LA SOVRANITA’ E’ LA SOLUZIONE, NON UNA PAROLACCIA

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di Matteo Castagna per www.2dipicche.news

Il Prof. Dieter Grimm è uno dei più autorevoli costituzionalisti europei. Docente emerito di Diritto pubblico della Humboldt-Universitat di Berlino, è stato giudice della Corte costituzionale della Repubblica federale tedesca. Ha insegnato a Yale, negli Stati Uniti, ed è stato visiting professor in molte università, in tutto il mondo. Ha pubblicato numerosi volumi di storia, teoria, diritto costituzionale ed europeo.

Leggere le sue pubblicazioni è estremamente utile, per comprendere in maniera esaustiva il concetto di “Sovranità”, che viene, spesso ed erroneamente, quanto maliziosamente, confuso con una forma di populismo, tanto che non c’è mai data una definizione unanime e chiara.

Da un lato fa comodo ai globalisti derubricare una dottrina politica a semplice e disprezzato sentimento popolare di protesta, dall’altro non vi è una approfondita preparazione culturale per fornire risposte concrete adeguate, che non siano uno spauracchio nel gioco delle parti, ma una precisa categoria ideale, sociale, monetaria,  economica, etica e religiosa.

Quello di “sovranità” è un concetto politico-giuridico che indica il potere di comando di una società, distinguendosi da altre associazioni umane ove tale potere non è presente. La sovranità vuole trasformare la forza di un potere legittimo, in un potere di diritto. L’idea di sovranità era già presente all’interno dell’Impero Romano nel Corpus iurisi civilis di Giustiniano con espressioni quali: maiestas, summa potestas, superiorem non recognoscens, rex est imperator in regno suo.

Il riferimento principale, cui rimanda spesso il Prof. Grimm, è al pensiero di Jean Bodin (1530-1596), che fu docente di diritto romano e poi avvocato al Parlamento di Parigi. “La politica è il nucleo essenziale della storia – scriveva Bodin – in quanto il più utile a conservare le società umane” e individua l’oggetto della civilis disciplina nell’imperium dello Stato, ovvero nella summa ratio del comandare e del proibire, che sola può armonizzare tutte le attività e le arti umane, indirizzandole alla pubblica utilità, ovvero al bene comune. In quest’ottica, Bodin definisce la sovranità come il potere assoluto e perpetuo che è proprio dello Stato. Lo Stato sovrano non riconosce dipendenza da altri, siano essi Stati, élite, unioni di potere e ben si adatterebbe ad un mondo multipolare.

La sovranità consiste nel poter dare, annullare, interpretare, abolire le leggi; dichiarare guerra e concludere la pace; imporre le tasse ed esentare dal farlo; istituire e destituire i magistrati; concedere grazie e dispense alla legge; battere moneta propria; adottare un fisco equo. La sovranità e l’autonomia, se vogliamo, si possono accompagnare, in nome del principio di sussidiarietà. Ed anche il premierato potrebbe sostituire quello che Bodin chiamava il principe. 

Per Bodin, la sovranità non può essere illimitata: tutti i governanti della terra devono essere soggetti alla Legge di Dio e della natura. La summa potestas trova il suo equilibrio entro i limiti divini, quali la trasmissione del potere sovrano, il diritto alla proprietà da parte delle famiglie, intese come cellule fondamentali e fondanti di ogni comunità. Lo Stato organico, organizzato in corporazioni garantiscono stabilità ed equità sociale. Lo stato giusto – spiega Bodin – è quello in cui chi comanda e giudica lo faccia in funzione primaria delle superiori leggi e comandamenti di Dio.

Lo Stato sovrano decide la sua forma di governo. Bodin preferiva la monarchia ereditaria, ma non escludeva né l’aristocrazia, né la democrazia.

In quest’ultimo caso, non si riconosce né relativismo né liberalismo, perché i delegati dal popolo a governare devono farlo, in prima istanza, come soggetti all’Ordine stabilito da Dio. Trono e altare devono andare in armonia per gestire al meglio, ciascuno nei propri ambiti, la giustizia e la carità, l’amor patrio e la tutela della Famiglia. Il controllo delle migrazioni è un dovere di sovranità. L’eventuale Costituzione dello Stato sovrano non può contrastare coi principi indissolubili ed assoluti del cattolicesimo romano.

Se proviamo ad applicare al presente quanto insegnava Jean Bodin e, oggi, quanto scrive il Prof. Grimm, l’Italia sovrana è un obiettivo che sembra difficile da raggiungere, nell’attuale contingenza internazionale, ma la totale autonomia dello Stato sovrano deve venire prima di ogni trattato europeo.

L’interesse della Nazione e dei lavoratori è il valore primario. Le alleanze sono consentite e, anzi, promosse in nome del bene comune, ma nessun trattato può violare la sovranità dello Stato e mettere in difficoltà cittadini, soggetti fragili e mondo economico.

Lo storico di sinistra Luciano Canfora ha ammesso, con onestà intellettuale, che “ad esempio, la difesa della sovranità nazionale di fronte al capitale finanziario non è sbagliata”.

Per realizzare quello che si era capito già più di 600 anni fa, sarebbe indispensabile, nel tempo, raddrizzare l’Unione Europea, cacciando i mercanti dal Tempio e rimettendo in ordine le cose nella Chiesa.

Zelensky salito al potere con un colpo di Stato, la guerra è tra Russia e Nato

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di Luciano Canfora

Fonte: Il Riformista

Una voce fuori dal coro. Per “vocazione”. Controcorrente, anche quando sa che le sue considerazioni si scontrano con una narrazione consolidata, mainstream. Luciano Canfora, filologo, storico, saggista, professore emerito dell’Università di Bari, membro del Consiglio scientifico dell’Istituto dell’Enciclopedia italiana e direttore della rivista Quaderni di Storia (Dedalo Edizioni), è così. Sempre stimolante, comunque la si pensi. E le sue riflessioni sulla guerra d’Ucraina ne sono una conferma.

a cura di Umberto De Giovannangeli

Professor Canfora, in queste drammatiche settimane, in molti si sono cimentati nel definire ciò che sta avvenendo ad Est. Qual è la sua di definizione?
Punto uno, è un conflitto tra potenze. È inutile cercare di inchiodare sull’ideologia i buoni e i cattivi, le democrazie e i regimi autocratici… Ciò che sfugge è che il vero conflitto è tra la Russia e la Nato. Per interposta Ucraina. Che si è resa pedina di un gioco più grande. Un gioco che non è iniziato avanti ieri ma è cominciato almeno dal 2014, dopo il colpo di Stato a Kiev che cacciò Yanukovich. È una guerra tra potenze. Quando i vari giornaletti e giornalistucoli dicono ecco gli ex comunisti che si schierano…Una delle solite idiozie della nostra stampa. Io rivendico il diritto di dire che le potenze in lotta sono entrambe lontane dalla mia posizione e dalle mie scelte, perché le potenze in lotta fanno ciascuna il loro mestiere. E né gli uni né gli altri sono apprezzabili. Nascondere le responsabilità degli uni a favore degli altri è un gesto, per essere un po’ generosi, perlomeno anti-scientifico.

C’è chi sostiene che per Putin la vera minaccia non era tanto l’ingresso dell’Ucraina nella Nato o la sua adesione all’Ue, quanto il sistema democratico che in quel Paese ai confini con la Russia si stava sperimentando. Lei come la pensa?
Usiamo un verso del sommo Leopardi: “Non so se il riso o la pietà prevale” dinanzi a schemi di questo tipo…

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Dalla poesia alla prosa…
Se dobbiamo ritenere che sia democratico chi arriva al potere dopo un colpo di Stato, perché quando in Ucraina fu cacciato il governo in carica quello era un golpe, come quello di al-Sisi in Egitto contro i Fratelli Musulmani. Ognuno è libero di dire le sciocchezze che vuole ma adoperare queste categorie per salvarsi la coscienza, è cosa poco seria. Il figlio di Biden è in affari con Zelensky. Zelensky è un signore che dice di voler combattere per degli ideali, ma questi ideali hanno anche dei risvolti meno idealistici…

Vale a dire?
Il Guardian, non la Pravda, nell’ottobre del 2021 fece un ritratto di Zelensky, dal punto di vista affaristico, molto pesante. Incitiamo i nostri simpatici gazzettieri ad andarsi a leggere il Guardian dell’anno passato per avere un ritratto realistico di Zelensky. Dopodiché non mi scandalizzo, perché quando si usano le parole libertà e democrazia c’è odore di propaganda lontano un miglio. O parliamo seriamente o facciamo propaganda. La propaganda peraltro è cosa molto seria, basta non crederci.

C’è chi accusa la Russia di disinformatia…
Beh, anche il nostro apparato informativo è spaventoso, da quel punto di vista lì. Non ho nessuna tenerezza per la disinformatia russa, però lo spettacolo della nostra stampa, cartacea e televisiva, è peggio del Minculpop. A confronto il Minculpop è un’Accademia dell’Arcadia. Una stampa con l’elmetto, in cui dalla mattina alla sera non si fa altro che blaterare, urlare, protestare, piangere, sentenziare, per creare una psicosi di massa. Devo confessarle che nonostante ne abbia viste tante in vita mia, sono rimasto piuttosto stupito di cotanta prontezza, che fa pensare ad a ordini precisi, con cui la stampa si sia messa l’elmetto. Una cosa francamente penosa. Anche nella psicologia diffusa. Le racconto questa: l’altro ieri ho incontrato un tizio per la strada che mi ferma e mi dice: “Professore, ma lei cosa pensa di quel pazzo di Putin?”. “Qualche responsabilità c’è anche dall’altra parte”, gli rispondo. “Ah”, dice, “ma allora lei la pensa come me”. Questo è un episodio emblematico. Siamo arrivati all’autocensura per timore di scoprirsi. Come durante il fascismo, quando si diceva ma allora anche Lei è contro… Siamo ridotti a questo. Lanciamo almeno un campanello d’allarme affinché la stampa ridivenga dignitosa. Se ce la fa.

I pacifisti che hanno manifestato sabato scorso a Roma, sono stati additati da più parti come dei “filo-Putin”…
È maccartismo puro. Non mi stupisce questo, una volta si diceva sono pagati per questo. È talmente in malafede dire una cosa del genere che non merita neanche un’argomentazione complessa. Perché rivela da sé la natura maccartistica, persecutoria, isterica, di falsa coscienza di una tale valutazione. È chiaro che tutti auspichiamo che si torni a una vera situazione pacifica. Ma ricordiamoci il passato, però…

Ricordiamolo, professore.
Gorbaciov auspicò la Casa comune europea. E fu respinto. Aggiungiamo anche che dopo la disintegrazione dell’Unione Sovietica, nacque la Comunità degli Stati Indipendenti, di cui facevano parte l’Ucraina, i Paesi baltici, l’Asia centrale russa, la Georgia. La Comunità degli Stati Indipendenti è un concetto. Comunità vuol dire qualche cosa. Se tu dopo un colpo di Stato, quello del 2014, cominci a chiedere di entrare nella Nato, stai disattendendo un impegno preso non molti anni prima. Ci vuole una Conferenza per la sicurezza europea. Una via di uscita. Se esistesse l’Unione Europea, che purtroppo non esiste, la soluzione sarebbe quella di prendere una iniziativa per una Conferenza per la sicurezza in Europa. Di cui gli Stati Uniti non fanno parte. Invece l’Europa è ingabbiata dentro la Nato il cui vertice politico e militare sta negli Stati Uniti. Il comandante generale della Nato per statuto deve essere un generale americano. Il segretario generale della Nato per entrare in carica, anche se si chiama Stoltenberg ed è norvegese, deve avere il placet del governo degli Stati Uniti. Imbavagliati così, balbetteremo sempre.

In queste settimane di guerra, ci si è molto esercitati nella decodificazione dei vari discorsi pronunciati da Putin, nei quali il presidente russo ha evocato la Grande Guerra Patriottica, la Madre Terra Russia, il panrussismo etc. Da storico: non c’è da temere quando un politico, soprattutto se questo politico ha in mano una potenza nucleare, sembra voler riscrivere la Storia?
Questo mi pare evidente. Solo che il paragone storico più calzante sarebbe un altro…

Quale?
Quello che un ottimo studioso italiano, Gian Enrico Rusconi, quando la Nato si affrettò a disintegrare la Jugoslavia, intitolò un suo libro, un bel libro, a riguardo Rischio 1914. Ci siamo dimenticati che dopo la disintegrazione dell’Unione Sovietica, la Nato ha voluto, pezzo a pezzo, mangiarsi lo spazio intermedio fino ai confini della Russia? E il primo ostacolo era la Jugoslavia. E quando ci fu la secessione della Croazia, analoga se vogliamo alla secessione del Donbass, il primo a riconoscere il governo croato fu il Papa e il secondo fu il governo federale tedesco. E tutti applaudivano. La secessione della Croazia era un gioiello, una bellezza. Adesso la secessione del Donbass è un crimine. Rischio 1914. Lo dico con allarme. Sul Corriere della Sera, una voce sensata, quella di Franco Venturini, dice: ma ci rendiamo conto che Zelensky sta continuando a chiedere l’intervento militare della Nato, cioè vuole la Terza guerra mondiale…Ce ne rendiamo conto o no?

Lei come giudica la decisione del governo italiano di inviare equipaggiamenti militari all’Ucraina?
L’Unione europea, che purtroppo non esiste, avrebbe dovuto avere una politica unica su questo come su altri terreni. È piuttosto sconcertante e politicamente sbagliato che ognuno vada per conto suo. Nel caso particolare l’Italia vuole fare la prima della classe. Spero che si mantenga entro limiti accettabili per la controparte, stante che noi abbiamo in casa le basi Nato. Se continuiamo a scherzare col fuoco, facciamo quello che Zelensky insistentemente chiede. A questo proposito mi permetto di raccontare una cosa che peraltro è verificabile. Giorni fa, sulla Rete Tre della televisione, in un talk show c’è in studio una studiosa ucraina, e viene mandato in onda un discorso di Zelensky che viene tradotto, in simultanea, in italiano. A un certo punto, la studiosa ucraina dice “attenzione, la traduzione è sbagliata”, perché lui sta dicendo altro. “E che sta dicendo, le chiede la conduttrice?”. “Sta dicendo che bisogna che la Nato intervenga militarmente”. La traduzione voleva occultare questo. Figuraccia della televisione italiana. Rischiamo di raccontarle queste cose, perché tra breve, non so, leggeremo il Vangelo secondo Riotta? Spero di no.

Se qualcuno alzasse l’indice accusatorio e dicesse: ecco, il professor Canfora ha svelato di essere un nostalgico del tempo che fu…Come risponderebbe?
Io non credo di aver manifestato nostalgie nel momento che mi sono più volte espresso intorno agli scenari conseguenti alla sconfitta dell’Unione Sovietica nella Guerra Fredda. Nessuno, però, può toglierci il diritto di dire quello che ha scritto, poco prima di morire, Demetrio Volcic. E cioè che la situazione di equilibrio esistente al tempo delle due super potenze, garantiva la pace nel mondo. Demetrio Volcic. Spero che sia considerato al di sopra di ogni sospetto.