IL SEME DELL’ETICA: LA VITA E LA TESTIMONIANZA DI ROSARIO LIVATINO PER LA MAGISTRATURA
Segnalazione del Centro Studi Livatino
QUINTA COLONNA
di Gianluca Grasso
Testo della relazione di Gianluca Grasso, presentata al Convegno “L’attualità del Beato Rosario Livatino” il 18 gennaio 2023 presso la biblioteca di Santa Maria sopra Minerva, Roma, organizzato da Centro Studi Rosario Livatino.
Sommario: 1. Il seme dell’etica. – 2. L’etica e la Magistratura. – 3. La formazione sull’etica giudiziaria nell’esperienza della Scuola superiore della magistratura.
1. Il seme dell’etica.
«26 (..) “Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme in terra, 27 dorme e si alza, la notte e il giorno; il seme intanto germoglia e cresce nel modo che egli stesso ignora. 28 La terra da sé stessa dà il suo frutto: prima l’erba e poi la spiga, poi nella spiga il grano ben formato. 29 E, quando il frutto è maturo, subito il mietitore vi mette la falce perché è giunta l’ora della mietitura» (Marco 4, 26-29).
In questa parabola il seminatore pianta in fede e raccoglie in gioia. Dopo aver finito di piantare, egli un giorno si sveglia per scoprire che i suoi semi sono diventati maturi.
Rosario Livatino, all’età di 38 anni, veniva assassinato dalla “stidda agrigentina” il 21 settembre del 1990, mentre percorreva, senza scorta per sua scelta, la strada per il Tribunale di Agrigento.
La storia del giudice Livatino, proclamato beato il 9 maggio 2021, ci dona la prospettiva di una figura di riferimento non solo per la Magistratura ma per tutti gli operatori di giustizia[1].
In questo mio breve intervento vorrei soffermarmi su uno dei semi piantati da Livatino con la sua vita e la testimonianza di giudice fedele alla Costituzione e alle leggi. E si badi non magistrato bigotto ma un laico consapevole del suo ruolo nella società, che ha ricoperto anche un incarico di carattere associativo, quale quello di segretario della sezione di Agrigento dell’Associazione nazionale magistrati.
Due sono gli interventi a metà degli anni 80 che Livatino ci ha lasciato e che delineano in maniera puntuale il suo itinerario di fede e di azione: Il ruolo del giudice nella società che cambia (17 Aprile 1984) e Fede diritto (30 Aprile 1986).
Bastano pochi passaggi per delineare il ruolo del magistrato, il cui compito non si esaurisce nelle aule di giustizia ma prosegue nel quotidiano; non con l’atteggiamento di un giustiziere o del moralista, ma della persona semplice e umile, lontana dai riflettori ma al tempo stesso consapevole del proprio ruolo e dell’esempio (positivo o negativo) che da lui può derivare: “quando moriremo, nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma credibili” .
Queste le parole di Livatino[2], ben note ma ogni volta illuminanti:
«Si è bene detto che il giudice, oltre che essere deve anche apparire indipendente, per significare che accanto ad un problema di sostanza, certo preminente, ve n’è un altro, ineliminabile, di forma.
L’indipendenza del giudice, infatti, non è solo nella propria coscienza, nella incessante libertà morale, nella fedeltà ai principi, nella sua capacità di sacrifizio, nella sua conoscenza tecnica, nella sua esperienza, nella chiarezza e linearità delle sue decisioni, ma anche nella sua moralità, nella trasparenza della sua condotta anche fuori delle mura del suo ufficio, nella normalità delle sue relazioni e delle sue manifestazioni nella vita sociale, nella scelta delle sue amicizie, nella sua indisponibilità ad iniziative e ad affari, tuttoché consentiti ma rischiosi, nella rinunzia ad ogni desiderio di incarichi e prebende, specie in settori che, per loro natura o per le implicazioni che comportano, possono produrre il germe della contaminazione ed il pericolo della interferenza; l’indipendenza del giudice è infine nella sua credibilità, che riesce a conquistare nel travaglio delle sue decisioni ed in ogni momento della sua attività.
Inevitabilmente, pertanto, è da rigettare l’affermazione secondo la quale, una volta adempiuti con coscienza e scrupolo i propri doveri professionali, il giudice non ha altri obblighi da rispettare nei confronti della società e dello Stato e secondo la quale, quindi, il giudice della propria vita privata possa fare, al pari di ogni altro cittadino, quello che vuole.
Una tesi del genere è, nella sua assolutezza, insostenibile.
Bisogna riconoscere che, quando l’art. 18 della legge sulle guarentigie dice “che il magistrato non deve tenere in ufficio e fuori una condotta che lo renda immeritevole della fiducia e della considerazione di cui deve godere”, esprime un’esigenza reale.
La credibilità esterna della magistratura nel suo insieme ed in ciascuno dei suoi componenti è un valore essenziale in uno Stato democratico, oggi più di ieri. “Un giudice”, dice il canone II del già richiamato codice professionale degli U.S.A. “deve in ogni circostanza comportarsi in modo tale da promuovere la fiducia del pubblico nell’integrità e nell’imparzialità dell’ordine giudiziario”.
Occorre allora fare un’altra distinzione tra ciò che attiene alla vita strettamente personale e privata e ciò che riguarda la sua vita di relazione, i rapporti coll’ambiente sociale nel quale egli vive.
Qui è importante che egli offra di se stesso l’immagine non di una persona austera o severa o compresa del suo ruolo e della sua autorità o di irraggiungibile rigore morale, ma di una persona seria, sì, di persona equilibrata, sì, di persona responsabile pure; potrebbe aggiungersi, di persona comprensiva ed umana, capace di condannare, ma anche di capire.
Solo se il giudice realizza in se stesso queste condizioni, la società può accettare che gli abbia sugli altri un potere così grande come quello che ha. Chi domanda giustizia deve poter credere che le sue ragioni saranno ascoltate con attenzione e serietà; che il giudice potrà ricevere ed assumere come se fossero sue e difendere davanti a chiunque. Solo se offre questo tipo di disponibilità personale il cittadino potrà vincere la naturale avversione a dover raccontare le cose proprie ad uno sconosciuto; potrà cioè fidarsi del giudice e della giustizia dello Stato, accettando anche il rischio di una risposta sfavorevole».
2. L’etica e la Magistratura.
In qualsiasi società, qualunque sia il modo in cui vengono assunti, la formazione e la portata del loro mandato, i magistrati sono investiti di poteri penetranti, che consentono di intervenire in ambiti che riguardano gli aspetti essenziali della vita dei cittadini e dell’economia.
La Convenzione europea dei diritti dell’uomo sancisce, dal punto di vista del cittadino, che «ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge» (art. 6, par. 1). Lungi dall’enfatizzare l’onnipotenza del giudice, la norma mette in evidenza le garanzie fornite ai contendenti e stabilisce i principi su cui si basano i doveri del giudice: indipendenza e imparzialità.
È pertanto necessario che, sia all’interno degli uffici giudiziari, sia al di fuori, vi siano regole di condotta concepite per mantenere la fiducia in queste aspettative, quello che va sotto il nome di etica giudiziaria.
Qui va chiarito che l’etica va intesa come complesso di principi e di regole che devono orientare il corretto comportamento del magistrato, a prescindere da una sanzione prevista dall’ordinamento per la loro violazione. Si ha così riguardo alla sfera delle azioni buone o cattive e non già di quelle giuridicamente permesse o proibite o di quelle politicamente più adeguate[3]. In tal senso, le regole dell’etica rappresentano il modello a cui tendere, il “massimo etico”, mentre il disciplinare costituisce il cosiddetto “minimo etico”, ovvero la soglia di accettabilità al di sotto della quale il comportamento deve essere oggetto di sanzione[4].
L’etica giudiziaria ha assunto nel corso degli anni un posto di rilievo nel contesto internazionale, a partire dall’adozione dei principi di Bangalore (2001), nel quadro delle Nazioni unite, cui hanno fatto seguito il parere n. 3 del Consiglio consultivo dei giudici europei (Ccje) sull’etica e la responsabilità dei giudici (2002), il codice ibero-americano di etica giudiziaria (2006), la dichiarazione di Londra sull’etica dei giudici con cui è stato approvato il rapporto intitolato “Etica dei giudici – Principi, valori e qualità” come linee guida per la deontologia dei magistrati europei (2010), promossa dalla Rete europea dei consigli di giustizia, la Raccomandazione R(2010)12 del 17 novembre 2012 del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa sui giudici: indipendenza, efficacia e responsabilità.
Negli ultimi anni la gran parte dei Paesi dell’Ue si è dotata di testi di etica giudiziaria (codici, guide, raccolte di principi) di diversa origine (Consigli di giustizia, associazioni giudiziarie, conferenze dei giudici, presidenti di tribunali, ecc.).
L’ordinamento italiano è stato tra i precursori di questo orientamento tra i paesi di civil law, essendosi dotato di un codice etico fin dal 1994.
3. La formazione sull’etica giudiziaria nell’esperienza della Scuola superiore della magistratura.
Costituisce talvolta un luogo comune che l’etica professionale non si insegna e a sostegno di questo assunto si evidenzia il fatto che l’etica – interessantissima, coinvolgente, divisiva quando si affrontano i singoli casi concreti e le questioni controverse – rischia di risultare banale quando si enunciano in astratto principi e regole di comportamento, senza esplorarne la genesi storica e senza discuterne le contaminazioni con la realtà.
L’etica, è vero, si insegna innanzitutto con l’esempio; Livatino ne costituisce un modello paradigmatico perché vivendo tutti i giorni la sua professione con serietà e dedizione costituiva un riferimento per tutti i colleghi che lo incontravano e il suo esempio continua a produrre frutti e proprio quel tragico martirio li ha moltiplicati, essendo divenuto un modello non solo per le persone che lo conoscevano ma per tutti gli operatori di giustizia. Si deve allora rinunciare all’idea di realizzare attività di formazione sull’etica?
L’esperienza maturata nel corso degli anni dalla Scuola superiore della magistratura mostra che è possibile realizzare questa formazione, coniugando la riflessione sui principi e le regole dell’etica dei comportamenti con la dimensione applicativa. Essa si inserisce in un contesto europeo (Rete europea di formazione giudiziaria), internazionale (Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga, UNODC) e comparato dove, specie nei paesi di tradizione di common law, questo tipo di formazione è particolarmente sentita.
La magistratura italiana ha affrontato uno dei momenti più complessi e difficili degli ultimi decenni. Il Presidente della Repubblica, nel suo intervento del 18 giugno 2020, in occasione della cerimonia commemorativa del quarantesimo anniversario dell’uccisione di Nicola Giacumbi, Girolamo Minervini, Guido Galli, Mario Amato e Gaetano Costa e del trentennale dell’omicidio di Rosario Livatino ha evidenziato che la magistratura deve necessariamente impegnarsi «a recuperare la credibilità e la fiducia dei cittadini, così gravemente messe in dubbio da recenti fatti di cronaca».
E per far sì che la correttezza sia costantemente praticata, tanto nell’esercizio delle funzioni quanto al di fuori dell’ufficio, un utile ausilio risiede nelle attività di formazione che fanno capo alla Scuola, a cui il Capo dello Stato ha rivolto l’invito a dedicare sessioni specifiche all’etica dei comportamenti.
La Scuola ha raccolto questo invito dedicando specifiche sessioni all’etica giudiziaria sia nei corsi dedicati ai magistrati in tirocinio sia nella formazione permanente.
Le attività di formazione sui profili etici formano oggetto delle linee programmatiche annuali sulla formazione e l’aggiornamento professionale dei magistrati e sul tirocinio e a tali temi la Scuola dedica specifici momenti di approfondimento, anche nella dimensione europea nei programmi dedicati alla formazione iniziale (programmi THEMIS e AIAKOS).
Nel settore della formazione iniziale, alla fine del 2020, grazie al lavoro svolto da un gruppo di magistrati esperti in materia, è stata elaborata una raccolta sistematica di questioni etiche con cui ciascun magistrato si può trovare a confrontare all’interno e al di fuori dell’ufficio. Le questioni sono state poste in forma interrogativa al fine di consentire a ciascun partecipante alla sessione di proporre delle soluzioni. Esse spaziano dai rapporti con i colleghi, il personale amministrativo, le parti, all’uso dei social network, ai rapporti con la stampa, alle frequentazioni, alla spendita del nome, solo per fare alcuni esempi. Per aiutare a trovare le risposte più adeguate abbiamo raccolto i testi principali in materia di etica sul piano nazionale e internazionale. Le questioni etiche e i principi vengono condivisi per tempo con coloro che dovranno prendere parte alla sessione, mentre un ulteriore testo, che contiene le possibili soluzioni, viene distribuito solo in prossimità dell’evento. I partecipanti vengono organizzati in gruppi ristretti di 15/20 persone affidate al coordinamento di un esperto, chiamato a facilitare la discussione.
Questa metodologia, che ha riscontrato grande apprezzamento tra i magistrati in tirocinio, è stata utilizzata con successo anche nei corsi di formazione permanente realizzati negli ultimi due anni: il primo[5] caratterizzato dallo sguardo alla situazione interna, il secondo[6], inserito nel semestre di Presidenza italiana del Comitato di ministri del Consiglio d’Europa, con una prospettiva internazionale e mandato in streaming con interpretariato in inglese in tutti i paesi del Consiglio d’Europa. Entrambi i corsi sono disponibili tra i seminari pubblicati sul canale YouTube della Scuola[7]. A fine anno, il corso riguarderà l’etica della giustizia, in una prospettiva allargata a tutte le professioni legali a partire dall’Avvocatura, con la cui Scuola il seminario è organizzato.
La raccolta sistematica delle questioni etiche è liberamente disponibile e consultabile sul sito della SSM[8], così come il volume sull’etica giudiziaria[9], inserito nella collana dei Quaderni della Scuola, che contiene i contributi tratti dai corsi degli ultimi due anni.
Per ampliare ulteriormente la formazione sull’etica al di là di coloro che abbiano partecipato ai corsi di formazione permanente, il Comitato direttivo, partendo dai materiali del corso del 2021, ha deliberato di invitare tutte le formazioni decentrate della Scuola a realizzare in ciascun distretto, nel corso del 2021, un corso sull’etica del magistrato secondo un format condiviso. Il documento diffuso alle strutture di formazione decentrata in tutta Italia contiene in premessa un estratto testuale dalla conferenza di Livatino su Il ruolo del giudice nella società che cambia. Diverse sono le strutture di formazione decentrata che hanno realizzato con successo questo seminario.
Questa metodologia casistica, inoltre, è alla base di un volume recentemente portato a compimento sull’etica della magistratura onoraria e che a breve verrà pubblicato sul sito della SSM allo scopo di fornire un manuale operativo per la formazione dei magistrati onorari anche su queste tematiche, fin qui mai fatte oggetto di un’analisi sistematica.
Da ultimo, va segnalato il seminario in programma nel gennaio 2024 su “Etica giudiziaria in Europa e nel mondo arabo: una panoramica comparata” che la Scuola ha in programma presso la sede di Napoli nell’ambito delle attività della Rete euro araba di formazione giudiziaria. Attingendo al quadro internazionale e alla giurisprudenza pertinente, il corso mira a un confronto sui dilemmi etici nell’esercizio dei doveri professionali tra realtà europea e araba.
Queste attività che ho provato a rappresentare sono la testimonianza di come il seme di Rosario Livatino abbia fruttificato anche nell’ambito dell’etica giudiziaria.
Gianluca Grasso
[1] Significativa la letteratura che riguarda la figura del magistrato. Tra i più recenti contributi: A. Mantovano, D. Airoma, M. Ronco, Un giudice come Dio comanda. Rosario Livatino, la toga e il martirio, Milano, 2021; I. Abate, Il piccolo giudice. Fede e giustizia in Rosario Livatino, Roma, 2021; A. Mira , Rosario Livatino. Il giudice giusto, Alba, 2021; R. Mistretta, Rosario Livatino. L’uomo, il giudice, il credente, Nuova ediz., Alba, 2022. Si v. altresì A. Balsamo in collaborazione con il Centro Studi “Nino Abbate” di Unità per la Costituzione, Rosario Livatino: il “giudice ragazzino” e la lotta alla mafia tra giustizia e fede, https://www.unicost.eu/rosario-livatino-il-giudice-ragazzino-e-la-lotta-alla-mafia-tra-giustizia-e-fede/
[2] R. Livatino, Il ruolo del giudice nella società che cambia. Conferenza tenuta dal giudice Rosario Livatino il 7 aprile 1984, presso il Rotary Club di Canicattì https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_6_9.wp?contentId=NOL82525
[3] Etica, Enciclopedia on line Treccani, https://www.treccani.it/enciclopedia/etica/
[4] G. Natoli, Etica & deontologia, http://movimentoperlagiustizia.org/non-ci-posso-credere/186.html
[5] P21040 L’etica del magistrato, in https://tinyurl.com/mr2bs4kc
[6] P22022 L’etica e la deontologia del magistrato, in https://tinyurl.com/yc23tpym; Judicial Ethics, https://www.scuolamagistratura.it/web/portalessm/judicial-ethics
[7] https://www.youtube.com/c/ScuolaSuperioredellaMagistratura
[8] https://tinyurl.com/yt8sb85h
[9] https://www.scuolamagistratura.it/web/portalessm/nuovi-quaderni-ssm-frontend