di Fulvio Scaglione
Fonte: linkiesta
La nuova, ennesima crisi della Libia, con il Governo di Fayez al-Sarraj sull’orlo del baratro per l’attacco delle milizie ribelli, ha un contorno assai complicato, che comprende le rivalità storiche tra le tribù, il ruolo degli ex gerarchi di Gheddafi, la spartizione degli introiti del petrolio, le intromissioni di una lunga serie di Paesi che vanno dagli Usa alla Gran Bretagna, dalla Francia all’Italia, dalla Russia all’Egitto, dalla Turchia al Qatar.
Ma la sostanza, almeno nella realtà di questi ultimi anni, è molto molto più semplice: c’è un Governo debolissimo e quasi impotente, quello appunto guidato da Al-Sarraj, che agisce sotto l’egida delle Nazioni Unite ed è riconosciuto dalla comunità internazionale; e c’è un Paese, la Francia, che lavora perché quel Governo cada, anche a costo di ripiombare la Libia nel caos più totale.
Emmanuel Macron ha fatto la propria parte quando, nel luglio scorso, ha convocato un vertice unilaterale per far incontrare Al-Sarraj e il suo nemico giurato, il generale ex gheddafiano ed ex Cia Khalifa Haftar, con l’evidente risultato di delegittimare il primo e legittimare il secondo. E la sta facendo tuttora, visto che le milizie moralizzatrici (dicono che il Governo è corrotto, pensa un po’ da che pulpito) sono passate all’offensiva tra il viaggio del nostro premier Conte a Washington, dove Donald Trump si era spinto a proporre una “cabina di regia” italo-americana per la Libia, e la conferenza sulla Libia organizzata a Roma per il 10 novembre. Il suo piano è chiaro: far fuori Al-Sarraj e andare in dicembre a quelle elezioni che nessuno tranne lui voleva e che finirebbero con l’incoronare un vassallo di Parigi.
La sostanza di questo conflitto è molto molto semplice: c’è un Governo debolissimo, quello appunto guidato da Al-Sarraj ma riconosciuto dalla comunità internazionale. E c’è un Paese, la Francia, che lavora perché quel Governo cada, anche a costo di ripiombare la Libia nel caos più totale. Il piano di Macron è chiaro: far fuori Al-Sarraj e andare in dicembre a quelle elezioni che nessuno tranne lui voleva e che finirebbero con l’incoronare un vassallo di Parigi: Khalifa Haftar. Continua a leggere