Don Bosco: convertire i selvaggi alla Fede cattolica
Segnalazione del Centro Studi Federici
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LA NOTIZIA
di Leonardo Motta
Fanno tremare le parole pronunciate da Swami Parmatmanand, un leader religioso indù dello stato del Chhattisgarh. L’uomo afferma, con assoluta certezza, in un video scioccante che sta già circolando sui
social network, di essere disposto a usare le armi per contrastare l’arrivo di una presunta “ondata” di conversioni al Cristianesimo.
Dopo che un parlamentare indù ha chiesto l’espulsione di tutti i missionari cristiani dall’India, e dopo che l’enorme paese asiatico ha registrato un picco di violenza anticristiana, arrivano le crudeli parole di Swami Parmatmanand che ha dichiarato: “Nei nostri villaggi abbiamo le asce in casa”. Sottinteso: per uccidere i cristiani!
Il violento discorso è stato pronunciato durante una manifestazione “contro le conversioni” svoltasi nel distretto di Surguja.
Sul posto c’erano anche importanti personalità del Bjp, il partito nazionalista indù del premier indiano Narendra Modi. Tra questi, l’ex presidente della Commissione nazionale per le caste svantaggiate, Nand
Kumar Sai, che ha mostrato sostegno al discorso di Swami Parmatmanand. “Devono decapitarli quando vengono per le conversioni religiose”, ha aggiunto. “Vi chiederete perché un santo come me parla di violenza.
Dirai: come puoi essere santo se accendi il fuoco? A volte bisogna accendere il fuoco, lo faceva anche Hanuman (una divinità indù, ndr)”. Un sovrintendente della polizia di Sukma, una città molto vicina, ha
ordinato a tutte le stazioni di polizia di stare all’erta e di informare del pericolo i missionari cristiani e le persone appena convertitesi al Cristianesimo, per evitare possibili tragedie.
Babu Joseph, sacerdote ex portavoce della Conferenza episcopale indiana (Cbci), ha commentato: “Le parole di Swami Paramartanand hanno superato ogni limite. Incita apertamente alla violenza contro una
parte della popolazione indiana a causa della loro appartenenza religiosa . Ed è ancora più grave visto che è un sacerdote indù farlo. Le autorità locali devono agire contro coloro che diffondono odio.
L’India è sempre stata un Paese multireligioso e continuerà ad esserlo nonostante gli sforzi di questi fanatici per minare le sue fondamenta”.
di Marcello Veneziani
Ero ieri a Genova e ho visto rientrare mestamente, dopo alcuni secoli, Cristoforo Colombo con le sue malconce caravelle, le sue tre sorelle molto navigate. È stato espulso dagli Stati Uniti perché considerato ormai persona non gradita, senza permesso di soggiorno, aggressivo, imperialista e colonialista.
Dopo un secolo e mezzo di celebrazioni del Columbus day, c’è qualcosa di nuovo nell’aria. C’erano già state brutte avvisaglie contro di lui negli ultimi anni: contestazioni, cancellazioni, statue di Colombo abbattute e imbrattante; alla furia anticolombiana si era accodato perfino il sindaco di New York, il pessimo Bill De Blasio, pur essendo figlio di emigrati italiani. Ora pure il rintronato Joe Biden, per assecondare i radical, i progressisti e le popolazioni di colore, ha avuto una pensata di quelle memorabili: ha furbescamente anticipato il Colombous day al giorno prima, l’11 ottobre, magari come preludio alla sua soppressione; e ha deciso di sovrapporre a quella ricorrenza la celebrazione dell’ “Indigenous People’s Day”, giorno in cui celebrare i popoli indigeni.
Non dirò che è un affronto alla civiltà occidentale, cristiana, alla storia e alla cultura italiana, europea e statunitense, sarebbe fiato sprecato. E poi so che quella conquista fu una violenza e una violazione di popoli e territori, lo zelo missionario s’intrecciò all’impeto colonialista e dominatore. Ho sempre nutrito rispetto, e anche affetto, per i nativi americani, per la loro fierezza, il loro attaccamento alla terra e alle loro tradizioni, la loro difficoltà di modernizzarsi, la loro refrattarietà al consumismo americano. Magari sarebbe stato saggio rifare i conti con la storia e onorare i nativi con una giornata dedicata a loro. Ma senza cancellare il giorno di Colombo, perché la storia non si cancella, perché se esistono gli Usa lo devono a lui (e magari ad Amerigo Vespucci), perché la civiltà cristiana, con le sue luci e le sue ombre non può essere espettorata come un catarro. E perché in quella festa si ricorda un altro popolo, quello degli europei e in primis degli italiani che andarono a vivere e lavorare negli Usa.
Però, visto che la demenza della cancel culture ha raggiunto pure la Casa Bianca e le istituzioni cittadine, avrei una proposta da farvi. Visto che Colombo vi sta sullo stomaco, restituite l’America agli indios, ai nativi. E voi tornate alle vostre terre d’origine. Il sindaco De Blasio ha da scegliere tra Grassano e Sant’Agata dei goti, da cui proveniva la sua famiglia, e sperare di fare l’assessore in uno di questi due comuni. E Biden può tranquillamente lasciare la Casa Bianca al pronipote di Toro Seduto, e il Pentagono agli Apache o ai Cheyenne.
Nella scoperta dell’America la comunità italiana negli Stati Uniti festeggia l’ardito navigatore genovese che non viaggiò solo dall’Europa all’America, ma dal Medioevo alla modernità e portò a compimento il sogno dell’Ulisse dantesco di varcare le mitiche Colonne d’Ercole, senza naufragare. Il mondo nuovo nacque con lui, pur antico e misterioso navigatore genovese. Quel Colombo fu per milioni di italiani emigrati negli Stati Uniti il loro Patrono, la loro carta di credito, il loro primo vero passaporto per non sentirsi intrusi in America.
Peraltro quest’odio verso Colombo non è coltivato dagli indios ma dagli idiots, i cretini progressisti americani; stanno stracciando simbolicamente i loro certificati di battesimo e le loro origini europee, preferiscono sentirsi figli di nessuno e di madre ignota, che da noi un tempo si scriveva “figli di mignotta”. A loro naturalmente si accodano i corrispettivi italici. “Idioti di tutto il mondo unitevi, contro la vostra storia e la vostra civiltà”.
Al loro fianco, però, si profila un’altra fazione di cretini radical che vorrebbe redimere Colombo considerandolo il primo degli emigrati italiani in America, una specie di Santo Protettore dei migranti. Non si rendono conto, gli uni e gli altri, che Colombo era un esploratore, un navigatore, per conto di un impero e di una regina, non era un emigrato o un rifugiato; non cercava accoglienza e benessere ma portava la civiltà e la cristianità (Cristoforo vuol dire proprio portatore di Cristo); e portava l’impero castigliano, le missioni e il colonialismo. Inclusi i soprusi e i massacri.
Voi che detestate Colombo, pensate come sarebbe stato il mondo se avessero dato all’America non il nome ma il cognome del navigatore fiorentino? Me lo sono sempre chiesto. Pensate, gli Stati Uniti di Vespuccia. Sarebbe mai diventata una superpotenza mondiale, avrebbe mai conquistato la terra e la luna e colonizzato i costumi del pianeta un Paese dedicato al diminutivo di un insetto? A chi avrebbero fatto paura i vespuccini, come avrebbero potuto imporre al mondo il vespuccian way of life? I vespuccini non avrebbero sofferto di gigantismo, come invece gli americani, e nemmeno di obesità; ma di nanismo, anzi di più, di insettismo e sarebbero passati inosservati o al più considerati molesti.
La loro bandiera sarebbe a strisce gialle su fondo nero, perché come spiegano le enciclopedie «i vespidi hanno strisce gialle su corpo bruno» (da cui Bruno Vespa). Il loro ronzio non avrebbe avuto risonanza mondiale, sarebbe bastato un buon insetticida per tenerli lontani dall’Europa; e i pellerossa sarebbero ancora i signori della loro terra. Nei dizionari non starebbero alle prime pagine come impone il loro sontuoso nome America; ma relegati in fondo, tra Vespasiano, l’imperatore dei gabinetti, e la Vispa Teresa, cacciatrice di farfalle. In fondo se lo stanno meritando.
MV, La Verità (12 ottobre 2021)
Fonte: http://www.marcelloveneziani.com/articoli/colombo-gli-indiosi-e-gli-idiots/
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