Il Primato Nazionale si interessa del libro del Prof. Daniele Trabucco, esponente, tra l’altro, di “Christus Rex” e di “Nova Civilitas”, costituzionalista e docente all’Università di Bellinzona, conferenziere, pubblicista, scrittore e lo intervista al riguardo:
Il volume Covid-19 vs. Democrazia, uscito di recente per Edizioni Scientifiche Italiane e curato dal prof. Daniele Trabucco, professore associato di diritto costituzionale presso la Libera Accademia degli Studi di Bellinzona, raccoglie una serie di interventi di alto spessore intellettuale tesi a inquadrare gli aspetti giuridici ed economici della prima fase dell’emergenza sanitaria degli ultimi mesi. Com’è ovvio ed evidente le decisioni – e le non decisioni – prese nei decisivi frangenti iniziali della crisi sanitaria prolungano i propri effetti all’oggi e gravano sui prossimi mesi con una serie di prospettive tutt’altro che tranquillizzanti. Abbiamo pertanto chiesto al prof. Trabucco di approfondire alcuni aspetti giuridici e politici di quanto avvenuto, così da poter affrontare gli eventi futuri con maggior consapevolezza.
Nel suo importante saggio Il principio di legalità formale e sostanziale ai tempi del Covid-19 insiste con grande chiarezza sulla indeterminatezza assoluta del potere conferito per decreto-legge e attraverso i Dpcm (Decreti del presidente del Consiglio di ministri). I vizi formali che lei evidenzia nella stesura dei vari decreti sembrano produrre dei veri vizi sostanziali, che causano in ultimo un vulnus a livello procedurale. Dal suo punto di vista, quindi, siamo al cospetto di un abuso di attribuzioni da parte del Presidente del Consiglio?
Noi abbiamo assistito, e continuiamo ad assistere, ad un utilizzo illegittimo del decreto-legge, benché non ci sia stato, almeno fino ad ora, alcun pronunciamento da parte del giudice delle leggi. Questo, com’è noto, è un provvedimento provvisorio avente forza di legge adottato dal governo della Repubblica in presenza di tre presupposti giustificativi indicati nel comma 2 dell’art. 77 della Costituzione repubblicana vigente: 1) straordinarietà, 2) urgenza, 3) necessità. Pertanto, quando si ricorre a questa fonte-atto, è logico che lo si fa per fronteggiare immediatamente la situazione emergenziale che si è venuta a determinare. In ragione di ciò il decreto-legge deve contenere misure non solo omogenee, ma anche immediatamente applicabili. A coloro i quali obiettano che questi due aspetti non sono previsti nel Testo fondamentale del 1948, vorrei ricordare che la Corte costituzionale, a partire dalla storica sentenza n. 22/2012, ha precisato come essi siano impliciti, o meglio presupposti, nella ratio della norma costituzionale sopra citata. Nel caso, invece, del contenimento dell’agente virale Covid-19, solo una parte delle misure è risultata di subitanea applicabilità. Per altre è stato necessario (e lo è anche ora) ricorrere ai noti decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore, prof. avv. Giuseppe Conte, atti formalmente amministrativi ma sostanzialmente normativi, ai fini della loro attuazione o implementazione. In altri termini, si è assistito all’utilizzo di decreti-legge «ad efficacia differita» che costituiscono una contraddizione proprio in ragione della peculiare natura della fonte. Eppure, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, al momento della emanazione e prima della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dei decreti-legge, poteva esercitare un controllo preventivo (precedente la loro entrata in vigore) che la Corte costituzionale ha definito di «intensità almeno pari» (sentenza n. 406/1989 Corte cost.) a quanto avviene in sede di promulgazione di una legge ordinaria dello Stato ex art. 74 della Costituzione. Cosa che non è avvenuta. Continua a leggere