Embargo petrolio russo, il nuovo piano Ue (tra deroghe e incertezze) cambia tutto

Condividi su:

“Questo piano mi pare una follia – dichiara il nostro responsabile Nazionale Matteo Castagna – perché, di fatto, è un secondo atto di guerra contro Putin, dopo l’invio di armi ad un Paese straniero, che è parte di una guerra che, al momento, non è ufficialmente nostra. L’Occidente dovrebbe riconoscere che la soluzione del conflitto è il raggiungimento di accordi diplomatici. Non esiste più il mondo governato dagli USA e dai suoi satelliti, come negli anni ’90. La Russia, la Cina e i BRICS in generale, sono altre Superpotenze con cui si dovrebbe concorrere in un mondo multipolare. Non vedo altra possibilità di scelta. Embarghi, sanzioni, minacce, provocazioni e muscoli di catone prolungano la guerra e la generale situazione conflittuale tra Oriente e Occidente”.

di Eugenio Palazzini

Roma, 6 mag – Prendere tempo, concedere deroghe, stabilire un nuovo piano. L’Ue teme rotture interne sull’embargo al petrolio russo e decide ora di cambiare (parzialmente) linea, avanzando una nuova proposta destinata a far discutere ancor di più. Vediamo perché.

La Commissione europea, pur ribadendo la necessità di sanzionare il petrolio di Mosca, prevede adesso una speciale deroga di due anni per Ungheria e Slovacchia. Non più soltanto un anno come inizialmente previsto e annunciato, dunque. Per Budapest e Bratislava, che continuano a mostrarsi fortemente refrattarie al sesto pacchetto di sanzioni europee, il divieto di importare greggio dalla Russia dovrebbe insomma entrerà in vigore a fine 2024.

Petrolio russo, il nuovo piano Ue a suon di deroghe e incertezze

Parliamo quindi, se dovessimo valutare queste misure a partire da oggi, di quasi due anni e mezzo di esenzione. Con tutta evidenza tutto potrebbe cambiare in questo lasso di tempo, sia in meglio che in peggio, nei rapporti tra Europa e Russia. Intanto Bruxelles è orientata a concedere una deroga analoga anche alla Repubblica Ceca, fino a giugno 2024. Ma non è tutto, perché le divisioni in seno all’Ue sono ben più ampie.

A protestare per il taglio repentino al petrolio russo sono anche Grecia, Malta e Cipro. A manifestare altri malumori sono Croazia e Bulgaria. Di conseguenza la Commissione europea valuta una deroga generale per gli altri Stati membri: di tre mesi, relativamente al divieto di trasporto del greggio di Mosca su navi Ue. Come noto, nel pacchetto di nuove sanzioni inizialmente previsto, il divieto sarebbe dovuto entrare in vigore già dal mese prossimo. Confusione, incertezze e disparità rischiano quindi di generare ulteriori frizioni.

Cercasi accordo politico

Nella giornata di oggi gli ambasciatori dei Paesi membri si riuniranno per discutere della questione e tentare un primo accordo politico, con l’obiettivo di giungere all’approvazione formale delle nuove misure contro la Russia entro questo fine settimana. “Stiamo lavorando per arrivare a un accordo tra tutti i Paesi europei, per fermare l’importazione di petrolio dalla Russia. Si farà”, ha detto l’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, Josep Borrell. “E se non si fa presto, cioè entro questo fine settimana, dovrò far riunire il Consiglio dei ministri degli Affari esteri per avere un accordo politico”, ha aggiunto Borrell. Mission impossible? Tutto dipende, probabilmente, dall’Ungheria. Se cioè Orban accetterà la deroga di due anni oppure la giudicherà insufficiente.

Fonte: https://www.ilprimatonazionale.it/politica/embargo-petrolio-russo-nuovo-piano-ue-tra-deroghe-incertezze-cambia-tutto-232650/

PENSIERI ERETICAMENTE CORRETTI SULLA GUERRA IN UCRAINA

Condividi su:

L’EDITORIALE DEL LUNEDI

di Matteo Castagna per https://www.informazionecattolica.it/2022/05/02/pensieri-ereticamente-corretti-sulla-guerra-in-ucraina/

L’ASSOLUTA MANCANZA DI DIBATTITO IN MERITO ALLA GUERRA IN CORSO IN UCRAINA DIMOSTRA IL NOSTRO SCARSO LIVELLO DI DEMOCRAZIA…

Uno dei più preparati intellettuali italiani, Pietrangelo Buttafuoco, ha avuto modo di lamentare, dalle colonne del quotidiano La Verità del 25 aprile 2022, l’assoluta mancanza di dibattito in merito alla guerra in corso in Ucraina. «Tutto è destinato alla propaganda, alla malafede obbligata», ha affermato. E prosegue, sarcasticamente: «l’Italia, rispetto alla Nato, è come la Bielorussia per Putin».

Buttafuoco getta proprio ancora benzina sul fuoco: «Neppure la democrazia cristiana più cattocomunista dei Dossetti ha mai avuto un atteggiamento di tale sudditanza. Forse anche perché il pontificato dell’Italia di allora aveva un peso che l’attuale non ha. Oggi agli Stati Uniti non importa nulla del Vaticano, sono indifferenti e quasi sprezzanti. Non considerano questo Papa un interlocutore. Purtroppo siamo sempre costretti a ragionare in un ambito angusto: quando alziamo lo sguardo sulla scena internazionale non ci rendiamo conto di come all’estero considerino le vicende italiane».

Anche l’attuale centrosinistra, per alcuni veterocomunisti sorprendentemente ultra-atlantista, non sorprende l’opinionista siciliano, perché ne conosce l’ideologia: «quella di avere sempre uno Stato guida cui fare riferimento. È l’ortodossia togliattiana».

Oggi, per i sinistri d’ogni parrocchia, esso «è direttamente il “deep state” americano. D’altro canto, in una situazione come questa non possiamo pensare che sia Biden l’eminenza grigia, il cervello fondante. Semmai è la Cia e quelle strutture di sistema che costituiscono l’apparato di potere dell’Occidente».

Buttafuoco ha scritto, anche, che gli Stati Uniti vogliono trasformare la Russia nell’Unione Europea e, la sua riflessione, anche da questo punto di vista è molto interessante: «per l’Occidente la Russia è un nemico più ostile persino dell’Unione Sovietica, perché decenni di materialismo scientifico non sono riusciti a scalfirne l’identità e lo spirito. La Russia è la prima potenza cristiana sul continente europeo, ha solide tradizioni, a Dio i russi ci credono davvero. Tutto ciò appare preoccupante e odioso per chi guarda il mondo con gli occhi del laicismo e dello scientismo occidentale».

Il mondo politico ed economico del Paese – sostiene Buttafuoco – «anziché perdere tempo con la propaganda, dovrebbe riflettere su una guerra che mette in discussione la globalizzazione. Noi occidentali siamo convinti di avere la parola definitiva sugli eventi della storia, ma esiste un disegno globale dove potenze spiritualmente fortissime si sono incontrate: Cina, Russia, India, Pakistan».

Se, ad osservatori attenti alle questioni internazionali appare evidente che vincerà Vladimir Putin, vedremo i cortigiani della NATO, televisivi e della carta stampata, fare l’inchino al grande zar. Del resto, la storia si ripeterà semplicemente: noti uomini di cultura e giornalisti, “camerati” fino al 24 Aprile 1945, sono diventati gli scendiletto degli Alleati, il giorno dopo. Avverrà anche con la Russia. Già pregusto il Caffè di Gramellini corretto alla vodka, assieme a Buttafuoco e a numerosi amici che non hanno messo la testa sotto la sabbia e che non solo allineati alla propaganda mainstream.

Su “Ardire” del 2 Marzo 2022, il giornalista Javier André Ziosi scrive: «contrariamente a quanto si possa pensare, l’Ucraina è dominata da una potente loggia massonica di matrice ebraica, la B’nai B’rith, che fin dal 2014 ha soffiato sul fuoco della guerra, conducendo all’attuale conflitto. Poche ore dopo l’invasione russa dell’Ucraina (cominciata alle prime ore del 24 febbraio), la sezione inglese della loggia massonica ebraica B’nai B’rith – nota per influenzare la politica e i governi di tutto l’Occidente – ha emanato un significativo, seppur breve, comunicato di denuncia» dell’azione di guerra operata dalla Federazione Russa.

Anche il Primo Ministro d’Israele, Naftali Bennet (che, a ottobre 2021, aveva partecipato ad un incontro «caloroso e positivo» con Putin), si è espresso a favore del popolo ucraino e contro l’invasione russa: «come tutti gli altri, preghiamo per la pace e per la tranquillità in Ucraina».

Anche il giornalista Maurizio Blondet, ex del quotidiano Avvenire, va alla ricerca di un dibattito pubblico, seppur in termini differenti rispetto a quelli utilizzati da Buttafuoco. Il suo ragionamento mira a dimostrare che c’è una precisa regia dietro l’adesione acritica di massa alle politiche NATO: «che cosa unisce l’ebraismo militante e massonico, e con esso Israele, all’Ucraina e al suo presidente, l’ebreo Volodymyr Zelens’kyj? Esiste un legame occulto fra la B’nai B’rith e la nuova Ucraina europeista e filo-americana emersa dal “golpe” del 2014? Di chi sono le responsabilità del conflitto? Obiettivo della B’nai B’rith, in sintesi, fu quello di coinvolgere gli ebrei ucraini (e altre minoranze etniche, come i tatari) nelle proteste, convogliando tutte le forze anti-russe – compresa la destra radicale, composta dal partito Svoboda, dal Congresso Nazionalista e dal movimento Pravyj Sektor – in un unico, grande cartello europeista e filo-americano, in grado di condurre ad un radicale cambio di governo e svincolare così l’Ucraina dalle grinfie della Russia. Attraverso ONG e attivisti locali e stranieri, col consueto apporto dell’ebreo ungherese George Soros, la loggia B’nai B’rith soffiò sul fuoco del malcontento ucraino, portando ad una veloce escalation delle proteste e alla conseguente fuga di Yanukovych (febbraio 2014), che, come previsto, lasciò il Paese in mano alla cricca europeista e filo-sionista del nuovo presidente Petro Porošenko, il quale, un anno dopo, è già a Gerusalemme per stringere diversi accordi bilaterali, ammettendo: “L’Ucraina è con lo Stato di Israele».

La giornalista anti-russa Anne Applebaum, domandandosi il «perché l’Ucraina è diventata l’ossessione di Putin», ha risposto: «è una democrazia, e questo per [Putin] è un pericolo. Putin è spaventato all’idea che a Mosca possa ripetersi quello che è accaduto a Kiev nel 2014. Lo considera una minaccia personale. Ho sempre pensato che Putin fosse razionale, a modo suo. Non ha mai preso grossi rischi, in fondo. Era brutale, magari, ma non si è mai buttato in sfide che non potesse vincere. Oggi è diverso. L’invasione sembra un azzardo. […] Non so di cosa abbia paura, se della morte o di perdere il potere».

Pertanto, sorge spontanea una domanda: è corretto, nel caso dell’invasione dell’Ucraina, da parte delle truppe russe, parlare di «denazificazione», quando invece i cosiddetti “nazisti” ucraini non possiedono alcun seggio in parlamento e il Paese è governato da un ebreo? «Dobbiamo concentrarci sui fatti», ha dichiarato il reporter Avi Yemini, «i russi hanno invaso perché l’Ucraina è nazista? No. Esiste un problema di estremismo in Ucraina? Sì, ma non è questa la ragione che spiega quello che sta accadendo».

La Russia, capofila di tutti i Paesi emergenti d’Oriente, soprattutto della Cina, pretende, perché ne ha la forza, un mondo multipolare, ove non esistano potenziali minacce ai confini costituite da basi militari o laboratori bio-chimici. Appare, dunque, poco lungimirante evitare di sedersi ad un tavolo diplomatico per addivenire, almeno, agli accordi sostanziali per la “nuova società” del Terzo Millennio. E mostrare i muscoli da parte di questo Occidente secolarizzato e debole, sembra davvero assurdo, perché l’UE passa per Tafazzi, assieme a tutta la combriccola NATO.

 

Ecco la nuova valuta di riserva globale basata sulle risorse

Condividi su:
Si sta formando una nuova realtà: il mondo unipolare sta irrevocabilmente diventando un ricordo del passato, al suo posto sta prendendo forma un mondo multipolare

di Pepe Escobar
strategic-culture.org

È stato qualcosa da vedere. Dmitri Medvedev, ex presidente russo, atlantista impenitente, attuale vice presidente del Consiglio di sicurezza russo, ha deciso di parlare fuori dai denti in uno sfogo che ha eguagliato l’esordio in combattimento del signor Khinzal, che aveva causato stupore e un palpabile shock in tutto il NATOstan.

Medvedev ha detto che le “infernali” sanzioni occidentali non solo non sono riuscite a paralizzare la Russia, ma si stanno invece “ritorcendo contro l’Occidente come un boomerang.” La fiducia nelle valute di riserva sta “svanendo come la nebbia del mattino” e abbandonare il dollaro USA e l’euro non è più irrealistico: “L’era delle valute regionali sta arrivando.”

Dopo tutto, ha aggiunto, “non importa se lo vogliono o no, dovranno negoziare un nuovo ordine finanziario (…) E allora l’ultima parola sarà di quei Paesi che hanno un’economia forte e avanzata, finanze pubbliche sane e un sistema monetario affidabile.”

Medvedev ha rilasciato la sua succinta analisi anche prima del D Day – questo giovedì, la data stabilita dal presidente Putin, dopo la quale i pagamenti per il gas russo da parte delle “nazioni ostili” saranno accettati solo se in rubli.

Il G7, prevedibilmente, ha assunto una posizione (collettiva): noi non pagheremo. “Noi” significa i 4 che non sono grandi importatori di gas russo. “Noi,” inoltre, significa l’Impero della Menzogna che detta le regole. Per quanto riguarda i rimanenti 3, che saranno in gravi difficoltà, non solo sono grandi importatori ma sono anche le nazioni sconfitte della Seconda Guerra Mondiale – Germania, Italia e Giappone, ancora, de facto, territori occupati. La storia ha l’abitudine di giocare scherzi perversi.

Il diniego non è durato a lungo. La Germania è stata la prima a cedere – anche prima che gli industriali, dalla Ruhr alla Baviera, inscenassero una rivolta di massa. Scholz, il patetico cancelliere, ha chiamato Putin, che ha dovuto spiegare l’ovvio: i pagamenti dovranno essere effettuati in rubli perché l’UE ha congelato le riserve in valuta estera della Russia – in una rozza violazione del diritto internazionale.

Con pazienza taoista, Putin ha anche espresso la speranza che questo non rappresenti un deterioramento dei termini contrattuali per gli importatori europei. Gli esperti russi e tedeschi dovrebbero riunirsi e discutere i nuovi termini.

Mosca sta lavorando ad una serie di documenti che definiscono il nuovo accordo. Essenzialmente, questo stabilisce che niente rubli, niente gas. I contratti diventano nulli una volta che si viola la fiducia. Gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno rotto accordi legalmente vincolanti con sanzioni unilaterali e, in più, hanno confiscato le riserve estere di una nazione – nucleare – del G20.

Le sanzioni unilaterali hanno reso dollari ed euro senza valore per la Russia. L’isteria non porta da nessuna parte, la questione sarà risolta – ma alle condizioni della Russia. Punto. Il Ministero degli Esteri aveva già avvertito che il rifiuto di pagare il gas in rubli avrebbe portato ad una grave crisi di mancati pagamenti e fallimenti a livello globale, una reazione a catena infernale di transazioni bloccate, congelamento di beni collaterali e chiusura di linee di credito.

Quello che accadrà dopo è parzialmente prevedibile. Le aziende dell’UE riceveranno la nuova serie di regole. Avranno tempo per esaminare i documenti e prendere una decisione. Quelle che diranno “no” saranno automaticamente escluse dal ricevere forniture dirette di gas russo – con tutte le conseguenze politico-economiche del caso.

Ci sarà qualche compromesso, naturalmente. Per esempio, parecchie nazioni dell’UE accetteranno di usare i rubli e aumenteranno le loro acquisizioni di gas in modo da poter rivendere il surplus ai loro vicini e ottenere un profitto. E alcune potrebbero anche decidere di comprare gas al momento sul mercato spot.

Quindi, la Russia non sta imponendo un ultimatum a nessuno. Il tutto richiederà tempo – è un processo in corso. Con anche qualche azione secondaria. La Duma sta contemplando l’estensione del pagamento in rubli ad altri prodotti essenziali – come petrolio, metalli, legname, cereali. Dipenderà dalla voracità collettiva dei chihuahua dell’UE. Tutti sanno che la loro incessante isteria può tradursi in una colossale rottura delle catene di approvvigionamento in tutto l’Occidente.

Ciao ciao oligarchi

Mentre le classi dirigenti atlantiste sono andate completamente fuori di testa, ma rimangono ancora concentrate sulla lotta fino all’ultimo Europeo per estrarre ogni residua, palpabile ricchezza dell’UE, la Russia sta mantenendo i nervi saldi. Mosca, infatti, è stata abbastanza indulgente, evocando lo spettro della mancanza di gas in primavera, invece che in inverno.

La Banca centrale russa ha nazionalizzato i guadagni in valuta estera di tutti i principali esportatori. Non c’è stato nessun default. Il rublo continua a salire – e ora è ritornato, più o meno, alle quotazioni antecedenti l’operazione Z. La Russia rimane autosufficiente dal punto di vista alimentare. L’isteria americana su una Russia “isolata” è ridicola. In tutta l’Eurasia ogni attore che conta – per non parlare degli altri 4 BRICS e praticamente tutto il Sud globale – non ha demonizzato e/o sanzionato la Russia.

Come bonus extra, probabilmente l’ultimo oligarca in grado di influenzare Mosca, Anatoly Chubais, non c’è più. Chiamatelo un altro epocale trucco storico: l’isteria sanzionatoria occidentale ha, di fatto, smembrato l’oligarchia russa – il progetto preferito di Putin fin dal 2000. E questo implica il rafforzamento dello stato russo e il consolidamento della società russa.

Non conosciamo ancora tutti i fatti, ma possiamo affermare che, dopo anni di attenta valutazione, Putin ha deciso veramente di rischiare il tutto per tutto e rompere la schiena all’Occidente – usando quella triade (l’imminente guerra lampo nel Donbass, i laboratori statunitensi di armi biologiche, il progetto ucraino di armi nucleari) come casus belli.

Il congelamento delle riserve estere doveva essere previsto, soprattutto perché la Banca centrale russa aveva aumentato le proprie riserve di titoli del Tesoro USA fin dal novembre dello scorso anno. Poi c’è la seria possibilità che Mosca possa accedere a riserve estere “segrete” offshore – una matrice complessa costruita con l’aiuto di insider cinesi.

L’improvviso passaggio da dollari/euro a rubli è stata una vera e propria mossa di judo geoeconomico di livello olimpico. Putin ha invogliato l’Occidente collettivo a scatenare il suo demente attacco di isteria sanzionatoria – e lo ha rivoltato contro l’avversario con una sola, rapida mossa.

Ed eccoci qui, a cercare di assorbire tutti questi rivoluzionari e ben sincronizzati sviluppi che seguono la militarizzazione degli asset del dollaro: la rupia-rublo con l’India, il petroyuan saudita, le carte Mir-UnionPay co-badged emesse dalle banche russe, l’alternativa SWIFT Russia-Iran, il progetto EAEU-Cina di un sistema monetario/finanziario indipendente.

Per non parlare del colpo da maestro della Banca centrale russa, che ha fissato 1 grammo d’oro a 5.000 rubli – che è già intorno ai 60 dollari, e sta salendo.

Insieme a No Rubli No Gas, quello che abbiamo qui è che, di fatto, l’energia è stata ancorata all’oro. I chihuahua dell’UE e la colonia giapponese dovranno comprare molti rubli utilizzando l’oro o comprare molto oro per avere il loro gas. E c’è di meglio. La Russia, nel prossimo futuro, potrebbe nuovamente ri-ancorare il rublo all’oro. Potrebbero essere 2.000 rubli, 1.000 rubli, anche 500 rubli per un grammo d’oro.

Tempo di essere sovrani

Il Santo Graal nelle discussioni in corso su un mondo multipolare, fin dai vertici BRICS degli anni 2000 con Putin, Hu Jintao e Lula, è sempre stato come aggirare l’egemonia del dollaro. Ora la cosa è proprio di fronte a tutto il Sud globale, come un’apparizione benigna con un sorriso da gatto del Cheshire: il rublo d’oro o il rublo sostenuto da petrolio, gas, minerali, esportazioni di materie prime.

La Banca centrale russa, a differenza della Fed, non pratica il QE e non esporta inflazione tossica nel resto del pianeta. La Marina russa non solo garantisce la sicurezza di tutte le linee di comunicazione marittime russe, ma i sottomarini russi a propulsione nucleare sono in grado di spuntare in tutto il pianeta, senza preavviso.

La Russia è molto, molto avanti nel mettere in pratica il concetto di “potenza navale continentale.” Il game-changer strategico si era verificato nel dicembre 2015, nel teatro siriano. La quarta divisione sottomarina con base nel Mar Nero come star dello spettacolo.

Le flotte navali russe possono ora impiegare missili Kalibr in uno spazio che comprende l’Europa orientale, l’Asia occidentale e l’Asia centrale. Il Mar Caspio e il Mar Nero, collegati dal canale Don-Volga, offrono uno spazio di manovra paragonabile al Mediterraneo orientale e al Golfo Persico messi insieme. 6.000 km di lunghezza. E non c’è nemmeno bisogno di accedere alle acque calde.

Questo copre circa 30 nazioni: la tradizionale sfera d’influenza russa, i confini storici dell’impero russo e le attuali sfere di rivalità politica/energetica.

Non c’è da stupirsi che la Beltway sia impazzita.

La Russia garantisce la navigazione attraverso l’Asia, l’Artico e l’Europa, in tandem con la rete ferroviaria Eurasia-wide BRI.

E, ultimo ma non meno importante, non si scherza con un orso nucleare.

Essenzialmente, questo è ciò che caratterizza la vera politica di potere. Medvedev non si stava vantando quando aveva detto che l’era della moneta unica di riserva era finita. L’avvento di una valuta di riserva globale basata sulle risorse significa, in poche parole, che il 13% del pianeta non dominerà più l’altro 87%.

È il redux del NATOstan contro l’Eurasia. Guerra Fredda 2.0, 3.0, 4.0 e persino 5.0. Non ha importanza. Tutte le precedenti nazioni del Movimento dei Non Allineati (NAM) vedono da che parte soffiano i venti geopolitici e geoeconomici: il tempo di affermare la loro reale sovranità è a portata di mano, mentre l’”ordine internazionale basato sulle regole” morde la polvere.

Benvenuti alla nascita del nuovo sistema mondiale. Il ministro degli Esteri Sergei Lavrov, in Cina, dopo aver incontrato diverse controparti da tutta l’Eurasia, non avrebbe potuto delinearlo meglio:

Si sta formando una nuova realtà: il mondo unipolare sta irrevocabilmente diventando un ricordo del passato, un mondo multipolare sta prendendo forma. È un processo oggettivo. È inarrestabile. In questa realtà, “governerà” più di una potenza – sarà necessario negoziare tra tutti gli stati chiave che oggi hanno un’influenza decisiva sull’economia e sulla politica mondiale. Allo stesso tempo, rendendosi conto della loro situazione speciale, questi Paesi assicureranno il rispetto dei principi di base della Carta delle Nazioni Unite, compreso quello fondamentale – l’uguaglianza sovrana degli stati. Nessuno su questa Terra dovrebbe essere considerato un attore minore. Tutti sono uguali e sovrani.”

Pepe Escobar

Fonte: strategic-culture.org
Link: https://www.strategic-culture.org/news/2022/03/31/meet-the-new-resource-based-global-reserve-currency/
31.03.2022
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

Fonte: https://comedonchisciotte.org/ecco-la-nuova-valuta-di-riserva-globale-basata-sulle-risorse/

Non si può tacere sul Donbass e sulle responsabilità di Stati Uniti e Nato sull’Ucraina

Condividi su:

Questo articolo è stato ripreso dal blog del vaticanista Marco Tosatti “Stilum Curiae” il 10/03/2022:

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, mi sembra interessante portare alla vostra attenzione e rilanciare questo commento di Matteo Castagna su InFormazione Cattolica, che ringraziamo per la cortesia, Buona lettura e riflessione. 

***********************************************************************************************************************************************

L’EDITORIALE DEL LUNEDI

di Matteo Castagna per https://www.informazionecattolica.it/2022/03/07/solo-i-moderni-farisei-possono-tacere-sul-donbass-e-le-responsabilita-di-usa-e-nato/ 

È SINISTRA UNA MORALE CHE VEDE MORTI DI SERIE A E MORTI DI SERIE B

A emergenza sanitaria non ancora conclusa, è iniziata una guerra dalla portata incerta, i cui venti sembrano minacciare tutto l’Occidente, che ha ragioni profonde. E’ l’implosione del liberal-capitalismo, nichilista e ateo.

In questo periodo è difficile orientarsi, soprattutto perché l’informazione è viziata dalla propaganda, come sempre è avvenuto nel corso della storia. La tendenza dei media mainstream è quella consueta che mira a avvelenarla al fine di creare due opposte tifoserie. In tale contesto, dove le responsabilità sono maggiori, l’ipocrisia viene amplificata da un sinistro pacifismo pieno di retorica, cui segue il destro opportunismo del pensiero debole, pieno di sudditanza culturale e politica, che si traduce nell’ignoranza della verità dei fatti, funzionale agli interessi del più forte. La cosiddetta Destra vive nella cappa, per dirla con Marcello Veneziani, senza avere una propria visione organica e strutturata della geopolitica.

La persona ragionevole dovrebbe trovare un punto di equilibrio nell’analisi degli avvenimenti, sapendo inserirli in una visione del mondo chiara e precisa. E’ superficiale ritenere che questa guerra sia solamente frutto di questioni economiche. E’ fuorviante guardare all’oggi con i parametri del secolo scorso, perché il terzo millennio ha cambiato ogni paradigma. E’ sciocco esaltare la guerra per il carico di morte e sofferenze che provoca ma è miope schierarsi senza conoscere, affidandosi ad artefatti stereotipi, figliastri della peggior falsificazione della realtà per accreditarsi ai tavoli che contano. I vassalli e i servi rimarranno sempre tali, anche se sposano la causa di una Superpotenza.

In ambiente cattolico si sente la mancanza della lungimiranza e della saggezza di Pio XI e di Pio XII. In alcuni luoghi di culto sono tornate le bandiere della pace a primeggiare sugli stendardi di Cristo Re. C’è un diffuso adeguamento alle logiche del Pensiero Unico perché, nel breve termine, è sempre più comodo. Ma davvero il Magistero Perenne ci insegna ad essere pacifisti? Dalla Bibbia, dalla Tradizione e da alcuni documenti della Chiesa risulta senza dubbio che un cattolico non può ritenere che la guerra come tale è contro la legge di Dio e cattiva in se stessa.

La questione morale è ottimamente proposta da Sant’Agostino e chiaramente elaborata da San Tommaso d’Aquino. Affinché sia lecita è richiesto: 1) che sia fatta dalla persona che detiene la massima autorità nello Stato. 2) che non sia condotta per motivi personali cattivii (vendette, conquiste, ambizioni ecc.) ma, 3) per salvaguardare i propri diritti contro il popolo che li viola o li ha violati. Lo scopo della guerra moralmente buona è il mantenimento della giustizia e, quindi, la pace.

L’errore più grande è credere che sbagli chi dichiara guerra perché disturba la pace. La colpa è di colui che ha commesso delle violazioni dell’ordine giuridico e così ha reso necessario che l’altro dichiari la guerra. Come riconosce, però, il Dizionario di Teologia Morale dei cardinali Roberti e Palazzini “la pace è basata sulla giustizia. Chi sconvolge la base, sconvolge l’edificio che poggia su di essa” (Editrice Studium 1955, riedizione Effedieffe 2019).

A tal proposito, solo i moderni farisei possono aver taciuto la terribile situazione del Donbass per ben 8 anni e le grandi responsabilità di Stati Uniti e NATO nel conflitto. E’ sinistra una morale che vede morti di serie A e morti di serie B. La guerra giustamente dichiarata impone delle regole a tutela dei civili, dei bambini, dei prigionieri, obbligando i belligeranti di ogni grado all’obbligo severo di non recare a qualsiasi persona, anche al nemico, danni inutili. I trattati internazionali perdono molto valore ed efficacia quando non tutti i governanti hanno lo stesso sentimento morale riguardo al rispetto del diritto. Esso non può essere grande ove non esiste pietas e soprattutto ove non vi sia la fede soprannaturale in Dio.

Ha scritto il più importante intellettuale russo contemporaneo, Alexandr Dugin: “questa non è una guerra con l’Ucraina. E’ un confronto con il globalismo come fenomeno planetario integrale. E’ un confronto a tutti i livelli – geopolitico e ideologico. La Russia rifiuta tutto nel globalismo – unipolarismo e atlantismo da un lato, liberalismo, anti-tradizione, tecnocrazia dall’altro. E’ chiaro che tutti i leader europei fanno parte dell’élite liberale atlantista. E noi siamo in guerra esattamente con questo. […] L’Occidente moderno dove trionfano i Rothschild, Soros, Shwab, Bill Gates e Zuckerberg, è la cosa più disgustosa della storia del mondo. Non è più l’Occidente della cultura mediterranea greco-romana, né del Medioevo cristiano e nemmeno il ventesimo secolo violento e contraddittorio. E’ un cimitero di rifiuti tossici della civiltà, è anti-civilizzazione“.

Per Dugin è necessario tornare alle radici comuni del vero Occidente classico-cristiano, che sono rimaste in Russia e rigettate progressivamente nei secoli da questa Europa. Più in generale, traendo spunto dalle riflessioni dell’intellettuale russo, questa guerra non è la rottura con l’Europa, ma con questo Occidente scristianizzato e degenerato. Chi vuole un’Europa dei Popoli, libera, sovrana, indipendente, legata alla tradizione dovrebbe dunque contribuire a “rovesciare la giunta globalista antinazionale e costruire una vera casa europea, un palazzo europeo, una cattedrale europea“.

Geopolitica economica del mondo multipolare

Condividi su:

di Giacomo Gabellini

Fonte: Giacomo Gabellini

Nel 2021, l’interscambio commerciale tra Cina e Russia si è attestato a 146,8 miliardi di dollari, con un aumento del 35% rispetto al 2020, in previsione di raggiungere quota 200 miliardi entro il 2024. La quota russa del fatturato commerciale complessivo di Pechino ammonta attualmente a circa il 2%, mentre dal punto di vista di Mosca la Repubblica Popolare “pesa” per oltre il 18%. Nel corso del Forum Economico di San Pietroburgo tenutosi lo scorso giugno, la società russa Novatek ha siglato con lo Zhejiang Provincial Energy cinese un accordo per la fornitura di una quantità di gas naturale liquefatto non inferiore al milione di tonnellate all’anno per il prossimo quindicennio. Le consegne verranno espletate attraverso l’Arctic Lng-2, il colossale impianto da 21 miliardi di dollari messo in cantiere da Novatek subito dopo l’aggiudicazione dei diritti di parte assai ragguardevole dei giacimenti presenti nell’area polare e recentemente ultimato grazie  anche al credito da 9,5 miliardi di dollari accordato all’azienda energetica da un consorzio bancario che riunisce istituti russi e cinesi. Nonché giapponesi, la cui disponibilità a partecipare al cofinanziamento del progetto è stata fortemente indotta dal governo di Tokyo in quanto Arctic Lng-2 «unirà in maniera ancora più stretta il Giappone e la Russia», come dichiarato dal ministro dell’Industria nipponico Hiroshige Seko. Del resto, ha evidenziato l’ufficio stampa di Novatek, l’80% della produzione di gas naturale liquefatto prenderà la via dell’Asia ponendo la Federazione Russa nelle condizioni di ergersi a gigante planetario anche nel settore del Gnl, attualmente dominato dagli Usa grazie allo shale.
Allo stesso tempo, Arctic Lng-2 risponde alle esigenze russe in materia di diversificazione delle destinazioni dell’export, che continueranno in ogni caso a indirizzarsi in maniera sempre più massiccia verso la Cina. Lo si evince dai colloqui telefonici risalenti allo scorso dicembre, nell’ambito dei quali Vladimir Putin ha discusso con Xi Jinping e il presidente mongolo Ukhnaagiin Khurelsukh le modalità di realizzazione di un gasdotto parallelo al già esistente Power of Siberia destinato a raddoppiare il volume delle attuali forniture di metano che la Russia garantisce alla Cina. La conduttura, messa in cantiere da Gazprom, ha evidenti implicazioni di natura geopolitica e strategica, non solo perché progettata per attingere agli stessi giacimenti della penisola siberiana di Yamal da cui si approvvigiona l’Europa, ma anche perché perfettamente funzionale al programma cinese di riduzione del volume di importazioni di Gnl via mare (lo stretto di Malacca è uno dei colli di bottiglia maggiormente battuti dalla marina militare Usa)  ed alleggerimento della dipendenza dal carbone. Più specificamente, Pechino ambisce a imporre il gas come principale fonte di combustibile entro il 2050 e a raggiungere un volume di consumo metanifero annuo di 620 metri cubi entro il 2040. Entro il 2022, invece, dovrebbe essere inaugurato il ponte ferroviario che connette la metropoli cinese di Tongjiang con la città russa di Nižneleninskoye sviluppandosi al di sopra delle acque dell’Amur. Nel marzo del 1969, il suo affluente Ussuri era finito al centro di una pericolosa crisi tra le due nazioni scatenata dall’attacco portato da un manipolo di soldati cinesi a un manipolo guardie di frontiera sovietiche di stanza sulle rive del fiume.

1 2