giallorossa al 41,5% (esattamente come oggi). Cosa significa? Significa che al momento, al netto delle oscillazioni mensili e del calo nelle ultime settimane, la distanza tra centrodestra e centrosinistra non è cambiata. Per ora vince ancora Meloni. Domani, chissà.

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NOTA DI “CHRISTUS REX”: E’ innegabile, in questo contesto, che le dichiarazioni del Governatore leghista del Veneto Luca Zaia, favorevole al centro per il cambio di sesso all’ospedale di Padova, così come quelle del deputato Centinaio che apre alle unioni di fatto tra persone dello stesso sesso, sono assist di grande aiuto alla politica della Shlein che il segretario Matteo Salvini non può permettersi di liquidare con un semplice “non è una priorità”, riferito al concetto fluido di civiltà di Zaia. L’orizzonte valoriale dei conservatori deve essere differente da quello dei progressisti, altrimenti si alimentano l’astensionismo e la confusione. Restando, comunque, ciascuno libero di cambiare strada, percorso e…partito.

LEGGI ANCHE:

Lorenzo Fontana, dal calcio in parrocchia a Christus Rex: «Porterà la fede in politica»

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CORRIERE DEL VENETO inserto del CORRIERE DELLA SERA del 15.10.2022

La formazione religiosa ultraconservatrice, nella Verona «di destra», si è saldata alla militanza leghista
Sopra, Fontana con la maglietta contro le sanzioni alla Russia, accanto, a una manifestazione di Forza Nuova. Sotto lo striscione esposto alla camera dai deputati Zan e Scarpa
Sopra, Fontana con la maglietta contro le sanzioni alla Russia, accanto, a una manifestazione di Forza Nuova. Sotto lo striscione esposto alla camera dai deputati Zan e Scarpa

«È un veteroconciliare»

«Ma non è così facile come dite voi – corregge Matteo Castagna, veronese, responsabile nazionale del Circolo Christus Rex-Traditio – l’amico Lorenzo Fontana lo conosco bene e non è lefebvriano, né sedevacantista come lo siamo noi del Christus Rex-Traditio che consideriamo eretici tutti i papi da Wojtyla in poi [in realtà, sarebbe da Roncalli in poi…n.d.r.]. Lorenzo lo frequento [in realtà sarebbe lo conosco, n.d.r.] dal 1996, insieme abbiamo fatto gli esercizi spirituali di Sant’Ignazio, durante il Conte 1 abbiamo collaborato nelle iniziative per la difesa della famiglia tradizionale. Lo sento regolarmente [in realtà, sarebbe stato raramente, n.d.r.] . Lui è un cattolico coraggioso, non secolarizzato, vicino alla tradizione, lo si può definire un veteroconciliare. È pro-life. Dopo le Boldrini e i Fico che abbiamo avuto ai vertici delle istituzioni, benvenuto il segnale di un cambiamento di rotta radicale nella tradizione democratica italiana».

«Oggi è un giorno nero»

L’amico fondamentalista [in realtà sarebbe: tradizionalista o sedevacantista, n.d.r.] Matteo Castagna precisa: «Lorenzo è partito dalla religione per scendere in politica come fosse il velo della sposa e portarvi intatti i valori cristiani in cui crede. Io mi sono iscritto alla Lega di Verona Ovest nel 1993, lui nel 1996. Lo stimo, lui ha simpatia per noi preconciliari. Lorenzo ha tenuto [in realtà sarebbe ha portato a casa, n.d.r.] il velo a mia moglie quando mi sono sposato». «Certo che lo conosco, liceo Galileo Galilei insieme – dice la ragazza sotto il casco da parrucchiera che a sua volta sta sotto l’appartamento di mamma Fontana – ma oggi, per me, è un giorno nero. Non so di che colore fosse il velo».

Per leggere tutto l’articolo: https://corrieredelveneto.corriere.it/verona/politica/22_ottobre_15/lorenzo-fontana-calcio-parrocchia-christus-rex-portera-fede-politica-62af89ce-4bf6-11ed-b1b7-e093d9351754.shtml

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La pagina de L’Espresso: https://espresso.repubblica.it/politica/2022/10/14/news/lorenzo_fontana_presidente_camera_estrema_destra-370022201/
La pagina di Repubblica: https://www.repubblica.it/politica/2022/10/15/news/vaticano_posizioni_lorenzo_fontana_cattolico-370065394/
https://www.ultimavoce.it/lorenzo-fontana-un-antiabortista-filorusso-alla-guida-della-camera/

Siamo sicuri che il Centrodestra abbia la vittoria in tasca?

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L’EDITORIALE DEL LUNEDI

di Matteo Castagna per https://www.informazionecattolica.it/2022/09/12/siamo-sicuri-che-il-centrodestra-abbia-la-vittoria-in-tasca/

IL “DIVIDE ET IMPERA” DELLE SINISTRE APPARE, SEMPRE PIÙ, UNA TATTICA VOLTA A RIBALTARE IN PARLAMENTO LA VITTORIA EVENTUALMENTE CONFERITA DAGLI ITALIANI AL CENTRODESTRA

Il Governo Draghi è caduto in un momento particolarmente difficile per il Paese. Le conseguenze dirette sono state, in primis, un centrodestra che si è ritrovato unito e un centrosinistra che Letta, Calenda, Conte, di Maio, Renzi e Frantoianni avrebbero potuto trovare la quadra per competere alla pari, ma la sintesi non si è fatta, così gli euroinomani si sono spaccati. Carlo De Benedetti ha, pubblicamente, rimproverato Enrico Letta per queste mancate alleanze, ricordando che la legge elettorale premia soprattutto le coalizioni.

Ma il “divide et impera” delle sinistre appare, sempre più, una tattica volta a ribaltare in Parlamento la vittoria eventualmente conferita dagli italiani al centrodestra. Ha ragione Pasquale Napolitano, che su Il Giornale del 10/9/22 scrive: ” I «migliori» tifano per lo sfascio. Decreto Aiuti? Se ne riparla dopo le elezioni. Misure contro il caro energia? Rinviate. Pnrr? Guai a toccarlo. Stanno apparecchiando lo scherzetto al centrodestra (dato in vantaggio nei sondaggi). L’Italia deve precipitare nel caos dal 26 settembre: è la strategia adottata da Palazzo Chigi e appoggiata da sinistra e M5s”.

Piazze in fiamme e famiglie stremate. È questo lo scenario sognato dal fronte dei progressisti. I ministri del governo dei migliori si godono lo spettacolo senza muovere un dito: «Credo che il dl Aiuti sia a rischio. C’è il serio rischio di perdere 17 miliardi di aiuti per gli italiani. Quei soldi dovevano intervenire sulle accise della benzina e sulle bollette. La responsabilità ha un nome e cognome, Giuseppe Conte.

Parrebbe evidente che, essendo in Italia, ove i governi si cambiano molto facilmente, a prescindere dalla volontà popolare, da un lato non sia già scontata la vittoria del Centrodestra, che potrebbe ripetere lo scenario del 2018, ove a fare la parte della Lega, potrebbe essere Fratelli d’Italia. I numeri, a collegi ridotti, conteranno moltissimo. Gli equilibri europei e le alleanze con USA e NATO non permettono al nostro Paese, ampiamente indebitato e debole sul piano economico, militare ed in crisi sul piano antropologico-culturale per la costante sudditanza che le destre di governo dimostrano nei confronti della galassia progressista arcobaleno, di portare a compimento una seria politica di cambiamento sul piano internazionale e, per conseguenza, su quello nazionale.

Esemplificando, potremmo dire che, da un lato, abbiamo le sinistre gretine e gay friendly, saldamente ancorate al globalismo e dall’altra le destre, timidamente identitarie per non fare arrabbiare gli euroinomani dell’alta finanza di Bruxelles e le loro lobby.

Pochi, soprattutto tra i dirigenti regionali, ricordano che la Lega prendeva i suoi massimi storici alle politiche del 2018 con una linea marcatamente sovranista, autonomista, euroscettica, conservatrice e, a tratti, tradizionalista. Salvini, premendo sull’acceleratore di quella Lega, portò il partito al 34% delle Europee 2019. Poi, lentamente, iniziò il calo dei consensi, aumentarono le tante faide interne, e poi ricordiamo la mancanza di coraggio, che fu della Lega di Bossi del 1994, che fece cadere Berlusconi sulle pensioni.

Salvini sta pagando una linea opaca e ondivaga degli ultimi due anni, che ha concesso troppo all’ala liberal del partito, soprattutto perché non ha staccato la spina a Draghi almeno un anno fa, di fronte alla scellerata gestione della pandemia, che ha messo in ginocchio milioni di persone. Così, molti elettori, famiglie, il cosiddetto ceto medio e le imprese del Nord si sono sentiti abbandonati, e ora guardano con simpatia a Giorgia Meloni. Ma i voti, in ottica di coalizione, con il Rosatellum privo della possibilità di esprimere le preferenze, sono sempre quelli, che passano da un partito all’altro.

Servirebbe riuscire a convincere una parte di quella massa che il 25 Settembre è pronta ad andare al mare, della necessità di fermare i figliocci del male assoluto, intrinsecamente perverso, rappresentato dal progressismo globalista, erede del comunismo e, oggi, del “draghismo” più spinto. Il Centrodestra parli con una parola sola quanto alla situazione invernale del Paese. E, sulla guerra, ricordi che la Russia sa benissimo che tutti i leader europei devono essere liberali e atlantisti. Alexander Dugin lo scrive apertamente e aggiunge: “Questa non è una guerra con l’Ucraina. È un confronto con il globalismo come fenomeno planetario integrale. È un confronto a tutti i livelli – geopolitico e ideologico”. E conclude: “…quando vinciamo, tutti ne approfittano. È così che deve essere. Stiamo creando i presupposti per una vera multipolarità. E quelli che sono pronti ad ucciderci ora saranno i primi ad approfittare della nostra impresa domani. Scrivo quasi sempre cose che poi si avverano. Anche questo si avvererà”.

Soprattutto per un popolo divenuto famoso anche per l’8 Settembre…

Letta vira verso Conte?

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di Alfio Krancic

Io sapevo che il responsabile della caduta di Draghi era stato Giuseppi. Di rinterzo poi si era messo di mezzo anche il CDX. Ora invece, per recuperare il M5S, la colpa della caduta del Drago la si fa ricadere sul “russo” Salvini. Conte quindi è innocente e può rientrare nel “Campo Largo”. E’ solo un’ipotesi, ma chissà?…

 

LE RIVELAZIONI: Mosca a Salvini: “I tuoi ministri hanno fatto cadere Draghi?”. Gabrielli prende le distanze | Video Letta: “Putin dietro la crisi di governo?”

Matteo Salvini e la Russia, Marco Travaglio smonta il finto scoop

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Russiagate, arriva l’avvocato difensore che non t’aspetti. Sul caso del dossier russo e dei presunti rapporti tra Lega e Cremlino, scende in campo perfino il direttore del Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, che prende di petto il giornalista della Stampa Jacopo Iacoboni. Travaglio lo scrive nero su bianco nell’editoriale pubblicato sul suo giornale venerdì 29 luglio. E rivela che, in un primo momento, anche il Fatto stava per cadere nella trappola ma poi ha aperto gli occhi e si è tenuto alla larga dal quello che poi si sarebbe rivelato un finto scoop.

Nel suo editoriale, Travaglio definisce il caso come una vera e propria “trappola della Stampa”. E ancora: “Ci ha aperto gli occhi una prova più rocciosa della smentita di Gabrielli: la firma di Jacopo Iacoboni” che “vede Putin dappertutto”. Il direttore del Fatto Quotidiano affonda il colpo e scarica interamente su Draghi la responsabile della recente caduta del governo. “Se la caduta di Draghi l’avesse voluta Putin – scrive Travaglio – il suo primo complice sarebbe Draghi che vi si è impegnato più di lui: per fare un dispetto a Putin gli sarebbe bastato non insultare la Lega e i 5Stelle mentre chiedeva loro la fiducia. Invece si è sfiduciato da solo, putiniano che non è altro”.

Fonte: https://www.iltempo.it/politica/2022/07/29/news/marco-travaglio-difende-matteo-salvini-dossier-russia-finto-scoop-stampa-32578931/

Schei! Farli tornare e investirli è la sfida della prossima amministrazione

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di Matteo Castagna per Verona news del 3/6/2022

Gian Antonio Stella intitolava un famoso ritratto del Veneto degli anni d’oro, ovvero il ventennio ’80 e ’90 del secolo scorso con un emblematico: SCHEI! Quelli che hanno reso felice l’intero Nord-Est grazie alla laboriosità ed all’iniziativa imprenditoriale, ad una visione politica d’insieme che mirava, da un lato a valorizzare le migliori offerte del territorio e, dall’altro, a trarne anche un profitto personale, non privo d’avidità ed egoismo.

All’epoca la finanza veronese era tra le più importanti del Belpaese e “i schei” erano davvero tantissimi. Dal 2000 in poi la città è rimasta silenziosa di fronte ad un declino terribile: Verona ha perso la direzione della Cassa di Risparmio e della Banca Popolare, mentre Cattolica Assicurazioni andava incontro a perdite rovinose, come sanno bene anche i piccoli risparmiatori della Popolare. I nostri storici gioielli finanziari e il bancomat per gli investimenti di pregio come la Fondazione Cariverona sono andati alla malora, assieme al turismo, all’ente lirico ed al terzo settore, mentre la politica pensava a cimiteri verticali e alle coppole sull’arena.

Due anni di Covid ed una comunicazione pubblica non proprio all’altezza di una città come Verona non hanno agevolato il sindaco uscente, Federico Sboarina, che è apparso, in troppe occasioni, assente, tanto che dal solito bar Liston 12, in Brà, un capannello di persone di mezza età si ferma e dice: “va ben, ma, insomma, sa alo fato sto’ Federico in sinque ani? L’è un bon butèl, ma èlo bon de far politica?” L’impegno non è mancato, ed il coraggio di fare scelte importanti, anche se inizialmente impopolari, potrebbe essere il frutto positivo dei prossimi 5 anni, delle polemiche che lo hanno investito in questo primo mandato.

Se poi ci si sposta nelle zone in cui i lavoratori, spesso devono prendere l’aereo per viaggiare, non si sono sentite solo le lamentele per le problematiche relative alle restrizioni governative contro la pandemia. “E sto’ qua sarésselo n’aeroporto? Al massimo i te porta fin a Zevio co’ un volo scancanà, na olta al mese…” 

Poi, dopo, se si passeggia in Corso Porta Nuova, all’altezza del bar “Ai Duchi”, c’è gente in giacca e cravatta che si chiede che differenza passi tra i 22 anni di incontrastato potere assoluto di Paolo Biasi e il suo successore, il cardiochirurgo Alessandro Mazzucco, indicato, a tal ruolo, proprio da Biasi. Si parlò di “continuum tosiano” perché tale operazione fu benedetta dall’allora sindaco Flavio Tosi. Vicepresidente vicario resta l’avvocato Giovanni Sala, uomo molto vicino a Biasi. Ma Mazzucco dirà ad Alessio Corazza sul Corriere di Verona del 5/11/2017 che “la Fondazione cui guarda è un ente che vuole dire quel che fa e vuol dire quel che dice” perché non deve essere un centro di potere (come poteva sembrare prima) ma un’azienda che realizza profitti e li investe in operazioni senz’altro virtuose, ma destinate a rendere profitti.

Il periodo di queste elezioni amministrative non è dei migliori. Se, da un lato, stanno pian piano scomparendo le restrizioni, dall’altro il clima estivo favorisce la voglia di uscire e di viaggiare, di andare al mare, piuttosto che in montagna o sul lago. Si ricordi che il partito dell’astensionismo è una sciocchezza, perché non c’è quorum alle elezioni amministrative: chi va a votare decide anche per chi sceglie di andare in spiaggia. Invece, il quorum del 50%+1 degli aventi diritto al voto è indispensabile per i 5 Referendum sulla Giustizia, che dobbiamo votare per iniziare una riforma del sistema giudiziario, che in Italia manca da troppo tempo.

Verona è una città piccolo-borghese e conservatrice. Non ha troppa simpatia per i cambiamenti repentini, ma pretende risposte concrete ai problemi di tutti i giorni: dal traffico ai parcheggi, dai servizi alla tutela dell’ambiente, dalla sicurezza al decoro. In fondo, si aspetta una visione di città in prospettiva, senza tentennamenti, che superi l’atavico provincialismo e alzi il livello alla portata che merita, facendo rinascere i suoi gioielli finanziari e storico-culturali, che debbono tornare a luccicare fino ad abbagliare, con progetti fattibili ma molto attenti al sociale. La ricchezza di Verona è la sua gente, che va amata, pregi e difetti, e messa in condizione di risorgere dagli anni bui delle crisi e della “città fantasma” alle nove di sera.

Damiano Tommasi, in questa campagna elettorale è sembrato un pesce fuor d’acqua. La politica non pare il suo ambiente. Il Palazzo non è l’oratorio. Le partite per il bene comune non si giocano in uno stadio, ma nel confronto con le categorie, sapendo trovare una sintesi, che è il miglior assist per il più bel gol. Ascoltatolo, non appare un candidato da nazionale, quanto da campionato dilettanti: sempre i soliti slogan, tre frasette in croce per compiacere i catto-progressisti, gli ambientalisti e poi? Dio ha dato a ciascuno dei talenti, siamo sicuri che questo sia il suo o lo vedremmo meglio al Coni?

Flavio Tosi è una eccellente macchina da voti. Non avendo mai lavorato, se non per il consenso personale, è quello che ha più esperienza di tutti. Però, ha già dimostrato in un doppio mandato e con una clamorosa sconfitta quanto sia bravo a fare il barbecue, producendo tantissimo fumo e un po’ di arrosto, da dividere con gli amici e i benefattori. L’impressione è che la sua grande spinta sia dovuta maggiormente ad un isterico spirito di rivalsa rispetto alla fila dei suoi fallimenti politici, dalla cacciata dalla Lega in poi nel 2015, piuttosto che all’amore per la città. Ma, qualcuno, a distanza di 7 anni, nel partito di Salvini pare sentirne, inspiegabilmente, la mancanza. Chissà…

Infine, ci sono gli outsider. Con buona pace di Paolo Berizzi, non si presenta alcuna lista di “estrema destra” nella città “laboratorio-fantasma” del neo-fascismo. Ci sono, però, ben tre liste della galassia “no vax” o “free vax” che, disgraziatamente per loro, si presentano divise. Sarebbe stato curioso vedere una civica unica e compatta sui diritti costituzionali e le libertà individuali quale risultato avrebbe potuto dimostrare a tutt’Italia. Fra di esse, colpisce il coraggio e la determinazione di Paola Barollo che si candida sindaco per la civica Costituzione Verona Libero Pensiero. Alla luce dell’incidente che ha subito 20 anni fa, Barollo si propone come sindaco per rimettere al centro le esigenze delle persone più fragili, come disabili e anziani e per costruire una Verona più inclusiva e accessibile per tutti. Io sono vaccinata e quindi non mi considero assolutamente una No Vax. Non voglio essere assolutamente citata in questo senso, perché non lo sono. La nostra lista è a favore della libertà di pensiero e bisogna rispettare chi non vuole vaccinarsi perché siamo un Paese civile e democratico e quindi è giusto che ogni persona decida cosa fare nella sua vita”. 

Anna Sautto per il Movimento 3 V sembrerebbe più decisa sulla questione “no vax”, mentre Alberto Zelger, ex consigliere comunale uscente della Lega, si presenta con Verona per le libertà e altre due civiche sempre della galassia “no vax, no green pass”. Con lui, Mario Adinolfi, presidente del Popolo della Famiglia e alcune frange minoritarie del mondo cattolico conservatore, che, forse, hanno fatto venire qualche mal di pancia al vescovo Giuseppe Zenti.

E’ d’uopo ricordare che si può esprimere il voto disgiunto, ossia barrare il nome di un candidato sindaco e dare la preferenza ad una lista ed un candidato consigliere comunale di un partito o civica che ne sostiene un altro.

Ad esempio, chi volesse votare Fratelli d’Italia potrebbe scrivere, che so, Daniele Polato, accanto al simbolo e, se non gli piace Sboarina, mettere una “X” sul nome di Paola Barollo. Alle amministrative, è importantissimo guardare alle persone ed esprimere la preferenza. Se non piace Sboarina, ma si vuol votare la Lega, si può scrivere, ad esempio, Damiano Buffo accanto al simbolo e apporre una “X” su un altro candidato sindaco, mentre se si lascia solo la preferenza, il voto va direttamente anche a Federico Sboarina. Sono molte le donne che si mettono in gioco in questo agone elettorale, ma un giovane, promettente ristoratore e agricoltore veronese, che desta particolari attenzioni per l’entusiasmo di questi giorni. Lui è Achille Carradore e si presenta per la civica Verona Domani a sostegno di Sboarina. I sondaggi danno per vincente la riconferma di Sboarina. La lista del sindaco, per i più affezionati di Federico Sboarina, vede in campo un volto noto come Riccardo Caccia, che si candida col centrodestra in dissenso col suo partito, Forza Italia, che ha deciso di spaccare la coalizione e di sostenere Flavio Tosi con le sue civiche, ove spicca il nome di De’ Manzoni, fratello di Massimo, caporedattore del quotidiano La Verità.

I veronesi scelgano con retto discernimento il loro destino dei prossimi 5 anni, siano esigenti, pretendendo progettualità e concretezza, visione politica di medio e lungo periodo, rinascita del meglio di questo territorio. L’esperienza di Polato, la tenacia di Buffo e l’entusiasmo di Carradore potrebbero essere molto utili in questa prospettiva.

Pensateci su e non delegate le scelte agli altri: andate a votare!

Fonte: https://www.veronanews.net/schei-farli-tornare-e-investirli-e-la-sfida-della-prossima-amministrazione/

Quirinale: chi vincerà la partita del Colle tra Meloni, Salvini, Letta e Conte?

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di Ferdinando Bergamaschi

Quirinale: sulla conquista del Colle si sta giocando una partita nella partita. Non solo quella tra chi ambisce alla carica di presidente della Repubblica. Ma anche tra i leader dei partiti che sull’elezione del capo dello Stato ipotecano una bella fetta di futuro.

Se nelle elezioni del 2015 gli attori principali sulla scena erano il 64enne Pierluigi Bersani e il 78enne Silvio Berlusconi, adesso il quadro è ben diverso. In realtà c’è una costante ed è naturalmente Matteo Renzi. Ma oltre a lui, oggi 47enne, gli altri protagonisti del match sono sempre quaranta-cinquantenni: Giorgia Meloni (44 anni), Matteo Salvini (48), Enrico Letta (55) e Giuseppe Conte (57). 

Un dato anagrafico che evidenzia un sostanziale svecchiamento della classe politica italiana. Se ai nomi già citati infatti aggiungiamo quello di Luigi Di Maio (35 anni), si tratta probabilmente della classe politica più giovane che si sia mai giocata la partita del Colle nella storia della Repubblica. E allora vediamo le mosse di ognuno di loro.

Le ambiguità di Salvini

Da leader nazional-populista con sedicenti ambizioni di rompere gli schemi tra destra e sinistra, il leghista Salvini da un paio d’anni a questa parte si è ritrovato ad essere un liberal-populista (come già lo era stato Berlusconi), dovendo rincorrere a destra la Meloni che sopravanza. Da quando, in pieno Covid, è entrato nel governo di larghe intese presieduto da Mario Draghi ha assunto un atteggiamento molto ambiguo sia nei confronti della pandemia sia nei confronti del governo medesimo. Con questo atteggiamento non ha guadagnato al centro e ha perso a destra fino a farsi sorpassare nei sondaggi dal partito di Giorgia Meloni, se non altro più coerente nella sua linea politica.

Venendo ad oggi, nella partita del Colle, Salvini sembra muoversi su due versanti. Questa volta la sua ambiguità viene riversata sul centrodestra. Da un lato ha sostenuto ufficialmente la candidatura di Berlusconi, dall’altro negli ultimi giorni ha fatto sapere che le carte della Lega devono ancora essere scoperte. E in effetti oggi ha prima annunciato di voler coinvolgere Berlusconi nella scelta di un nome per il Colle (e quindi implicitamente ha escluso quello del presidente di Forza Italia) e poi ha incontrato Conte per cercare una soluzione condivisa. 

Letta in stand by

Democristiano di sinistra, Letta da lungo tempo, come tutto il Pd (sia quello post-democristiano sia quello post-comunista) ha abbracciato la corrente dem, allineandosi con l’impostazione delle più importanti sinistre occidentali a partire da quella americana. Richiamato circa un anno fa a sostituire il dimissionario Zingaretti alla segreteria, secondo D’Alema, ha avuto il merito di guarire il Pd dal virus del renzismo. Merito che ovviamente per Letta è irricevibile, non potendo ammettere che lo stesso fosse malato. 

Nella partita del Colle Letta ha da giocare i numeri del campo che comprende l’alleanza tra Pd e 5 Stelle. Punto fermo il contrasto alla candidatura di Berlusconi. Si è spinto a far sapere di apprezzare la figura di Amato. Non potendo dare le carte, aspetta. E vedremo se, davanti a una diversa e nuova proposta del centrodestra, Letta giocherà di sponda, oppure se, come sul Ddl Zan, deciderà di andare al muro contro muro. 

Meloni win-win?

Fratelli d’Italia è l’unico partito all’opposizione al governo Draghi. Giorgia Meloni rappresenta da sempre una tendenza nazional-conservatrice (o come preferirebbe dire patriottico-conservatrice). Nella partita del Quirinale però è anche colei che per prima si è detta disponibile a considerare la candidatura dell’attuale premier al Colle.

In effetti, se Draghi raggiungesse il Colle per la Meloni si aprirebbero due scenari entrambi abbastanza favorevoli. Il primo: elezioni anticipate. Sondaggi alla mano, la premierebbero portandola a circa il 20% dei consensi. Il secondo: nuovo governo di larghe intese fino alla fine naturale della legislatura nel 2023; in questo caso Meloni forse addirittura potrebbe aumentare il suo consenso. Unica leader d’opposizione, potrebbe cavalcare infatti ogni possibile passo falso di questo governo. Se nei giorni scorsi si era schierata in via ufficiale, come Salvini, per la candidatura di Berlusconi, oggi chiede si organizzi un vertice del centrodestra per scegliere un nome. 

Conte in affanno

In questo momento Conte è quello che sta peggio. È a capo dei 5 Stelle che sono divisi e non hanno una rotta precisa. Quando Conte è andato alla guida del governo gialloverde, il Movimento sembrava aver abbracciato la linea di fondo tesa a un populismo sovranista di tipo moderato; ma dopo la crisi di governo voluta da Salvini ha dovuto cambiare rotta alleandosi col Pd. Accanto ai suoi cavalli di battaglia (tra cui predominano un condivisibile ambientalismo e un discutibile giustizialismo) non ha comunque rinunciato del tutto al suo moderato sovranismo (infatti si deve a lui la rinuncia al Mes). 

Nella partita del Colle così Conte si può muovere con minor agibilità persino rispetto allo stesso Letta. Infatti dai 5 Stelle non è finora uscita nessuna proposta che non fosse un Mattarella bis. L’incontro di oggi con Salvini potrebbe però essere un punto di svolta. 

La regola del tre

Almeno tre di questi quattro giocatori della partita del Quirinale dovranno comunque trovare un accordo. Sia che si converga su Draghi sia che si punti su un’altra figura. E chi ne rimarrà fuori sarà fortemente penalizzato anche per il solo fatto di non aver partecipato alla scelta del prossimo presidente della Repubblica.

In particolare c’è il rischio di una spaccatura nel centrodestra tra Meloni e Salvini. Quest’ultimo, infatti, ha fatto sapere nei giorni scorsi che dopo l’elezione del capo dello Stato sarebbe auspicabile che leader politici entrino nel governo per rafforzarne l’azione. Una mano tesa a Conte e Letta e un avvertimento alla Meloni.

Sarà difficile, ma comunque ci pare auspicabile che i quattro leader trovino una soluzione condivisa. Un segnale di distensione che sarebbe molto utile anche per accogliere nel modo migliore il nuovo inquilino del Quirinale.

 

Obbligo, la data cerchiata in rosso: cosa può cambiare il 5 gennaio

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Nel Consiglio dei ministri del 5 gennaio nuove misure sul tavolo: spunta l’ipotesi dell’estensione del Super green pass per accedere al lavoro. Ma si valuta anche l’obbligo vaccinale: sale il pressing dei partiti

di Luca Sablone

Tempo qualche giorno e il governo prepara già la nuova stretta. Dopo aver approvato il nuovo decreto che di fatto mette spalle al muro i no-vax, nei primi giorni di gennaio il Consiglio dei ministri potrebbe tornare a riunirsi per varare un’ulteriore giro di vite per spingere sempre più verso la somministrazione del vaccino.

La data cerchiata in rosso è quella di mercoledì 5 gennaio, quando sul tavolo del Cdm potrebbe approdare una svolta nella lotta alla pandemia: l’obbligo di super green pass per i lavoratori. Di fatto sarebbe una sorta di obbligo di vaccinazione per accedere al lavoro, visto che il certificato verde rafforzato si ottiene solo con la somministrazione del siero o con la guarigione dal Covid-19. Ma si valuterà anche l’obbligo vaccinale, per cui sale il pressing dei partiti.

Cosa cambia al lavoro

Fonti governative fanno sapere che un secondo blocco di misure per il contenimento del Coronavirus potrebbe essere adottato appunto nei prossimi giorni. Viene da chiedersi quali potrebbero essere le nuove mosse dell’esecutivo e la risposta va trovata nello scontro che si è consumato ieri in Consiglio dei ministri: da una parte Forza Italia e Partito democratico favorevoli al super green pass per i lavoratori; dall’altra i dubbi di Lega e Movimento 5 Stelle che fanno saltare il provvedimento.

Ma l’asse gialloverde è destinato ad avere vita breve, visto che la nuova stretta potrebbe andare proprio in questa direzione: come riportato da La Repubblica, il prossimo passo potrebbe essere quello di estendere il super green pass a tutti i lavoratori, del settore pubblico e privato. Un punto su cui il premier Mario Draghi conta di ottenere il via libera in tempi brevi, sperando di risolvere le divisioni nella maggioranza.

Una conferma in tal senso è arrivata da Renato Brunetta, che ieri aveva messo sul tavolo la proposta che in sostanza impone a tutti i lavoratori di sottoporsi alla vaccinazione: il ministro della Pubblica amministrazione ha sottolineato l’importanza per l’Italia di non perdere la posizione di vantaggio rispetto agli altri Paesi, dicendosi ottimista sulla nuova misura più stringente che potrebbe vedere luce nel prossimo Cdm.

Pressing per l’obbligo

Nel frattempo aumenta il pressing per l’obbligo di vaccinazione, che finirà sul tavolo del Consiglio dei ministri di inizio gennaio. Un’ipotesi che valuta il premier Draghi e che dovrà essere attenzionato anche da tutti i partiti che sostengono il governo: conviene optare per il super green pass per i lavoratori o procedere direttamente con l’obbligo vaccinale per quasi tutti gli italiani?

Nel corso del Cdm di ieri i ministri di Forza Italia si sono espressi in modo favorevole all’obbligo vaccinale. Sulla stessa linea Enrico Letta, segretario del Partito democratico, secondo cui ora “bisogna prepararsi al passo successivo, cioè l’obbligo vaccinale e il ritorno allo smart working“. Parere favorevole lo ha dato anche Italia Viva, con il ministro Elena Bonetti che non si è messo di traverso: “L’obbligo vaccinale è la direzione giusta per sconfiggere la pandemia“.

Meno convinta la Lega, che però non chiude del tutto e chiede allo Stato di assumersi la responsabilità per eventuali conseguenze da vaccino e prevedere un elenco di “fragili” da esentare dall’obbligo. Un atteggiamento di apertura si è registrato pure tra le fila del Movimento 5 Stelle in occasione del dibattito sul super green pass per i lavoratori: il ministro Stefano Patuanelli ha sottolineato che fino a questo momento si è sempre ragionato per funzioni (forze dell’ordine, docenti, sanitari, lavori a contatto con le persone) e si è chiesto dunque quale sarebbe stata la ratio di distinguere tra lavoratori e disoccupati. “A questo punto conviene ragionare sull’obbligo di vaccinazione“, sarebbe stato in sostanza il ragionamento del M5S.

Apostolato cattolico: Amato in Spagna, Castagna a Telenuovo

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di Lucia Rezzonico

Continua l’apostolato pubblico dei nostri principali punti di riferimento. Da un lato, prosegue il tour spagnolo dell’ Avv. Gianfranco Amato, Presidente dei Giuristi per la Vita e nova Civilitas, che porta in numerose chiese di Madrid, Barcellona e oltre, le sue conferenze sulle radici cristiane dell’Europa in questo periodo difficile dovuto alla pandemia.

Per ulteriori informazioni e foto: https://www.facebook.com/AvvocatoGianfrancoAmatoFanpage/?__cft__[0]=AZW3N9-O0KNaT4Zh4gTp8Ie2zOG14bTRyltApT2F6E2oE8NTn0w_FZ3TkfhEuHluKy-6_Viu-djor1rtT7IVI_fn1eykONW3OThRTDkWQh8jbGKd4T4Wq5wj3GOWHnE8kPE5STbsoT9pcG661di1f70y&__tn__=-UC%2CP-R

 

Dall’altro, il nostro Responsabile Nazionale Christus Rex Matteo Castagna riprende con le partecipazioni televisive e/o radiofoniche:

  • Telenuovo – Rosso&Nero condotto da Mario Zwirner il 03/12/2021 in collegamento Skype dal suo studio di casa, per commentare l’attualità (in studio l’Eurodeputato della Lega Mara Bizzotto e la Consigliere Comunale del Pd di Verona Elisa La Paglia): https://play.telenuovo.it/rosso-e-nero/tit-13154299
  • TelenuovoDestra&Sinistra condotto da Mario Zwirner il 04/12/2021 in studio con Etta Andreella del Partito Democratico, per commentare la posizione di una commissaria europea che avrebbe voluto eliminare gli auguri di Buon Natale, i nomi di Maria e Giuseppe per essere inclusivi verso i non credenti e per parlare di obbligo vaccinale: https://play.telenuovo.it/destra-e-sinistra/tit-13156529

Per ulteriori informazioni e foto: https://www.facebook.com/Traditio.Italia/?__cft__[0]=AZWoAyY8DTUauNEdkRb6epQuFFkLvx64ZHxbX9rGI9js7j6Q0AD91LR7E5cv8TkPwD4EW6fnW3bFUxBkT2Pp7PDZp-MOZHU_IrnpCJgZLTQNcpKBnijPrujzzIbX0UHOic_rwR0dYauq-puLv04Ouc2o3XUqJpX46cJSfKG-X8YABQ&__tn__=-UC%2CP-R

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