Manifesto dei Migranti Interni

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QUINTA COLONNA

di Marcello Veneziani

Questo appello è rivolto a quanti sono nauseati dalla dominazione politica e governativa, intellettuale e ideologica, sanitaria e giudiziaria del nostro Paese e vogliono marinare il regime, come un tempo si diceva marinare la scuola.

É un manifesto dedicato a quanti sono insofferenti del potere vigente e dei palloni gonfiati che lo occupano e al loro abuso dell’emergenza; disgustati dalla mafia governativa, giudiziaria e ideologica che ci sovrasta e dall’omertà delle massime istituzioni; soffocati dall’asfissiante cappa di conformismo politically correct e dalla demagogia umanitaria, in aperto dissenso con le leggi che stabiliscono reati d’opinione a tutela di alcune categorie privilegiate; ma al tempo stesso l’appello è rivolto a quanti sono insoddisfatti dall’evanescente pochezza delle opposizioni e dalla loro inefficacia. Come sfuggire alla morsa velenosa del regime di sorveglianza in cui stiamo scivolando?

Nell’attesa sfiduciosa di una svolta, di un salutare cambiamento, ecco una exit strategy, una via di fuga da perseguire seduta stante, senza mobilitazione di piazza né movimenti politici: la chiamiamo migrazione interna o interiore, emigrazione mentale e sentimentale. Scelta singola, individuale o di gruppo, anche se può diventare una tendenza diffusa. Migrare stando a casa o nei paraggi o in un luogo del cuore a cui siamo legati. Ovvero, il contrario dei flussi migratori che hanno perso l’aspetto storico dell’emigrazione e somigliano all’esodo biblico delle migrazioni di popoli.

La migrazione interna non è una fuga dalla terra natia ma all’opposto, il rifugio nei luoghi natii per ripararsi dalla dominazione presente. Nessun barcone, nessun viaggio clandestino, nessuna Ong e nessuna richiesta di asilo ma lo sdegnoso rifiuto della dominazione sotto cui viviamo, per ripararsi ai margini della città e dello Stato; in campagna, in fattoria, nel paesino d’origine o d’elezione, nelle località di mare o di montagna. Scottati e incoraggiati dal lungo lockdown dei mesi scorsi, desiderosi di sottrarsi a nuovi arresti domiciliari in città, ventilati dall’emergenza, impossibilitati dalle proibizioni sanitarie a partire per mete lontane o destinazioni esotiche, l’unica soluzione è la migrazione interna, restando a casa o nella seconda casa, o trasferendosi nel casale abbandonato, dove siano più lontani i clamori molesti del giorno. È il modo per sfuggire al dispotismo dell’emergenza come alla globalizzazione onnipervasiva. Continua a leggere