Foibe: i titini hanno perso il pelo ma non il vizio
Segnalazione del Centro Studi Federici
Segnalazione del Centro Studi Federici
Grave fenomeno di “transfobia” di cui ignoriamo l’opinione dei vari Zan, Cirinnà, Boldrini…n.d.r.
di Angelica La Rosa
VITTIMA DI ABUSI SESSUALI, SENZA AVERE DISFORIA DI GENERE, SI ERA CONVINTO D’ESSERE TRANSESSUALE. OGGI METTE IN GUARDIA DAL TRANSGENDERISMO E DALLE CONSEGUENZE DEI CAMBIAMENTI DI GENERE
Diego Torres dall’età di 12 anni, per due anni, ha visto la sua vita stravolta dopo aver subito abusi sessuali da parte di un conoscente. “Nella mia mente pensavo che non avrei mai più potuto sposare una donna e avere figli, e pensavo di aver perso la mia dignità di uomo. Mi ero creato uno stereotipo, pensavo che tutte le mie relazioni sarebbero sempre state fallimentari”, ha ricordato in un’intervista.
Dopo quegli abusi sessuali, senza avere disforia di genere, si convinse di essere transessuale. Così cominciò a frequentare i circoli LGBT, iniziò ad avere relazioni omosessuali all’età di 14 anni e presto iniziò a frequentare anche locali e gruppi LGBT, mentre studiava teatro. Torres si convinse che la transizione di genere fosse la soluzione ai suoi problemi, mentre “in realtà li ha solo peggiorati”. Oggi, pentito, affronta e avverte delle gravi conseguenze, lui che è stato per mesi immerso nella droga e nel processo di cambio di genere. Dopo aver abbandonato questa condizione, ora mette in guardia da questo movimento e dalle conseguenze dei cambiamenti di genere.
In una delle sue ultime interviste questo giovane uruguaiano ha raccontato come è cresciuto in un’infanzia idilliaca: ha sempre avuto tutto, suo padre aveva una buona posizione nel governo, sua madre era una donna d’affari, mentre lui era un grande studioso.
“Avevo 18 anni quando mi hanno proposto di vestirmi da donna per la prima volta… e ho accettato”, ha ricordato. “Tutto è iniziato provando una parrucca un giorno. Un altro giorno ancora misi dei tacchi. Allora pensavo: non è altro che teatro. Non avevo la disforia di genere, ho sempre capito che ad un certo punto della mia vita avrei dovuto fare un esame prostatico, sapevo che il sesso non si poteva cambiare, ma volevo esagerare e imitare il sesso femminile perché pensavo che con quello avrei potuto riempire il mio vuoto e la mia solitudine”.
Il travestirsi non alleviò il suo vuoto e si decise a fare il passo successivo. “Ho iniziato a prendere gli ormoni che compravo, con i contraccettivi, in farmacia. Li ho iniettati clandestinamente senza prescrizione medica e allo stesso tempo ho iniziato con i farmaci”, ha affermato.
Torres ha ricordato anche che “una notevole maggioranza” dei membri del movimento trans che frequentava consumava più sostanze stupefacenti. “Io ho iniziato con la marijuana, poi ho continuato con un grammo di cocaina ogni fine settimana e ho finito per consumarne cinque grammi al giorno”.
Così il vuoto e la dipendenza dalla droga cominciarono a guadagnare terreno nella sua vita finché non prese i suoi risparmi e andò a Buenos Aires. In teoria quei soldi gli avrebbero permesso di vivere tre anni nella capitale argentina, ma spese tutto in poche settimane, cercando la morte attraverso gli eccessi, gli sballi e le relazioni intenzionali con i malati di HIV.
Dopo aver toccato il fondo, e dopo un percorso volontario di riabilitazione in Uruguay, capì tutto: “quello che pensavo di essere non era vero. C’era un disegno originale nella mia vita e dovevo lottare per questo”.
Il giovane, in quel periodo, ritrovò anche la fede cattolica. “Ha giocato un ruolo importante nella mia riabilitazione. La fede mi ha aiutato a capire chi ero”. Oggi Diego è minacciato di morte dagli LGTB che pensano che abbia “frodato il gruppo, che non credono nel cambiamento o perché sono preoccupati che dirò delle cose che ho visto”. Insieme alla sua vita, gli attivisti LGBT hanno minacciato di morte anche alcuni suoi parenti.
Ma le minacce non sono le uniche conseguenze della sua militanza Lgbt. Torres spesso ha ricordato che la terapia ormonale ha conseguenze irreversibili, invitando i giovani a non cadere nel tranello.
Fonte: https://www.informazionecattolica.it/2022/05/27/trans-pentito-viene-minacciato-di-morte-dagli-lgbt/
Il premier ungherese interviene davanti alla plenaria di Strasburgo “per difendere l’Ungheria che da mille anni è membro della famiglia europea”
STRASBURGO – Dopo aver anticipato parzialmente il suo discorso con diversi post sul proprio profilo Facebook, il premier ungherese Viktor Orbán ha parlato oggi a Strasburgo al Parlamento europeo nell’audizione sul rapporto Sargentini in cui si deciderà se sanzionare o meno Budapest sulla violazione dello stato di diritto. “Voi vi siete fatti già un’idea su questa relazione, e il mio intervento non vi farà cambiare opinione, ma sono venuto lo stesso. Non condannerete un governo, ma l’Ungheria che da mille anni è membro della famiglia europea. Sono qui per difendere la mia patria”, ha detto il primo ministro ungherese, che ha difeso il proprio operato soprattutto per il largo consenso che il suo governo riscuote in patria. E proprio confortato dal consenso interno, Orban non ha avuto problemi a schierarsi direttamente contro le istituzioni europee: “L’Ungheria sarà condannata perché ha deciso che non sarà patria di immigrazione. Ma noi non accetteremo minacce e ricatti delle forze pro-immigrazione: difenderemo le nostre frontiere, fermeremo l’immigrazione clandestina anche contro di voi, se necessario”. Il leader di Fidesz, che a Bruxelles fa parte della famiglia del Partito popolare europeo, ha affermato come le misure sull’immigrazione siano state prese sulla base della volontà espressa dal popolo ungherese: “Siamo noi a difendere le nostre frontiere e solo noi possiamo decidere con chi vivere. Abbiamo fermato centinaia e migliaia di migranti clandestini e abbiamo difeso l’Ungheria e l’Europa. Gli ungheresi hanno deciso che la nostra patria non sarà un paese di immigrazione”. Continua a leggere
Anche in Francia – in relazione all’affare Benalla che ha travolto Macron – sono partite le accuse che, in Italia, sono state vibrate dal Colle su “russofili” e “ultrasovranisti” che hanno minacciato la “libertà” di Mattarella. Con gli stessi metodi, le stesse insinuazioni e le medesime goffaggini e pressapochismi, conditi però di minacce (tipo “il dossier gonfio da pagine” che …
Ne avevamo già parlato a fine giugno. Le legge che avrebbe, con ogni probabilità, imbavagliato anche noi, non è passata. Almeno per il momento…(n.d.r.)
STRASBURGO – Il Parlamento europeo blocca la riforma del copyright. L’Eurocamera, riunita in plenaria a Strasburgo, ha respinto l’avvio dei negoziati con il Consiglio (318 no, 278 sì e 31 astenuti) su una proposta di direttiva che aveva spaccato a metà l’Assemblea. Ora la discussione della proposta è rimandata alla prossima plenaria, a settembre, ma probabile che il testo sul digital single market sia destinato a incagliarsi su ulteriori emendamenti da qui alla fine della legislatura. Anche perché il tempo stringe: a maggio 2019 si torna alle urne per le Elezioni europee e l’assemblea che si prefigura sarà «abbastanza diversa».
Le incognite di settembre
Almeno per usare l’eufemismo di un portavoce dell’Eurocamera. L’argomento non è mai stato dei più agevoli, ma la situazione si è fatta incandescente dopo l’approvazione, lo scorso 20 giugno, degli emendamenti della Commissione giuridica. A scatenare le polemiche sono state le modifiche agli articoli 11 e 13, vale a dire l’obbligo di riconoscimento economico dei contenuti diffusi dalle piattaforme (articolo 11) el’installazione di un «filtro» per impedire il caricamento online di materiale protetto da copyright (articolo 13). In realtà, la direttiva riguarda più il rapporto fra piattaforme online (come YouTube o Google) ed editori che gli utenti finali. L’intenzione del testo è di disciplinare il riconoscimento economico del diritto d’autore nell’era del Web, sostituendo un impianto normativo fermo al 2001. Continua a leggere
Scritto e segnalato da Antonio Amorosi
Borgonzoni minacciata di morte
“Razzista di m…, finisci appesa”
Lega, esclusiva Affaritaliani.it
Con la nostra solidarietà e vicinanza all’amico giornalista Sigfrido Ranucci (n.d.r.)
Il giornalista ha presentato denuncia. La Rai esprime solidarietà all’intera redazione dopo le frasi intimidatorie apparse sul sito del programma
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