L’Occidente liberale è anestetizzato, succube di un potere che può fare ciò che vuole

Condividi su:

di Matteo Castagna

 

L’articolo è stato pubblicato anche su Arianna Editrice di ieri e su “Il 2 di Picche” di oggi.

 

TRE MILIONI DI FRANCESI SI SONO RIVERSATI NELLE STRADE E HANNO MESSO A FERRO E FUOCO LE CITTÀ

Tre milioni di francesi si sono riversati nelle strade e hanno messo a ferro e fuoco le città, incendiando il municipio di Bordeaux, in un moto rivoluzionario che, per numeri, durata e modalità, non si hanno ricordi. Tutti contro Macron ed il governo che ha innalzato di due anni l’età pensionabile. Sappiamo bene che l’Occidente liberale è anestetizzato, succube di un potere che può fare ciò che vuole, imporre regole assurde, rubare e metterci le mani nel conto corrente, imporre leggi folli e giustificare i rincari spaventosi delle bollette e dei beni di prima necessità con una grottesca richiesta di sacrifici a pensionati e lavoratori già oberati dalla pressione fiscale più alta d’Europa.

Riescono, addirittura, con un abile utilizzo della comunicazione pubblica, a propinarci che l’energia ed il cibo abbiano costi da capogiro per colpa di Putin, che ha chiuso i rubinetti e voluto la guerra. Sappiamo, invece, che la responsabilità è delle sanzioni che l’Ue ha imposto alla Russia, ma che, di fatto, pagano i cittadini dei Paesi membri, tramite inflazione e rincari. Noi siamo sempre pronti a cedere. Ci fanno andare in pensione a 67 anni e non a 62 come in Francia, ma da noi i sindacati cosa fanno e a cosa servono? Noi italiani ce lo confidiamo al bar, oppure lo scriviamo sui social. I francesi si spingono oltre. Si ribellano. E noi, sempre con quello spirito disincantato e malinconico, siamo, subito, pronti al confronto piagnone: perché nel Belpaese le persone tartassate ed umiliate stanno sul divano, pur subendone di ogni sorta da una Ue sanguisuga, che ci sta indebitando e dettando un’agenda spaventosa?

Il problema è antropologico. Non abbiamo alle spalle quei secoli di monarchia unitaria e di abitudine a vivere insieme che formano, secondo Renan, la base psichica di una nazione. “Nei “paesi della fiducia”, la critica può spingersi fino a bruschi trapassi e terremoti elettorali. I “paesi della sfiducia” sono immobili, stagnanti, il loro voto è lento, “vischioso”, come si dice da noi. Li spazzano a tratti ondate di furore nichilista, meglio vi prospera il disordine. A un Nord di libera iniziativa e democrazia fondamentalmente sana, si contrappone un Sud perpetuamente in bilico tra miasmi anarchici e tentazioni autoritarie, con economie zoppicanti e le più basse percentuali di popolazione attiva: l’Italia, la Spagna, il Portogallo, il carnevale dell’America Latina. […]

La riflessione di Leopardi, “Gl’italiani non scrivono né pensano sui loro costumi”, resta, per la nostra classe politica, attualissima. A differenza dai colleghi francesi, nessuno dei nostri capi di Stato, di governo o di partito, sembra preoccuparsi profondamente, al di là dei discorsi ufficiali ed elettorali, dell’Italia come motivo di riflessione, di indagine, di affetto. Alla nave dello Stato in pericolo, Orazio si rivolgeva come ad una persona cara. Mentre i nostri capi di governo e ministri non dedicano all’Italia una indagine, uno studio, un pensiero. Se sono docenti, scrivono trattati scolastici, dispense. Andreotti, il solo ministro con la fama di uomo “colto”, ha gl’interessi di un canonico dell’Ottocento. Un ministro socialdemocratico scrive romanzetti per coprire di immondizie la sua giovinezza fascista. E basta.

Non voglio dire che i ministri francesi scrivano e siano colti, e i nostri no. Poco m’importa di queste gare. Dico che là c’è gente che pensa, e studia, e soffre e s’interroga sulle sorti di quella che, incontestabilmente, e per tutti, è la Patria. E qua, dove nessuno adopera questo nome obsoleto, tutti parlano sciattamente di un “Paese”, che sarà laboratorio di nuove formule, arengo di chiacchiere, forziere da saccheggiare, ma a nessuno viene in mente di farne oggetto di studio di riflessione, di cura affettuosa.

Se è vero (è sempre Leopardi) che “il popolaccio italiano è il più cinico dei popolacci”, è vero anche che gli corrisponde la più cinica delle classi dirigenti che mai si siano viste in Europa. E ciò spiega tante cose”. Questo virgolettato che sembra scritto oggi, è stato pubblicato su “Il Giornale” del 18 gennaio 1980 e firmato da Piero Buscaroli. Abbiamo avuto anche noi gente che pensava e amava la Patria. Ora, stretti dalla svogliatezza borghese o indifferenti per il nichilismo strisciante, oppure perché “tanto non cambia nulla” siamo tutti più o meno consapevolmente un po’ Fantozzi e un po’ Tafazzi. E il Sistema ride, mentre noi che guardiamo solo al nostro piccolo orticello, siamo troppi ad esser convinti che agisca per il nostro bene.

 

Per la lettura completa: https://www.informazionecattolica.it/2023/04/03/loccidente-liberale-e-anestetizzato-succube-di-un-potere-che-puo-fare-cio-che-vuole/

Il limite della pazienza russa

Condividi su:

QUINTA COLONNA

di Alexandr Dugin

La storiella del Tribunale dell’Aia è simbolica. La Russia non si è mai chiesta prima che tipo di istituzione sia. In realtà, fa parte dell’attuazione del Governo Mondiale, un sistema politico sovranazionale creato sugli Stati nazionali che sono invitati a cedere parte della loro sovranità a favore di questa struttura. Ciò include la Corte europea dei diritti dell’uomo e la stessa UE, ma anche la Banca mondiale, il Fondo monetario internazionale, l’OMS, ecc. La Società delle Nazioni, e in seguito l’ONU, è stata concepita come un’altra fase preparatoria sulla via dell’istituzione di un governo mondiale.

La verga del liberalismo

Trattiamo del liberalismo nelle relazioni internazionali, componente dell’ideologia liberale nel suo complesso. I liberali considerano la legge del “progresso” irreversibile, la cui essenza è che il capitalismo, il mercato, la democrazia liberale, l’individualismo, l’LGBT, i transgender, le migrazioni di massa, ecc. si stanno diffondendo in tutta l’umanità. Nella dottrina liberale delle relazioni internazionali, per “progresso” si intende la transizione da Stati nazionali sovrani a istanze di potere sovranazionali. L’obiettivo di questo “progresso” è l’istituzione di un governo mondiale. È dichiarato esplicitamente e inequivocabilmente nei libri di testo di Relazioni Internazionali. Tutti i Paesi che non vogliono il “progresso” sono, secondo questa teoria, nemici del “progresso”, “nemici di una società aperta”, quindi sono “fascisti” e devono essere giudicati (al Tribunale dell’Aia) e distrutti (“infliggere loro una sconfitta strategica” – Blinken) e al posto dei leader sovrani mettere dei liberali – preferibilmente transgender.

Questa è la posizione ideologica su cui si reggono il Partito Democratico statunitense, l’amministrazione Biden e la maggior parte delle élite europee. Anche tutte le forze dei Paesi non occidentali, che sostengono l’Occidente collettivo e i globalisti americani, giurano su questa ideologia. Ed è proprio questa l’ideologia: radicale, rigida, totalitaria.

La sfida è accettata

È un po’ sorprendente che la Russia, da 23 anni sotto un leader pienamente sovrano, non si sia preoccupata di affrontare il liberalismo e abbia, fino a un certo punto, accettato la legittimità delle sue regole, strutture e istituzioni.

Non sono loro a cambiare, la Russia è cambiata con l’avvio della SMO, e ne è seguita una legittima escalation da parte dei liberali globali. Non c’è nulla di casuale: è solo liberismo. Finché non rovesceremo questa ideologia, sia internamente che esternamente, l’escalation non potrà che aumentare.

Non possiamo semplicemente andare oltre senza la nostra ideologia.

La decisione del Tribunale dell’Aia di arrestare il presidente russo Vladimir Putin e l’ombudsman per i diritti dei bambini Maria Lvova-Belova è così oltraggiosa che è semplicemente impossibile non rispondere. È un insulto al Paese, al popolo, alla società, a ogni persona, a ogni donna russa, a ogni madre, a ogni bambino. Come si può rispondere a tutto questo con dignità?

A mio parere, ci sono dei veri colpevoli in tutta questa situazione e non sono a Washington o all’Aia: sono nella stessa Russia. Si tratta di un gruppo di liberali che da 23 anni convincono in tutti i modi possibili il Presidente che l’amicizia con l’Occidente è d’obbligo, che è l’unica via di sviluppo e che l’adozione dell’ideologia liberale, così come l’integrazione nelle strutture e nelle istituzioni liberali globaliste internazionali (compreso il riconoscimento della Corte penale internazionale, della CEDU, dell’OMS, ecc.) non hanno alternative. Hanno anche screditato il campo patriottico, sia di destra che di sinistra, convincendo il capo dello Stato che si starebbe solo sognando di inscenare un “Maidan”. In realtà, i patrioti, sia di destra che di sinistra, sono il popolo e il principale sostegno di Putin. Sono il suo sostegno, i suoi strenui sostenitori, ma i liberali al potere hanno sempre lodato l’Occidente e diffamato i patrioti. Questo accade da 23 anni, da quando Putin è salito al potere.

L’ora della resa dei conti

Siamo logicamente arrivati al punto in cui il lodato Occidente si è rivelato una struttura terroristica che ci assassina, fa esplodere i gasdotti, ruba i soldi, e noi, dopo essere stati ai suoi ordini per così tanto tempo, ci siamo ritrovati in una dipendenza umiliante; 23 anni fa avremmo dovuto seguire la rotta per stabilire la nostra civiltà russa eurasiatica.

Putin ha puntato sulla sovranità. Si presumeva – proprio sotto l’influenza dei liberali – che l’Occidente avrebbe accettato questa sovranità a patto che Mosca rimanesse nel contesto generale della civiltà occidentale, a patto che venisse coinvolta nelle sue strutture e istituzioni, a patto che accettasse i valori occidentali (capitalismo, democrazia liberale, digitalizzazione, cultura dell’annullamento, “wokismo”, cioè l’obbligo di denunciare chiunque non sia d’accordo con il liberalismo, LGBT). Si è trattato di un inganno fin dall’inizio e suddetto inganno ha degli individui specifici: il blocco liberale nella cerchia ristretta del Presidente. Sono loro che hanno contribuito a ciò che sta accadendo oggi, che hanno ostacolato il risveglio patriottico, che hanno fatto tutto il possibile per separare il Presidente dal popolo, dal nucleo russo, dai portatori della coscienza patriottica.

È arrivato il momento di regolare i conti. O sta per arrivare. Non so cos’altro debba accadere perché i liberali al potere siano chiamati al tappeto e interrogati severamente. Forse manca anche qualcos’altro, ma in ogni caso non ci vorrà molto. La spada della vendetta è sulla testa dei liberali russi al potere e nulla può impedire la naturale punizione, si può ritardare un po’ ma non si può evitare.

I liberali russi devono rispondere di tutti i loro crimini. Senza questo non ci sarà purificazione né vittoria.

Traduzione a cura di Lorenzo Maria Pacini

Foto: Idee&Azione – Fonte: https://www.ideeazione.com/il-limite-della-pazienza-russa/

19 marzo 2023

Robot con la coscienza? L’ultima sfida dello scientismo contemporaneo

Condividi su:

L’EDITORIALE DEL LUNEDI

di Matteo Castagna per https://www.informazionecattolica.it/2023/02/13/robot-con-la-coscienza-lultima-sfida-dello-scientismo-contemporaneo/

L’INGEGNERIA SOCIALE È UN PILASTRO ESSENZIALE DELLA METAPOLITICA DELL’OPEN SOCIETY DI GEORGE SOROS

Tutti concordano sul fatto che stiamo vivendo un periodo di cambiamenti epocali, sul piano economico e politico, ma soprattutto sul piano sociale ed antropologico. Non si tratta di mutamenti fisiologici, dovuti al progresso o a naturali processi di trasformazione delle abitudini e del sentire comune. E’ un progetto che viene prodotto nei circoli delle élites sovranazionali da persone che hanno un nome ed un cognome nonché un fine, che è fatto di arricchimento e potere. Tale programma ha un nome: “società aperta”. Il padre nobile è Karl Popper, che inizia ad elaborare il suo pensiero negli anni quaranta del secolo scorso.

Secondo Popper, nelle società aperte, si presume che il governo sia sensibile e tollerante, i meccanismi politici trasparenti e flessibili al cambiamento, permettendo a tutti di partecipare ai processi decisionali. Nella convinzione che l’ umanità non disponga di verità assolute, ma solo approssimazioni, la società dovrebbe dare così massima libertà di espressione ai suoi individui e l’autoritarismo non è giustificato. Egli sostenne che solo la democrazia liberale offrirebbe un meccanismo istituzionale per evolvere ed essere riformata o subire cambi di potere senza il bisogno di spargimenti di sangue.

Il miliardario e attivista politico George Soros, autodefinitosi discepolo di Popper, sostiene che l’uso sofisticato di tecniche persuasive ed ingannevoli come la moderna pubblicità e le scienze cognitive, attuato da politici come Frank Luntz e Karl Rove, ponga dubbi sulla originale concezione popperiana di società aperta. Poiché la percezione della realtà dell’elettorato può essere facilmente manipolata, il discorso politico democratico non porta necessariamente ad una migliore comprensione della realtà.

Soros sostiene che, oltre alla separazione dei poteri, libertà di espressione e di pensiero, è necessario anche rendere esplicita una forte devozione alla ricerca scientifica della verità. L’ingegneria sociale diviene un pilastro essenziale della metapolitica dell’Open Society di Soros, attraverso, soprattutto, l’influenza di Popper, dell’antropologo e psicologo Gregory Bateson, padre della cibernetica. Con essa si inseriscono il controllo mentale e la riprogrammazione psicosociale delle masse.

Lo scrittore Lucien Cerise diede questa definizione di ingegneria sociale: “è il nome dato ad un approccio interventista e meccanicista dei fenomeni sociali. Si tratta di lavorare alla trasformazione della società come se si trattasse di un edificio, di un’architettura, facendo ad esempio “demolizioni controllate”, o utilizzando una sorta di “caos controllato” per provocare cambiamenti che altrimenti non si produrrebbero da soli. […] L’ingegneria sociale è la trasformazione furtiva e metodica dei soggetti sociali (individui o gruppi).” Di fronte ad un programma così inquietante, che include l’intelligenza artificiale ed annulla l’anima con la religione, azzerando il pensiero e demandando tutto alle macchine, mi sono imbattuto in un articolo di Giorgia Audiello su l’Avanti.it del 10/02/2023, dal titolo: “Robot con la coscienza? L’ultima sfida del razionalismo scientista”.

Esordisce la giornalista: “Indagare, simulare e “creare” la coscienza attraverso la robotica: è l’ultima frontiera del culto del progresso tecno-scientifico materialista e meccanicista che pervade la modernità.

Tentare di conferire autocoscienza alle macchine è il paradosso più estremo del razionalismo positivista che vorrebbe ridurre il pensiero – compresi la creatività, le emozioni e la sensibilità – a mero processo meccanico attraverso l’uso di algoritmi e deep learning.

L’obiettivo è conferire alle macchine autocoscienza per mezzo di quella che viene chiamata auto-simulazione artificiale e arrivare utopisticamente alle “macchine coscienti”: una contraddizione in termini in quanto macchina e coscienza risultano di per se stesse incompatibili, essendo la prima materiale e programmata e la seconda – in quanto collegata al pensiero e all’anima – immateriale e, per questo, sommamente libera e non programmabile.

Se indagare i grandi misteri della vita, dell’universo e della coscienza è da sempre oggetto della filosofia, oggi è diventato soprattutto interesse dell’ingegneria, delle neuroscienze e della biochimica, poiché esse cercano il modo di riprodurre questi processi artificialmente in un impulso prometeico che porta l’uomo non solo a voler dominare la realtà, ma direttamente a crearla, nella velleitaria illusione di dimostrare – attraverso la tecno-scienza – che non vi sono “misteri” e che tutto è riducibile a leggi meccaniche e materiali, compresa la vita stessa.

È quanto afferma implicitamente Hod Lipson, ingegnere meccanico che dirige il Creative Machines Lab alla Columbia University con lo scopo di creare macchine dotate di autocoscienza. Con riferimento a quest’ultima, Lipson ha affermato che «è quasi una delle grandi domande senza risposta, al pari dell’origine della vita e dell’origine dell’universo. Cos’è la sensibilità, la creatività? Cosa sono le emozioni? Vogliamo capire cosa significa essere umani, ma vogliamo anche capire cosa serve per creare queste cose artificialmente».

Conclude, a ragione, la Audiello: “Se da un lato, dunque, si assiste sempre più al tentativo di snaturare l’uomo riducendolo a meri processi biochimici, dall’altro, paradossalmente, vi è la volontà di attribuire caratteristiche intrinsecamente umane come la coscienza alle macchine, nella vana illusione di elevare l’uomo al rango di “creatore”. Tuttavia, questa volontà di potenza che ha a che fare con l’orgoglio umano di imitare goffamente “Dio”, non solo rischia di allontanare sempre più l’uomo dalla comprensione di concetti che sono già stati indagati profondamente e magistralmente dalla filosofia antica, ma anche di alterare e mettere a rischio la libertà umana sempre più in balia del controllo digitale e dell’IA che può dare vita ad un vero e proprio reticolato di sorveglianza ineludibile, rendendo l’umano schiavo delle sue stesse “creazioni””.

Impero delle menzogne, operazione militare in Ucraina e fine della globalizzazione

Condividi su:

L’EDITORIALE DEL LUNEDI

di Matteo Castagna per https://www.informazionecattolica.it/2023/01/23/impero-delle-menzogne-operazione-militare-in-ucraina-e-fine-della-globalizzazione/ pubblicato anche su Stilum Curiae, blog del vaticanista Marco Tosatti, che ringrazio: https://www.marcotosatti.com/2023/01/23/37528/

LA RUSSIA SEMBRA L’UNICO STATO COMPLETAMENTE INDIPENDENTE E SOVRANO IN UN’EUROPA COMPOSTA DI UNA MOLTITUDINE DI STATERELLI AL GUINZAGLIO DI WASHINGTON

Nella presentazione al testo “Contro l’Impero delle Menzogne – L’operazione militare speciale in Ucraina e la fine della globalizzazione nei discorsi di Vladimir Putin” di Paolo Callegari (Ed. Ar, 2022, 17 €) Claudio Mutti ricorda che già un secolo fa esistevano politici attenti e lungimiranti che dicevano: “Se si vuole forgiare l’Europa di domani, la Russia costituisce nella nostra epoca l’unico strumento ancora impiegabile: più potente di quello di cui disposero Napoleone e Hitler. Esclusa tale possibilità, e a meno che non si verifichi un evento quasi miracoloso, per l’Europa è finita. […] Contaminata nel suo sangue da una invasione straniera particolarmente prolifica, […] nel XXI secolo la piccola Europa sarà un cortile d’ospizio di contro ai sette, otto, dieci milioni di asiatici, di africani, di meticci sudamericani”.

Possiamo affermare che in questo momento la Russia sembra l’unico Stato completamente indipendente e sovrano in un’Europa composta di una moltitudine di staterelli al guinzaglio di Washington. Non solo sul suo enorme territorio non ci sono basi americane, ma anche il suo esercito non è integrato in alcuna alleanza con gli americani. Importantissimo il dato di fatto che è costituito dall’indipendenza etico-morale della Federazione guidata da Putin.

Il Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha detto, sulla rivista online www.strategika51.org del 30/06/2021 che c’è soltanto la Russia a difendere quei valori che, patrimonio dell’autentica civiltà europea come di ogni civiltà normale, sono oggetto dell’offensiva scatenata dai barbari d’Occidente “contro i fondamenti di tutte le religioni del mondo e contro il codice genetico delle civiltà, con l’obiettivo di abbattere tutti gli ostacoli sulla via del liberalismo. E poi ha proseguito denunciando il pericolo mortale della “guerra in atto contro il genoma umano, contro ogni etica e contro la natura”.

L’Ucraina ha una posizione geografica estremamente favorevole ai disegni egemonici yankee, tanto da divenire il terreno di scontro della strategia americana, sempre utilizzata in tutto il mondo, che è figlia della famosa teoria del geopolitico inglese Sir Halford Jhon Mackinder (1861-1947): “Chi ha il potere sull’Europa orientale domina il Territorio-Cuore (Heartland); chi ha il potere sul Territorio-Cuore domina l’Isola-Mondo (World Island); chi ha il potere sull’Isola-Mondo domina il mondo”.

Il mentore di Barack Obama, già consigliere di Jimmy Carter, dr. Zbigniew Brzezinski, erede della teoria di Mackinder, sarebbe – secondo Lavrov – la mente di un “grande gioco”, basato sulla sceneggiatura promossa proprio da questo geopolitico nell’intera crisi ucraina, che alla strategia di conquista americana serve restare divisa dalla Russia, in vista della conquista dell’Eurasia. Claudio Mutti prosegue la sua interessante analisi ricordando che “in questo contesto strategico – argomentava Brzezinski in The Grand Chessboard (1997, pag. 46) – “l’Ucraina, un nuovo e importante spazio sullo scacchiere eurasiatico, è un perno geopolitico, perché la sua esistenza stessa come paese indipendente aiuta a trasformare la Russia. Senza l’Ucraina, la Russia cessa di essere un impero eurasiatico. […]. Se Mosca riprende il controllo sull’Ucraina, coi suoi 52milioni di abitanti e le sue grandi risorse, nonché l’accesso al Mar Nero, la Russia automaticamente ritrova il modo per diventare un potente Stato imperiale, esteso sull’Europa e sull’Asia”.

Il lettore più accorto si starà chiedendo dove sia il Cattolicesimo, in un ambito espressamente ateo, anticristico e, quanto alla Russia, scismatico Ortodosso. La Dottrina Sociale della Chiesa è un tesoro spirituale, morale e pratico che dovrebbe essere materia di studio nelle scuole. San Pio X stroncò il liberalismo con la Notre Charge Apostolique (1910) ma già la meravigliosa Mirari vos di Gregorio XVI (1832), la grande eloquenza del Cardinale Pie, vescovo di Poitiers, le Allocuzioni di Papa Pio IX con la Quanta Cura ed il Sillabo (1864 entrambe) promulgate durante il Concilio Vaticano I furono un trionfo di mirabile saggezza e diffusione della verità, confutando tutti gli errori della peste liberale.

Nel solco dei predecessori andò con particolare decisione Papa Leone XIII, ma anche e in maniera assai determinata Benedetto XV, Pio XI e Pio XII. Il primo punto al quale approdiamo è che il Liberalismo cattolico – che in epoca moderna risale a Lamennais, passa da Maritain e si infiltra lentamente nel pensiero di alcuni cattolici. Possiamo riassumere dicendo che esso consiste in una attitudine di conciliazione della verità cattolica con i dogmi massonici del progressismo o globalismo politici, filosofici, economici, sociali. La grande secolarizzazione, iniziata da circa un secolo, impedisce a molti cattolici di essere scudo, armatura e spada divinamente assistita, per la difesa dal Principe di questo mondo.

Noi che non ci rassegniamo, perché sappiamo che le porte degli Inferi non prevarranno, ci chiediamo se sia possibile una Civiltà cattolica vera ed integralmente vissuta in questo regno dell’immoralità e della menzogna! Ne “La Città di Cristo e la città dell’Anticristo” don Julio Meinvielle, già nel 1945 (riedizione a cura di Effedieffe, 2022) cerca risposte concrete.

Assorbire o tentare di conciliare le regole della Rivoluzione francese, i principi della Massoneria, del liberalismo, del comunismo, dello scientismo, del razionalismo, del socialismo, del consumismo con il Vangelo di Cristo Re è un’opera impossibile. Sarebbe come unire verità ed errore e negare il principio di non contraddizione. Ciascuno nel proprio piccolo cerchi di “instaurare omnia in Christo” (S. Pio X) oltre e contro le tentazioni di questo mondo corrotto dal peccato mortale elevato a virtù teologale.

Conduciamo una vita pienamente cristiana e integralmente unita alla Tradizione della Chiesa Cattolica. Così ci manterremo nel “piccolo gregge rimasto fedele”. Nostro compito è rimanerci con costanza, non ridurlo maggiormente per le nostre miserie umane. “Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno. Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli” (Cfr. Lc 12,32-40).

IL CONSERVATORISMO COME IDEOLOGIA NAZIONALE DELLA RUSSIA DI OGGI

Condividi su:

QUINTA COLONNA

di Lorenzo Berti

Accusata di essere ‘fascista’ dalla sinistra e ‘comunista’ dalla destra. Al di là di ogni fuorviante banalizzazione andiamo ad analizzare il retroterra ideologico e culturale della Russia di oggi.

Archiviato traumaticamente il periodo comunista sovietico, la Russia degli anni ’90 è stata velocemente catapultata nel mondo del liberal-capitalismo. Il ‘sogno’ della democrazia si è però ben presto tramutato in incubo fatto di povertà, disuguaglianze sociali, banditismo e degrado morale. A porre un freno alla decadenza della neonata Federazione Russa arrivò Vladimir Putin, l’Uomo della Provvidenza.

Funzionario del Kgb in epoca sovietica ma anche fervente ortodosso, comincia a fare politica a San Pietroburgo con l’élite liberale grazie alla quale giunge al potere nel 1999. La sua caratteristica principale fin dall’inizio è quella di essere un uomo d’ordine. “La Russia ha esaurito la sua quota di rivoluzioni” e “il benessere di un popolo dipende primariamente dalla stabilità”, afferma. Tutti gli sforzi di Putin nei suoi primi anni al Cremlino sono concentrati verso la necessità di restaurare un ordine interno. Ci riesce pacificando la Cecenia, ristabilendo l’autorità statale e mettendo fine al saccheggio delle ricchezze pubbliche da parte dei gangster assurti al ruolo di oligarchi. Una volta fatto ciò occorreva costruire una nuova ideologia sulla quale posare le fondamenta dello Stato.

Quasi sempre i cambiamenti nella società russa sono avvenuti in modo repentino e violento: la modernizzazione in senso europeista voluta da Pietro il Grande, la rivoluzione bolscevica, il crollo dell’Unione Sovietica. Si avverte quindi un naturale bisogno di trovare stabilità e unità. In quest’ottica Putin definisce il patriottismo come “l’unica ideologia possibile nella società moderna”. Secondo l’ex-diplomatico Luca Gori, autore dell’ottimo volume La Russia eterna[1], “l’obiettivo strategico consisteva nel dotarsi di un’articolata piattaforma di valori coerenti con la tradizione storica della Russia in cui tutti i cittadini potessero riconoscersi”. In un certo senso possiamo dire che

L. Gori, “La Russia eterna”, Luiss.

Putin ha innalzato ad ideologia la Russia stessa, rappresentata come civiltà unica, indipendente e immutabile, unita da un filo identitario che partendo dalla Rus’ di Kiev e passando per Impero zarista e Unione Sovietica arriva fino all’odierna Federazione Russa. Il tutto costellato da una serie di imprese eroiche da celebrare, come le battaglie di Aleksandr Nevskjj, la resistenza all’invasione napoleonica, l’assedio di Sebastopoli, la vittoria nella Grande Guerra Patriottica e oggi la difesa del Donbass. Indicativa dal punto di vista simbolico è la scelta di Putin di tornare all’inno sovietico cambiandone però le parole. Non stupisce pertanto ascoltare il Presidente russo tessere le lodi degli Zar conservatori Nicola I e Alessandro III ma anche del leader comunista Josef Stalin, al quale viene riconosciuto il merito di aver tutelato l’ordine e l’integrità dello Stato conducendo il popolo alla vittoria nella Seconda Grande Guerra Patriottica. Nessuna rivalutazione invece della figura di Lenin, colpevole con il suo estremismo di aver portato alla dissoluzione dell’Impero zarista.

L’ideologia nazionale che si sta formando in Russia è antitetica rispetto al liberalismo dominante in Occidente. “L’idea liberale è diventata obsoleta. È entrata in contrasto con gli interessi della stragrande maggioranza della popolazione. I valori tradizionali sono più stabili e più importanti per milioni di persone dell’idea liberale”, spiega in modo chiaro e perentorio Vladimir Putin in un’intervista al Financial Times nel 2019. La questione dell’incompatibilità tra Russia e democrazia è da tempo oggetto di discussione per i politologi. Le ragioni a sostegno di questa tesi sono molteplici: l’eredita storica bizantino-mongola, la forte influenza della religione Ortodossa, l’isolamento geografico e l’enorme estensione territoriale, il carattere multietnico e multireligioso della popolazione, il costante senso di accerchiamento e di minaccia dovuto alla mancanza di confini geografici naturali e alle numerose invasioni subite, l’isolamento nelle relazioni internazionali (“Gli unici alleati della Russia sono il suo esercito e la sua flotta” secondo lo Zar Alessandro III). Ma ci sono anche importanti motivazioni di carattere culturale.

Non esiste nessun ‘culto della libertà’ in Russia simile a quanto invece vi è in Occidente. Lo scrittore Nikolaj Berdjaev sostiene che “non c’è nulla di più tormentoso per

Nikolaj Aleksandrovič Berdjaev (1774-1948)

l’uomo della libertà”. L’individualismo è elemento completamente estraneo alla mentalità ortodossa che invece attribuisce un valore positivo alla sofferenza e al sacrificio. “Il piccolo borghese è incompatibile con il carattere russo e ringraziamo Dio per questo” scrive il filosofo Georgij Fedotov. Anche l’iniziativa economica privata e la cultura imprenditoriale non sono mai state molto incoraggiate. Per tutti questi motivi i liberali in Russia non sono mai riusciti a coinvolgere le masse, dalle quali vengono percepiti come un élite esterofila quando invece il prerequisito necessario per aspirare ad una carriera politica è essere un patriota. Anche nello scenario politico odierno i liberali filo-occidentali alla Navalny hanno un peso politico del tutto irrilevante e la principale opposizione al partito di governo ‘Russia Unita’ è rappresentata dal Partito Comunista (KPRF).

La Russia è una delle poche nazioni sviluppate nel mondo di oggi dove l’egemonia culturale è saldamente in mano ai conservatori. A conferma di ciò l’approvazione plebiscitaria della riforma costituzionale in senso sovranista e conservatore voluta dal Putin nel 2020. Nella nuova costituzione viene introdotto il riferimento alla fede spirituale in Dio come fondamento della nazione, si definisce esplicitamente il matrimonio come unione tra un uomo e una donna (chiudendo quindi a qualsiasi possibile rivendicazione Lgbt), si afferma la preminenza del diritto nazionale rispetto a quello internazionale e si fa divieto di ricoprire cariche politiche a chi possiede la doppia cittadinanza (ovvero quasi tutti gli oligarchi filo-occidentali).

La Russia secondo i conservatori non deve ricalcare modelli di sviluppo provenienti dall’esterno ma svilupparsi in base ai suoi specifici valori. Per farlo occorre sapersi difendere da attacchi e ingerenze esterne, sia dal punto di vista militare che spirituale. “La fede tradizionale e lo scudo nucleare sono due cose che rafforzano lo Stato russo e creano le condizioni necessarie per garantire la sicurezza dentro e fuori il paese”, parole di Vladimir Putin. La convinzione dell’unicità e della predestinazione del popolo russo trae ispirazione tra le altre cose anche dal mito della ‘Terza Roma’. Ivan IV durante la sua incoronazione proclamò: “Due Rome sono cadute ma non Mosca. E non vi sarà una quarta Roma”. La Russia come erede degli imperi romano e bizantino, ultimo baluardo contro la sovversione anticristiana.

La base ideologica di partenza del conservatorismo russo è la famosa triade di Uvarov “Ortodossia, Autocrazia, Nazionalità”, ma facendo un analisi più approfondita si possono distinguere correnti di pensiero differenti al suo interno. C’è un conservatorismo liberale, più moderato, che contempla la possibilità un giorno di costruire un sistema democratico anche in Russia. Il conservatorismo sociale focalizza la sua attenzione verso il rafforzamento dell’assistenza paternalistica da parte dello Stato ai suoi ‘figli’ più deboli e bisognosi di aiuto. Gli etnonazionalisti sostengono la centralità dei russi etnici rispetto agli altri popoli che compongono la Federazione Russia, contestano l’accoglienza di immigrati provenienti dalle repubbliche asiatiche ex-sovietiche e talvolta sposano l’idea del politologo Vadim Cymburskij di una ‘Isola Russia’ che limiti il

Aleksandr Gelʹevič Dugin, 61 anni.

suo raggio d’azione alla tradizionale sfera di influenza regionale senza sfidare apertamente l’egemonia mondiale americana. C’è poi un conservatorismo ortodosso, per cui Stato e Chiesa devono formare una perfetta ‘sinfonia’, contraddistinto dall’attenzione verso le politiche a favore della famiglia e di contrasto ad aborto e diritti Lgbt. Anche i conservatori ortodossi nutrono una forte ostilità verso il modello globalista statunitense. Secondo il politico Egor Kholmogorov “l’America si è trasformata in un aggressivo califfato Lgbt, fondamentalmente in nulla diverso dal califfato islamico”. Infine ci sono i conservatori eurasisti secondo cui “la Russia non è né Europa né Asia ma uno specifico mondo geografico chiamato Eurasia”. Uno dei più noti esponenti di questa corrente è il filosofo Aleksandr Dugin, teorico della ‘Quarta Teoria Politica’ che parte dal superamento delle tre più diffuse ideologie politiche (liberalismo, comunismo e nazionalismo) per elaborare una nuova sintesi. Alla democrazia liberale Dugin contrappone la ‘democrazia organica’ in cui non risulta importante tanto l’architettura istituzionale quanto invece la capacità del Capo di essere in sintonia con il popolo. Analogamente a livello geopolitico contrappone l’Eterna Roma, ovvero la Russia erede degli imperi che poggiavano la loro forza sullo Stato e la spiritualità, all’Eterna Cartagine, rappresentata dagli Stati Uniti con la loro essenza individualistica e materialistica. Uno scontro eterno e metafisico che non può essere eluso.

Lorenzo Berti

[1] L. Gori, La Russia eterna. Origini e costruzione dell’ideologia postsovietica, Luiss University Press, Milano 2021.

Fonte: https://domus-europa.eu/2023/01/20/il-conservatorismo-come-ideologia-nazionale-della-russia-di-oggi-di-lorenzo-berti/

Russia e Occidente al bivio, tra virtù e decadenza

Condividi su:

QUINTA COLONNA

L’EDITORIALE

di Matteo Castagna per Informazione Cattolica del 3/10/2022

RUSSIA E OCCIDENTE: SI STANNO SCONTRANDO SUL PIANO NATURALE E SOPRANNATURALE DUE MONDI E CONCEZIONI DELLA VITA E DELLA CIVILTÀ PROFONDAMENTE DIVERSI. ENTRAMBE HANNO PERÒ IN COMUNE IL DESIDERIO SMODATO DI POTERE E DI DENARO…

Non vediamo al momento nessuna minaccia imminente sull’uso di armi nucleari da parte di Mosca ma continuiamo a monitorare la situazione in modo molto serio“. Sono le parole di Jake Sullivan, Consigliere per la sicurezza nazionale americana, nel corso di una conferenza stampa tenutasi il 30 settembre alla Casa Bianca. Intanto, Mosca ha posto il veto alla risoluzione “ostile” al consiglio di sicurezza dell’ONU.

La Cina, il Gabon, il Brasile e l’India si sono astenuti nella votazione per il riconoscimento di Donetsk, Luhansk, Kerson, Zaporizhzhia che, tramite referendum popolare, hanno deciso di tornare Russia ed abbandonare l’Ucraina. Dieci i voti a favore del rifiuto. Allo stesso tempo, USA e NATO frenano sull’ingresso immediato di Kiev nell’Alleanza atlantica, proseguendo con una politica cerchiobottista. Medvedev: “Zelensky vuole entrare rapidamente a far parte della Nato”.

Grande idea. Sta solo chiedendo all’Alleanza di accelerare l’inizio di una terza guerra mondiale”. Infine, il Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin festeggia nella Piazza Rossa, assieme ai leader delle quattro regioni annesse, parlando di “giornata storica”. La risposta della Russia al tentativo USA di utilizzare l’Ucraina come base per laboratori biochimici e per piazzare lanciarazzi a 700 km dal Cremlino, avanzando verso est, è stata scongiurata da Mosca, che si riprende i territori, storicamente suoi.

Al di là delle parole di circostanza e degli allarmismi della propaganda, Putin pare aver già vinto la prima battaglia, respingendo il nemico e annettendo i territori occupati dall’Ucraina. Ora, la posta in gioco è tutta economica ed energetica. Laddove non arriverà la politica, arriverà la guerra. Sul piano naturale e soprannaturale si stanno scontrando due mondi, due concezioni della vita e della civiltà profondamente diversi, che hanno, però, in comune il desiderio di potere e di denaro. Se l’Occidente liberale, decadente e secolarizzato, ha ucciso Dio per abbracciare il materialismo più abietto, la Russia autarchica, sacrale e identitaria, ha mantenuto vivi i principi tradizionali dell’Oriente ortodosso, che, sul piano morale, erano identici a quelli della Civitas Christiana europea, erede della grande civiltà greco-romana. L’impressione, però, che la venialità riferita alla ricchezza ed al primato economico aleggi abbastanza concretamente anche nella steppa ex sovietica, si osserva nell’atteggiamento verso le risorse di cui, forse, la Federazione Russa vorrebbe ottenere, in qualunque modo, il monopolio.

Ma una società non sarà mai multipolare se qualcuno pretende esclusive sul mondo. Vale per gli americani, ma anche per Putin. La prudenza del colosso cinese e dei Paesi emergenti (BRICS) può essere letta anche in quest’ottica, perché essi hanno ingenti affari sia con l’Occidente liberale che con l’Eurasia, e probabilmente, intendono avere garanzie chiare e nette nel mantenimento dell’indipendenza economica concorrenziale.

In realtà, l’aderenza intima, libera e affettiva, di tutta una vita alle norme tradizionali, faceva sì che essa acquistasse un significato superiore: attraverso l’obbedienza e la fedeltà, attraverso l’azione conforme ai principi e ai suoi limiti, una forza invisibile le dava forma e la disponeva sulla stessa direzione di quell’asse soprannaturale, che negli altri – nei pochi al vertice – viveva allo stato di verità, di realizzazione, di luce.

Così si formava un organismo stabile ed animato, costantemente orientato verso il sopramondo, santificato in potenza e in atto secondo i suoi gradi gerarchici, in tutti i domini del pensare, del sentire, dell’agire, del lottare. In tale clima viveva il mondo della Tradizione, prima di essere travolta dalla Sovversione liberale e comunista. “Questi popoli [europei] pensavano santamente, agivano santamente, amavano santamente, odiavano santamente, si uccidevano santamente – essi avevano scolpito un tempio unico in una foresta di templi, attraverso cui il torrente delle acque scrosciava, e questo tempio era il letto del fiume, la verità tradizionale, la sillaba nel cuore del mondo“. Così si esprimeva sulla nostra civiltà classico-cristiana Guido De Giorgio (1890-1957) nel saggio Ritorno allo spirito tradizionale, pubblicato sulla rivista La Torre (n. 2/1930).

Il filosofo Julius Evola (1898-1974), a tal proposito, scrisse citando il conte Arthur De Gobineau (1816-1882) che l’Europa feudale mostrava l’assenza di una organizzazione unica, un deciso pluralismo, nessuna economia o legislazione unitaria, condizioni di sempre risorgenti antagonismi – eppure una unità spirituale, la vita di un’unica tradizione costituivano la causa prima della sua longevità. Evola, nel suo Rivolta contro il mondo moderno scriveva, già nel 1934: “specie la tradizione estremo-orientale ha messo ben in rilievo l’idea che la morale e la legge in genere sorgono là dove la “virtù” e la “Via” non sono più conosciute: perduta la Via, resta la virtù; perduta la virtù resta l’etica; perduta l’etica resta il diritto; perduto il diritto resta il costume. Il costume è solo l’esteriorità dell’etica e segna il principio della decadenza“.

Continua, quasi profeticamente, Evola: “sopravviene l’individualismo, il caos, l’anarchia, l’hybris umanistica, la degenerazione, in tutti i domini. La diga è infranta. Resti pur l’apparenza di una grandezza antica – basta un minimo urto per far crollare uno Stato o un Impero. Ciò che può prenderne il posto avrà la sua inversione… il Leviathan onnipotente, un sistema collettivo meccanizzato e totalitario“.

Probabilmente è per questo che l’Unione europea al soldo di Soros e degli Stati Uniti di Biden e delle sue lobby di potere volte al transumanesimo hanno già perso. I popoli liberi possono ancora svegliarsi dal torpore provocato dal benessere, dai tecnocrati e dal pensiero unico, ripartendo dallo Spirito, recuperando la sana dottrina cattolica cattolica di sempre, vivendo con virtù e seguendo l’esempio di quel Cristo che è la Via, ma anche la Verità e la Vita.

 

Ateismo e mondialismo sono dirette conseguenze di liberalismo, comunismo, illuminismo e massoneria

Condividi su:

L’EDITORIALE DEL LUNEDI

di Matteo Castagna per https://www.informazionecattolica.it/2022/09/26/ateismo-e-mondialismo-sono-dirette-conseguenze-di-liberalismo-comunismo-illuminismo-e-massoneria/

GIUSTIZIA E PACE SONO DUE INTIME AMICHE

Il giornalista e scrittore cattolico francese Henri Lasserre (1828-1900) scrisse delle bellissime opere di filosofia politica, che andrebbero rilette e meditate, perché mantengono un’attualità formidabile, caratteristica tipica del pensiero cattolico tradizionale. “La giustizia e la pace sono due intime amiche” – scrisse Lasserre nell’esordio del suo Notre-Dame de Lourdes. Con entrambe, il nuovo governo dovrà confrontarsi, date le evidenti circostanze nazionali ed internazionali. L’assunto che, troppo spesso si dimentica, per interesse e/o mancanza di preparazione è che la giustizia sia la madre della pace. Dove regna la giustizia, la pace stabilisce la sua dimora. Allo stesso tempo, la pace fugge, quando è stata scacciata la giustizia.

Continua Lasserre: “La pace falsa e instabile dura talvolta per qualche tempo. L’abilità di una politica, la mano di ferro di un despota, le combinazioni ingegnose di una costituzione possono crearla. Resiste a questo o a quell’incidente, ma finisce sempre per accaderne uno che rovescia tutto. L’edificio era costruito sulla sabbia, sull’ intelligenza, sulla forza, vale a dire sull’uomo”.

Oggi, potremmo aggiungere che siffatto edificio sia costruito anche sull’ateismo di Stato, sul globalismo, sul mondialismo, che sono le dirette conseguenze del materialismo liberale e comunista, illuminista e massonico, nelle sue radici più profonde, giacobino nei metodi e soggettivista, ipocrita e buonista, intrinsecamente perverso nella morale e nell’ideologia che chiama bene il male e viceversa.

Il primato dell’economia sulla politica è figlio di queste idee malsane che erigono il loro Vitello d’Oro e vivono per adorarlo nelle loro stanze maledette da Dio, imponendo la tirannia dell’assolutismo del profitto come fine ultimo e principale della vita. Senza scrupoli. Col cinismo proprio dello psicopatico, alle volte. Sempre sulla pelle dei popoli. La tirannide dell’Alta Finanza globale è disumana o transumana, come scrive qualche intellettuale contemporaneo.

“La pace promessa alla giustizia è, al contrario, una pace stabile. Nulla la scuote nel suo interno, all’esterno nulla può rovesciarla. E’ edificata sulla roccia, sulla verità, su Dio […]” – scrive con lungimiranza, sempre Henri Lasserre, aggiungendo che “per averlo dimenticato ed avere confidato semplicemente nella loro abilità e nella loro forza, gli abili e i forti hanno perso il mondo. Sono i giusti che lo salveranno”.

Ecco perché il programma di governo “Dio, Patria e Famiglia” rischia di svuotare il loro sacro significato ideale e pratico se si sfuma su Dio e sul diritto naturale. Dai diritti di Dio discendono i doveri degli uomini. Non il contrario. Nel 1872 il filosofo cattolico Lasserre è turbato e preoccupato di fronte al suo popolo che doveva scegliere la Costituzione di cui dotarsi. Sappiamo come l’influsso delle idee sovversive dell’ordine naturale e divino fosse predominante, in quel tempo, e come si sia evoluto in forme sempre peggiori, fino ai giorni nostri. già allora, scrisse: “Il mondo sociale sarà rovesciato bruscamente e legalmente”.

Ma non finisce qui, enuncia parole drammatiche ma realistiche, che paiono scritte anche per questo secolo: “Quelli che hanno bisogno di essere governati, governeranno e governeranno soli. Quelli che avrebbero la capacità necessaria per governare non avranno più esistenza politica. Voteranno nelle elezioni; ma, essendo ovunque inferiori di numero, il loro voto non avrà alcun effetto da nessuna parte, non condurrà nessuno di loro nelle assemblee dirigenti. Saranno praticamente inesistenti. Scompariranno sotto le immense ondate dell’alta marea; saranno sommersi sotto le masse, come in fondo al mare i vascelli affondati”.

Quando si intraprende un’azione politica vedo solo due vie possibili: o ci si lascia trascinare dalla corrente dominante, cosa che garantisce grossi vantaggi personali, o, convinti dei pericoli verso i quali il politicamente corretto ed il Pensiero Unico progressista conducono la società, si decide di andare controcorrente e si tenta di invertire il corso. Ciò è sempre possibile. La Storia, infatti, cammina al passo degli uomini che la fanno. E inoltre, bisogna farlo.

Non basta, dunque, pensare la Storia, bisogna agire. D’accordo con la diplomazia. D’accordo con le enormi difficoltà che il Nemico di sempre pone di fronte all’umanità. Ma al governo che nascerà chiediamo coraggio per il bene comune. Noi, per quanto possibile, saremo sempre lì, vigili, propositivi ma inflessibili sui principi, perché è ora di invertire la rotta. O la barca affonda assieme all’inflazione economica, all’incapacità politica, all’immoralità dilagante, all’orrore del decadentismo post-moderno.

Russia vs. Anti-Russia: interessi e valori

Condividi su:

L’OPINIONE DELL’IDEOLOGO DI PUTIN

di Aleksandr Dugin

La scala globale del problema ucraino

Il destino dell’ordine mondiale si sta decidendo in Ucraina. Questo non è un conflitto locale tra due potenze che non hanno diviso qualcosa tra loro. È uno spartiacque fondamentale nella storia.

C’è la pratica comune di separare gli interessi e i valori. Gli interessi sono legati all’equilibrio politico e geopolitico del potere, i valori – agli ideali di civiltà. Non ci sono conflitti militari che non abbiano avuto entrambe le dimensioni: la questione del valore e gli obiettivi pragmatici. Nel caso dell’Ucraina, entrambi – interessi e valori – sono di natura globale e riguardano direttamente tutti sul globo. Questo non è un incidente locale.

L’Ucraina ha perso l’occasione di costruire uno Stato

Cosa rappresenta l’Ucraina? A prima vista è il suo Stato nazionale con i suoi interessi (presumibilmente) razionali, i suoi valori e ideali nazionali. L’Ucraina ha avuto la sua opportunità di diventare uno Stato relativamente di recente – come risultato del crollo dell’URSS. Non aveva una storia nazionale. Ecco perché la questione dell’identità era in primo piano. C’erano due popoli sul territorio dell’Ucraina – uno occidentale e uno orientale. Il primo si considerava un ethnos indipendente, mentre il secondo faceva parte del grande mondo russo, tagliato fuori da esso solo per caso. All’Ucraina fu data la possibilità di creare uno Stato, ma solo se teneva conto delle posizioni di entrambi i popoli, entrambi quasi alla pari.

Entrò poi in gioco un fattore esterno: la geopolitica, la Grande Guerra dei Continenti. L’Occidente, da parte sua, ha visto nell’Ucraina indipendente (quasi accidentalmente) un’opportunità per creare una testa di ponte antirussa su questo territorio, al fine di contenere il probabile rafforzamento della Russia dopo l’uscita dallo shock del crollo dell’URSS. Era inevitabile, e l’Occidente si stava preparando per questo.

Quindi, fu l’Occidente che puntò sugli abitanti delle regioni occidentali dell’Ucraina e sulla loro identità e cominciò a sostenere solo loro in ogni modo possibile a nome dell’altra metà, quella                          filorussa.

La genesi geopolitica del nazismo ucraino

Fu allora che si presentò il compito di stabilire un’identità ucraina occidentale come identità pan-ucraina. Per fare questo, era necessario compiere un genocidio culturale e, se necessario, diretto dei popoli dell’Ucraina orientale. Per accelerare la formazione della nazione ucraina, che non era mai esistita nella storia, l’Occidente accettò misure estreme, per creare artificialmente un simulacro di “Una Nazione” e sopprimere i sentimenti filorussi dell’Ucraina orientale, si ricorse all’ideologia nazista. Tuttavia, non è la prima volta – per combattere le influenze sovietiche nel mondo islamico durante la guerra fredda (e più tardi per contrastare la Russia) l’Occidente ha effettivamente creato, sostenuto e pompato armi e denaro nel fondamentalismo islamico (da al-Qaeda all’ISIS).

Il nazismo in Ucraina non è solo quello di singoli partiti e movimenti estremisti, è il principale vettore politico-tecnologico che, con il sostegno dell’Occidente, ha iniziato a prendere forma nei primi anni ’90. Mentre perseguivano il nazismo sul loro territorio, i liberali occidentali – e i più radicali (Soros, Bernard-Henri Levy, ecc.) – fraternizzavano apertamente con i nazisti ucraini. La nazificazione dell’Ucraina era l’unico modo per l’Occidente di creare rapidamente un Anti-Russia sul suo territorio. Altrimenti, se la democrazia, anche se relativa, fosse stata conservata, la voce dell’Est non avrebbe permesso di costruire l’Anti-Russia (almeno alla velocità desiderata).

Fasi del nazismo ucraino

La presa del potere da parte dei nazisti filoccidentali in Ucraina è avvenuta per tappe. Dall’inizio degli anni ’90, cominciarono a formarsi movimenti e partiti nazionalisti, e la propaganda influenzò i giovani, instillando atteggiamenti russofobi nelle loro menti. Allo stesso tempo, l’identità ucraina si trasformò in un Giano bifronte:

– un sorriso liberale all’Occidente

– una smorfia nazista (Bandera, Shukhevich) di odio verso la Russia.

Il nazionalismo ucraino si è dichiarato più distintamente durante la rivoluzione arancione del 2004-2005, quando gli occidentali si sono ribellati alla vittoria del candidato dell’est ucraino. Di conseguenza, l’occidentale Yushchenko è salito al potere, sostenuto da nazionalisti e liberali, ma il suo governo fu un completo fallimento, e fu sostituito da Yanukovich, presumibilmente filorientale.

Tuttavia, durante tutto il tempo il pompaggio del nazismo ucraino continuò. In tutte le fasi, l’Occidente ha continuato a costruire l’Anti-Ucraina.

Un’alleanza dei liberali con i nazisti

Al Maidan nel 2013-1014 c’è stata una svolta finale. Con il sostegno diretto e aperto dell’Occidente, un colpo di stato ha avuto luogo, e un’alleanza russofoba di nazisti e liberali ha preso il potere, fondendosi in qualcosa di indivisibile nel nuovo governo. Gli oligarchi liberali Poroshenko e Kolomoisky hanno contribuito a trasformare l’Ucraina in un perfetto stato nazista. L’Occidente ha chiesto l’antirusso, e Kiev ha seguito rigorosamente questo piano.

La reazione della Russia con la riunificazione con la Crimea, e la rivolta del Donbass filorusso seguirono. La Primavera russa doveva dividere l’Ucraina in Ucraina occidentale e Novorossia sulla linea dei due popoli, due identità, ma è stata scartata per una serie di motivi. Così Kiev ha avuto l’opportunità di iniziare la nazificazione dei territori orientali. Il genocidio dell’Est è iniziato con nuova forza e non solo contro il Donbass resistente, ma contro tutte le zone della Novorossia – sia le parti occupate delle regioni di Donetsk e Lugansk che tutte le altre.

L’Occidente non ha semplicemente chiuso un occhio su questo, ma lo ha promosso in ogni modo possibile. In questo caso possiamo dire che l’Occidente ha compromesso i suoi valori per il bene dei suoi interessi. La geopolitica (atlantismo) questa volta è stata più importante del liberalismo.

L’anti-Russia è stata in tal modo creata.

Allo stesso tempo, idee e norme occidentali come la politica di genere, LGBT+, la circolazione più o meno libera delle droghe, la cultura post-modernista (intesa dagli ucraini come nichilismo totale e cinismo), la cancellazione, il femminismo, il wokeismo e così via sono penetrati attivamente nella società ucraina. Come risultato, nel 2022 l’Ucraina era diventata un’anti-Russia a tutti gli effetti.

I suoi interessi nazionali a questo punto consistevano in:

– riconquistare il Donbass e la Crimea,

– l’adesione alla NATO,

– completare il ciclo completo del genocidio nell’Est,

– ottenere armi nucleari e biologiche da usare contro la Russia,

– inoltre, l’ideologia consisteva in russofobia e nazismo combinati con l’occidentalismo e il liberalismo.

Questo è ciò che Kiev difende oggi a livello di interessi e valori. L’Occidente sostiene pienamente Kiev in tutto tranne che nella sua disponibilità ad entrare in un confronto nucleare con la Russia. L’Occidente ha trasformato l’Ucraina nell’Anti-Russia, e ne ha bisogno solo in questa veste.

La russofobia come nuova ideologia globale

È indicativo che nella situazione critica dell’operazione militare speciale, l’Occidente si è trovato in una posizione difficile: ora deve non solo spiegare i suoi interessi, ma anche giustificare il nazismo ucraino, che non era più possibile nascondere. Prendete la recente fotografia a Odessa di Bernard-Henri Levy, l’ideologo iconico del liberalismo globale e ardente sostenitore del Grande Reset, con apertamente neonazista, ex capo del battaglione punitivo “Aidar” e capo dell’amministrazione militare di Odessa, Maxim Marchenko. Ecco come il liberal-nazismo come ideologia pragmatica dell’Ucraina è diventato per necessità accettato dall’Occidente stesso. Da qui la politica delle reti globali di sostegno al nazismo ucraino e la cancellazione di tutte le voci alternative – Youtube, facebook, twitter, Instagram, Google e così via – che sono state dichiarate recentemente “organizzazioni terroristiche” e vietate nella Federazione Russa. La russofobia è diventata il comune denominatore di questa empia alleanza tra nazisti e liberali globalisti.

L’Occidente ha trovato rapidamente una via d’uscita: equiparando la Russia stessa al “nazismo”, è stata dichiarata una crociata contro di essa, in cui il nazismo anti-russo è stato considerato un alleato completamente accettabile, cioè “non è affatto nazista” – nonostante i suoi simboli, le pratiche criminali, il genocidio dichiarato e attuato, la tortura, gli stupri, il traffico di bambini e di organi, la pulizia etnica, ecc.

Interessi e valori dell’Occidente globale: egemonia, totalitarismo liberale, russofobia

Così è stata costruita la configurazione del confronto tra due campi. Da un lato, abbiamo l’Occidente e i suoi interessi geopolitici – il desiderio

– espandere la NATO,

– preservare il modello unipolare,

– continuare la globalizzazione e il processo di trasformazione dell’umanità in un’unica massa sotto il controllo del governo mondiale (il progetto del Grande Reset),

– per salvare la fatiscente egemonia degli Stati Uniti.

Questo corrisponde ad una diffusione altrettanto totale dell’ideologia –

– liberalismo,

– globalismo,

– individualismo,

– la richiesta di cancellazione di tutti i dissensi,

– LGBT+, femminismo e transgenderismo,

– postmodernismo, distruzione deliberata e derisione dell’eredità culturale classica,

– wokeismo, la volontà di denunciare coloro che contestano il liberalismo (si qualificano come nemici della società aperta e quindi commettono crimini di pensiero),

– postumanesimo, migrazione forzata dell’umanità in una dimensione virtuale (progetto Meta, un’altra organizzazione terroristica vietata nella Federazione Russa),

– e a questo oggi si aggiunge il nazismo russofobico.

L’ideologia liberal-nazista dell’anti-russismo, creata artificialmente in Ucraina, sta penetrando nell’Occidente stesso, dove la russofobia sta diventando una norma obbligatoria, e la sua assenza o il suo disaccordo è oggetto di una persecuzione amministrativa o penale. Così la coda ucraina ha iniziato a scodinzolare il cane di Washington. Oggi, di fronte all’operazione militare speciale della Russia, il liberalismo si è finalmente e inseparabilmente fuso con il nazismo (nella sua versione russofoba).

Gli interessi della Russia: un mondo multipolare

Ora quali sono gli interessi e i valori della Russia in questo conflitto fondamentale?

In primo luogo, gli interessi geopolitici. La Russia rifiuta categoricamente il globalismo, un mondo unipolare e l’egemonia occidentale. In pratica, questo significa una dura resistenza all’espansione verso est della NATO e a tutte le altre forme di pressione occidentale sulla Russia. Mosca sta costruendo un mondo multipolare in cui sta reclamando il suo posto come polo indipendente e sovrano. È sostenuta in questo da Pechino e da un certo numero di paesi islamici e latino-americani. Anche l’India sta andando alla deriva verso un modello di ordine mondiale simile. In seguito, tutti gli altri – compresi i paesi dell’Europa e dell’America – si convinceranno dell’attrattiva, della validità e dell’inevitabilità di una tale costruzione.

Affinché gli interessi geopolitici russi si realizzino, l’anti-Russia non deve esistere sul territorio dell’Ucraina. E visto dal punto di vista dell’Occidente, è proprio il contrario, perché l’Occidente ha creato questo anti-Russia proprio per non farlo accadere. Quindi, abbiamo un conflitto di interessi fondamentale, che la Russia ha cercato di risolvere pacificamente, ma non ha funzionato. Da qui la nuova fase, più dura.

L’atlantismo contro l’eurasiatismo è la battaglia finale nel territorio dell’Ucraina. Questa è una posizione classica della teoria geopolitica da Mackinder a Putin. Come ha detto Brzezinski (piuttosto correttamente) negli anni ’90: “Senza l’Ucraina, la Russia non risorgerà mai più”, e con l’Ucraina lo farà, hanno deciso correttamente gli strateghi di Mosca.

I valori della Russia: Tradizione, Spirito, Uomo

Passiamo ai valori. Oggi, l’Occidente e Kiev stanno lottando per una sintesi patologica (dal punto di vista della teoria politica) di liberalismo e nazismo. Entrambi sono uniti dalla russofobia.

La russofobia dei globalisti liberali si spiega con il loro odio per una Russia sovrana che faccia cadere il mondo unipolare, distrugga i piani dei globalisti e l’egemonia dell’Occidente. La russofobia di Kiev si basa sul fatto che la Russia impedisce il genocidio della popolazione dell’est e la creazione della nazione ucraina. È così che il liberalismo e il nazismo si uniranno in un unico impulso. L’odio per i russi, gli appelli alla distruzione fisica dei russi a partire dal presidente Putin fino ai neonati, alle donne e ai vecchi si fondono con la propaganda LGBT+, la difesa dei matrimoni gay e la cultura postmodernista. Questi sono i valori di una civiltà che ha dichiarato guerra alla Russia.

La Russia difende altri valori. In primo luogo, i valori tradizionali – potere, sovranità, fede, una famiglia normale, umanità, patrimonio culturale. Secondo, la Russia insiste sulla legittima protezione dei russi – concretamente in Ucraina, minacciata dallo sterminio e vittima di genocidio. Terzo, i valori eurasiatici – la Russia stessa è aperta ai diversi popoli e culture e rifiuta categoricamente ogni forma di nazismo e razzismo. La Russia riconosce il diritto degli altri ad andare per la propria strada e a costruire il tipo di società che sarà scelto – ma non a spese della Russia stessa e dei popoli che cercano in Russia – come nell’Arca – la salvezza. Questi sono i fondamenti della moderna Idea Russa contrapposta al liberal-nazismo occidentale e ucraino.

Civiltà russa contro civiltà antirussa

Gli interessi e i valori di noi e loro sono opposti. Gli obiettivi e le conseguenze del conflitto sono globali, riguardano l’intero ordine mondiale, tutti i paesi e i popoli. La scala del conflitto è planetaria.

Due sistemi si scontrano – il campo liberale-nazista dell’Occidente e la Russia, difendendo non solo la loro Idea Russa, ma anche un ordine mondiale multipolare, in cui possono esistere altre idee – cinese, islamica, e la stessa occidentale, ma dove non c’è posto per il nazismo e il liberismo globalista obbligatorio.

Quindi lo scopo dell’operazione militare speciale è la denazificazione. Questo vale direttamente per l’Ucraina, ma indirettamente per tutti gli altri. La Russia non tollererà la russofobia in nessuna forma. Questa è già una questione di principio.

È uno scontro di civiltà: la civiltà russa contro quella antirussa.

Il destino della quinta colonna nella stessa Russia

Ora dovremmo prestare attenzione alla quinta colonna, che ha cercato di ribellarsi all’operazione militare speciale, ma è stata rapidamente fermata e fuggita all’estero nella prima fase, e soprattutto alla sesta colonna, che in precedenza ha imitato con successo per anni, esprimendo fedeltà formale a Putin.

La quinta colonna dei liberali è stata inequivocabilmente dalla parte degli antirussi fin dalla prima campagna cecena. I discorsi e le dichiarazioni della maggior parte degli esponenti liberali dell’opposizione russa sono pieni di odio per la Russia. Molti di loro erano fuggiti dalla Russia anche prima, stabilendosi negli Stati Uniti, in Europa, in Israele e a Kiev. Molti di loro hanno scelto Kiev consapevolmente, come roccaforte dell’Anti-Russia, cioè come loro feudo ideologico; e, naturalmente, non hanno notato il fiorire del nazismo ucraino lì – con esso condividono una russofobia comune per entrambi. Molti dei liberali della quinta colonna russa divennero anche loro nazisti, o almeno i loro apologeti.

Oggi, la quinta colonna in Russia è sotto una stretta interdizione e non rappresenta una grande minaccia. Ma nel complesso, i suoi interessi e valori coincidono con Washington, la CIA, il Pentagono, il blocco NATO e Kiev, che servono. Quindi è un nemico puro.  Non ho bisogno di ricordarvi ancora una volta cosa si fa con un nemico sotto legge marziale.

I liberali sistemici sono tra l’incudine e il martello

La situazione della sesta colonna è molto più complicata. Oggi è proprio questa colonna ad essere al centro dell’attenzione. È composta da quelli che sono stati chiamati “liberali di sistema” come oligarchi, politici, burocrati e figure culturali che condividono l’ideologia liberale (monetarismo, imperialismo del dollaro, currency board, cosmopolitismo, LGBT+, transgender, globalizzazione, digitalizzazione, ecc) ma non si oppongono apertamente a Putin.

Oggi, si trovano in una posizione difficile – tra l’incudine e il martello. È contro la sesta colonna che l’Occidente ha imposto gravi sanzioni economiche, ha portato via i loro yacht e palazzi, ha congelato i loro conti bancari e sequestrato i loro beni immobili. L’obiettivo era lo stesso: farli rovesciare Putin. Ma questo è impossibile e significa un suicidio.

Così la sesta colonna è ora confusa – l’Occidente ha preteso da lei qualcosa di impossibile.  Quindi o devono fuggire dalla Russia e combattere Putin dall’esterno (come hanno fatto Chubais e un certo numero di altre figure iconiche dell’oligarchia russa), o solidificarsi con un’operazione militare speciale, ma questo cancellerebbe la loro posizione in Occidente e li priverebbe del loro bottino ammassato lì. Ed ecco il punto principale: non possono più rimanere liberali – nemmeno sistemici, perché il liberalismo oggi si è fuso con la russofobia su scala globale, è diventato una versione del nazismo, e non si può essere un nazista e allo stesso tempo lottare contro il nazismo, paradosso irrisolvibile.

Si scopre che o la Russia o il liberalismo.

Se i liberali sistemici (la sesta colonna) vogliono rimanere sistemici, devono smettere di essere liberali. Il liberalismo oggi è uguale al nazismo, e la Russia ha lanciato un’operazione di denazificazione senza precedenti. Di conseguenza, i liberali sistemici devono denazificare (cioè de-liberalizzare) se stessi.

Conversione al patriottismo

Molti ex liberali degli anni ’90 avevano già preso la loro decisione nelle fasi precedenti, scegliendo tra la Russia con i suoi valori tradizionali e l’Occidente con i suoi valori liberal-nazisti. Questi hanno scelto la Russia e la tradizione. Ed è una grande e giusta decisione. Nessun problema con loro. Una persona può cambiare idea, può sbagliarsi, può perseguire obiettivi tattici, alla fine può peccare e pentirsi. Nessuno tirerà pietre agli ex-liberali che sono diventati patrioti. Ma un certo rituale di cambiamento dell’ideologia, una sorta di conversione al patriottismo, è comunque utile.

Sarebbe sbagliato convertire, come gli ebrei spagnoli al cattolicesimo, i liberali sistemici al patriottismo con la forza. È una questione di ideologia e di libertà di coscienza. E qui la violenza avrà solo l’effetto contrario. Ma l’élite dirigente della società in un momento così teso e decisivo dovrebbe essere composta da coloro che condividono pienamente gli interessi e i valori del paese che sta combattendo una guerra ontologica contro un avversario forte e potente – per gli interessi e i valori. E se l’élite non condivide i valori, e non capisce gli interessi, allora non ha senso essere un’élite – almeno quella al potere.

Oggi, la guerra tra la Russia e l’Anti-Russia globale è in pieno svolgimento. Sarebbe innaturale mantenere reti nemiche all’interno della Russia. Pertanto, se la sesta colonna sceglie la Russia, non può più essere chiamata “liberali di sistema”, suonando come contraddizione come essere “nazisti di sistema”. Lo stato attuale delle cose non lo permette.

La Russia deve diventare la Russia: la luce russa

La nostra vittoria non dipende solo dalle azioni eroiche del nostro esercito, dai successi della pianificazione militare e strategica, dal supporto materiale dell’operazione, dall’efficace gestione politica e amministrativa dei territori liberati, ecc. Dipende da quanto profondamente e completamente la Russia diventa Russia. Oggi l’appello all’Idea Russa non è un capriccio del potere. Anche i comunisti sovietici, per bocca di Stalin in una difficile situazione critica si appellavano al popolo russo, alla Chiesa ortodossa, alla Tradizione e alla nostra eroica storia. Oggi, nulla si oppone a questo. Tranne i pregiudizi dei liberali sistematici, che, spero, semplicemente non si sono ancora resi conto della gravità della loro situazione.

La gente sia in Russia che in Ucraina sta aspettando che Mosca dica parole vere. Un discorso vero. Un appello sincero al profondo dell’essere della gente. È ora di dire che questa operazione militare speciale appartiene alla categoria del sacro.

Oggi di nuovo un soldato russo e un cittadino russo nelle retrovie, un figlio russo e una madre russa, un prete russo e un poeta russo stanno decidendo il destino dell’umanità.

La Russia in lotta mortale con l’Anti-Russia si erge come una civiltà della Luce. Questo è il nostro interesse e i nostri valori. Portiamo ancora una volta la Luce al mondo, silenziosa, ma inestinguibile tranquilla Luce Russa.

Traduzione a cura di Lorenzo Maria Pacini

26 marzo 2022

Fonte: https://www.ideeazione.com/russia-vs-anti-russia-interessi-e-valori/

La via cattolica per la Pace

Condividi su:

L’EDITORIALE DEL LUNEDI

di Matteo Castagna per https://www.informazionecattolica.it/2022/03/21/la-via-cattolica-per-la-pace/

SULLA GUERRA I MEDIA HANNO UN APPROCCIO VIZIATO DAL MANICHEISMO LIBERALE

L’eccesso di esemplificazione in fenomeni complessi ed epocali come quelli che stiamo vivendo porta a posizioni tranchant che possono essere un ostacolo insormontabile per addivenire alla pace.

media avrebbero un ruolo importante nel dare un’informazione equilibrata, non deformata dalla propaganda. Dietro la guerra in Ucraina, ci sono motivazioni geopolitiche, economiche, culturali, storiche, religiose. Invece, assistiamo ad un approccio viziato dal manicheismo liberale, che è di matrice illuminista e protestante, per cui dopo il 1991, col crollo del muro di Berlino e dell’Unione Sovietica, ovvero del comunismo, non vi sono più contrapposizioni ideologiche.

Esiste solo l’Occidente guidato dagli Stati Uniti e “fine della storia”, per dirla con una frase del politologo nippo-americano Francis Fukuyama.

Negli anni ’90 iniziava il processo di trasformazione del modello liberal-capitalista del XX secolo in globalismo. Il mondo unipolare, però, ha trovato alcuni ostacoli fin da subito, come ad esempio l’Islam politico, l’ascesa dei cosiddetti BRICS (Brasile, Russia, india, Cina, Sudafrica) ma anche il populismo, persino in America, nella forma adottata da Donald Trump. I grandi globalisti George Soros, Jeff Bezos, Mark Zuckerberg, Bill Gates, Barack Obama, Klaus Schwab, Hillary Clinton, Bernard Henri Levy e Joe Biden vogliono superare queste battute d’arresto al dominio globale e cementare il trionfo globale del liberalismo, che negli ultimi 30 anni ha progressivamente mutato la società, non solo attraverso la tecnologia, ma nei processi sociali e culturali, nella diffusione delle politiche di genere (LGBTQ+), nell’educazione, attraverso programmi scolastici mirati alla cancellazione di ogni identità e alla costruzione dell’ “uomo nuovo” come soggetto amorale, privo di pensiero e idee, sessuomane, perverso, transumano.

L’eredità di due anni di emergenza sanitaria è aver divinizzato la scienza (scientismo) come quinta colonna del sistema liberale, nell’arte si fa trionfare il surrealismo, nei social-media si alimenta la superbia della persona comune che si sente tuttologa, come zuccherino a un’umanità di sudditi consumatori dei prodotti delle élites globaliste. In tutto questo, non c’è più posto per Dio, che viene sostituito dalla religione unica mondiale, ossia l’unità nella diversità che fa convivere la Verità con l’errore, negando il principio di non contraddizione.

Va detto con estrema obiettività che Russia e Cina non hanno opposto un’ideologia contrastante. Al contrario, hanno fatto proprie le tesi del liberismo economico, fino a diventare due Superpotenze. Se è vero che Xi Jinping detiene il debito pubblico degli Stati Uniti e Putin dispone di una grande forza nucleare, l’Occidente liberale dimostra la sua debolezza nel non aver tenuto conto dell’avanzata esponenziale, concorrenziale e globale dell’Oriente del mondo.

Ha, dunque, ragione Alexander Dugin quando dice che “il comunismo è scomparso, ma l’Oriente, l’Eurasia, no“. Appare, quindi, piuttosto realistico ritenere che l’Occidente abbia sottovalutato l’altra parte del mondo, oggi in grande fermento, e che cerchi di sostituire la realtà stessa con il dominio incontrastato del mondo virtuale.

In un articolo sul Financial Times, Fukuyama parla direttamente della “guerra di Putin all’ordine liberale”. Perciò “l’operazione militare speciale in Ucraina è un accordo decisivo per stabilire la Russia come civiltà, come polo sovrano di un mondo multipolare”. Tutti i geopolitici anglosassoni hanno compreso tale assunto, da Halford Mackinder (1861-1947) a Zbigniew Brzezinski (1928-2017). Non potrà esservi pace duratura finché l’Occidente liberale non prenderà atto che dal suo fallimento è sorta una reazione multipolare incredibilmente forte, guidata dalla Russia.

La grande identità religiosa cristiano-ortodossa di questa reazione determina dei problemi di non poco conto per il mondo cristiano-cattolico, che non può permettersi di vedere incrinarsi il primato petrino di Roma, nonostante la secolarizzazione.

Nel mese di San Giuseppe, patrono della Chiesa universale, è più che mai necessario pregare perché il Cuore Immacolato di Maria possa trionfare sul virus liberale, sul cancro social-comunista e sulla paralisi modernista, così che la Chiesa possa irradiare di Luce salvifica tutto il Creato, affinché la pace non sia solo assenza di guerra ma la tranquillità dell’Ordine dato dal Magistero Perenne e dalla Dottrina Sociale dei Papi.

 

Liberalismo e secolarizzazione vogliono renderci indifferenti all’Incarnazione

Condividi su:

L’EDITORIALE DEL LUNEDI per https://www.informazionecattolica.it/2021/11/29/liberalismo-e-secolarizzazione-vogliono-renderci-indifferenti-allincarnazione/

di Matteo Castagna

DISTRARRE SUL FINE DELLA VITA E, PER PRESUPPOSTO, VIVERE COME SE DIO NON ESISTESSE E FOSSE PRIVO DI DIRITTI, NELLA SUA QUALITÀ DI CREATORE, PORTA ALLA SUPERFICIALITÀ E ALLE IDEOLOGIE EFFIMERE

Il mondo scristianizzato prevede che il fine dell’uomo sia la felicità in questo mondo, che finisce con la morte. Si vive, perciò, assolutamente distratti dal vero fine della vita ossia il godimento di Dio nel Paradiso, per l’eternità, avendolo meritato attraverso la fermezza della fede e la costanza delle opere da essa derivanti. Distrarre sul fine della vita e, per presupposto, vivere come se Dio non esistesse e fosse privo di diritti, nella Sua qualità di Creatore, porta alla superficialità e alle ideologie effimere, che sono tutte finite.

Sopravvive il liberalismo, ovvero il più subdolo tra le invenzioni umane per evitare il rapporto con l’Aldilà, che non per forza nega Dio, ma crea una libertà di coscienza sul credere o meno, elevandola a valore assoluto. In tal modo, esisterebbe chi è legittimato dallo Stato a non credere e chi a credere, a seconda della sensibilità personale, perché la misericordia di Dio sarebbe così universale da non far distinzione tra colpa e merito così da garantire a tutti la salvezza eterna.

Noi che vogliamo, invece, rimanere cattolici, apostolici, romani, desideriamo sganciarci dalle distrazioni del mondo per meditare e lodare quanto ha fatto Cristo per noi e considerare quanto noi dobbiamo a Lui, per poter andare a goderLo per sempre.

Siamo entrati nel periodo di Avvento, che prepara il Natale del Messia, del Figlio del Dio vivente, ma proprio il liberalismo e la secolarizzazione contemporanei ci vogliono rendere indifferenti di fronte all’importanza di questo momento. Dobbiamo, dunque, dare due risposte ad altrettanti interrogativi: l’Incarnazione del Verbo è stata necessaria oppure solo conveniente? Se Adamo non avesse peccato, ci sarebbe stata ugualmente?

E’ teologicamente certo che la necessità dell’Incarnazione non è stata assoluta, anche supposta la volontà divina di riparare il genere umano. dopo il peccato originale, Dio avrebbe potuto distruggere il genere umano o ridurlo all’ordine naturale. Avrebbe potuto condonare la colpa o esigere una riparazione imperfetta da ciascun uomo o mandare un uomo con speciali grazie a riparare per tutti.

La Scrittura fa vedere sempre l’Incarnazione come un dono gratuito di Dio, non come una necessità.Così Dio ha amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito” (Gv. 3,16). “Giustificati gratis per la grazia di Lui, per la Redenzione che è in Cristo Gesù (Rom. 3,34)”. “Dio, che è ricco nella misericordia, per la sua immensa carità con cui ci ha amato, ci ha vivificato nel Cristo” (Ef. 2,4).

Sant’Atanasio (Orazione 2 contro Ario) dice: “Avrebbe potuto, anche se non fosse venuto mai il Cristo, soltanto parlare Dio, e sciogliere la maledizione. Sant’Epifanio, in una sua opera contro le eresie, dice che il Verbo si è incarnato: “per l’abbondante amore verso gli uomini spinto non da necessità ma da volontario disegno“. Sant’Agostino (De Agone Christiano 11,12) dopo aver posto la domanda di alcuni, che definisce stolti, se Dio non poteva liberare gli uomini, se non incarnandosi, risponde: “Lo avrebbe potuto assolutamente“.

E’ sentenza più probabile e più comune che dopo il peccato originale, posto che Dio esigesse una soddisfazione equivalente, era necessaria l’Incarnazione di una Persona divina. San Leone Magno, nel sermone della Natività (1,2) afferma: “Se non fosse vero Dio, non porterebbe il rimedio” al peccato originale.

Come spiega Giuseppe Casali nella sua Somma di Teologia Dogmatica (Ed. Regnum Christi, Lucca 1964) i Tomisti sostengono che l’offesa fatta a Dio col peccato è enorme ed infinita, perciò la riparazione la può dare solo una Persona infinita. Quindi, tutti i Teologi concordano sul fatto che “Dio ha decretato l’Incarnazione liberissimamente. Con essa ha voluto manifestare le sue perfezioni, ossia la sua gloria eterna. Dio avrebbe potuto volere l’Incarnazione anche indipendentemente dal peccato o da qualsiasi ipotesi”. I Tomisti sostengono che nella presente economia divina l’Incarnazione è talmente ordinata alla redenzione degli uomini, che se Adamo non avesse peccato, l’Incarnazione non ci sarebbe stata. Il nome Gesù, del resto, significa “Dio salva” e parliamo di redenzione in quanto Gesù, vero Dio e vero Uomo, ci ha riscattato, a prezzo del suo sangue, dalla schiavitù di Satana, in cui eravamo caduti per il peccato.

Raccoglierci in preghiera e prepararci al Natale con dei sacrifici volontari, in segno di espiazione dei peccati, con la meditazione di questi santi misteri è assai più consigliabile rispetto alla continua, sterile, maniacale polemica, ormai divenuta compulsiva, sulla nuova religione del mondo, con le sue più che evidenti iniquità.

 

 

1 2