PPE rivendica il “green deal”

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di Massimo Balsamo

 

Noi siamo il partito della rivoluzione verde, l’annuncio di Manfred Weber. Si allontana l’accordo con i conservatori

Il ritorno di Frans Timmermans alla politica olandese e il fallimento dell’accordo registrato negli scorsi mesi ha fatto tirare un bel sospiro di sollievo sul dossier Green Deal. La furia iper-progressista fatta di tanta ideologia e poco buonsenso è stata archiviata e speriamo per sempre, ma le ultime dichiarazioni di Manfred Weber, presidente di quel Ppe che ha mandato all’aria l’intesa sull’integralismo verde, preoccupano. Non è che ci verrà rifilato un Timmermans 2.0?

“Vorrei sottolineare che, come europei, siamo orgogliosi di ciò che facciamo nel Green Deal. Inoltre, per me, come leader politico del Ppe, siamo il partito del Green Deal. Portiamo avanti il Green Deal sotto la guida di Ursula von der Leyen“, le parole di Weber in un punto stampa al Parlamento europeo con la presidente della Commissione europea che ha riconfermato la sua candidatura: “Ad esempio, sul Climate Act, la decisione più importante in questo senso, il Ppe ha votato a favore; i Verdi hanno votato contro. Quindi abbiamo una titolarità su questo. Tracciamo la linea e la direzione in cui dobbiamo andare, ed è per questo che voglio mantenere, anche in campagna elettorale, la consapevolezza che il Green Deal è un accordo del Parlamento europeo, e lo facciamo nell’interesse delle generazioni future”.

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La campagna elettorale in vista del voto di giugno è già iniziata e quindi le parole di Weber potrebbero rappresentare una semplice linea di dialogo, probabilmente lontana dai diktat dei talebani del green. O ancora potrebbero essere un segnale ai socialdemocratici, come a voler tenere aperta una porta di dialogo dopo mesi di tensioni, attacchi e scontri di ogni tipo. Emblematiche, in questo senso, anche le parole di Weber contro Viktor Orban (dato in ingresso nel gruppo di Giorgia Meloni), sintomo che la strada verso l’accordo con i conservatori è lastricata di buone intenzioni ma anche di enormi ostacoli. Ciò che conta è evitare compromessi al ribasso in nome di obiettivi costosissimo e irrealizzabili. Emblematico quanto accaduto nelle ultime settimane tra la direttiva case green e il dossier pesticidi.

La Commissione europea guidata dalla von der Leyen ha rimarcato la disponibilità nel rivedere i programmi in materia di green, ma anche in questo caso potrebbe trattarsi di una mossa elettorale: perché altrimenti sconfessare così rapidamente anni di fatica e di lavoro? Forse per tentare un riavvicinamento ai popolari? Tante teorie e tutte non dimostrabili. Il punto è evitare qualsivoglia tentativo di penalizzare imprese e agricoltura in nome di un’ossessione verde sterile quanto infruttuose, emblema di un’Europa distante anni luce dalla realtà e dai bisogni concreti di interi settori produttivi. Il Ppe tenga la barra dritta: no alle eco-follie e sì al buonsenso, abbiamo già avuto prova dei potenziali disastri di Timmermans & Co.

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Orbán all’Europarlamento: “Non accettiamo minacce e ricatti. Non saremo patria di immigrazione”

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Il premier ungherese interviene davanti alla plenaria di Strasburgo “per difendere l’Ungheria che da mille anni è membro della famiglia europea”

STRASBURGO – Dopo aver anticipato parzialmente il suo discorso con diversi post sul proprio profilo Facebook, il premier ungherese Viktor Orbán ha parlato oggi a Strasburgo al Parlamento europeo nell’audizione sul rapporto Sargentini in cui si deciderà se sanzionare o meno Budapest sulla violazione dello stato di diritto. “Voi vi siete fatti già un’idea su questa relazione, e il mio intervento non vi farà cambiare opinione, ma sono venuto lo stesso. Non condannerete un governo, ma l’Ungheria che da mille anni è membro della famiglia europea. Sono qui per difendere la mia patria”, ha detto il primo ministro ungherese, che ha difeso il proprio operato soprattutto per il largo consenso che il suo governo riscuote in patria. E proprio confortato dal consenso interno, Orban non ha avuto problemi a schierarsi direttamente contro le istituzioni europee: “L’Ungheria sarà condannata perché ha deciso che non sarà patria di immigrazione. Ma noi non accetteremo minacce e ricatti delle forze pro-immigrazione: difenderemo le nostre frontiere, fermeremo l’immigrazione clandestina anche contro di voi, se necessario”.  Il leader di Fidesz, che a Bruxelles fa parte della famiglia del Partito popolare europeo, ha affermato come le misure sull’immigrazione siano state prese sulla base della volontà espressa dal popolo ungherese: “Siamo noi a difendere le nostre frontiere e solo noi possiamo decidere con chi vivere. Abbiamo fermato centinaia e migliaia di migranti clandestini e abbiamo difeso l’Ungheria e l’Europa. Gli ungheresi hanno deciso che la nostra patria non sarà un paese di immigrazione”. Continua a leggere