Disinformazione in Ucraina

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di Dough Bandow

Il senatore del Kentucky Mitch McConnell, un repubblicano che nominalmente rappresenta lo Stato americano e serve il popolo americano, ha recentemente dichiarato che l’Ucraina è la priorità assoluta di Washington. A quanto pare non capisce dove si trova la sua lealtà e dovrebbe prendere in considerazione la possibilità di candidarsi in Ucraina, magari in un’area vicina a Kiev.

I funzionari ucraini non hanno dubbi. Sono al servizio dell’Ucraina e sono disposti a gettare gli americani nel caos e persino a trascinare gli Stati Uniti in una guerra, se ciò fa comodo agli interessi di Kiev. Perché? Perché, a differenza di McConnell, la leadership ucraina dà priorità agli interessi nazionali.

Data la convinzione di Kiev che l’Ucraina sia Uber Alles, i funzionari ucraini sono molto scontenti degli americani, che hanno la temerarietà di sostenere che le politiche di Washington dovrebbero riflettere innanzitutto gli interessi americani. Ad esempio, pur sostenendo gli aiuti a Kiev e le sanzioni contro la Russia, ritengo che l’imperativo per Washington sia garantire la sicurezza, la libertà e la prosperità degli americani: ciò significa limitare le possibilità di escalation e di espansione del conflitto e ridurre i futuri obblighi finanziari dell’America. Washington dovrebbe anche insistere per spostare la responsabilità della difesa agli evasivi europei, che ora stanno persino rinnegando le promesse fatte mesi fa di aumentare lo sforzo militare.

Di conseguenza, mi ritrovo nella lista di odio dell’operazione di propaganda ucraina, il cosiddetto Centro per il contrasto alla disinformazione, finanziato in parte dai contribuenti statunitensi. Gli operatori di Kiev non cercano di mettere in discussione le argomentazioni di coloro che si rifiutano di mettere l’Ucraina al primo posto. Il CCD accusa piuttosto i negazionisti di promuovere la propaganda russa piuttosto che quella ucraina. Sebbene le loro opinioni siano state espresse da “propagandisti non russi”, il CCD ha dichiarato che “promuovono narrazioni coerenti con la propaganda russa”. Non è sufficiente che il Congresso apra ampiamente i caveau del Tesoro e gli arsenali del Pentagono a Kiev. Tutti gli americani devono parlare con una sola voce, cantare ovazioni in onore del governo Zelensky e unirsi intorno agli obiettivi militari dell’Ucraina.

Almeno non sono l’unico sulla “lista nera” del CCD. Tra gli altri accusatori di Putin ci sono, ovviamente, Tucker Carlson di Fox News e, meno ovviamente, John Mearsheimer dell’Università di Chicago, che ha descritto nei dettagli la cattiva condotta degli Stati Uniti e dei suoi alleati che ha causato la crisi attuale. Incredibilmente, anche il nome dell’economista Steve Hanke, con cui ho lavorato ai tempi dell’amministrazione Reagan, è apparso sulla lista nera. Anche il giornalista Glenn Greenwald e l’economista Jeffrey Sachs, tra gli altri americani, fanno parte della lista.

Nonostante le dichiarazioni esplicite del governo Zelensky, continuo a credere che un’aggressione brutale sia un’aggressione brutale, ma la famosa lista CCD suggerisce che Kiev ha paura del dibattito razionale e della politica razionale.

Come già detto, ritengo che Mosca si sbagli di grosso nel proseguire l’operazione speciale. Detto questo, se Kiev ha intenzione di scagliarsi contro chi non va a letto cantando “Ucraina la bella” e “Dio benedica Zelensky”, allora ripagare il debito sembra giusto. Pensate alle carenze di Kiev e a quanti politici americani come McConnell, analisti e giornalisti si sono trasformati in spudorati propagandisti ucraini.

L’Ucraina è più libera della Russia, ma difficilmente rappresenta l’ideale democratico. Anche prima che Mosca lanciasse la sua operazione speciale, Freedom House valutava l’Ucraina solo “parzialmente libera”. La valutazione: “La corruzione rimane pervasiva e le iniziative governative per combatterla hanno incontrato resistenza e sono fallite. Gli attacchi a giornalisti, attivisti della società civile e gruppi di minoranza sono frequenti e la risposta della polizia è spesso inadeguata. Il collega del Cato Institute Ted Galen Carpenter cita “gli sforzi per soffocare le critiche interne” e altre tendenze autoritarie. Nel 2019, solo il 9% degli ucraini si fidava del proprio governo e il 12% delle elezioni ucraine.

Nel 2014 l’Ucraina ha vissuto una transizione politica non democratica, ma ampiamente accolta dall’Occidente. La rivoluzione di Maidan è stata guidata dalla strada, non dal voto. Yanukovych, benché corrotto, è stato eletto in un’elezione che molti ritenevano libera, ma l’elettorato era profondamente diviso: l’est era legato alla Russia e l’ovest era orientato verso l’Europa e l’America. Era terribilmente corrotto, ma seguiva la fallimentare presidenza di Viktor Yushchenko, che si era classificato quinto al primo turno delle elezioni con solo il 5,5% dei voti. Kiev si trovava nel territorio dell’opposizione e naturalmente attirava gli oppositori di Yanukovich. I sondaggi dell’epoca mostravano che l’opposizione era sostenuta da circa la metà della popolazione, mentre Yanukovych manteneva un livello di sostegno del 40% – e parlare contro di lui equivaleva a un colpo di stato contro un leader cattivo ma legittimamente eletto. I cittadini dell’Est hanno preferito i legami economici con la Russia a quelli con l’Europa. Quattro anni dopo, il Paese è rimasto fortemente diviso, con gli abitanti dell’Ucraina occidentale che hanno definito il Maidan una lotta per i “diritti e i valori europei” e quelli dell’est che lo hanno definito un “colpo di Stato organizzato dall’Occidente”.

Zelensky non è affatto esente da colpe. Prima dell’invasione della Russia, ha perseguito l’ex presidente e potenziale futuro avversario Petro Poroshenko per tradimento. Questo procedimento è stato molto simile al modo in cui Yanukovych, caduto in disgrazia, ha imprigionato la sua perenne avversaria Yulia Tymoshenko. Freedom House ha inoltre osservato che:

Zelensky e due dei suoi più stretti collaboratori sono stati coinvolti in attività finanziarie offshore in ottobre, dopo la pubblicazione dei Pandora’s Papers, una serie di documenti che rivelano le attività offshore di leader politici e altre figure di spicco in tutto il mondo. Nello stesso mese, l’Organized Crime and Corruption Reporting Project (OCCRP) ha riferito che Zelensky ha creato società offshore prima di diventare presidente, ma ha continuato a trarne profitto anche dopo il suo insediamento.

Nonostante il suo coinvolgimento in schemi di corruzione, Zelenski ha apparentemente cercato di attirare gli Stati Uniti e la NATO nella guerra, sostenendo che l’attacco missilistico ucraino alla Polonia è stato causato dalla Russia. Se l’Occidente poteva facilmente determinare l’origine e la traiettoria del missile, lo stesso poteva fare l’esercito ucraino. O qualcuno ha mentito a Zelensky o lui ha mentito all’Occidente, che sta sostenendo la sua guerra. In ogni caso, dovrebbe essere ovvio che Washington e Bruxelles non possono fidarsi di Kiev. Un leader straniero che ritiene sia nel suo interesse coinvolgere l’America in una guerra con una grande potenza, potenzialmente sfociante in una guerra nucleare, non è un amico e, francamente, è più pericoloso della Russia.

L’Ucraina e i suoi alleati ingannano abitualmente Mosca. L’Occidente ha sempre mentito a Mosca sull’espansione della NATO e ha anche ingannato l’Ucraina sull’adesione all’alleanza transatlantica. Poroshenko, predecessore di Zelensky, ha ammesso che gli “accordi di Minsk” tra Kiev e Mosca, sostenuti dall’Europa, non sono mai stati destinati a essere attuatilo stesso ha fatto di recente l’ex cancelliere tedesco Angela Merkel. Gli alleati dicono comprensibilmente di non potersi fidare di Mosca. Ma perché la Russia dovrebbe prendere sul serio le promesse ucraine o degli alleati?

Gli Stati Uniti non accetterebbero mai un comportamento simile da parte della Russia. Immaginate se Mosca estendesse il Patto di Varsavia al Sud America, facilitasse il rovesciamento di un governo filoamericano regolarmente eletto in Messico e poi invitasse le nuove autorità a unirsi al Patto di Varsavia. L’isteria di massa a Washington sarebbe intervallata da richieste di una risposta dura, fino alla guerra. Pur ammantandosi di moralità, Washington sta attivamente strangolando Cuba e il Venezuela dal punto di vista economico per installare governi più amichevoli. Dopo tutto, si trovano nella sfera di influenza degli Stati Uniti, come stabilito due secoli fa dalla Dottrina Monroe.

Nessuno di questi fattori cambia il fatto che il comportamento della Russia è criminale e che gli Stati Uniti dovrebbero aiutare l’Ucraina a difendere la propria indipendenza. Tuttavia, gli attacchi ucraini agli americani per aver messo gli Stati Uniti al primo posto servono a ricordare che gli americani devono difendere i loro interessi contro tutte le minacce, compresi i falsi amici come Kiev. Altrimenti, Washington rischia di trovarsi invischiata in una guerra aspra e sanguinosa che non è la sua. Forse è giunto il momento che gli Stati Uniti istituiscano un proprio Centro per la lotta alla disinformazione, focalizzato sull’Ucraina.

Traduzione a cura della Redazione

Foto: Controinformazione.info

Fonte: https://www.ideeazione.com/disinformazione-in-ucraina/

Impero delle menzogne, operazione militare in Ucraina e fine della globalizzazione

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L’EDITORIALE DEL LUNEDI

di Matteo Castagna per https://www.informazionecattolica.it/2023/01/23/impero-delle-menzogne-operazione-militare-in-ucraina-e-fine-della-globalizzazione/ pubblicato anche su Stilum Curiae, blog del vaticanista Marco Tosatti, che ringrazio: https://www.marcotosatti.com/2023/01/23/37528/

LA RUSSIA SEMBRA L’UNICO STATO COMPLETAMENTE INDIPENDENTE E SOVRANO IN UN’EUROPA COMPOSTA DI UNA MOLTITUDINE DI STATERELLI AL GUINZAGLIO DI WASHINGTON

Nella presentazione al testo “Contro l’Impero delle Menzogne – L’operazione militare speciale in Ucraina e la fine della globalizzazione nei discorsi di Vladimir Putin” di Paolo Callegari (Ed. Ar, 2022, 17 €) Claudio Mutti ricorda che già un secolo fa esistevano politici attenti e lungimiranti che dicevano: “Se si vuole forgiare l’Europa di domani, la Russia costituisce nella nostra epoca l’unico strumento ancora impiegabile: più potente di quello di cui disposero Napoleone e Hitler. Esclusa tale possibilità, e a meno che non si verifichi un evento quasi miracoloso, per l’Europa è finita. […] Contaminata nel suo sangue da una invasione straniera particolarmente prolifica, […] nel XXI secolo la piccola Europa sarà un cortile d’ospizio di contro ai sette, otto, dieci milioni di asiatici, di africani, di meticci sudamericani”.

Possiamo affermare che in questo momento la Russia sembra l’unico Stato completamente indipendente e sovrano in un’Europa composta di una moltitudine di staterelli al guinzaglio di Washington. Non solo sul suo enorme territorio non ci sono basi americane, ma anche il suo esercito non è integrato in alcuna alleanza con gli americani. Importantissimo il dato di fatto che è costituito dall’indipendenza etico-morale della Federazione guidata da Putin.

Il Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha detto, sulla rivista online www.strategika51.org del 30/06/2021 che c’è soltanto la Russia a difendere quei valori che, patrimonio dell’autentica civiltà europea come di ogni civiltà normale, sono oggetto dell’offensiva scatenata dai barbari d’Occidente “contro i fondamenti di tutte le religioni del mondo e contro il codice genetico delle civiltà, con l’obiettivo di abbattere tutti gli ostacoli sulla via del liberalismo. E poi ha proseguito denunciando il pericolo mortale della “guerra in atto contro il genoma umano, contro ogni etica e contro la natura”.

L’Ucraina ha una posizione geografica estremamente favorevole ai disegni egemonici yankee, tanto da divenire il terreno di scontro della strategia americana, sempre utilizzata in tutto il mondo, che è figlia della famosa teoria del geopolitico inglese Sir Halford Jhon Mackinder (1861-1947): “Chi ha il potere sull’Europa orientale domina il Territorio-Cuore (Heartland); chi ha il potere sul Territorio-Cuore domina l’Isola-Mondo (World Island); chi ha il potere sull’Isola-Mondo domina il mondo”.

Il mentore di Barack Obama, già consigliere di Jimmy Carter, dr. Zbigniew Brzezinski, erede della teoria di Mackinder, sarebbe – secondo Lavrov – la mente di un “grande gioco”, basato sulla sceneggiatura promossa proprio da questo geopolitico nell’intera crisi ucraina, che alla strategia di conquista americana serve restare divisa dalla Russia, in vista della conquista dell’Eurasia. Claudio Mutti prosegue la sua interessante analisi ricordando che “in questo contesto strategico – argomentava Brzezinski in The Grand Chessboard (1997, pag. 46) – “l’Ucraina, un nuovo e importante spazio sullo scacchiere eurasiatico, è un perno geopolitico, perché la sua esistenza stessa come paese indipendente aiuta a trasformare la Russia. Senza l’Ucraina, la Russia cessa di essere un impero eurasiatico. […]. Se Mosca riprende il controllo sull’Ucraina, coi suoi 52milioni di abitanti e le sue grandi risorse, nonché l’accesso al Mar Nero, la Russia automaticamente ritrova il modo per diventare un potente Stato imperiale, esteso sull’Europa e sull’Asia”.

Il lettore più accorto si starà chiedendo dove sia il Cattolicesimo, in un ambito espressamente ateo, anticristico e, quanto alla Russia, scismatico Ortodosso. La Dottrina Sociale della Chiesa è un tesoro spirituale, morale e pratico che dovrebbe essere materia di studio nelle scuole. San Pio X stroncò il liberalismo con la Notre Charge Apostolique (1910) ma già la meravigliosa Mirari vos di Gregorio XVI (1832), la grande eloquenza del Cardinale Pie, vescovo di Poitiers, le Allocuzioni di Papa Pio IX con la Quanta Cura ed il Sillabo (1864 entrambe) promulgate durante il Concilio Vaticano I furono un trionfo di mirabile saggezza e diffusione della verità, confutando tutti gli errori della peste liberale.

Nel solco dei predecessori andò con particolare decisione Papa Leone XIII, ma anche e in maniera assai determinata Benedetto XV, Pio XI e Pio XII. Il primo punto al quale approdiamo è che il Liberalismo cattolico – che in epoca moderna risale a Lamennais, passa da Maritain e si infiltra lentamente nel pensiero di alcuni cattolici. Possiamo riassumere dicendo che esso consiste in una attitudine di conciliazione della verità cattolica con i dogmi massonici del progressismo o globalismo politici, filosofici, economici, sociali. La grande secolarizzazione, iniziata da circa un secolo, impedisce a molti cattolici di essere scudo, armatura e spada divinamente assistita, per la difesa dal Principe di questo mondo.

Noi che non ci rassegniamo, perché sappiamo che le porte degli Inferi non prevarranno, ci chiediamo se sia possibile una Civiltà cattolica vera ed integralmente vissuta in questo regno dell’immoralità e della menzogna! Ne “La Città di Cristo e la città dell’Anticristo” don Julio Meinvielle, già nel 1945 (riedizione a cura di Effedieffe, 2022) cerca risposte concrete.

Assorbire o tentare di conciliare le regole della Rivoluzione francese, i principi della Massoneria, del liberalismo, del comunismo, dello scientismo, del razionalismo, del socialismo, del consumismo con il Vangelo di Cristo Re è un’opera impossibile. Sarebbe come unire verità ed errore e negare il principio di non contraddizione. Ciascuno nel proprio piccolo cerchi di “instaurare omnia in Christo” (S. Pio X) oltre e contro le tentazioni di questo mondo corrotto dal peccato mortale elevato a virtù teologale.

Conduciamo una vita pienamente cristiana e integralmente unita alla Tradizione della Chiesa Cattolica. Così ci manterremo nel “piccolo gregge rimasto fedele”. Nostro compito è rimanerci con costanza, non ridurlo maggiormente per le nostre miserie umane. “Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno. Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli” (Cfr. Lc 12,32-40).

Stoltemberg dixit

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di Maurizio Murelli

“La Russia non deve vincere, l’Ucraina non può perdere”, Stoltemberg dixit. E lo dice perché nonostante le fantasiose e faziose cronache dei giornalisti inviati di guerra, allo stato delle cose la Russia sta vincendo e l’Ucraina perdendo. Stoltenberg, in pratica da segretario NATO (struttura militare) a capo politico europeo che detta l’agenda politica ai governi nazionali. Apro parentesi: l’informazione ha raggiunto un grado di spudoratezza tale da far pensare che gli operatori addetti siano preda di delirio o di deficienza. Si prenda ad esempio le cronache di questi giorni relative alla bidella pendolare di Napoli oppure, meglio ancora, la vicenda dell’arresto di Matteo Messina Denaro: “All’arresto del mafioso la gente, mossa da un grande sentimento di liberazione, ha circondato le forze dell’ordine applaudendo”, e nel darci questa notizia mandano in onda senza soluzione di continuità su tutti i tg un filmato dove si vedono 3 (DICASI TRE!) persone che si complimentano con gli agenti. Uno di questi tre è un cronista (quello con il piumino azzurro) che poi lo si rivede con la macchina fotografica in un successivo filmato davanti al primo “covo” di Denaro. La seconda e la terza persona sono palesemente agenti in borghese. Ma ai media gli piace raccontare la storia degli applausi e la raccontano chiamando a supporto il filmato. Così, tutti i commentatori, politici e mafiologi della prima e dell’ultima ora vanno in tv riprendendo la sdolcinata narrazione degli applausi liberatori. Che le manifestazioni contro la mafia organizzate a Castelvetrano siano praticamente andate deserte fatto salvo per la convocazione di boy scout, non è cosa meritevole di commento. Anzi, no: hanno commentato mistificando anche qui. Glisso sulla narrazione dei documenti che Denaro avrebbe ereditato da Riina, sull’agenda rossa di Borsellino che sarebbe stata asportata dal luogo dell’attentato da un mafioso anch’essa finita nelle mani di Denaro: pura fantasy… Potrei citare altri mille esempi di mistificazione, mi limito a quanto scritto solo per dire: se questo è il grado di mistificazione sulla cronaca nazionale, figuriamoci la cronaca relativa alla Grande Guerra Mondiale in corso che vede l’Ucraina solo uno dei luoghi ove essa guerra si svolge. Chiusa parentesi.
Oggi i polacchi (quando i tedeschi e i russi erano svegli e intelligenti avevano pensato di brasare definitivamente questa malefica nazione… ma hanno perso il tempo e ora ci devono rifare i conti) dicono che se la Germania non dà l’assenso, loro non rispetteranno i patti (accordi) e doneranno a Kyev i loro carri armati Leopard che invece i tedeschi dicono di non voler donare a meno che gli americani non donino loro carri Abrams. Ma gli americani che non sono fessi dicono che non li daranno perché gli ucraini non potrebbero utilizzarli in quanto servirebbe un lungo addestramento, abbisognano di uno sproposito di carburante per muoverli (carburante che gli ucraini on hanno) e via elencando nelle speciose giustificazioni. In compenso doneranno altri 45 milioni di dollari e munizionamento… affinché gli ucraini continuino a farsi massacrare illudendosi di vincere. Pare gli vogliano fornire missili capaci di colpire la Crimea. Altri armamenti li daranno gli inglesi, tra cui elicotteri e carri per l’utilizzo dei quali servirebbe un lungo addestramento e, non essendoci il tempo, saranno ancora una volta i mercenari inglesi, canadesi, francesi e americani a utilizzarli. Anche per quanto riguarda i sistemi antiaerei (tipo Patriot) che gli americani vogliono dare agli ucraini serve un lungo addestramento. Non è mica come sparare con un fucile. Per utilizzare quei sistemi d’arma serve un complesso logistico complesso e sofisticato. Sei mesi di addestramento non sarebbero sufficienti, e le rampe di missili da sole senza tutto l’apparato di contorno non hanno alcuna efficacia e verrebbero distrutti in men che si dica dall’aviazione russa. Anche qui, se quei sistemi anti-missile verranno allocati in Ucraina, servirà personale occidentale.
Nelle premesse alla riunione di oggi a Ramstein si dice che occorre far presto per super-armare l’Ucraina in modo da consentirgli tra febbraio-marzo una controffensiva. Se non è delirio o idiozia è una miserabile menzogna. Sul finire di febbraio il terreno ghiacciato delle steppe e delle tundre ucraini disgela e si trasforma in un oceano di fango che rende impossibile una avanzata di carri, in particolare dei carri che non sono stati concepiti per operare su quel terreno. Per contro, tutto lascia pensare che i Russi si stiano preparando per un’offensiva in grande stile da lanciare tra fine gennaio e inizio febbraio. Si sono preparati costruendo fortificazioni adatte a supportare la spinta in avanti delle truppe e, mettendo in conto la rabbiosa reazione occidentale, stanno piazzando batterie di difesa aerea sui palazzi istituzionali di Mosca. Per capire in quale logica prospettica sono entrati i russi basterebbe ascoltare quanto detto nella conferenza stampa mensile dal ministro degli esteri russo Lavrov, discorso che i nostri media si son ben guardati dal trasmettere, così come non è stato riportato quanto detto qualche giorno prima da Putin. Da quelle dichiarazioni si capisce bene che i russi non si fanno illusioni sulle reali intenzioni degli americani e del fatto che ormai l’Europa è una marionetta senz’anima incapace di agire per i propri interessi; al contrario l’Europa altro non è che uno strumento di manovra per gli interessi statunitensi, siano essi geopolitici, economici e finanziari.
Dunque la tragedia europea abbia continuità: più armi agli ucraini, più offese alla Federazione russa, più menzogne distribuite a piene mani ai popoli europei, senza un piano “b” rispetto a quello che vorrebbe l’umiliazione della Russia, la sua disintegrazione e quindi la sua subalternità agli interessi del modello unipolare occidentale targato USA. E tutto avviene in un quadro di totale inerzia da parte delle popolazioni europee e in totale subalternità delle élite politiche nazionali del continente Europa.

Ma cos’è che brucia al “libero” Occidente?

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QUINTA COLONNA

di Antonio Catalano

L’esperienza insegna che nulla accade mai per caso nei rapporti tra gli Stati, che la “sensibilità” verso una questione, quale essa sia, quando ci sono di mezzo grandi interessi, addirittura geopolitici, è direttamente proporzionale alla possibilità di incidere sul corso degli eventi. Così “stranamente” accade che la Cina adesso sia nel mirino dell’apparato sanitario-mediatico, lo stesso che negli ultimi tre anni ha inoculato la religione atea cara alla grande distribuzione farmaceutica (signora Ursula von der Leyen perché non ci parla dei suoi messaggini privati con il capo di Pfizer?).
E così, chissà perché [ironia], proprio quando la Cina stringe rapporti più forti con la Russia e il mondo dei Brics si allarga (Algeria) aumenta l’isteria della mai sopita Cattedrale Sanitaria (che, naturalmente, agisce per conto terzi) la quale usa in modo del tutto arbitrario dati e numeri per convincere della necessità di tornare a misure restrittive che hanno dimostrato di avere una grande utilità nel campo del controllo sociale. Tant’è che Pechino parla di vero e proprio “sabotaggio”.
Al Libero Occidente brucia il fatto che Russia e Cina si parlino sempre di più. Ieri infatti Putin e Xi Jinping hanno tenuto in video-conferenza un colloquio non certo soltanto per darsi gli auguri di fine anno. Nella video-conferenza non si sono usate parole di circostanza. Tutt’altro. Putin: «Puntiamo a rafforzare la collaborazione tra le forze armate russe e cinesi […] Un posto speciale nell’intera gamma della cooperazione militare e tecnico-militare, che aiuta a garantire la sicurezza dei nostri Paesi e a mantenere la stabilità nella regione». Ancora: «Il coordinamento tra Mosca e Pechino nell’arena internazionale, anche nell’ambito del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai, dei Brics e del Gruppo dei 20, serve a creare un ordine mondiale equo basato sul diritto internazionale». Da parte sua, Xi Jinping si è reso «disponibile a rafforzare la collaborazione strategica».
Basta così per capire qual è la posta in gioco?
Video del colloquio Putin-Xi Jinping [durata: 10’26”]: 

Russia e Cina contrastano il piano egemonico degli USA in Eurasia

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di Luciano Lago

La inarrestabile discesa della influenza degli Stati Uniti sull’attuale ordine mondiale è segnata fra gli altri da due fattori essenziali: da un lato l’offensiva russa in Ucraina che segna il ruolo di protagonista assertivo della Russia come superpotenza che ostacola i piani egemonici degli Stati Uniti, dall’altro lato le nuove intese economiche e finanziarie che la Repubblica Popolare Cinese sta stringendo con i partner petroliferi del Golfo Persico, in primis con l’Arabia Saudita.

Se la Russia ha di fatto rotto l’accerchiamento della NATO e si è impegnata in un conflitto che, a prescindere dal suo esito, segnerà una svolta negli equilibri europei e non solo in quelli, la nuova dinamica cinese rischia di incrinare il predominio del dollaro negli scambi internazionali, visti gli accordi in definizione fra Cina e Arabia Saudita, il maggior produttore di petrolio mondiale.

Senza dubbio Washington sta perdendo il ruolo che ha svolto in Europa e in Medio Oriente negli ultimi 40 anni. L’operazione militare speciale in Ucraina è diventata un altro sintomo dell’indebolimento del ruolo dell’America come fattore di stabilizzazione globale.

Il cambiamento che si sta verificando è di fatto un riassetto degli equilibri mondiali in cui i protagonisti sono diversi da quelli che hanno predominato la scena internazionale negli ultimi 80 anni.

Il piano della elite di potere USA di disarticolare la Russia facendo leva sull’Ucraina quale piattaforma di ariete anti russa, sta ormai fallendo a prescindere da come si concluderà il conflitto. La Russia non permetterà alla NATO di stabilirsi in Ucraina e questo paese è destinato a essere disarticolato e suddiviso in varie regioni, che saranno con tutta probabilità rese neutrali.

L’equilibrio di sicurezza dovrà necessariamente essere ridefinito coinvolgendo la Russia, come lo stesso Macron e Shulz hanno dovuto ammettere.

Se si realizzerà un tale scenario, Washington avrà fallito un’altra volta e questo spiega l’ostinazione degli anglo statunitensi nel cercare di sostenere l’Ucraina nonostante il collasso previsto del suo esercito decimato dalle perdite. Lo avevamo previsto in tanti che la guerra per procura sarebbe stata combattuta dagli USA fino all’ultimo ucraino e così sta avvenendo.

L’idea di Washington di disarticolare la Russia ed ottenere un cambio di regime al Cremlino cozza con la realtà di un paese che al contrario si è stretto a grande maggioranza attorno al suo premier ed è consapevole di essere costretto dall’occidente ad una guerra esistenziale.

Il presidente Putin deve correggere alcuni sbagli e sottovalutazioni del nemico che aveva fatto all’inizio della offensiva russa: l’intervento massiccio di forze della NATO sul territorio ucraino, con forniture di armi, assistenza logistica, di intelligence, comando e controllo affidato a ufficiali statunitensi e britannici ha avuto l’effetto di prolungare le operazioni ma adesso siamo in una nuova fase dell’offensiva che assume una connotazione più decisa e diretta a neutralizzare l’intera infrastruttura del sistema ucraino e a distruggere quel che resta delle sue forze armate.

L’obiettivo strategico più ampio della Russia è quello di facilitare la liberazione dell’Europa dal controllo statunitense, questo potrà avvenire quando i paesi europei saranno costretti a trattare con Mosca per evitare un olocausto nucleare nel vecchio continente che servirebbe solo agli interessi americani.

Di conseguenza la dimostrazione della forza e della tecnologia militare russa, nel lungo termine, avranno l’effetto di convincere l’Europa che soltanto la Russia, non gli Stati Uniti, è in grado di fornire ai paesi europei una difesa strategica.

Dall’altro versante del mondo, nell’Indo Pacifico, il ruolo di protagonista viene assunto inevitabilmente dalla Cina che procede verso l’internazionalizzazione dello yuan. Dopo la visita in Arabia Saudita e gli accordi presi, lo stesso Xi Jinping ha dichiarato che la Cina utilizzerà lo yuan per il commercio di petrolio, attraverso la Borsa nazionale del petrolio e del gas di Shanghai, a cui ha invitato gli altri paesi produttori.

Negli ultimi cinque anni, la Cina è stata il più grande importatore mondiale di greggio, che proviene da metà dalla penisola arabica e più di un quarto dall’Arabia Saudita.

La Cina prosegue nel suo percorso di sviluppo e di investimenti (con la Belton Road) coinvolgendo un sempre maggiore numero di paesi in Asia in Africa, in Medio Oriente e in America Latina.

D’altra parte i cinesi non nascondono di essere determinati a distruggere la invasiva egemonia degli Stati Uniti, per stabilire l’uguaglianza e la giustizia nel mondo. In questo contesto l’America invita a boicottare la Cina ed a diffidare della cooperazione con Pechino ma non ottiene ascolto e piuttosto sta perdendo la fiducia dei suoi alleati e della comunità internazionale.

In altro modo, gli americani stanno stringendo il cappio economico e politico sull’Europa e stanno provocando un’agguerrita concorrenza volta a danneggiare in primis l’economia europea, con la finzione di mascherare l’egemonia da “ordine internazionale” basato su regole, una finzione a cui non crede più nessuno e che sta volgendo al termine.

Questa ascesa della Cina preoccupa l’elite di potere USA che aveva previsto di affrontare il gigante asiatico soltanto dopo una possibile sottomissione della Russia con l’istigazione del conflitto in Ucraina.
Il piano tuttavia non sta andando come si aspettavano gli strateghi di Washington e i decisori del Deep State sono ad un bivio: a breve devono decidere per una conflitto nucleare o per una accettazione di un ordine multipolare con ridimensionamento del loro ruolo. Una scelta difficile ma necessaria e da questa dipenderà il futuro di tutta l’umanità.

Foto: Today.it

24 dicembre 2022

Fonte: https://www.ideeazione.com/russia-e-cina-contrastano-il-piano-egemonico-degli-usa-in-eurasia/

La guerra logora anche chi non la fa

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di Gianandrea Gaiani 

Fonte: Analisi Difesa

Costi finanziari alle stelle come i consumi di armi e munizioni per una guerra che sembra lontana dal concludersi e che i russi sembrano per ora voler combattere sulla difensiva con l’obiettivo di logorare gli ucraini e soprattutto i loro alleati.
Se Kiev cerca di arruolare altre truppe per alimentare nuove offensive tese a riconquistare i territori perduti, in Europa e Occidente si cominciano a valutare le difficoltà a mantenere l’alimentazione delle forze ucraine a un ritmo sostenibile nel tempo. Gli Stati Uniti valutano se trasferire o meno all’Ucraina i missili da difesa aerea a lungo raggio Patriot per fornire un maggiore contributo al contrasto degli attacchi missilistici russi che stanno demolendo progressivamente tutte le infrastrutture energetiche del nemico.
Obiettivi legittimi in guerra (del resto bersagli di questo tipo sono stati sempre al centro del mirino di tutte le guerre occidentali, dall’Iraq alla Serbia alla Libia), la cui distruzione sta comportando gravi difficoltà allo sforzo bellico ucraino (senza energia trasporti, industrie e reti informatiche non funzionano) peggiorando sensibilmente anche le condizioni di vita della popolazione che deve affrontare un inverno durissimo.
L’assenza o la penuria di energia potrebbe mettere a dura prova il consenso nei confronti del governo e del presidente Volodymyr Zelensky che già da tempo ha messo fuori legge ogni forma di opposizione chiudendo televisioni, giornali e ben 12 partiti di opposizione e punendo per legge persino chiunque osi esprimersi a favore di negoziati di pace.
Elementi che confermano come la guerra in atto sia anche una guerra civile, con milioni di cittadini ucraini schierati dalla parte dei russi e decine di migliaia che combattono al fianco delle forze di Mosca. L’offensiva missilistica contro le infrastrutture mira anche a complicare la situazione nei paesi europei, a tutti gli effetti ormai “nazioni ostili” per i russi, poiché è evidente che milioni di civili ucraini privi di luce, acqua e riscaldamento potrebbero cercare un rifugio sicuro e caldo a ovest, in un’Europa già in difficoltà per la sciagurata gestione della guerra e della crisi energetica (che secondo Bloomberg è già costata all’Unione mille miliardi di dollari) da parte della Commissione Ue che già oggi vede ridursi pericolosamente le riserve di gas.

Patriot in Ucraina?
Un contesto in cui ben si inserisce la vicenda dei missili Patriot chiesti da Kiev. La prima a proporre di metterli in campo è stata la Germania che voleva però schierarli in Polonia per “prevenire” sconfinamenti di missili russi nel territorio dell’alleato membro della NATO.
Evidentemente un pretesto anche perché finora in Polonia è caduto solo un missile terra-aria ucraino appartenente a un sistema S-300. Berlino, dopo aver colto i potenziali rischi di un maggiore e diretto coinvolgimento nella guerra contro la Russia e aver recepito le minacce russe di rappresaglia, il 6 dicembre ha risposto picche alla proposta polacca di dispiegare in Ucraina i Patriot.
Il ministro della Difesa di Varsavia, Mariusz Blaszczak, si è detto “deluso” dalla decisione di Berlino, dopo aver parlato con il suo omologo tedesco, Christine Lambrecht.
I polacchi non avranno disponibili i Patriot che hanno ordinato agli USA ancora per molto tempo e sono quindi gli Stati Uniti oggi a dover gestire la “patata bollente”, tra indiscrezioni stampa che danno per imminente la consegna di due batterie e Il Presidente Joe Biden che il 16 dicembre ha affermato che una decisione verrà presa presto.
Difficile però credere che simili armi vengano lasciate nelle mani degli ucraini ma è verisimile che nel caso vengano gestite in Ucraina da militari o contractors statunitensi o di altri stati membri della NATO, peraltro già 0resenti con migliaia di effettivi in Ucraina.
La necessità di potenziare le difese aeree ucraine rimane del resto una priorità per l’Occidente e nei giorni scorsi sono circolate le voci circa la consegna di un altro sistema tedesco IRIS-T e di due SAMP/T, uno francese e uno fornito dall’Italia, come hanno rivelato fonti francesi (in barba all’inutile e paradossale segreto posto da Roma sulle forniture militari all’Ucraina). Si tratta di sistemi prelevati direttamente dalle dotazioni dell’aeronautica francese e dell’esercito italiano che si aggiungono ai vecchi Hawk spagnoli e forse ai sistemi Aspide/Spada italiani: armi piuttosto anziane e da tempo “scadute”, il cui impiego quindi non può offrire garanzie di efficacia e sicurezza.

Scorte in esaurimento
Il prolungamento del conflitto sta mettendo in grave difficoltà la capacità degli anglo-americani e dei loro alleati di mantenere un elevato ritmo di consegna di armi e munizioni, adeguato ai consumi e al logorio imposto da questa guerra convenzionale ad alta intensità.
A fine novembre il New York Times ha sentito un alto funzionario dell’Alleanza Atlantica che ha ammesso che i due terzi dei Paesi della Nato hanno esaurito armi. mezzi e munizioni che potevano venire ceduti all’Ucraina.
“Le scorte di armamenti di 20 dei 30 membri della Nato sono “piuttosto esaurite”, ha detto il funzionario che ha voluto mantenere l’anonimato, ma “i restanti 10 Paesi possono ancora fornire di più, soprattutto gli alleati più grandi”, ha aggiunto citando tra questi l’Italia, la Francia, la Germania e l’Olanda.
La situazione delle scorte di armamenti è particolarmente difficile per la Polonia e gli Stati baltici, sottolinea il giornale, secondo cui nel complesso i Paesi della Nato hanno trasferito all’Ucraina armamenti per un valore di 40 miliardi di dollari.
Il supporto militare all’Ucraina “non dovrebbe essere inferiore a quello degli ultimi sei mesi…. ma a parte questo, abbiamo bisogno di armi più moderne, più rifornimenti” ha detto il 15 dicembre il presidente Volodymyr Zelensky davanti ai leader Ue durante il suo intervento da remoto al Consiglio europeo. “Questo vale sia per la difesa aerea che per la difesa missilistica. E chiedo a ciascuno dei ventisette paesi dell’Unione Europea di decidere cosa si può fare nello specifico per aumentare la fornitura di sistemi di difesa aerea e missilistica – ha aggiunto Zelensky.
“Questo vale anche per i carri armati moderni. Non c’è alcuna ragione razionale per cui l’Ucraina non dovrebbe riceverli ora. Ciò vale anche per l’artiglieria a lungo raggio e per i sistemi missilistici che potrebbero accelerare la fine dell’aggressione russa”.
La criticità della situazione dei rifornimenti è stata presa in esame anche dal ministro della Difesa italiano, Guido Crosetto: “In tutto il mondo l’industria militare, e anche in Russia, è in crisi di produzione e di approvvigionamento. Per assurdo questo è uno degli elementi che possono dare una svolta alla trattativa sull’Ucraina che tutti ci auguriamo”, ha detto in un’intervista su RAI 3.
Intervenendo in Senato il 13 dicembre il ministro italiano ha ammesso che gli aiuti militari all’Ucraina possono avere un impatto sulle nostre Forze Armate.
“Non voglio nascondere al Parlamento che quello che abbiamo fatto e che stiamo facendo, pur non comportando oneri diretti e immediati nel lungo periodo, potrebbe incidere sulle nostre capacità”. E’ molto probabile che perdite, usura e consumi mettano in difficoltà anche i russi che devono fare i conti anche con gli effetti delle sanzioni poste dall’Occidente ma la portata di queste difficoltà è tutta da verificare.
Fonti militari ucraine ammettono di aver trovato resti di missili russi esplosi prodotti in ottobre di quest’anno e se si escludono idroni-suicidi (munizioni circuitanti) a lungo raggio Geran-2 di origine iraniana (ma probabilmente ormai prodotti in Russia), tutte le armi impiegate appaiono prodotte in Russia e in molti casi stoccate in depositi sparsi per tutto l’immenso territorio della Federazione da molti anni.
L’intensità dell’offensiva missilistica sulle infrastrutture energetiche e dei bombardamenti dell’artiglieria russa lungo i fronti di guerra non sembrano certo indicare difficoltà nei rifornimenti di munizioni nonostante diversi depositi siano stati colpiti negli ultimi mesi nelle retrovie da sabotatori o dai razzi lanciati dai sistemi HIMARS statunitensi e recentemente lo stesso Vladimir Putin abbia ammesso qualche difficoltà logistica.
Gli Stati Uniti hanno più volte denunciato forniture alla Russia di armi e munizioni nordcoreane ma finora non ci sono stati riscontri in proposito dai campi di battaglia.
Le previsioni dell’intelligence britannico, che nei suoi bollettini giornalieri riferisce dall’aprile scorso che la Russia sta finendo le scorte di missili balistici e da crociera, si sono rivelate errate o più probabilmente frutto più di intenti propagandistici che di attività d’intelligence (del resto non si sono mai visti i servizi segreti pubblicare bollettini di guerra quotidiani).
Il 27 novembre il ministro della Difesa estone Hanno Pevkur ha ammesso che “dopo nove mesi di conflitto, l’Esercito e l’Aeronautica della Federazione russa non sono state indebolite in modo sensibile”. Pevkur ha sottolineato che nonostante la Russia abbia subito considerevoli perdite, il suo potenziale ritornerà ad essere “prima o poi” quello del 24 febbraio, ponendo l’accento sul fatto che “il pericolo per i Paesi della NATO è pari a quello di inizio conflitto”.
I russi “hanno ancora abbastanza missili per condurre diversi attacchi pesanti. Noi abbiamo abbastanza determinazione e autostima per rispondere” ha detto il 16 dicembre il presidente ucraino Volodymyr Zelensky in un video messaggio.
Come abbiamo sottolineato più volte questa è la prima guerra convenzionale ad alta intensità combattuta in Europa dalle ultime offensive alleate nella primavera del 1945.
Tra le “lezioni apprese” che avevamo indicato già nel giugno scorso vi era l’inadeguatezza delle forze armate europee e occidentali a far fronte a un conflitto del genere perché non potremmo reggere migliaia di morti e feriti e perché le nostre dotazioni di armi pesanti e munizioni verrebbero azzerate dopo una o due settimane di guerra, in molti casi anche in pochi giorni.
Correre ai ripari non è facile e richiede tempi lunghi, determinazione e ampi investimenti  poiché l’industria della Difesa in Occidente non è strutturata per compensare in tempi rapidi perdite e consumi elevati come quelli registrati da una guerra convenzionale come questa in cui le forze ucraine “bruciano” migliaia di proiettili d’artiglieria al giorno e decine o addirittura centinaia di mezzi ogni settimana.
Solo per citare un esempio, il Pentagono ha assegnato a Raytheon un contratto da 1,2 miliardi di dollari per fornire a Kiev 6 batterie di missili terra-aria NASAMS in aggiunta alle due già consegnate ma che verranno realizzate in non meno di due anni.

Guerra convenzionale
“Da quando è finita la guerra fredda un po’ tutti gli arsenali militari sono stati ridotti poiché non si pensava certo che una guerra convenzionale potesse tornare in Europa” – ha detto a fine novembre all’Adnkronos il generale Giorgio Battisti, veterano di molte missioni oltremare, membro del Comitato Atlantico e opinionista di Analisi Difesa.
“Ci sono state le diverse missioni di peacekeeping, missioni all’estero che hanno fatto in modo che venisse privilegiata la parte leggera dell’equipaggiamento militare: armi individuali, mezzi non pesanti abbandonando un po’ le caratteristiche di un esercito convenzionale, appunto con carri armati e le artiglierie che servivano appunto durante la Guerra Fredda.
Ora la guerra convenzionale ritornata in Europa si combatte con i droni e con i missili, a colpi di artiglieria e si parla di migliaia di colpi che sia i russi che gli ucraini sparano tutti i giorni. Mentre in Afghanistan gli Stati Uniti sparavano 300 colpi di cannone al massimo ogni giorno, nella guerra in Ucraina si sparano 5mila con delle punte di 20mila colpi al giorno.
Questo dimostra come questa guerra abbia messo a nudo le nostre carenze. Una guerra che non può essere paragonata a quelle nei Balcani negli anni ’90 dato che erano guerre a bassa intensità, mentre qui lo scontro è tra due stati che utilizzano tutti gli equipaggiamenti degli arsenali di cui dispongono. Negli ultimi anni, in moltissimi paesi compresa l’Italia, è subentrata una forma di accanimento, possiamo dire, contro le industrie che producevano armi che sono state costrette o a riconvertirsi in altre produzioni o anche a chiudere” – ha evidenziato Battisti.
“Circostanza che ha fatto sì, salvo che negli Usa, che tantissimi paesi abbiamo ridotto sensibilmente i propri magazzini, le proprie riserve militari. Una eventuale riconversione all’industria bellica non sarà facile, ampliare la capacità industriale di un paese non può realizzarsi in breve tempo.
Ritengo che occorra evitare di rimanere completamente privi di armi e gli Stati Maggiori di tutti i paesi, compresi gli Stati Uniti, stanno studiando come non rischiare di rimanere sguarniti e rifornire allo stesso tempo l’Ucraina delle armi necessarie per difendersi. Anche perché gli Stati Maggiori devono tenere conto sempre del rischio che il conflitto si allarghi coinvolgendo direttamente paesi dell’Alleanza Atlantica” – ha concluso Battisti.

Armi e munizioni agli sgoccioli
Considerato questo contesto non sorprende che gli anglo-americani cerchino alternative al depauperamento delle proprie riserve di armi e munizioni anche tenendo contro che le capacità produttive statunitense di munizioni da 155 mm raggiungono i 15 mila proiettili mensili (molti meno in Europa), pari più o meno a tre giorni di fuoco dell’artiglieria ucraina: terminate le riserve disponibili, occorrerebbero anni per tornare a disporre di un livello accettabile di munizioni.
Tra le alternative, Washington e Londra cercano di reperire armi e munizioni di tipo russo/sovietico da girare a Kiev in Africa e Asia, come nel caso del Marocco già illustrato da Analisi Difesa.
Da un lato è indubbio che la guerra in Ucraina abbia dato un forte impulso alla spesa militare in diverse nazioni europee e negli Stati Uniti: molte nazioni un tempo membri del Patto di Varsavia hanno già ceduto a Kiev tutti o quasi gli equipaggiamenti ex sovietici di cui disponevano. In termini concreti però questo incremento delle risorse finanziarie richiederà anni per trasformarsi in nuove armi e munizioni per le forze NATO come per quelle ucraine.
Per fare un esempio di sistemi d’arma peraltro di relativamente facile e rapida produzione, il ministero della Difesa britannico ha commissionato l’acquisto di un numero imprecisato di armi anticarro NLAW per 229 milioni di sterline che verranno consegnate tra il 2024 e il 2026 (altri 500 NLAW ordinati in precedenza arriveranno nel 2023) per compensare la cessione all’Ucraina di ben 10 mila armi anticarro (in gran parte NLAW) in pochi mesi.
Occorre inoltre valutare se gli stanziamenti annunciati in Europa in modo altisonante sull’onda emotiva del conflitto risultino sostenibili di fronte alla crisi energetica e a quella economica e sociale che si stanno abbattendo sul Vecchio Continente.
Secondo uno studio del think-tank britannico Royal United Services Institute (RUSI) “con la fine della guerra fredda l’Europa ha ridotto drasticamente il budget della difesa, ritrovandosi con eserciti e scorte d’artiglieria limitati, inadatti a sostenere nel lungo periodo il ritmo di una guerra come quella combattuta oggi in Ucraina. Ai tassi ucraini di consumo di artiglieria, le intere scorte britanniche potrebbero durare una settimana e gli alleati europei non sono in una condizione migliore”.
Secondo dati ufficiali resi noti il 27 novembre il Regno Unito ha già armato l’Ucraina con quasi 7 mila armi anticarro NLAW, oltre un centinaio di veicoli blindati, semoventi antiaerei Stormer con missili Starstreak, diverse decine di obici M109 e cannoni trainati L119, lanciarazzi campali MLRS M270, oltre 16 mila proiettili d’artiglieria, missili Brimstone e 4,5 tonnellate di esplosivi al plastico. Materiale in parte già usurato o distrutto mentre le munizioni d’artiglieria sono state sufficienti per circa tre giorni di combattimenti.
Per comprendere come anche per le scorte dell’US Army questa guerra non sia sostenibile nel tempo il RUSI evidenzia che nell’estate scorsa gli ucraini sparavano in un giorno 6/7 mila colpi d’artiglieria (i russi fino a 50mila), quando gli Stati Uniti riescono a produrne in un mese solo 15mila.
La costruzione negli USA di uno stabilimento di munizioni ad hoc per l’esercito ucraino richiederà tempo e gli 800 mila proiettili da 155 mm previsti richiederanno due anni per venire prodotti. Secondo il RUSI “al culmine dei combattimenti nel Donbass, la Russia stava usando più munizioni in due giorni di quante ne avesse in magazzino l’intero esercito britannico”.
Il Pentagono ha ceduto a Kiev circa un terzo delle riserve di missili anticarro Javelin e di quelli antiaerei Stinger: ripianare tali scorte richiederà rispettivamente 5 e 13 anni: troppi, soprattutto tenendo conto che altri conflitti potrebbero esplodere in aree diverse, incluso il Pacifico.
Citando fonti del Pentagono, il New Yorker ha reso noto che gli Stati Uniti non intendono fornire all’Ucraina i lanciarazzi campali multipli HIMARS in grandi quantità a causa del costo (7 milioni di dollari) dei tempi di produzione di nuovi mezzi la limitata ma soprattutto per la difficoltà industriale a far fronte alle commesse di munizioni.
“A fronte di una produzione di 9mila razzi all’anno le forze armate ucraine ne consumano almeno 5mila al mese”, afferma la fonte citata dal giornale.
E bene evidenziare che gran parte dei 20 miliardi di dollari di aiuti militari statunitensi, degli oltre 3 miliardi di sterline forniti da Londra (secondo contributore) e dei 3,1 miliardi di euro forniti dall’Europa all’Ucraina (l’Italia ha speso finora quasi mezzo miliardo di euro secondo l’Osservatorio MIL€X) riguardano mezzi, armi e munizioni prelevati dai magazzini o dai reparti delle forze armate occidentali, che se ne sono privati non senza critiche da parte di molti ambienti militari.
Citando fonti militari francesi, il magazine statunitense Politico ha rivelato a inizio dicembre che in Francia gli stock di munizioni e artiglieria si sono ridotti pericolosamente a causa delle donazioni all’Ucraina mentre fonti militari tedesche riducono oggi ad appena due giorni l’autonomia di fuoco dell’artiglieria in un conflitto convenzionale.
L’ambasciatore polacco alla NATO, Tomasz Szatkowski, ha dichiarato alla radio polacca RMF che “i depositi militari dei paesi della NATO si stanno vuotando a causa degli aiuti all’Ucraina”. Un allarme che potrebbe aumentare i dissidi tra gli alleati considerato che il segretario generale della NATO, Lens Stoltenberg, continua a esortare gli stati membri a trasferire più armi e munizioni possibile a Kiev.
Come ha rivelato all’ANSA un’alta fonte diplomatica alla NATO, all’interno dell’alleanza è in corso “un dibattito” sull’ipotesi di dare carri armati di produzione occidentale a Kiev dopo l’appello in tal senso del ministro degli Esteri lituano, Gabrielius Landsbergis.
La questione però, sempre in termini concreti, è dove reperire in Europa tank per l’Ucraina considerato che alcune nazioni NATO hanno rinunciato a mantenere in servizio carri armati e chi ancora ne ha in organico dispone di flotte compresa tra i 150 (l’Italia) o e i 350 (la Germania) esemplari, solo per meno della metà operativi: flotte non cedibili se non si vogliono appiedare gli ultimi reparti corazzati rimasti in Europa. Pochi anche i mezzi in riserva che richiederebbero comunque ampi lavori per tornare a essere operativi.
A Kiev il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, ha lamentato che la Germania non ha assunto al momento alcun impegno per la fornitura di carri armati Leopard 2 all’Ucraina.
Il 15 dicembre Berlino ha consegnato all’Ucraina missili per il sistema di difesa area IRIS-T, due veicoli corazzati e 30 mila proiettili per lanciagranate da 40 mm, 5 mila munizioni da 155 mm, 4 ambulanze e 18 autocarri. In Belgio, come in altre nazioni europee, le pressioni politiche tese a dare più armi agli ucraini cozzano con le resistenze dei militari che temono di dover domani affrontare un contesto bellico ad alta intensità senza disporre di armi e munizioni.

Manutenzioni oltre confine
Sostenere lo sforzo bellico ucraino diventa difficile anche sul piano logistico poiché la carenza di energia e la devastazione dell’apparato industriale militare ucraino rendono ardue se non impossibili anche manutenzioni e riparazioni.
A Michalovce, in Slovacchia, è stato aperto il centro per le riparazioni delle armi pesanti fornite dalla Germania all’Ucraina, come ha comunicato nei giorni scorsi il generale di brigata Christian Freuding, capo dello Stato maggiore speciale per l’Ucraina presso il ministero della Difesa tedesco. Presso il polo di Kosice verranno riparati, in particolare, i 14 obici semoventi Pzh 2000 che la Germania ha fornito insieme a Olanda e Italia all’Ucraina e che vengono ormai “cannibalizzati” per mantenerne qualcuno operativo secondo testimonianze dirette dal fronte
Il centro in Slovacchia curerà la manutenzione anche dei 5 lanciarazzi multipli Mars e dei 37 semoventi antiaerei corazzati Gepard forniti a Kiev e in futuro anche dei 50 blindati ruotati Dingo di prossima consegna. L’ubicazione del centro logistico oltre i confini ucraini offre garanzie contro gli attacchi russi ma impone lunghi trasferimenti dal fronte dei mezzi da riparare.
Il viceministro della Difesa ceco, Tomas Kopecny, ha annunciato che migliaia di tecnici e operai ucraini delle aziende del settore Difesa lavoreranno negli stabilimenti di produzione di armi della Repubblica Ceca dove la produzione di alcuni sistemi d’arma nell’ambito di progetti comuni dovrebbe cominciare nella prima metà del 2023.
La Svizzera invece si è impegnata a non fornire armi all’Ucraina. “Né al tempo della prima guerra mondiale, né durante la seconda guerra mondiale, abbiamo esportato armi. Non esporteremo armi e non parteciperemo direttamente o indirettamente a un conflitto militare né in termini di armi né con le nostre truppe in Ucraina, Russia o in qualsiasi altra parte del mondo”, ha sottolineato il 12 dicembre il presidente della Confederazione, Ignazio Cassis, aggiungendo che “c’è sempre pressione” sulla Svizzera da parte dei Paesi europei”.

Sopravvivere alla volontà di annientamento del sistema statunitense

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di Maurizio Murelli

Fonte: Maurizio Murelli

Non serve sprecare energie per controbattere alle deliranti argomentazioni di chi sta dalla  parte della “causa ucraina”, argomentazioni portate avanti tanto da agitatori palesemente disturbati condizionati da aberranti contorcimenti ideologici o da individui intossicati dalla propaganda atlantista che sguazzano nell’ignoranza più assoluta: tanto gli uni che gli altri reagiscono istericamente con la bava alla bocca insultando, mostrificando e stravolgendo la realtà dei fatti. Lasciamoli perdere e che si consumino nel loro nefasto liquame in ebollizione e cerchiamo di mantenere freddo distacco rispetto alle loro performance.
Serve invece impegnarsi per chiarificare con dati oggettivi l’evolversi  della “meta-guerra planetaria” rispetto alla quale quanto accade in Ucraina è da considerarsi una battaglia e, estremizzando, così pure la Prima quanto e Seconda guerra mondiale, anch’esse da ritenersi gigantesche battaglie se si considera il fatto che hanno avuto il loro fondamentale epicentro nel perimetro Europeo e, soprattutto, sono state “tappe” per la realizzazione di un preciso ordine mondiale il cui disegno complessivo si evidenzia con quanto imposto nel Trattato di Versailles (1919). Poco importa stabilire se il progetto sia stato chiaro e definito nei dettagli fin dall’inizio e si deva risalire fin alla Rivoluzione Francese per rintracciarne i semi (tesi complottista) o se il progetto si è implementato (sviluppato) cammin facendo. Sta di fatto che la Prima Guerra Mondiale ha gettato le basi per la Seconda e consentito agli USA di impiantare le proprie malefiche radici in Europa; la SGM ha posto le basi per le battaglie successive fino a giungere a quella che ha attualmente epicentro in Ucraina. Ovviamente questa chiave di lettura avrebbe necessità di essere ben esposta e supportata co appropriate esposizioni, ma questa non è la sede adatta – necessiterebbe uno scritto chilometrico. Mi limiterò dunque a porre un paio di sintetici tasselli esplicativi.
La realizzazione dell’Ordine Mondiale variamente concepito dagli USA ha la necessità di disintegrare la Russia indipendentemente dal sistema politico che lo regge. La questione non è chi governa la Russia, se lo Zar, il comunista Stalin, il semiliberale Putin o anche Topolino: la questione è la Russia in quanto tale perché la sua esistenza come entità statale è posseditrice di gigantesche materie primarie è ostacolo alla realizzazione dell’Ordine Mondiale unipolare. Dal 24 febbraio ci si è concentrati a mettere in evidenza quanto fatto dagli atlantisti in Serbia, Kosovo, Iraq, Siria, Libia etc. dando l’idea che l’attuale fase sia stata innescata con l’implosione dell’URSS, ma se si vuole supportare la tesi sopra esposta, bisogna fare alcuni passi in dietro, andando ben oltre l’ingordigia imperialista palesatasi nel 1990. Il primo passo da farsi ci porta nella seconda metà degli anni Quaranta primi anni Cinquanta.
Nel 1949 la SGM era terminata da appena 4 anni e alla Russia, alleata con gli USA contro la Germania, era costata 20 milioni di morti e una imponente devastazione; senza la Russia gli angloamericani avrebbero avuto poche possibilità di vincere, almeno non prima del 1945, quando avrebbero potuto far conto sulla bomba atomica poi impiegata in Giappone e dunque desertificate l’Europa. In quell’anno, il 3 dicembre 1949, gli USA concepirono un piano per regolare i conti con quello che era stato il suo alleato. Si tratta del “Piano Trojan” per l’invasione dell’Unione Sovietica, insieme all’alleato britannico.
Il piano prevedeva il lancio di 300 bombe atomiche e 20.000 bombe ordinarie su 100 città dell’URSS. Pertanto furono programmati 6.000 voli. L’inizio dell’invasione era prevista per il 1 gennaio 1950, ma in seguito fu posticipata al 1 gennaio 1957, assieme a tutti i paesi della NATO. La NATO era stata fondata nell’aprile del 1949 ma aveva bisogno di essere rodata e ben organizzata per diventare operativa. GLI USA ritennero fosse meglio che l’operazione venisse targata NATO piuttosto che solo USA, questa la ragione del posticipo dell’operazione.
Nel 1952, il presidente degli Stati Uniti Harry Truman disse:« Rimuoveremo dalla faccia della terra tutti i porti e le città che devono essere distrutti per raggiungere i nostri obiettivi». Vi devo specificare quali erano e sono i loro obbiettivi?
La ragione per la quale il piano non prese corpo è semplice: nei primi anni Cinquanta la Russia era diventata a sua volta una potenza atomica in grado di colpire con i suoi missili il territorio USA. In attesa del ritorno alla “guerra calda” si aprì l’epoca della “guerra fredda” terminata nel 1990 con l’avvento della “guerra tiepida” per arrivare ad oggi con l’accensione del “fornello ucraino” che ha in prospettiva l’opzione “guerra surriscaldata”.
Allo stato dell’arte gli USA hanno conseguito un primo obiettivo: devastazione dell’Europa ancorata al gorgo ucraino che progressivamente la sta inghiottendo. Il secondo, la disintegrazione della Russia è l’allettante prospettiva.
Allora non si tratta di “stare con la Russia” perché irrazionalmente filorussi. Possiamo qui divagare su cosa è la Russia e divagare sui concetti di civiltà e sistemi politici, ma il punto principale è come posizionarsi da europei, quindi sottrarsi dall’abisso verso il quale gli USA stanno spingendo l’Europa. E per fare questo è imprescindibile schierarsi a fianco della Federazione russa contro lo schieramento atlantista impegnato in Ucraina dove, prima di tutto, è in corso una guerra civile tra la parte ovest occidentalizzata e la parte est che non accetta l’occidentalizzazione. La guerra civile è un fatto interno all’Ucraina, il mascherato posizionamento della NATO con tutto il suo supporto è una questione che riguarda noi europei, noi italiani. La disintegrazione della Russi pone irrimediabilmente una pietra tombale sull’Europa lasciandoci in balia della UE che è la marionetta USA. Tutto questo è quel che deve essere chiaro e opposto ai gioppini atlantici qualsiasi vestito ideologico calzino. Tutto questo dovrebbe portarci a dire che non è la una pace o tregua in Ucraina che risolverà la questione. Pace e tregua servono solo a permettere all’atlantismo di riorganizzarsi. Una volta per tutte il “Grande Conflitto”, la “Grande guerra planetaria” deve essere risolta con un vinto e un vincitore. E se come europei e italiani dobbiamo essere tra i vinti ce ne faremo una ragione ben sapendo che comunque prima o poi l’intero sistema imploderà… magari tra un secolo, perché questo sistema imperante è disumano e l’umano non lo può reggere: o lo disintegra o scompare. E per intanto, ognuno nella sua trincea di competenza, si continua a battersi cosicché, per quanto riguarda le armi, quelle italiane, quelle dei veri nazionalisti italiani, passi almeno l’idea che esse dovrebbero essere date al fronte dell’Est. Il vortice ucraino va chiuso.
Chiarito questo poi possiamo affrontare tutti gli altri argomenti a cominciare da quello teorico dell’multipolarismo da opporre all’unipolarismo, della contrapposizione tra concezioni di Civiltà e sistemi politici pere finire sui terreni dell’economia, della finanza, del liberisimo, della geoenergia e quant’altro. Prima di tutti sopravvivere alla volontà di annientamento del sistema USA.

 

La Russia collabora con la Cina per affrontare i pericoli della NATO

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di Luciano Lago

Il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov afferma che la NATO ha violato tutti i suoi obblighi nel Trattato di Istanbul e si sta espandendo a est, e avverte dei suoi movimenti ostili al largo della costa cinese.

Il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha dichiarato oggi, giovedì, che la NATO si sta avvicinando ai confini della Federazione Russa e sta rafforzando le sue capacità offensive.

Lavrov ha spiegato, durante una conferenza stampa sulle questioni di sicurezza europea, che “la NATO sta causando distruzione e sofferenza”, osservando che “la NATO ha violato tutti i suoi obblighi del Trattato di Istanbul e si sta espandendo verso est”. Ha continuato, “I giochi della NATO con il fuoco al largo delle coste della Cina comportano rischi per la Russia. Pertanto, Mosca sta intensificando la sua cooperazione con Pechino. Guardando la retorica che esce da Washington, Bruxelles, Australia, Canada e Londra, il Mar Cinese Meridionale è ora una delle aree in cui la NATO non smette mai di aumentare le tensioni”. Lavrov ha aggiunto: “Sappiamo quanto sia seria la Cina nell’affrontare tali provocazioni, per non parlare di Taiwan e dello Stretto di Taiwan, e ci rendiamo conto che i giochi di fuoco della NATO da quelle parti rappresentano una minaccia e un rischio anche per la Russia, poiché è vicina alle nostre coste e mari, così come è vicino al territorio cinese, quindi stiamo lavorando allo sviluppo della cooperazione militare con la Cina. E il ministero della Difesa russo ha annunciato, mercoledì, che i bombardieri strategici delle forze aeree russa e cinese hanno condotto pattugliamenti congiunti durati circa 8 ore sul Mar del Giappone e sul Mar Cinese Orientale.

È interessante notare che più di 2.000 soldati cinesi si sono uniti alla Russia a settembre per partecipare alle esercitazioni “Vostok 2022”, che sono durate 7 giorni e si sono svolte nel distretto militare dell’Estremo Oriente in Siberia, al largo delle coste dei mari del Giappone e di Okhotsk.

Il ministro degli Esteri russo ha affermato che l’Occidente a guida USA “stava scommettendo sull’imposizione della sua egemonia nel mondo”, aggiungendo che “l’Occidente stava cercando di impedire alla Russia di mantenere la sua posizione, sia in Europa che nel mondo”.

Lavrov ha sottolineato che “l’Occidente ha seguito l’approccio di mantenere accordi e trattati come semplice inchiostro sulla carta”.

Pochi giorni fa, il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg ha affermato che il comando militare della Nato potrebbe inviare forze aggiuntive nell’ala orientale, se necessario, rivelando che ci sono 40.000 soldati all’interno del comando Nato a est, sostenuti da grandi forze aeree e navali. Lavrov ha detto che le potenze nucleari devono evitare qualsiasi scontro militare, perché l’escalation potrebbe diventare “fuori controllo”.

Nel contesto, il ministro della Difesa bielorusso Viktor Khrenin ha annunciato, ieri, giovedì, che il suo Paese sta osservando un aumento senza precedenti della presenza delle forze USA e NATO nell’Europa orientale.

Foto: Afp

2 dicembre 2022

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Fonte: https://www.ideeazione.com/la-russia-collabora-con-la-cina-per-affrontare-i-pericoli-della-nato/

Basta con l’arroganza di Zelensky

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di Massimo Fini

Fonte: Massimo Fini

Adesso l’arroganza di Zelensky ha superato ogni limite: non si accontenta più di dettare l’agenda politica dell’Ue ma vuole cancellare la cultura russa dall’Europa, la stessa pretesa di Putin con l’Ucraina. Come racconta Marco Travaglio sul Fatto di venerdì: “Il console ucraino Andrii Kartysh ha intimato a Sala, a Fontana e al sovrintendente Meyer di cancellare la prima della Scala col Boris Gurdonov di Musorgskij e ‘rivedere’ il cartellone per ripulirlo da altri ‘elementi propagandistici’, cioè da opere di musicisti russi”. Dà ordini perentori ai sindaci, ai presidenti di Regione, ai direttori artistici, vuole decidere lui, attraverso i suoi scagnozzi, quale deve essere il cartellone della Scala. La Scala,  il più grande teatro al mondo di musica classica, di balletto, di operistica, dove sono stati messi in scena i maggiori compositori russi, da Tchaikovsky a Rimsy-Korsakov a Prokofiev a Khachaturian a Stravinsky, dove hanno ballato le più grandi étoile russe, da Rudy Nureyev a Baryshnikov, e, per restare a casa nostra, sempre che rimanga tale, dove sono stati dati tutti i nostri grandi dell’opera, da Puccini a Rossini, da Verdi a Vivaldi, da Monteverdi a Bellini, dove hanno cantato Maria Callas e la Tebaldi. Che cosa ci hanno dato gli ucraini in cambio? Zero, zero.
Volodymyr Zelensky è un filo-nazista, non perché lo ha bollato così Putin, ma perché una parte del popolo, sia pur carsicamente, lo è, non solo i miliziani del battaglione Azov che lo sono apertamente, sono inglobati nell’esercito regolare ucraino e vengono continuamente esibiti e magnificati dal loro Presidente. Infatti due settimane fa, come già l’anno scorso, il suo governo ha votato contro l’annuale risoluzione Onu che condanna l’esaltazione del nazismo: l’aveva già fatto l’anno scorso, insieme agli Usa, mentre stavolta Kiev si è tirata dietro i principali Paesi europei, Italia inclusa.
Quando in Ucraina c’erano la Wehrmacht e la Gestapo, con cui non si scherzava, gli ucraini sono stati attori, in proporzione, di uno dei più grandi pogrom antiebraici.
Volodymyr Zelensky gonfia il petto per la resistenza all’“operazione speciale” di Putin. Ma con le armi che gli hanno dato gli americani e disgraziatamente anche l’Unione europea, che continua a non capire dove sono i suoi veri interessi, pure il Lussemburgo avrebbe resistito al tentativo di occupazione russa. Senza contare che in corso d’opera si è scoperto che l’Ucraina era già zeppa di armamenti sofisticati.
Lo so, lo so che è obbligatorio premettere che qui c’è un aggressore, la Russia, e un aggredito, l’Ucraina. Tutto vero, però queste sottili distinzioni non si sono fatte quando gli aggressori eravamo noi, Germania in parte esclusa, in Serbia 1999, in Afghanistan 2001, in Iraq 2003, in Somalia, per interposta Etiopia, 2006-2007, col bel risultato di favorire gli Shabab che hanno giurato fedeltà allo Stato Islamico, e infine in Libia, 2011, in una delle più sciagurate operazioni di alcuni Paesi Nato, Stati Uniti, Francia e Italia a governo Berlusconi. Però solo Putin continua a essere massacrato dalla cosiddetta “comunità internazionale” che altro non è che il coacervo di Stati stesi come sogliole ai piedi degli States e che è sì internazionale, ma non è mondiale perché a questa condanna sono estranei non solo la Cina e l’India, circa tre miliardi di persone, ma anche quasi tutti i Paesi sudamericani, tanto più che ora Lula ha cacciato a pedate il ‘cocco’ dell’Occidente, Bolsonaro. Inoltre in questa damnatio memoriae qualche ragione ce l’ha anche la Russia di Putin. Non è rassicurante essere circondati da Paesi Nato e filo-Nato cioè, attraverso gli Stati Uniti, da Stati potenzialmente nucleari, oltre che dai nazisti ucraini.
Pistola alla tempia io scelgo la Russia, anche l’attuale Russia, non l’Ucraina. E forse faccio anche a meno della pistola.

Non finiremo per salvare il liberalismo, come progettano loro

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di Aleksandr Gelʹevič Dugin

Fonte: Antonio Catalano

«NON FINIREMO PER SALVARE IL LIBERALISMO, COME PROGETTANO LORO. FINIREMO PER “UCCIDERLO”, UNA VOLTA PER TUTTE» Aleksander Gelʹevič Dugin

[Il libro “La Quarta Teoria Politica” di Aleksandr Gelʹevič Dugin si conclude con il capitolo sulla guerra alla Russia nella sua dimensione ideologica; articolo pubblicato l’11 marzo 2014. Illuminante come il grande filosofo avesse antivisto il corso delle cose, descrivendo lo scenario che a molti sembra prendere avvio solo il 24 febbraio del 2022. Riporto di seguito alcuni passaggi decisivi dello scritto. Antonio Catalano]

La guerra contro la Russia è attualmente la questione più discussa in Occidente. Per ora è ancora un suggerimento e una possibilità, ma potrebbe diventare realtà, a seconda delle decisioni che prenderanno le nazioni coinvolte nel conflitto ucraino Mosca, Washington, Kiev, Bruxelles.
Nell’Occidente moderno, c’è un’unica ideologia dominante: il liberalismo. Può manifestarsi in molte sfumature, forme e varianti, ma la sua essenza è sempre la stessa. Il liberalismo ha in sé una struttura intrinseca fondamentale: individualismo antropologico, fede nel progresso, tecnocrazia, eurocentrismo, economia come destino, democrazia come governo delle minoranze, classe media come unico attore realmente esistente in campo sociale e unica forma universale, globalismo inclusivista.
Durante il XX sec. il liberalismo ha sconfitto i propri rivali, e dal 1991 è diventata l’unica ideologia dominante nel mondo.
L’unica libertà di scelta nel reame del liberalismo globale è tra liberalismo di destra, di sinistra o radicale, ivi compresi quello di estrema destra e dell’estrema sinistra, e quello più estremo. Di conseguenza, il liberalismo è stato installato come sistema operativo della civiltà occidentale e di tutte le altre civiltà che si trovano nella zona d’influenza occidentale. Perfino il senso comune è divenuto liberale.
C’è un aspetto dell’ideologia liberale che ha in sé il germe di una crisi: il liberalismo è intimamente nichilista. L’insieme dei valori propugnati dal liberalismo è legato a doppio filo alla sua tesi primaria, cioè la primazia della libertà. Ma la libertà, nella visione liberale, è una categoria sostanzialmente negativa: è essere “liberi da”, non “liberi di” o “per”. Il liberalismo avversa ogni forma di identità collettiva e ogni genere di valore, progetto, strategia, obiettivo, metodo che sia collettivista, o meramente non-individualista. Questa è la ragione per cui uno dei più importanti teorici del liberalismo, Karl Popper ha sostenuto, nella sua opera “La società aperta e i suoi nemici”, che i liberali debbano combattere qualsiasi ideologia o filosofia politica (da Platone ed Aristotele a Marx ed Hegel) che suggerisca che la società umana dovrebbe avere un qualche obiettivo o valore o significato comune. (È da notare che Georges Soros considera questo testo la sua bibbia personale).
La Russia, l’avversario geopolitico tradizionale degli anglosassoni, è un nemico molto più serio [di Afghanistan, Iraq, Libia, citati prima]. È perfetta per ricoprire quel ruolo – il ricordo della guerra fredda è ancora fresco negli animi di molti. La russofobia è facile da coltivare, anche con mezzi rudimentali. Ed è per questo che penso che la guerra con la Russia sia una prospettiva concretamente possibile. È ideologicamente necessaria come “extrema ratio” per posporre l’implosione definitiva dell’Occidente liberale. È quel “passo indietro” necessario.
Considerando i diversi piani di questo possibile conflitto con la Russia, sottolineo alcuni punti:
1. Una guerra con la Russia aiuterà a ritardare il caos globale imminente. La maggioranza delle nazioni implicate nel sistema economico liberale e liberal-democratiche, che dipendono o sono direttamente controllate dagli Usa e dalla Nato, faranno un’altra volta “fronte comune” sotto la bandiera dell’Occidente liberale nella sua crociata contro Putin, l’antiliberale.
2. Una guerra contro la Russia rafforzerebbe la Nato e soprattutto i suoi membri europei, che saranno ancora una volta obbligati a considerare l’iperpotenza americana come qualcosa di positivo e vantaggioso, e i vecchi schemi della guerra fredda non sembreranno più obsoleti. Per paura della venuta dei “malvagi russi”, gli europei torneranno leali agli Usa, loro protettori e salvatori.
3. L’Unione Europea sta cadendo a pezzi. La presunta “minaccia comune” dei russi potrebbe prevenirne un’eventuale frammentazione, mobilitando la società e rendendo i popoli europei di nuovo volenterosi di difendere le proprie libertà e i propri valori, minacciati dalle “ambizioni imperiali” di Putin.
4. La Giunta ucraina di Kiev ha bisogno di questa guerra per giustificare e seppellire tutte le malversazioni che risalgono alle proteste di Maitan, sia dal punto di vista giuridico che costituzionale, ratificando la “sospensione della democrazia”, che avrebbe impedito loro di governare nei distretti sudorientali, prevalentemente filorussi, e di stabilire la loro autorità e il loro ordine nazionalistico per via extraparlamentare.
L’unica nazione che non vuole la guerra è ora la Russia, ma Putin non può lasciare che il governo ucraino, radicalmente anti-russo, governi un paese che ha una popolazione per metà russa, e che è composta da molte regioni filorusse. Se lo permettesse perderebbe ogni credibilità a livello interno e internazionale.
La guerra russa non sarà solo a vantaggio degli interessi nazionali russi, ma sarà per la causa di un mondo multipolare più equo, per la dignità e la vera libertà – quella positiva, “creativa” non quella “nichilista”. In questa guerra la Russia darà l’esempio come tutrice della Tradizione, dei valori conservatori connaturati ai popoli, e rappresenterà la vera liberazione dalla società aperta e da chi ne beneficia – l’oligarchia finanziaria globale. Questa guerra non è contro gli ucraini e nemmeno contro una parte della popolazione ucraina, e non è nemmeno contro l’Europa. Non finiremo per salvare il liberalismo, come progettano loro. Finiremo per “ucciderlo”, una volta per tutte.

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