LA SINERGIA TRA LE FORZE DEL MULTIPOLARISMO

Condividi su:
Discorso alla 1° Conferenza europea sul multipolarismo del 4 settembre 2023

La transizione dall’amministrazione di Donald Trump a quella guidata da Joe Biden ha portato a un significativo cambiamento della politica estera statunitense.

Il miliardario newyorkese è stato formalmente issato alla Casa Bianca per soddisfare le richieste della classe media americana impoverita e delusa dall’eccessiva esposizione militare degli Stati Uniti nel mondo, sfruttando un sentimento di frustrazione che, non a caso, era già stato evidenziato da uno dei massimi analisti dei circoli di potere a stelle e strisce, Samuel Huntington.

In realtà, si è trattato dell’ennesimo “bait and switch” della geopolitica statunitense; Trump – il candidato ideale per raccogliere le proteste di questa componente risentita della società americana – è stato utilizzato per cercare di bloccare l’ascesa pacifica della Repubblica Popolare Cinese e soprattutto il suo progetto di Nuova Via della Seta terrestre e marittima che stava trasformando il processo di globalizzazione da unipolare a multipolare (facendo perdere agli Stati Uniti il loro dominio universale). Da qui la retorica della Casa Bianca sull’America First, sul protezionismo e sulle tariffe commerciali, metodi che si sono però rivelati inefficaci vista la stretta interconnessione tra le prime due economie del mondo.

Al protagonismo di Pechino, basato sui principi BRICS di non ingerenza negli affari interni degli Stati sovrani, di rispetto delle differenze culturali-religiose dei singoli Paesi (anche per quanto riguarda il modello di sviluppo) e di sostegno all’economia reale ma non speculativa, si è ovviamente unita anche Mosca, soprattutto dopo le sanzioni euro-atlantiche del 2014 per la questione della Crimea; il Cremlino ha reagito ad esse con un più intenso riavvicinamento economico alla Cina e con un intervento militare in Siria che ha sconvolto i piani statunitensi per il “Grande Medio Oriente”, secondo una logica che si potrebbe definire di “divisione internazionale del lavoro eurasiatico”. (La Russia usa lo strumento militare, la Cina quello economico). Fallito il tentativo trumpiano di staccare la Russia dalla Cina, con il pretesto della pandemia si è via via riproposto il vecchio schema della “guerra fredda”, della divisione del mondo in blocchi, dello scontro anche ideologico tra “autocrazie” e “democrazie”. A quel punto, il candidato naturale per l’establishment statunitense è diventato Joe Biden, il presidente che più probabilmente recupererà l’Europa all’interno del blocco guidato da Washington attraverso la NATO dopo le tribolazioni dell’era Trump.

Prima di insediare la Cina – considerata dagli Stati Uniti il vero rivale strategico per la governance mondiale – Washington cerca di sbarazzarsi del principale alleato di Xi Jinping, ovvero Vladimir Putin, per sostituirlo con un “fantoccio” disposto ad accettare il ruolo marginale di Mosca all’interno dell’ordine unipolare statunitense e la frammentazione della Federazione Russa.

A questo punto è necessario un ulteriore chiarimento. Molti parlano già di multipolarismo come di un processo pienamente avviato, in realtà siamo ancora in una fase di transizione che la diplomatica russa Marija Chodynskaja Goleniščeva ha brillantemente definito qualche anno fa come “dualismo policentrico”: “L’unipolarismo e l’unipolarismo pluralista (quello che gli americani chiamano multilateralismo), modelli tipici degli anni Novanta e dei primi anni Duemila, cominciano a cedere il passo all’ordine mondiale policentrico. Questo processo, difficile e irregolare, incontra la resistenza di Stati abituati a dominare la scena mondiale e che hanno perso la capacità di negoziare per raggiungere compromessi che tengano conto degli interessi delle altre parti e presuppongano la disponibilità a fare concessioni. D’altra parte, la crescita del peso politico specifico degli “attori non convenzionali” (in primo luogo dei Paesi della regione) sulla scena internazionale, il loro desiderio di partecipare più attivamente al processo decisionale su questioni mondiali fondamentali porta a un profondo coinvolgimento di questi Stati nei conflitti che riguardano i loro interessi nazionali. Tutto ciò rende la situazione imprevedibile, porta alla “frammentazione” dei conflitti in aree di intersezione degli interessi degli attori politici globali e regionali e rende la risoluzione delle crisi mutevole in assenza di una metodologia adeguata alla realtà odierna.

Il filosofo geopolitico eurasiatico Aleksandr Dugin ha giustamente separato e distinto il concetto di multilateralismo – una comoda situazione di facciata che serve solo a distinguere la disuguaglianza tra l’egemone (gli USA) e i suoi vassalli (le nazioni dell’Alleanza Atlantica) – da quello di multipolarità, concetto caro a chi non accetta l’egemonia unipolare statunitense sul pianeta. Non ci possono essere compromessi tra i sostenitori dei due campi, tanto più che l’enunciazione di principi guida da parte di Putin e la sistematizzazione di strumenti militari ed economici alternativi (CSTO, Banca dei BRICS, OCS…) ha ulteriormente ampliato il divario tra le rispettive parti. Tornando a Dugin, egli sostiene che “un mondo multipolare non è un mondo bipolare perché nel mondo di oggi non c’è nessuna potenza che possa resistere con le proprie forze al potere strategico degli Stati Uniti e dei Paesi della NATO, e inoltre non c’è nessuna ideologia generale e coerente in grado di unire gran parte dell’umanità in chiara opposizione ideologica all’ideologia della democrazia liberale, del capitalismo e dei diritti umani, su cui gli Stati Uniti fondano ora una nuova, unica ideologia. Né la Russia moderna, la Cina, l’India o qualsiasi altro Stato possono pretendere di essere un secondo polo in queste condizioni. Il ripristino del bipolarismo è impossibile per ragioni ideologiche e tecnico-militari…”. In realtà, proprio il rispetto da parte dei BRICS e dei loro alleati dei principi condivisi di non ingerenza negli affari interni degli Stati sovrani, unito all’affermazione delle specificità culturali, dei modelli economici specifici (produttivi contro finanziari) e delle diverse visioni del mondo (basti pensare al concetto di “famiglia”), ha già diviso lo scacchiere geopolitico tra due poli in costante competizione tra loro in tutte le aree del pianeta. L’accelerazione della competizione tra i due campi negli ultimi anni ha infatti costretto in un modo o nell’altro tutti gli Stati nazionali a schierarsi da una parte o dall’altra. In conclusione, se è vero che attualmente non viviamo ancora in un sistema geopolitico multipolare, è altrettanto vero che la conditio sine qua non del suo completamento è il passaggio a una nuova fase bipolare che, pur non basandosi più sulla storica contrapposizione ideologica tra capitalismo e marxismo, conserva comunque differenze epocali di visione del mondo. Non si tratta quindi solo di proporre una riorganizzazione delle relazioni internazionali o di interpretare l’attuale fase storica come il passaggio dalla competizione geopolitica a quella geoeconomica, ma di approfondire ulteriormente la sinergia già esistente tra le forze che tendono a favorire il multipolarismo per far capire che l’attuale precario equilibrio bipolare può essere rotto solo con il ridimensionamento strategico degli Stati Uniti d’America. Solo quando Washington accetterà o sarà costretta a rinunciare al suo tentativo di egemonia mondiale, di fronte all’evidenza della sua incapacità di guidare il pianeta, si realizzerà l’agognato sistema multipolare; nel frattempo, la fase intermedia non potrà che essere sempre più bipolare, come gli ultimi avvenimenti stanno evidenziando: il trinceramento del mondo atlantico, Europa compresa, a difesa della supremazia del dollaro statunitense.

Allo stesso tempo, la fine dell’eurocentrismo richiede una nuova idea-forza da parte dei sostenitori del mondo multipolare che imponga la fine dell’assunto di occidentalizzazione-modernizzazione-liberismo-democrazia-diritti umani/individuali come unico progresso possibile dell’umanità. Un processo di cambiamento culturale che dovrebbe essere coordinato con i Paesi BRICS, ai quali potrebbero presto aggiungersi almeno altre 20 nazioni di varie parti del globo.

Dovrebbero poi riconoscere il ruolo della Russia come Piemonte d’Europa e cercare di coagulare tutte quelle forze genuinamente antiamericane presenti all’interno del Vecchio Continente (tenendo presente la subordinazione e la complicità dell’Unione Europea con l’imperialismo statunitense).

Una transizione pacifica dall’unipolarismo al multipolarismo potrebbe essere più conveniente per tutti. Il mondo sarebbe diviso in zone d’influenza in cui le potenze regionali e vicine si attivano per risolvere eventualmente le varie questioni in modo pacifico: è il modello che ho definito globalizzazione multipolare, perché si basa su diversi attori-civiltà e sulla composizione possibilmente win-win degli interessi. Ma la vittoria militare russa in Ucraina e il completamento del processo di dedollarizzazione già in atto costituiscono le premesse indispensabili.

Fonte: https://www.geopolitika.ru/it/article/la-sinergia-tra-le-forze-del-multipolarismo

Escatologie del mondo multipolare

Condividi su:

di Alexandr Dugin

BRICS: La creazione del multipolarismo. Il XV Vertice dei BRICS: La creazione di un mondo multipolare

Il XV vertice dei BRICS ha preso la storica decisione di ammettere altri 6 Paesi nell’organizzazione: Argentina, Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. In questo modo è stata completata la formazione del nucleo di un mondo multipolare.

Sebbene i BRICS, ex BRIC, fossero un’associazione condizionata di Paesi semiperiferici (secondo Wallerstein) o del “secondo mondo”, il dialogo tra questi Paesi, che non fanno parte della struttura dell’Occidente collettivo (NATO e altre organizzazioni rigidamente unipolari dominate dagli Stati Uniti), ha gradualmente delineato i contorni di un ordine mondiale alternativo. Se la civiltà occidentale si considera l’unica, e questa è l’essenza del globalismo e dell’unipolarismo, i Paesi BRICS rappresentano civiltà sovrane e indipendenti, diverse dall’Occidente, con una lunga storia e un sistema di valori tradizionali del tutto originale.

Inizialmente l’associazione BRIC, creata nel 2006 su iniziativa del presidente russo Vladimir Putin, comprendeva quattro Paesi: Brasile, Russia, India e Cina. Il Brasile, la più grande potenza del Sudamerica, rappresentava il continente latinoamericano. La Russia, la Cina e l’India sono di per sé di dimensioni sufficienti per essere considerate civiltà a tutto tondo. Sono più che semplici Stati-nazione.

La Russia è l’avanguardia dell’Eurasia, il “Grande Spazio” eurasiatico.

La Cina è responsabile di un’area significativa delle potenze vicine dell’Indocina e di molte altre (il progetto One Belt One Road è il modo concreto per stabilire questo “Grande Spazio” cinese basato sulla cooperazione pacifica).

L’India estende la sua influenza anche al di là dei suoi confini, almeno fino al Bangladesh e al Nepal.

Quando nel 2011 il Sudafrica si è unito ai Paesi BRIC (da cui l’acronimo BRICS – la “C” alla fine di Sudafrica), simbolicamente era rappresentato anche il più grande Paese africano.

7 civiltà (1 contro 6)

Ma al XV vertice, tenutosi dal 22 al 24 agosto 2023 a Johannesburg, ha avuto luogo la formazione definitiva del club multipolare. L’ingresso di tre potenze islamiche – l’Iran sciita e l’Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti sunniti – è stato fondamentale. In questo modo, è stata assicurata la partecipazione diretta al mondo multipolare dell’intera civiltà islamica, rappresentata da entrambi i rami – sunnismo e sciismo -.

Inoltre, insieme al Brasile di lingua portoghese, l’Argentina di lingua spagnola, altra potenza forte e indipendente, si è unita ai BRICS. Già a metà del XX secolo, i teorici dell’unificazione sudamericana in un “Grande Spazio” consolidato – in primis il generale argentino Juan Perón e il presidente brasiliano Getúlio Vargas – consideravano un decisivo avvicinamento tra Brasile e Argentina come il primo principio di questo processo. Se questo si realizzerà, il processo di integrazione dell’ecumene latinoamericano (termine di A. Buela) sarà irreversibile. Ed è proprio quello che sta accadendo ora nel contesto dell’adesione delle due maggiori potenze del Sud America, Brasile e Argentina, al club multipolare.

Anche l’ammissione dell’Etiopia è altamente simbolica. È l’unico Paese africano che è rimasto indipendente per tutta l’epoca coloniale, preservando la sua sovranità, la sua indipendenza e la sua cultura unica (gli etiopi sono il più antico popolo cristiano). Insieme al Sudafrica, l’Etiopia rafforza con la sua presenza nel club multipolare il continente africano nel suo complesso.

In effetti, la nuova composizione dei BRICS ci offre un modello completo di unione di tutti i poli – civiltà, “Spazi Maggiori”, con l’eccezione dell’Occidente, che cerca disperatamente di preservare la sua egemonia e la sua struttura unipolare. Ma ora non si trova di fronte a Paesi disparati e frammentati, pieni di contraddizioni interne ed esterne, bensì a una forza unita della maggioranza dell’umanità, determinata a costruire un mondo multipolare.

Questo mondo multipolare è costituito dalle seguenti civiltà:

  1. L’Occidente (USA+UE e i loro vassalli, tra cui, ahimè, il Giappone, un tempo fiero e sovrano, ora degradato a fantoccio passivo dei conquistatori occidentali);
  2. La Cina (+Taiwan) con i suoi satelliti;
  3. Russia (come integratore dell’intero spazio eurasiatico);
  4. L’India e la sua zona di influenza;
  5. America Latina (con il nucleo di Brasile+Argentina);
  6. Africa (Sudafrica+Etiopia, con Mali, Burkina Faso, Niger, ecc. liberati dall’influenza coloniale francese).
  7. Mondo islamico (in entrambe le versioni – Iran sciita, Arabia Saudita sunnita ed Emirati Arabi Uniti).

Allo stesso tempo, una civiltà – quella occidentale – rivendica l’egemonia, mentre le altre sei la negano, accettando solo un sistema multipolare e riconoscendo l’Occidente come solo una delle civiltà, insieme ad altre. Forse ancora più forte (relativamente e non troppo a lungo), ma non unica.

Così la giustezza di Samuel Huntington, che vedeva il futuro nel ritorno della civiltà, è stata confermata nella pratica, mentre è diventata evidente la fallacia della tesi di Fukuyama, che credeva che l’egemonia globale dell’Occidente liberale (la fine della storia) fosse già stata raggiunta. A Fukuyama non resta quindi che fare la morale ai neonazisti ucraini, l’ultima speranza dei globalisti di fermare l’insorgere del multipolarismo, per il quale la Russia in Ucraina si batte oggi.

L’agosto 2023 può essere considerato il compleanno del mondo multipolare.

Il multipolarismo è stabilito e in qualche modo istituzionalizzato. È ora di guardare più da vicino a come gli stessi poli civili interpretano la situazione in cui si trovano. E qui dobbiamo tenere conto del fatto che praticamente ogni civiltà sovrana ha una propria idea della struttura della storia, della natura del tempo storico, della sua direzione, della meta e del fine. Contrariamente a Fukuyama, che ha ambiziosamente proclamato un’unica fine della storia (nella sua versione liberale), ogni civiltà sovrana opera con una propria comprensione, interpretazione e descrizione della fine della storia. Esaminiamo brevemente questa situazione.

Ogni civiltà ha la propria idea della fine del mondo

Ogni polo del mondo multipolare, cioè ogni civiltà, ha la sua versione dell’escatologia, in parte più e in parte meno esplicita.

L’escatologia è la dottrina della fine del mondo o della fine della storia. Le escatologie costituiscono una parte essenziale delle dottrine religiose, ma hanno anche versioni laiche. Qualsiasi idea sulla direzione lineare del processo storico e sulla sua presunta finalità può essere considerata “escatologia.

Il mondo multipolare è costituito da diverse civiltà o “Spazi Maggiori”, con un sistema di valori tradizionali del tutto unico e originale. Questo è il polo (non il singolo Stato). Un polo è appunto una civiltà. Ogni civiltà ha una propria idea della natura del processo storico, della sua direzione e del suo obiettivo, e quindi una propria escatologia.

In alcuni “Grandi Spazi” esistono addirittura diverse versioni di escatologia, e alcune formazioni politiche relativamente piccole, che non possono in alcun modo pretendere di essere un polo, hanno tuttavia talvolta un’escatologia speciale e persino sviluppata.

Vediamo di delineare i diversi tipi in termini più generali.

Escatologie dell’Occidente: l’escatologia nel cristianesimo occidentale

Il cristianesimo occidentale aveva originariamente la stessa dottrina escatologica del cristianesimo orientale, essendo un’unica civiltà. Nel cristianesimo – sia nel cattolicesimo che nell’ortodossia (e anche nel protestantesimo) – la fine del mondo è considerata inevitabile, poiché il mondo e la sua storia sono finiti e Dio è infinito. Dopo la venuta di Cristo, il mondo si avvia verso la sua fine e il ritorno di Cristo stesso è visto come se avvenisse “negli ultimi giorni”. L’intera storia della Chiesa cristiana è una preparazione ai tempi finali, al Giudizio Universale e alla Seconda Venuta di Cristo. Il cristianesimo insegna che prima della Seconda Venuta ci sarà un’apostasia generale dell’umanità, le nazioni si allontaneranno da Cristo e dalla sua Chiesa e si affideranno solo alle proprie forze (umanesimo). In seguito l’umanità degenererà completamente e l’Anticristo, il messaggero del diavolo, il “figlio della perdizione”, prenderà il potere.

L’Anticristo governerà per un breve periodo (3,5 anni, “un tempo, due tempi e mezzo”), i santi e i profeti Elia ed Enoch, che torneranno sulla terra, lo denunceranno, e poi avverrà la Seconda Venuta, la resurrezione dei morti e il Giudizio Universale. Questo è ciò in cui ogni cristiano è obbligato a credere.

Allo stesso tempo, il cattolicesimo, che si è gradualmente separato dal tronco ortodosso unito, credeva che la roccaforte dei cristiani dovesse essere la Chiesa cattolica sotto il Papa, la “Città di Dio”, e che la ritirata avrebbe riguardato solo le entità politiche terrene, la “Città della Terra”.

C’è una battaglia spirituale tra la politica celeste del Vaticano e quella terrena dei monarchi secolari. Nell’Ortodossia, a differenza del Cattolicesimo, il principale ostacolo sul cammino dell’Anticristo è il Sacro Impero, l’eterna Roma.

L’escatologia cristiana tradizionale ed esattamente questa visione – in parte pessimistica – del vettore della storia hanno prevalso in Europa fino all’inizio della Modernità. È così che i veri cattolici tradizionali, non influenzati dallo spirito illuminista, sempre meno numerosi in Occidente, continuano a pensare alla fine del mondo.

Le escatologie protestanti sono più bizzarre. Negli anabattisti di Münster o negli hussiti cechi, la Seconda Venuta era preceduta dall’instaurazione dell’uguaglianza universale (comunismo escatologico), dall’abolizione delle gerarchie di classe e della proprietà privata.

Recentemente, sotto l’influenza della modernizzazione e del politicamente corretto, molte denominazioni protestanti e la Chiesa anglicana hanno rivisto la loro visione dell’escatologia, rompendo definitivamente con l’antica tradizione cristiana.

Escatologia massonica: la teoria del progresso

Alle origini della civiltà europea occidentale della Modernità c’è la Massoneria europea, in mezzo alla quale è nata l’idea bizzarra e incoerente del “progresso sociale”. L’idea di progresso è la diretta antitesi della comprensione cristiana della storia. Essa rifiuta l’apostasia, l’Anticristo, il Giudizio Universale, la resurrezione dei morti e l’esistenza stessa dell’anima.

I massoni ritenevano che l’umanità si sviluppasse progressivamente: all’inizio la barbarie (non il paradiso terrestre), poi la barbarie (non la società tradizionale), quindi la civiltà (che culmina nella Modernità europea e nell’Illuminismo, ossia società laiche atee basate su una visione del mondo scientifica materialista). La “civiltà” (al singolare!) nella sua formazione passa attraverso una serie di fasi che vanno dalle confessioni tradizionali al culto umanistico del Grande Architetto dell’Universo e poi alla democrazia liberale, dove scienza, ateismo e materialismo trionfano pienamente. La Massoneria conservatrice (Rito Scozzese) si ferma di solito al culto del Grande Architetto dell’Universo (cioè al deismo – il riconoscimento di un “dio” indefinito e non confessionale), mentre le Logge più rivoluzionarie del “Grande Oriente” chiedono di andare oltre – fino alla completa abolizione della religione e della gerarchia sociale. Il Rito Scozzese è sinonimo di liberalismo classico (grande capitale), il Grande Oriente e le altre logge rivoluzionarie sono sinonimo di democrazia liberale (crescita intensiva della classe media e ridistribuzione del capitale dalla grande borghesia alla media e piccola borghesia).

Ma nella Massoneria, in entrambe le versioni, vediamo un vettore chiaramente diretto alla fine della storia, cioè alla costruzione della moderna civiltà globale progressista. Questa è l’ideologia del globalismo in due versioni: conservatrice (graduale) e offensiva (rivoluzionaria-democratica).

Inghilterra: la quinta monarchia

Durante la Rivoluzione inglese di Cromwell, la teoria della Quinta Monarchia si sviluppò negli ambienti protestanti sotto l’influenza dei circoli ebraici e del sabbatismo (in particolare del rabbino olandese Manasseh ben-Israel). La dottrina dei quattro regni mondiali (babilonese, persiano, greco e romano), tradizionale per il cristianesimo, fu dichiarata insufficiente e dopo la caduta di Roma (che per i protestanti significava il rifiuto di riconoscere l’autorità del Papa e il rovesciamento della monarchia, il regicidio) sarebbe arrivato il quinto regno.

In precedenza, un’idea simile era emersa in Portogallo in relazione all’impero marittimo portoghese e alla missione speciale del “re scomparso” Sebastiano. La versione portoghese e portoghese-centrica (mistico-monarchica) fu trasmessa agli ebrei portoghesi convertiti (marrani) e agli ebrei esiliati in Olanda e Brasile. Uno di loro era Manasseh ben-Israel, dal quale questa teoria passò ai protestanti inglesi e alla cerchia ristretta di Cromwell (T. Harisson).

I sostenitori di questa teoria consideravano Cromwell stesso come il futuro monarca mondiale del Quinto Impero. La Quinta Monarchia sarebbe stata caratterizzata dall’abolizione del cattolicesimo, del potere monarchico ereditario, degli Estati e avrebbe rappresentato il trionfo della democrazia borghese e del capitalismo.

Questo fu continuato dalla corrente dell'”israelismo britannico” (British Israelism), che dichiarò che gli inglesi erano “le dieci tribù perdute di Israele” e diffuse la convinzione dell’imminente dominio mondiale dell’Inghilterra e della razza anglosassone. Il dominio mondiale dei “Nuovi Israeliti” (anglosassoni) era visto al di là dei Quattro Regni e rompeva con l’escatologia cristiana tradizionale, poiché la Quinta Monarchia significava la distruzione dei regni cristiani tradizionali e il dominio del “popolo eletto” (questa volta non gli ebrei, ma gli inglesi).

Dall’Inghilterra, le sette protestanti estreme trasferirono queste idee negli Stati Uniti, che furono creati come incarnazione storica della Quinta Monarchia. Da qui l’escatologia americana nelle mitologie di W. Blake (in “The Prophecy of America” gli USA sono rappresentati dal gigante Orcus che si libera dalle catene del “vecchio dio”), che era anche un aderente alla teoria dell'”israelismo britannico”. Blake incarnò queste idee nella sua poesia “Jerusalem”, che divenne l’inno non ufficiale dell’Inghilterra.

USA: dispensazionalismo

Negli Stati Uniti, le idee dell'”Israelismo britannico” e della Quinta Monarchia furono sviluppate in alcune denominazioni protestanti e divennero la base di una particolare corrente di dispensazionalismo basata sulle idee dei Fratelli di Plymouth (predicatore John Darby) e sull’edizione Scofield della Bibbia di riferimento, dove l’interpretazione escatologica in chiave dispensazionalista è incorporata nel testo biblico in modo tale che alla gente comune sembra un’unica narrazione.

Il dispensazionalismo considera gli anglosassoni e i protestanti (“nati di nuovo”) come il popolo eletto e applica a loro tutte le profezie sugli ebrei. Secondo questa dottrina, l’umanità vive alla fine dell’ultima “dispensazione” del ciclo, e la seconda venuta di Cristo avrà presto luogo, e tutti i fedeli saranno portati in cielo (rapimento). Ma questo sarà preceduto da una battaglia finale (Armageddon) con il “re di Rosh, Meshech e Tubal”, con cui si intende la Russia dal XIX secolo a oggi. Prima di ciò, la Russia deve invadere la Palestina e lì combattere i “nati di nuovo” (anglosassoni) per poi essere sconfitta da loro. Dopodiché, ci dovrebbe essere una conversione di massa degli ebrei al protestantesimo e un’ascesa al cielo (tramite miracoli o navicelle spaziali).

Negli ultimi decenni, questa corrente si è fusa con il sionismo politico ed è diventata la base dell’ideologia e della geopolitica dei neocons americani.

Francia: il Grande Monarca

In Francia, già nel tardo Medioevo e agli albori dell’Età Moderna, si è sviluppata la teoria escatologica del Grande Monarca, secondo la quale alla fine dei tempi sarebbe apparso un re francese segreto, scelto da Dio, che avrebbe salvato l’umanità dalla decadenza, dal protestantesimo e dal materialismo. Questa versione dell’escatologia è francocentrica e conservatrice e circolava negli ambienti mistici dell’aristocrazia. Si differenzia dall’escatologia cattolica tradizionale per il fatto che è il re francese, e non la sede vaticana, a fare da barriera all’Anticristo.

La versione geopolitica laica e semplificata dell’escatologia del Grande Monarca è considerata da alcuni ricercatori come gollismo. Il generale De Gaulle era favorevole all’unione dei popoli europei (soprattutto francesi, tedeschi e russi) e contrario alla NATO e all’egemonia anglosassone. Lo scrittore francese J. Parvulesco (seguendo R. Abellio) l’ha definita “la dimensione mistica del gollismo”.

Ma la stragrande maggioranza della classe dirigente francese è dominata dall’escatologia massonica – con un significato esattamente opposto.

Italia: i Ghibellini e il Mastino

Nel Medioevo, il confronto tra il trono romano e il potere imperiale – dopo che Carlo Magno si è proclamato “imperatore” – è stato a volte estremamente aggravato. Questo portò alla creazione di due partiti: i Guelfi, sostenitori del Papa, e i Ghibellini, sostenitori dell’Imperatore. Questi ultimi erano maggiormente diffusi in Italia, il cui possesso costituiva la base per il riconoscimento dei re tedeschi come imperatori dell’Impero Romano (d’Occidente) dopo l’incoronazione a Roma.

Il poeta Dante fu un sostenitore dei ghibellini e codificò nel suo poema “La Divina Commedia” l’insegnamento escatologico dei ghibellini secondo cui, dopo il temporaneo dominio dei guelfi e la completa degradazione della Chiesa cattolica, sarebbe giunto in Europa un vero monarca ghibellino che avrebbe fatto rinascere la morale e la spiritualità della civiltà occidentale. Egli è simbolicamente rappresentato nella figura del mastino (il Veltro) e nel numero mistico DXV (515), che dà, dopo aver riordinato le lettere/digitali, la parola DVX, “condottiero”. Dante espone le idee della Monarchia mondiale in un trattato a parte. Anche in questo caso, il tema escatologico è legato al potere monarchico – e in misura maggiore rispetto alla Chiesa cattolica. Per Dante, la monarchia francese era vista dalla parte dell’Anticristo, così come il trono romano che si era sollevato contro l’Imperatore.

Germania: Hegel e la fine della Storia

La versione originale dell’escatologia si trova nella filosofia di Hegel. Egli vede la storia come un processo dialettico di dispersione dello Spirito attraverso la Natura, per poi riunire nuovamente le particelle dello Spirito in una società illuminata. Il culmine di questo processo, secondo Hegel, dovrebbe essere la creazione di uno Stato tedesco unificato sulla base della monarchia prussiana (che durante la sua vita non esisteva). In questa monarchia illuminata si sarebbe completato il ciclo della storia dello Spirito. Queste idee influenzarono il Secondo Reich e Bismarck, e più tardi, in forma distorta, il Terzo Reich di Hitler. Fu Hegel a proporre la tesi della “fine della storia” in un contesto filosofico, combinando in modo peculiare l’escatologia cristiana (compresa la figura del sovrano cristiano) e una particolare interpretazione mistico-monarchica del progresso sociale (come fase preliminare alla creazione dell’impero mondiale dei filosofi).

Il filosofo tedesco (cattolico) Carl Schmitt ha messo in relazione l’idea del Reich con la funzione del katehon, il guardiano, il custode, che era il significato del potere imperiale a Bisanzio e che fu usurpato (secondo la Chiesa ortodossa) nell’VIII secolo dall’imperatore franco Carlo Magno. Questa linea era in parte in linea con la tradizione ghibellina.

L’ebreo tedesco Karl Marx costruì una teoria del comunismo (la fine della storia) su una versione materialista rovesciata dell’hegelismo, e il filosofo russo Alexander Kojev cercò di identificare la fine della storia con il globalismo e il trionfo planetario del liberalismo. Ma è significativo che Hegel stesso, a differenza dei suoi interpreti settari, fosse un monarchico escatologico germanocentrico.

Iberia: gli Asburgo e l’evangelizzazione planetaria

L’escatologia nella versione spagnola era legata alla colonizzazione delle Americhe e alla missione di Carlo V Asburgo e dei suoi successori dinastici. Poiché nelle profezie sulla fine del mondo (Sal. Metodio di Patara), il segno della fine del mondo era la diffusione del Vangelo a tutta l’umanità e l’instaurazione di un impero cristiano mondiale sotto un re mondiale cattolico, le scoperte geografiche e la creazione di vaste colonie da parte della Spagna davano motivo di considerare gli Asburgo spagnoli – soprattutto Carlo V e Filippo II – come contendenti al ruolo di monarca mondiale. Questa versione cattolico-monarchica, in parte consonante con quella francese, ma in contrasto con gli imperatori austriaci, tradizionali avversari della dinastia francese. Cristoforo Colombo fu un sostenitore di un Impero mondiale escatologico durante il regno dei re cattolici Isabella e Ferdinando e rifletté le sue opinioni escatologiche nel Libro delle Profezie, compilato alla vigilia del suo quarto viaggio nelle Americhe e completato subito dopo il suo ritorno.

Dopo il regno dei Borbone in Spagna, questa linea escatologica si affievolì. In parte i suoi echi si ritrovano negli ambienti cattolici dell’America Latina e soprattutto nei gesuiti.

Il Quinto Impero nella versione portoghese e la sua propaggine brasiliana sono generalmente vicini a questa versione dell’escatologia.

Israele: il territorio del Mashiach

Lo Stato di Israele è stato fondato nel 1948 in Palestina come realizzazione delle aspirazioni escatologiche della diaspora ebraica, che da due millenni attendeva il ritorno alla Terra Promessa. L’escatologia ebraica si basa sulla convinzione dell’elezione degli ebrei e del loro ruolo speciale nei tempi finali, quando arriverà il Mashiach ebraico e gli ebrei governeranno il mondo. È la versione più studiata dell’escatologia. Per molti versi, è l’escatologia ebraica ad aver plasmato i principali scenari delle visioni della fine del mondo nelle tradizioni monoteiste.

L’Israele moderno è stato creato come Stato preparato alla venuta del Mashiach e, se questa funzione viene messa tra parentesi, la sua stessa esistenza perderà completamente di significato – prima di tutto agli occhi degli stessi ebrei.

Dal punto di vista geopolitico, Israele non può pretendere di essere una civiltà indipendente, un Impero, le cui dimensioni sono necessarie per una piena partecipazione ai processi escatologici globali. Tuttavia, se teniamo conto dell’avvicinamento dei sionisti politici negli Stati Uniti ai neocon e ai dispensazionalisti protestanti, del ruolo degli ebrei nel secolo scorso nelle logge massoniche, dell’influenza della diaspora nelle élite dirigenti e soprattutto economiche dell’Occidente, l’intero quadro cambia e per i gravi eventi escatologici la base risulta essere significativa.

L’interpretazione cabalistica del percorso migratorio della maggior parte dell’iaspora ebraica lo descrive come un movimento che segue la Shekhina (Presenza di Dio) in esilio (secondo Rabbi Alon Anava).

All’inizio della galut (dispersione), la massa principale di ebrei era concentrata in Medio Oriente (Mizrahi). Poi cominciò a spostarsi verso il nord e il Caucaso (khazar kaganato). Da lì il percorso della Shekhina portò alla Russia occidentale, ai Baltici e all’Europa orientale (Ashkenazi). Poi il movimento ashkenazita iniziò ad addentrarsi nell’Europa occidentale e i sefarditi della penisola iberica si spostarono in Olanda e nelle colonie americane. Infine, il grosso degli ebrei si concentrò negli Stati Uniti, dove ancora oggi rappresentano la maggioranza rispetto alle comunità ebraiche di altri Paesi. La Shekhina rimane quindi negli Stati Uniti. La seconda comunità di ebrei è quella di Israele. Quando le proporzioni cambieranno a favore di Israele, significherà che la Shekhina, dopo un cerchio di duemila anni, è tornata in Palestina.

Allora dovremo aspettarci la costruzione del Terzo Tempio e la venuta del Mashiach. Questa è la logica dell’escatologia ebraica, chiaramente rintracciabile nei processi politici che si stanno svolgendo intorno a Israele. A questa idea aderisce la maggioranza dei sionisti religiosi, che costituiscono una percentuale significativa di ebrei sia in Israele che nella diaspora. Ma ogni ebreo, ovunque si trovi e qualunque ideologia condivida, non può non essere consapevole della natura escatologica del moderno Stato di Israele e, di conseguenza, degli obiettivi di vasta portata del suo governo.

Escatologia ortodossa: i Greci, l’imperatore di marmo

Nella popolazione ortodossa della Grecia, dopo la caduta di Bisanzio e la presa di potere da parte degli Ottomani, si sviluppò una teoria escatologica sulla venuta di un re liberatore ortodosso, l’Imperatore di Marmo. La sua figura è stata talvolta interpretata come il ritorno di Costantino XII Paleologo, che secondo la leggenda non morì quando i Turchi presero Costantinopoli, ma fu portato da un angelo alla Porta di Marmo e lì attende la sua ora per liberare gli ortodossi (greci) dall’oppressione degli stranieri.

In alcune versioni della leggenda escatologica questa missione era affidata al “re dai capelli rossi del nord”, con cui nel XVIII secolo molti monaci athoniti intendevano l’imperatore russo.

Si tratta di echi della dottrina bizantina classica del katehon, il guardiano, il custode, destinato a diventare il principale ostacolo sulla strada del “figlio della perdizione” (Seconda Lettera dell’Apostolo Paolo ai Tessalonicesi) e del Re-Salvatore del libro di San Metodio di Patara. Il pensiero politico-religioso greco ha mantenuto questa componente escatologica durante il periodo ottomano, anche se, dopo la liberazione dai Turchi, lo Stato greco ha iniziato a essere costruito su stampi liberal-democratici massonici (nonostante il breve periodo di governo di alcune dinastie europee), rompendo completamente con l’eredità bizantina.

Russia: Re della Terza Roma, Salvatore delle sette, Comunismo

In Russia, l’escatologia assunse una forma stabile alla fine del XV secolo, che si rifletteva nella teoria di Mosca-Terza Roma. Essa affermava che la missione del katehon, il servo, dopo la caduta di Costantinopoli passò alla Russia moscovita, che divenne il nucleo dell’unico Impero ortodosso – cioè Roma. Il Granduca di Mosca cambiò lo status e divenne Zar, Basileus, Imperatore, katehon.

D’ora in poi, la missione della Russia e del popolo russo fu quella di rallentare la venuta del “figlio della perdizione”, l’Anticristo, e di resistergli in ogni modo possibile. Questo costituiva il nucleo dell’escatologia russa e formalizzava lo status del popolo russo come “portatore di Dio”.

Dimenticata all’epoca delle riforme occidentali di Pietro e dei suoi seguaci, l’idea di Mosca come Terza Roma rivive nel XIX secolo sotto l’influenza degli slavofili, per poi diventare un tema centrale nella Chiesa ortodossa russa in emigrazione.

Dopo lo scisma, l’escatologia si diffuse tra i Vecchi Credenti e i settari. I Vecchi Credenti ritenevano generalmente che la caduta della Terza Roma fosse già avvenuta in modo irreversibile, mentre i settari (khlysty o skopcy, castrati), al contrario, credevano nell’imminente venuta del “Cristo russo”.

La versione laica dell’escatologia settaria “ottimista” fu ripresa dai bolscevichi, nascondendola sotto la versione marxista della fine della storia di Hegel. Nell’ultimo periodo dell’URSS, la fede escatologica nel comunismo svanì e il regime e il Paese crollarono.

Il tema dell’escatologia russa è tornato d’attualità in Russia dopo l’inizio della SWO, quando il tema del confronto con la civiltà massonico-liberale e materialista-atea dell’Occidente è diventato estremamente acuto. Logicamente, man mano che la Russia si affermerà come civiltà a sé stante, il ruolo dell’escatologia e la centralità della funzione del catecumeno non potranno che aumentare.

Mondo islamico: sunnismo, il Mahdi sunnita

Nel sunnismo, la fine del mondo non è descritta nei dettagli e le visioni del leader della comunità islamica che verrà, il Mahdi, impallidiscono di fronte alla descrizione del Giudizio Universale che Dio (Allah) amministrerà alla fine dei tempi. Tuttavia, questa figura è presente ed è descritta in modo dettagliato negli hadith. Si tratta dell’emergere di un leader militare e politico del mondo islamico che ripristinerà la giustizia, l’ordine e la pietà che erano caduti in rovina alla fine dei tempi.

L’autorevole sufi Ibn Arabi specifica che il Mahdi sarà assistito nel governare da “visir”, che costituiranno la base del governo escatologico; secondo lui, tutti i visir di questo “governo metafisico”, in quanto assistenti e proiezioni del polo unificato (qutb), proverranno da comunità islamiche non arabe.

Il Mahdi sconfiggerà il Dajjal (il Bugiardo) e stabilirà il governo islamico. Una versione particolare dell’escatologia islamica è professata anche dai sostenitori dell’ISIS.

Diverse figure dell’Islam hanno rivendicato il ruolo del Mahdi. Di recente, il capo del PMC turco SADAT Adnan Tanriverdi ha proclamato Erdogan il Mahdi.

Iran: il 12° Imam

Nello sciismo, il tema del Mahdi è molto più sviluppato e l’escatologia è alla base degli stessi insegnamenti politico-religiosi degli sciiti. Gli sciiti considerano solo i seguaci di Ali, gli Imam, come i legittimi governanti della comunità islamica. Credono che l’ultimo 12° Imam non sia morto, ma si sia nascosto. Apparirà di nuovo alla gente alla fine dei tempi. Questo sarà l’inizio dell’ascesa del mondo sciita.

Poi apparirà Cristo, che insieme al Mahdi combatterà con Dajjal e lo sconfiggerà, stabilendo un giusto ordine spirituale per un breve periodo di tempo – poco prima della fine del mondo.

Probabilmente è stata l’antica dottrina iraniana della lotta tra la luce (Ormuzd) e le tenebre (Ahriman) che ha iniziato la storia come chiave di lettura del suo significato e della vittoria finale dei guerrieri della luce che è diventata la base della parte escatologica degli insegnamenti monoteistici. Ma in ogni caso l’influenza dello zoroastrismo sullo sciismo è evidente, ed è questo che dà all’escatologia iraniana una tale pregnanza e una chiara espressione politica.

Questa è la visione della maggioranza degli sciiti e in Iran è l’ideologia ufficiale che determina in larga misura l’intera strategia politica del Paese.

L’escatologia sciita continua per molti aspetti la tradizione iraniana pre-islamica dello zoroastrismo, che aveva una teoria sviluppata del cambiamento dei cicli e del loro culmine nella Grande Restaurazione (frashokart). L’immagine dell’imminente Re-Salvatore – Saoshyant, destinato a nascere magicamente da una Vergine pura e a sconfiggere l’esercito del principio oscuro (Ahriman) nell’ultima battaglia, vi svolge un ruolo importante.

Asia sud-orientale: India e Kalki

Nell’Induismo, la fine del mondo ha poco significato, anche se alcuni testi sacri associati al ciclo di Kalachakra raccontano di re della terra mistica di Shambhala, dove prevalgono ancora le condizioni di un’età dell’oro. Nel momento finale della storia, uno di questi re, Kalki, ritenuto il decimo avatar di Vishnu, apparirà nel mondo umano e combatterà il demone Kali-yuga. La vittoria di Kalki porrà fine all’era oscura e segnerà un nuovo inizio (Satya-yuga).

Il Kali-yuga è descritto come un’epoca di declino della morale, dei valori tradizionali e delle basi spirituali della civiltà indiana. Sebbene la tradizione indiana sia piuttosto distaccata dalla storia e dai suoi cicli, ritenendo che la realizzazione spirituale possa essere raggiunta in qualsiasi condizione, i motivi escatologici sono piuttosto presenti nella cultura e nella politica.

Nell’India contemporanea, il popolare politico conservatore e primo ministro Narendra Modi è riconosciuto da alcuni circoli tradizionalisti come un avatar divino – di Kalki stesso o del suo messaggero.

Buddismo: il Buddha dei tempi a venire

Anche nella tradizione buddista si sviluppano motivi escatologici. La fine dei tempi è vista come l’arrivo del Buddha futuro, Maitreya. La sua missione è quella di rinnovare la vita spirituale del sangha, la comunità buddista, e di indirizzare l’umanità verso il cammino salvifico del risveglio.

Sul buddismo si sono basati alcuni sistemi politici dei Paesi del Sud-Est asiatico: il Giappone, unito al culto autoctono dello shintoismo, al centro del quale si trova la figura dell’imperatore divino, alcuni Stati dell’Indocina. In alcuni casi, l’appello alla figura del Buddha Maitreya in arrivo è diventato la base di movimenti politici e rivolte popolari.

Talvolta il buddismo escatologico ha trovato sostegno nell’ideologia comunista, dando origine a forme sincretiche – Cambogia, Vietnam, ecc.

Cina: il mandato celeste

L’escatologia è praticamente assente nel confucianesimo, che è la corrente etico-politica dominante della tradizione cinese. Ma allo stesso tempo è sviluppata in modo piuttosto dettagliato nella religione dei taoisti cinesi e nelle correnti sincretistiche taoiste-buddiste. Secondo le idee taoiste sui cicli, la storia del mondo si riflette nel cambiamento delle dinastie al potere in Cina. Questo cambiamento è il risultato della perdita di quello che i taoisti chiamano il “Mandato del Cielo”, che ogni legittimo sovrano della Cina è obbligato a ricevere e conservare. Quando questo Mandato si esaurisce, la Cina è in subbuglio, con guerre civili e disordini. La situazione si salva solo con l’ottenimento di un nuovo Mandato del Cielo e l’intronizzazione di una nuova dinastia.

L’Impero di Mezzo cinese è percepito dai cinesi stessi come un’immagine della gerarchia cosmica, come l’Universo. Nell’Impero, cultura e natura si fondono fino a diventare indistinguibili. Per questo i cicli dinastici sono cicli cosmici con cui si misurano le epoche.

La tradizione cinese non conosce la fine assoluta del mondo, ma ritiene che ogni deviazione dell’ordine mondiale in qualsiasi direzione richieda un ripristino simmetrico. Questa teoria ha implicitamente contribuito alla rivoluzione cinese e mantiene il suo significato fino ai giorni nostri.

Infatti, la figura dell’attuale presidente del Comitato Centrale del PCC, Xing Jinping, è vista come una nuova apparizione di un imperatore legittimo che ha ricevuto un mandato celeste.

L’Africa: Garvey e la Massoneria nera

Uno dei fondatori del movimento per restituire dignità ai popoli africani fu il massone di origine giamaicana Marcus Garvey, che applicò il progressismo massonico ai neri e invitò alla ribellione contro i bianchi.

Garvey intraprese una serie di azioni per riportare i neri americani nel continente africano, continuando un processo iniziato nel 1820 con la creazione di uno Stato artificiale sulla costa occidentale dell’Africa, la Liberia. Il governo della Liberia copiava quello degli Stati Uniti e anch’esso era composto prevalentemente da massoni.

Garvey interpretò la lotta per i diritti dei neri non solo come un mezzo per ottenere l’uguaglianza, ma promosse attivamente la teoria dell’elezione degli africani a popolo speciale, che dopo secoli di schiavitù era chiamato a stabilire il proprio dominio – almeno nello spazio del continente africano, ma anche a rivendicare i diritti al potere negli Stati Uniti e in altri Paesi coloniali. Al centro di questo movimento mondiale dovevano esserci le logge massoniche, dove erano ammessi solo i neri.

I rappresentanti estremi di questa corrente furono le organizzazioni Black Power, Black Panthers e più tardi BLM.

La grande Etiopia

In Africa, tra la popolazione melanodermica (nera) si sono sviluppate versioni originali dell’escatologia. Tutte (come l’escatologia di Garvey) considerano i popoli africani come dotati di una speciale missione storica (neri = Nuovo Israele) e predicono la rinascita di loro stessi e del continente africano nel suo complesso. Lo schema generale dell’escatologia africana considera l’epoca della colonizzazione e della schiavitù come una grande prova spirituale per la razza nera, cui seguirà un periodo di ricompensa, una nuova età dell’oro.

In una versione di questa escatologia, il nucleo dell’identità africana è l’Etiopia. La sua popolazione (kushiti e semiti dalla pelle scura) è vista come il paradigma della civiltà africana – l’Etiopia è l’unica entità politica africana che non è stata colonizzata, né dalle potenze europee né dai musulmani.

In questa versione, tutti i popoli africani sono considerati imparentati con gli etiopi e il monarca etiope – il Negus – è percepito come il prototipo del sovrano del grande impero africano. Questa linea è stata alla base del rastafarianesimo, che è diventato popolare tra i neri della Giamaica e si è poi diffuso tra la popolazione nera dell’Africa e dell’America.

Questa versione è predominante per le nazioni cristiane e cristianizzate. La stessa escatologia cristiana degli etiopi (monofisiti) acquisisce caratteristiche originali associate alla missione speciale dell’Etiopia, considerata il Paese e il popolo eletto (da qui le leggende secondo cui l’antenato degli etiopi sarebbe il biblico Melchisedek, il Re della Pace). Nel rastafarianesimo, questa escatologia etiopica acquisisce ulteriori caratteristiche, a volte piuttosto grottesche.

Islam nero

Un’altra versione dell’escatologia africana è quella dei “musulmani neri” (Nation of Islam), sorta negli Stati Uniti. Questa dottrina sostiene che sia Mosè che Maometto erano neri e che Dio si incarna in leader politico-religiosi neri di ciclo in ciclo. Il fondatore di questa corrente, Wali Fard Muhammad, si considerava un’incarnazione di questo tipo (in linea con la setta russa dei khlysty). Dopo la morte di Wali Fard Mohammed i credenti si aspettano il suo ritorno su un’astronave.

Parallelamente, proclama la necessità per i neri di lottare negli Stati Uniti e in tutto il mondo, non solo per i loro diritti, ma per il riconoscimento della loro leadership spirituale e razziale nella civiltà.

Sotto il leader contemporaneo della Nation of Islam, Louis Farrakhan, questa corrente ha raggiunto una grande influenza negli Stati Uniti e ha avuto un impatto significativo sulla formazione ideologica dei musulmani neri in Africa.

Egitto nero

Un’altra versione dell’escatologia politica africana è la corrente del KMT (dall’antico nome egiziano dell’Egitto stesso), che ha sviluppato le idee del filosofo africano Sheikh Anta Diop. Lui e i suoi seguaci hanno sviluppato la teoria che l’antico Egitto fosse uno Stato di neri, come si evince dal nome “KMT”, che in lingua egizia significa “Terra Nera” o “Terra dei Neri”. Anta Diop ritiene che tutti i sistemi religiosi africani siano eco della religione egizia, che deve essere ricostruita nella sua interezza.

Il suo seguace Kemi Seba sviluppa la tesi del monoteismo africano, che è alla base di un sistema religioso-politico in cui il potere dovrebbe essere affidato a un governo metafisico che esprima la volontà di Dio (come i visir del Mahdi nella versione di Ibn Arabi). La vita dovrebbe basarsi sul principio delle comunità nere chiuse – quilombo.

In questo modo, gli africani dovrebbero tornare alle tradizioni dei loro popoli, assumere il pieno controllo del continente africano, ripristinare un colore della pelle il più scuro possibile (attraverso matrimoni orientati al melano) e realizzare una rivoluzione spirituale nel mondo.

L’unica lingua sacra panafricana dovrebbe essere l’antico egiziano restaurato (medu netjer), mentre lo swahili dovrebbe essere usato per le necessità pratiche. Secondo i sostenitori della teoria del KMT, i neri sono i portatori della sacralità, della Tradizione e il popolo dell’Età dell’Oro. La civiltà bianca è una perversione, una patologia e un’anti-civiltà in cui la materia, il denaro e il capitale sono al di sopra dello spirito.

Il principale nemico degli africani e dei neri di tutto il mondo sono i bianchi, considerati portatori di modernizzazione, colonialismo, materialismo e degenerazione spirituale. La vittoria sui bianchi è la garanzia del compimento della missione mondiale dei neri e il coronamento del processo di decolonizzazione.

America Latina:Eteno-escatologia ed indigenismo

Nei Paesi dell’America Latina, alcuni popoli amerindi aborigeni vedono la logica fine della colonizzazione nella restaurazione delle società etniche (indigenismo). Queste tendenze si sviluppano in misura diversa a seconda del Paese.

Molti considerano la ribellione di Tupac Amaru II, discendente dell’ultimo sovrano Inca, che nel 1780 guidò una rivolta indiana contro la presenza spagnola in Perù, come l’inizio simbolico della resistenza dei nativi alla colonizzazione.

In Bolivia, nel 2006, è stato eletto presidente Evo Morales, il primo rappresentante del popolo indiano Aymara. Sempre più spesso si sentono voci – soprattutto in Perù e Bolivia – a favore della dichiarazione dell’antico culto indiano della dea della terra Pachamama come religione ufficiale.

Di norma, l’escatologia etnica degli indios latinoamericani si combina con correnti socialiste o anarchiche di sinistra per creare insegnamenti sincretici.

Sebastianismo brasiliano

Una particolare versione dell’escatologia, legata alle idee portoghesi sul Quinto Impero, si è sviluppata in Brasile. Dopo che la capitale dell’Impero portoghese fu trasferita in Brasile a causa di un colpo di Stato repubblicano in Portogallo, nacque la dottrina secondo cui questo trasferimento della capitale non era casuale e che il Brasile stesso aveva una speciale missione politico-religiosa. Se il Portogallo europeo ha dimenticato la dottrina di Re Sebastiano e ha seguito la strada della democrazia borghese europea, allora il Brasile deve ora assumere questa missione e diventare il territorio in cui, nelle condizioni critiche del ciclo storico, si troverebbe il Re Sebastiano scomparso ma non morto.

Sotto la bandiera di tale dottrina si sono svolte in Brasile le rivolte conservatrici cattolico-escatologiche e imperiali contro il governo liberale massonico – Canudos, Contestado, ecc. – hanno avuto luogo in Brasile.

Mappa escatologica delle civiltà

Così, in un mondo multipolare, escatologie diverse si scontrano o si alleano tra loro.

In Occidente prevale nettamente il modello secolare (progressismo e liberalismo), con un’aggiunta significativa sotto forma di dispensazionalismo protestante estremo. Questa è la “fine della storia”, secondo Fukuyama. Se prendiamo in considerazione l’élite liberale dei Paesi europei sotto il pieno controllo americano, possiamo parlare di un’escatologia speciale che accomuna quasi tutti i Paesi della NATO. A ciò si aggiunge la teoria dell’individualismo radicale, comune ai liberali, che pretende di liberare l’uomo da ogni forma di identità collettiva – fino alla libertà dal sesso (politica di genere) e persino dall’appartenenza alla specie umana (transumanesimo, IA). Così i nuovi elementi dell’escatologia progressista massonica, insieme alla “società aperta”, sono gli imperativi del cambiamento di sesso, del sostegno ai principi LGBTQ, del postumanesimo e dell’ecologia profonda (che rifiuta la centralità dell’essere umano nel mondo su cui hanno insistito tutte le religioni e i sistemi filosofici tradizionali).

Sebbene il sionismo non sia un’estensione diretta di questa versione dell’escatologia, in alcune sue forme – in particolare attraverso l’alleanza con i neoconservatori americani – si inserisce in parte in questa strategia e, data l’influenza degli ebrei sulle élite al potere in Occidente, queste proporzioni potrebbero persino essere invertite.

Nel percorso di questa fine della storia, la Russia e la sua funzione katehonica, che combina l’escatologia della Terza Roma e l’orizzonte comunista come eredità dell’URSS, si trova più palesemente in mezzo.

In Cina, il marxismo occidentale, già rielaborato in modo sostanziale nel maoismo, si manifesta sempre più apertamente nella cultura confuciana e il capo del PCC, in qualità di imperatore tradizionale, riceve il mandato celeste di governare “tutto ciò che è sotto il cielo” (tianxia – 天下).

I sentimenti escatologici sono in costante crescita nel mondo islamico, sia nella zona sunnita che soprattutto nello sciismo (in primo luogo in Iran), ed è la moderna civiltà occidentale – la stessa che oggi combatte contro la Russia – che viene quasi unanimemente dipinta come il Dajjal per tutti i musulmani.

In India crescono progressivamente i sentimenti ispirati all’Hindutva (la dottrina dell’identità indipendente degli indù come civiltà speciale e superiore), che proclamano un ritorno alle radici della tradizione indù e ai suoi valori (che non coincidono affatto con quelli dell’Occidente), e da qui si delineano i contorni di una speciale escatologia associata al fenomeno Kalki e al superamento del Kali-yuga.

Il panafricanismo si sviluppa verso il rafforzamento di dottrine radicali sul ritorno degli africani alla loro identità e un nuovo ciclo di lotta anticoloniale contro il “mondo bianco” (inteso principalmente come Paesi coloniali appartenenti alla civiltà occidentale). Questo descrive un nuovo vettore dell’escatologia nera.

In America Latina, il desiderio di rafforzare la propria sovranità geopolitica è sostenuto sia dall’escatologia di sinistra (socialista) che dalla difesa dell’identità cattolica, particolarmente evidente in Brasile, dove sia la destra che la sinistra prendono sempre più le distanze dal globalismo e dalla politica statunitense (da qui la precoce partecipazione del Brasile al blocco BRICS). Le etno-escatologie dell’indigenismo, sebbene relativamente deboli, aggiungono generalmente una dimensione importante all’intero progetto escatologico.

Allo stesso tempo, l’escatologia aristocratica francese (e la sua proiezione secolare nel gollismo), la versione tedesca della fine della storia nella persona dell’Impero tedesco, così come la linea buddista e shintoista della missione speciale del Giappone e degli imperatori giapponesi – (almeno per ora) non giocano alcun ruolo significativo, essendo completamente eclissati dalla dominante élite globalista progressista e dalle strategie degli anglosassoni.

Abbiamo così una mappa mondiale dell’escatologia, che corrisponde ai contorni di un mondo multipolare. [E’ chiaro che per noi cattolici apostolici romani integrali il Katehon non puo’ essere in Russia, ma a Roma, n.d.r.]

Traduzione a cura di Lorenzo Maria Pacini

Fonte: https://www.geopolitika.ru/it/article/escatologie-del-mondo-multipolare

IL NUOVO ORDINE MONDIALE E LA PREVALENZA DEL MULTIPOLARISMO

Condividi su:
Discorso alla 1° Conferenza globale sul multipolarismo del 29 aprile 2023

Il mondo come lo vediamo oggi è stato diviso da due assi di potenze:

L’Occidente, guidato da Stati Uniti d’America, Regno Unito, Unione Europea, Canada, Giappone, Corea del Sud e Australia. E i BRICS, che comprendono Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, oltre a Iran e Venezuela come attori regionali e diversi Paesi africani. La Cina, con la sua iniziativa “Belt and Road”, è la potenza più grande, mentre Russia e India sono i principali attori su scala geopolitica ed economica.

L’Occidente e i BRICS hanno due possibilità: o affrontare l’attuale divisione geopolitica e raggiungere un accordo sano di un sistema mondiale bipolare o affrontare la catastrofe della terza guerra mondiale.

Come gli Stati Uniti d’America sono diventati unipolari?

La prima fase degli ultimi tre decenni è stata decisiva per dare forma al mondo di oggi. In primo luogo, la dissoluzione dell’Unione Sovietica e del blocco socialista, in secondo luogo la seconda guerra del Golfo e in terzo luogo la guerra dei Balcani, che ha portato alla frammentazione dell’ex Jugoslavia in mini-paesi dopo l’intervento della NATO guidata dagli Stati Uniti. L’Unione Europea ha infine riunito questi mini-paesi sotto il suo ombrello su ordine degli USA.

La seconda fase è iniziata dopo l’attacco alle Torri Gemelle di New York dell’11 settembre 2001, che ha portato all’attacco degli Stati Uniti all’Afghanistan e all’invasione dell’Iraq, poi alla “dottrina del Grande Medio Oriente” e al “Caos Creativo” (2006), alla guerra contro il Libano (2006) e alla guerra del terrore per procura contro sette Paesi arabi, che stanno ancora sopportando le sue devastanti conseguenze come Paesi falliti, sotto l’occupazione militare degli Stati Uniti/Alleati e/o sotto le sanzioni.

La terza fase è rappresentata dalla rivoluzione colorata in Ucraina e dall’ascesa di un governo nazista, nonché dai massacri commessi contro gli ucraini russi nella regione del Donbass, nell’est del Paese, a partire dal 2014.

L’egemonia statunitense in azione

Per analizzare queste fasi di aggressione ed egemonia degli Stati Uniti contro altre nazioni e Paesi sovrani dobbiamo comprendere la sua struttura e la sua natura di legittimo successore delle potenze coloniali europee che per secoli hanno costruito le loro monarchie e le loro fortune sulle risorse naturali e sulla schiavitù del Terzo Mondo e che ancora oggi lo sfruttano al massimo, lo portano alla povertà e commettono crimini di guerra contro milioni di persone in Africa, Medio Oriente, Asia e America Latina.

Gli Stati Uniti hanno creato l’attuale sistema mondiale di unilateralismo gradualmente per continuare a servire gli interessi imperiali dell’1% della classe dirigente del mondo occidentale a spese di miliardi di persone in tutto il mondo e contro l’interesse del proprio popolo, sia in Europa, sia in Nord America, sia dei popoli dei suoi alleati subordinati altrove.

La mentalità dell’egemonia coloniale occidentale degli Stati Uniti sulle organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite, create dai vincitori della Seconda Guerra Mondiale, tra cui gli stessi Stati Uniti, l’Unione Sovietica, la Cina, il Regno Unito e la Francia, ha violato i principi della Carta delle Nazioni Unite e ha paralizzato il suo ruolo nella risoluzione dei conflitti regionali mondiali. Al contrario, gli Stati Uniti hanno creato enormi conflitti regionali.

La domanda da porsi è, come ha eloquentemente presentato Lavrov al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite pochi giorni fa: Perché l’Occidente è sovrarappresentato nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite? Rispetto ai miliardi di persone che compongono la maggioranza globale dei Paesi africani (1,2 miliardi), dell’Asia (4,56 miliardi), dell’Europa orientale (292 milioni) o dell’America Latina (656 milioni)? Mentre il Nord America (375 milioni) e l’Europa Occidentale (198 milioni) compongono solo mezzo miliardo di persone.

Gli Stati Uniti hanno l’egemonia sull’economia globale attraverso la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale, strumenti finanziari di egemonia per fare pressione e sfruttare i Paesi del Terzo Mondo. Gli Stati Uniti impongono il loro dollaro come moneta mondiale, che la Reserve Bank non sostiene nemmeno con l’oro o con altri metalli preziosi.

Gli Stati Uniti hanno oltre 850 basi militari di controllo in tutto il mondo, mentre ostacolano o minacciano la Cina e la Russia dal tentare di creare organizzazioni economiche regionali o persino di pattugliare i propri territori, come nel caso di Taiwan, intimidendo i Paesi e imponendo loro sanzioni se collaborano con le due grandi potenze.

Il braccio di egemonia militare imperiale degli Stati Uniti, la NATO, che si estende in tutto il mondo, minaccia la sicurezza globale, la pace e la prosperità dell’umanità ovunque.

Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, nel 1945, gli Stati Uniti sono stati e sono tuttora coinvolti in decine di invasioni militari, guerre, cambi di regime, destabilizzazione e assassinio di presidenti (Libia) al di fuori dei propri confini, la più atroce delle quali è la guerra terroristica per procura in corso dal 2011, durante quella che hanno falsamente chiamato “Primavera araba”, contro diversi Paesi arabi tra cui la Libia, Iraq, Siria, Yemen, Tunisi, Egitto e Libano, oltre all’Afghanistan, all’Iran e ultimamente all’Ucraina, che sta mettendo in pericolo e minacciando l’Europa con una guerra prolungata che sta influenzando enormemente l’economia mondiale e potrebbe scivolare in scenari di guerra mondiale.

Il potere imperiale degli Stati Uniti sta usando le sanzioni non solo come strumento per disciplinare il sistema politico dei Paesi disobbedienti che si battono per la loro sovranità, ma anche come modo per punire i popoli e spingerli alla povertà per esercitare pressioni sulla loro leadership politica. Ad oggi, gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni a 33 Paesi, tra cui il territorio di Gaza, a sud della Palestina occupata, dove oltre due milioni di persone soffrono per l’assedio e le sanzioni criminali di Israele/USA e alleati.

Cosa può essere più conveniente per gli Stati Uniti/Occidente di questo? Perché gli Stati Uniti dovrebbero pensare di rinunciare al loro controllo unipolare sul mondo? Perché mai dovrebbero consentire la possibilità di condividere tutti questi privilegi “egemonici” con altri grandi attori regionali e globali del mondo, pur conoscendone l’inevitabilità?

L’unica risposta alla dottrina statunitense dell’egemonia unipolare è imporre il sistema multipolare con tutti i mezzi possibili, attraverso la cooperazione e il rafforzamento delle relazioni con i Paesi del Terzo Mondo, le corporazioni continentali e regionali come l’organizzazione ALPA in America Latina, il CCG nella regione del Golfo Arabo, la Lega Araba, l’Unione Africana. Questa è l’unica strada per la pace, la sicurezza e la prosperità globale per tutti i continenti e le nazioni.

Cosa significa ordine mondiale multipolare per la Palestina occupata e il suo popolo?

Gli Stati Uniti e l’Unione Europea continuano a ignorare tutte le risoluzioni delle Nazioni Unite relative alla lotta palestinese per la liberazione e l’indipendenza, come il diritto dei palestinesi all’autodeterminazione sulla terra dei loro antenati in quanto popolo indigente della Palestina occupata, la risoluzione 194 sul diritto al ritorno e decine di risoluzioni correlate che sono state riconosciute molto tempo fa, ma non sono state attivate, e così l’aggressione e l’oppressione israeliana contro il popolo palestinese continuano, così come le sue sofferenze.

Gli Stati Uniti e l’Unione Europea chiudono un occhio sulle violazioni del diritto internazionale e dei diritti umani da parte di Israele, tra cui l’assedio continuo alla Striscia di Gaza.

assedio continuo contro la Striscia di Gaza, dove due milioni di palestinesi sono prigionieri a cielo aperto, mentre la confisca delle terre palestinesi e la costruzione di insediamenti nella Cisgiordania occupata e a Gerusalemme, che l’Occidente considera illegali, non hanno mai votato a favore di una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che condanna le azioni coloniali di Israele. Questo è un peccato se ci rendiamo conto che gli Stati Uniti sono il principale paese finanziatore dell’”Israele” coloniale.

Inoltre, le azioni di soppressione coloniale israeliane stanno accelerando contro 4500 prigionieri politici palestinesi, centinaia dei quali soffrono di malattie croniche e rischiano una morte lenta a causa dell’assenza di cure mediche secondo la Convenzione di Ginevra. La politica di detenzione amministrativa, ereditata dall’epoca dell’occupazione britannica, è una punizione israeliana contro i prigionieri politici che nega loro qualsiasi processo legale. Shaikh Khader Adnan, in sciopero della fame da 87 giorni, è stato lasciato senza cure mediche adeguate e ha perso la vita come una delle ultime vittime di questa politica fascista.

Nonostante Amnesty International e Human Rights Watch abbiano denunciato che lo Stato di occupazione è in realtà e di fatto un sistema di apartheid, gli Stati Uniti bloccano ogni tentativo delle vittime palestinesi di portare il governo di occupazione davanti alla Corte penale internazionale (CPI).

In un mondo multipolare, l’unità nazionale, la cooperazione regionale e la resistenza a tutte le forme di egemonia occidentale avvicineranno noi palestinesi al raggiungimento del nostro diritto all’autodeterminazione, allo smantellamento del sistema coloniale di apartheid “israeliano” e all’istituzione di uno Stato democratico nella Palestina storica, basato su un sistema politico costituzionale che preservi l’uguaglianza, la giustizia sociale e i diritti umani per tutti sotto il ruolo delle istituzioni civili. Questo è l’unico percorso che può preservare la pace, la sicurezza e la prosperità a livello regionale e globale.

Traduzione a cura di Lorenzo Maria Pacini

Fonte: https://www.geopolitika.ru/it/article/il-nuovo-ordine-mondiale-e-la-prevalenza-del-multipolarismo

UNO STATO SOVRANO CREA MONETA. DIVERSAMENTE, È UNA COLONIA

Condividi su:
28.12.2022

È necessario uscire dal sistema unipolare e, soprattutto, dai suoi costrutti per entrare in un nuovo ordine multipolare, affinché ogni Stato possa riappropriarsi della propria sovranità e avere un proprio peso nel quadro geopolitico contemporaneo

Uno dei modelli economici che ha influenzato notevolmente il pensiero i molti economisti è il modello IS-LM, formulato da Sir John Richard Hicks per sintetizzare l’economia keynesiana e riassorbirla nell’alveo neoclassico, etichettandola come un mero caso particolare. Senza addentrarsi troppo nei tecnicismi, è bene tener presente che il modello IS-LM è costituito da due funzioni: la IS, l’insieme dei punti di equilibrio del mercato dei beni e servizi, caratterizzato dall’eguaglianza tra investimenti (I) e risparmi (S); e la LM, che rappresenta il mercato della moneta. Nel primo caso, abbiamo grandezze flusso, nel secondo stock. E già questo dovrebbe far sorgere qualche interrogativo, ma l’elefante nella stanza è un altro.

Il signor Hicks, da buon neoclassico (liberista), presupponeva che un aumento della spesa pubblica non facesse altro che dirottare i fondi dal settore privato alle casse del Tesoro, deprimendo gli investimenti. Dato il rapporto inverso tra investimenti e tasso di interesse, la curva IS presenta un andamento negativo. Se aumenta il tasso di interesse, diminuiscono gli investimenti. E questo è vero. Ma gli investimenti sono influenzati anche dalla crescita del reddito (teoria dell’acceleratore). Nessuno farebbe investimenti (cioè, aumenterebbe la propria capacità produttiva) se non ci fosse domanda, anche se i tassi di interesse fossero bassi. Questo vuol dire che il modello non tiene in debito conto la propensione marginale all’investimento rispetto al reddito disponibile. Diversamente, se tenesse in giusta considerazione questa propensione, la pendenza della curva IS, anziché essere negativa, potrebbe essere positiva, con importanti conseguenze sulla politica economica. La propensione marginale all’investimento rispetto al reddito disponibile può essere, infatti, superiore alla sensibilità dell’investimento rispetto al tasso di interesse.

Quello che viene spesso rimproverato ai sostenitori delle politiche keynesiane è l’effetto di spiazzamento (crowding out), per cui aumentando la spesa pubblica si ridurrebbe l’ammontare degli investimenti, i quali verrebbero scoraggiati dall’innalzamento dei tassi di interessi causato dalla spesa del Governo. In sintesi: la spesa pubblica aumenta la domanda di moneta da parte del Governo, facendo innalzare i tassi e questi deprimerebbero gli investimenti. Ciò vuol dire che, data la moneta disponibile nel sistema, il Governo al pari di famiglie e imprese, sarebbe un ulteriore fruitore di moneta – e quindi un concorrente – anziché un creatore di moneta.

Per i liberisti, l’offerta di moneta è esogena, cioè, è un vincolo cui deve sottostare anche il Governo. Quindi, prima di spendere il Governo deve rastrellare moneta attraverso le imposte, impoverendo famiglie e imprese. Queste dinamiche, però, riguardano solo uno Stato depotenziato, cioè, uno Stato colonia o uno Stato membro dell’UE. Uno Stato sovrano, invece, è un creatore di moneta in vista del pieno impiego, non un fruitore di moneta. Alla luce di ciò, se esaminiamo i flussi finanziari, capiremo come un aumento della spesa pubblica non riduca gli investimenti privati ma li faccia crescere. Quando uno Stato sovrano domanda beni e servizi al settore non governativo (famiglie e imprese) cede in contropartita moneta (creata ad hoc), che è passività di Stato. Ciò significa che il Governo trasferisce fondi sui conti correnti di famiglie e imprese, iniettando moneta nel sistema bancario. Un incremento dell’offerta di moneta nel sistema non può far altro che ridurre i tassi di interesse, oltre che spingere verso l’alto i consumi, riducendo il rischio di invenduto per le imprese e, quindi, aumentando la loro propensione marginale all’investimento rispetto al reddito. Il problema, dunque, non è l’innalzamento dei tassi ma una loro caduta, che può essere scongiurata dall’emissione di titoli del debito pubblico. Emettendo titoli, il Governo trasforma parte della moneta “liquida” in moneta che paga un interesse (titoli di Stato), sostenendo i tassi interbancari. In questo modo può continuare a spendere in vista del pieno impiego, controllando l’inflazione.

Qualche decennio dopo la pubblicazione dell’articolo “Mr. Keynes and the Classics” (1937), Sir John Richard Hicks prese le distanze dal suo modello, firmandosi da allora J. Hicks e non più J.R. Hicks. Scrisse:

«È chiaro che devo cambiare nome. Sia ben chiaro che Valore e Capitale (1939) è opera di J. R. Hicks, un economista “neoclassico” ora deceduto; mentre Capitale e Tempo (1973) – e Una Teoria della Storia Economica (1969) – sono opera di John Hicks, un non neoclassico piuttosto irrispettoso nei confronti dello “zio”. Queste ultime opere devono essere lette indipendentemente e non interpretate, come fa Harcourt, alla luce del loro predecessore» [John Hicks (1975) Revival of Political Economy: The Old and the New, Economic Record, 51 (135), 365-367].

«Il diagramma IS-LM, che è ampiamente, ma non universalmente, accettato come una comoda sinossi della teoria keynesiana, è un elemento di cui non posso negare di essere in parte responsabile. Il diagramma ha visto la luce per la prima volta in un mio articolo, “Mr. Keynes and the Classics” (1937), ma in realtà è stato scritto per una riunione della Econometric Society a Oxford nel settembre del 1936, appena otto mesi dopo la pubblicazione di The General Theory (Keynes, 1936). Tuttavia, non ho nascosto che, con il passare del tempo, io stesso ne sono rimasto insoddisfatto. Nel mio contributo al Festschrift per Georgescu-Roegen, ho detto che “quel diagramma è ora molto meno popolare per me di quanto credo lo sia ancora per molte altre persone”». [John Hicks (1980) IS-LM: An Explanation, Journal of Post Keynesian Economics, 3:2, 139-154]

Nonostante Hicks abbia umilmente preso le distanze dalla sua sintesi, questa resta ancora un modello di riferimento in moltissime università, generando l’illusione che l’intervento pubblico nell’economia spiazzi gli investimenti e, dunque, sia da evitare come la peste.

L’altro elefante nella stanza è la concezione secondo cui la quantità moneta sia definita esogenamente, mentre in realtà essa viene creata endogenamente dal sistema bancario. Nel 2014, la Banca d’Inghilterra pubblicò nel suo Quarterly Bulletin un articolo molto interessante dal titolo: Money creation in the modern economy. In tale occasione, il Bank’s Monetary Analysis Directorate diradava inequivocabilmente ogni perplessità circa la creatio ex nihilo della moneta, minimizzando la favola del moltiplicatore della moneta.

«Nell’economia moderna, la maggior parte della moneta prende la forma di depositi bancari, ma come questi depositi vengano creati è spesso frainteso: la via principale è mediante le banche commerciali che fanno prestiti. Ogni volta che una banca concede un prestito, simultaneamente crea un deposito corrispondente al conto bancario di chi prende il prestito, in modo da creare nuova moneta. La realtà di come sia creata la moneta oggi differisce da quanto è riportato in alcuni testi di economia. Più che essere le banche a ricevere i depositi – quando le famiglie risparmiano – e, poi, prestarli, è il prestito bancario a creare depositi. In tempi normali, la banca centrale non determina l’ammontare di moneta in circolazione né la moneta della banca centrale è moltiplicata in maggiori prestiti e depositi». (McLeay, M., Radia, A., Thomas R., Money creation in the modern economy, in Bank of England Quarterly Bulletin, 2014 Q1, Volume 54 No. 1, p. 14)

Rimuovere i due elefanti dalla stanza è condizione necessaria ma non sufficiente. Bisogna, infatti, non solo prendere coscienza delle cose ma, anche, riprendersi la libertà di poter decidere del proprio destino, una volta saputo cosa fare. Ciò è possibile solo uscendo dal sistema unipolare e, soprattutto, dai suoi costrutti per entrare in un nuovo ordine multipolare, affinché ogni Stato possa riappropriarsi della propria sovranità e avere un proprio peso nel quadro geopolitico contemporaneo.

Armando Savini è un economista, saggista, cultore di esegesi biblica e mistica ebraica. Dopo la laurea in Scienze Politiche e un master in HR Management, si è occupato di scienza della complessità e delle sue applicazioni all’economia. Già cultore della materia in Politica economica presso la cattedra del Prof. Giovanni Somogyi alla Facoltà di Scienze Politiche de La Sapienza, è stato docente a contratto di storia economica, economia, HR management e metodi di ricerca per il business. Ha curato l’edizione di Heartland, il Cuore pulsante dell’Eurasia (2022), con la traduzione di alcuni articoli di H. J. Mackinder. Tra le sue ultime pubblicazioni: Sovranità, debito e moneta. Dal quantum Financial System al Nuoro Ordine Multipolare (2022, 3ª ed.); Miti, storie e leggende. I misteri della Genesi dal caos a Babele (Diarkos 2020); Le due sindoni (Chirico, 2019); Il Messia nascosto. Profezie bibliche alla luce della tradizione ebraica e cristiana (Cantagalli-Chirico, 2019); Maria di Nazaret dalla Genesi a Fatima (Fontana di Siloe, 2017); Risurrezione. Un viaggio tra fede e scienza (Paoline, 2016); Dall’impresa-macchina all’impresa-persona. Ripensare l’azienda nell’era della complessità (Mondadori, 2009).

HEARTLAND. IL CUORE PULSANTE DELL’EURASIA

“Heartland è la più grande fortezza naturale della Terra”, scriveva H. J. Mackinder. La sua opera assume un’importanza fondamentale per capire lo scenario geopolitico mondiale attuale, caratterizzato dallo scontro tra il Nuovo Ordine Mondiale – unipolare e iperliberista, imposto dalla potenza americana – e il Nuovo Ordine Multipolare guidato da Russia e Cina, uno scontro che si sta consumando al margine della Russia, in Ucraina. Nella visione geopolitica di Mackinder, l’Ucraina ha sempre svolto un ruolo strategico fin dai primi anni del Novecento: impedire qualsiasi contatto economico e politico tra la Russia e la Germania, cercando di isolare il “perno geografico della storia”. È in tale contesto che vanno lette oggi le sanzioni antirusse e la crisi del gas che attanaglia l’Europa.

«Il libro di Mackinder ci porta a comprendere uno dei concetti chiave, quello di Heartland, il cuore della terra, primo punto per entrare nell’ottica della multipolarità che si sta oggettivamente imponendo come struttura geopolitica maggioritaria. Riguardo al concetto di Heartland, tutte le scuole classiche di geopolitica riconoscono un profondo dualismo tra l’Heartland – il Continente, la Civiltà della Terra – e la Civiltà del Mare, incarnata oggi dal mondo anglosassone, in primo luogo dagli Stati Uniti e dalla loro politica marittima. La Civiltà del Mare, o Sea Power, cerca di circondare l’Heartland – il Continente, l’Eurasia – dal mare e di controllare i suoi territori costieri. Il Sea Power cerca di scoraggiare lo sviluppo dell’Heartland, realizzando così il suo dominio su scala globale. Come disse Mackinder, “chi controlla l’Europa orientale, controlla l’Heartland, e chi controlla l’Heartland, controlla il mondo”. La lotta per governare l’Heartland, con il Sea Power dall’esterno o con l’Heartland stesso dall’interno, è la formula principale della storia geopolitica, l’essenza stessa della geopolitica. La geopolitica, potremmo dire, è la battaglia per l’Heartland. Tutte le scuole di geopolitica si fondano e procedono da questo modello» (Dalla Prefazione di Lorenzo Maria Pacini).

“È simbolico che il fondatore della geopolitica, Halford Mackinder, sia stato Alto Commissario dell’Intesa per l’Ucraina durante la guerra civile russa. L’Ucraina ha svolto un ruolo importante nel quadro geopolitico di Mackinder. Questo territorio, insieme alla Polonia e ai Paesi dell’Europa orientale, faceva parte del “cordon sanitaire”, una zona strategica che doveva essere sotto il diretto controllo di Inghilterra e Francia (allora alleati dell’Intesa) e impedire il riavvicinamento tra la Russia e Germania. Trattenuta da un “cordone sanitario”, la Russia-Eurasia non potrà diventare un vero e proprio impero. Senza l’Ucraina, la Russia non è un impero.” (A. G. Dugin)

https://www.youcanprint.it/heartland-il-cuore-pulsante-delleurasia/b/8876103b-adf1-56bb-99e6-11dad6543529

SOVRANITÀ DEBITO E MONETA. Dal Quantum Financial System al Nuovo Ordine Multipolare

Henry Ford diceva che se il popolo comprendesse il funzionamento del sistema bancario e monetario, scoppierebbe una rivoluzione entro il mattino successivo. Capire cosa sia la moneta è fondamentale per ritrovare la strada della libertà e della democrazia. L’obiettivo principale di questo libro è quello di aiutare il lettore a capire come le élite finanziarie governano il mondo, influenzando le scelte di politica economica, ma anche di esporre in modo chiaro ed esaustivo tutti quei cambiamenti che si stanno verificando in questi ultimi tempi. Comprendere oggi la vera natura della moneta, il corretto funzionamento dell’economia, della politica monetaria e fiscale è più che mai fondamentale per decifrare gli eventi economico-finanziari che condizionano la nostra vita e il nostro futuro. Questa terza edizione contiene quattro nuovi capitoli su: Great Reset, supremazia quantistica e criptovalute, Quantum Financial System e Nuovo Ordine Multipolare, l’emergenza dei BRICS come sistema alternativo al globalismo liberista. È stato, inoltre, aggiornato e ampliato il capitolo sul Global Currency Reset alla luce dei nuovi avvenimenti e delle dichiarazioni dei leader internazionali. Che cosa succederà con l’implementazione del nuovo sistema finanziario? Chi emetterà moneta e come cambierà l’economia? Gli Stati europei si riapproprieranno della loro sovranità monetaria? Usciremo dalla più grande e lunga crisi economica degli ultimi cento anni?  Quali ragioni economiche e politiche muovono il Great Reset? Il capitalismo globalista è forse giunto al collasso? Che importanza rivestono oggi i computer quantistici per l’economia e la finanza? Cosa sono il Global Currency Reset e il Quantum Financial System? Che ne sarà del predominio delle banche centrali? Che cosa è la supremazia quantistica? Ci sarà continuità o rottura con gli strumenti del vecchio sistema monetario? La piena occupazione sarà di nuovo possibile? Quali nuovi assetti geopolitici attendono l’umanità al crepuscolo dell’unipolarismo liberal-globalista? Che cosa è il Nuovo Ordine Multipolare e come cambierà la nostra vita? https://www.youcanprint.it/sovranita-debito-e-moneta/b/5fce4a04-262c-59a1-bfb6-5313289468a3

Fonte