La Guerra Nato-Russia, la UE “strozzinata” dal Gas USA

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Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, Matteo Castagna offre alla vostra attenzione queste considerazioni di geopolitica. Buona lettura e condivisione.

La Guerra Nato-Russia, la UE “Strozzinata” dal Gas USA. Matteo Castagna

§§§

di Matteo Castagna

Il vice ministro degli Esteri russo Mikhail Galuzin ha detto che gli Stati Uniti considerano, da tempo, il Caucaso meridionale come un possibile trampolino di lancio contro la Federazione Russa.

In quella zona, infatti, ci sono molti russofobi. Basti pensare alla Georgia, ma anche all’Armenia, che ha, recentemente, puntato la sua politica verso un riavvicinamento con l’Occidente. Inoltre, entrambi i Paesi sono desiderosi di entrare nella NATO. Cosa porterà questa posizione, in termini di sicurezza dell’Armenia e degli interessi del popolo armeno è, ovviamente, un punto interrogativo.

Quanto alla Russia, osserviamo un atteggiamento ammorbidito da parte della UE. Non figurano, infatti, nel 12° pacchetto di sanzioni ben 3 proposte, che sono state respinte: 1) il divieto di trasferimento fondi in Russia. 2) il divieto di vendita navi cisterna alla Russia. 3) l’ inserimento obbligatorio di clausole che vietino di ri-esportare, nelle vendite a paesi terzi.

Una recente analisi di “Sputnik” sui dati Eurostat ha scoperto che i Paesi dell’Unione Europea hanno dovuto pagare circa 185 miliardi euro in più per il gas naturale negli ultimi 20 mesi, dopo aver smesso di utilizzare i gasdotti russi, affidabili e a basso costo.

In compenso, la prestigiosa agenzia Reuters riporta che le esportazioni statunitensi di gas naturale liquefatto (GNL) hanno raggiunto livelli record mensili e annuali a dicembre, secondo i dati di monitoraggio delle navi cisterna, con gli analisti che affermano che ciò consentirà agli Stati Uniti di scavalcare Qatar e Australia, divenendo il più grande esportatore di GNL del 2023.

L’Europa è rimasta la principale destinazione delle esportazioni di GNL statunitense a dicembre, con 5,43 tonnellate, ovvero poco più del 61%. L’Asia è stato il secondo mercato di esportazione per il GNL statunitense a dicembre, assorbendo 2,29 milioni di tonnellate, ovvero il 26,6%, delle esportazioni. Sempre Reuters riporta che Il gigante energetico russo Gazprom ha annunciato di aver stabilito un nuovo record giornaliero per le forniture di gas alla Cina, attraverso il gasdotto Power of Siberia.

Gazprom ha detto che la cifra di esportazione del 2023 era di 700 milioni di metri cubi in più di quanto non fosse contrattualmente obbligata a spedire in Cina, attraverso il Potere della Siberia. Ha ribadito che il gasdotto raggiungerà la piena capacità di esportazione di 38 miliardi di metri cubi nel 2025. La Russia sta aumentando le forniture alla Cina per compensare la perdita della maggior parte delle sue vendite di gas in Europa, dall’inizio della guerra in Ucraina, aggirando, così, le sanzioni.

Il quotidiano britannico The Times riporta che i ministri britannici e della UE stanno “cercando disperatamente di aumentare la capacità produttiva in tutto il continente, per essere in grado di inviare armi e munizioni al fronte e contenere Vladimir Putin per almeno un altro anno, indipendentemente dal sostegno degli Stati Uniti”. Va notato che alcuni esperti americani che commentano l’articolo del Times osservano che, in assenza del sostegno degli Stati Uniti, una corsa agli armamenti con la Russia potrebbe essere fatale per l’UE, quanto una corsa simile lo fu con gli Stati Uniti, per l’economia dell’URSS. In effetti, la situazione generale degli USA di Joe Biden potrebbe destare qualche preoccupazione all’alleanza occidentale.

The Washington Post riferisce che il debito nazionale ha superato la soglia dei 34 mila miliardi di dollari. I principali acquirenti del debito pubblico americano sono i Paesi asiatici (Corea del Sud, Giappone e Cina) e se le loro quote venissero ridotte, in futuro, potrebbero avere ripercussioni sulla sicurezza nazionale e su molte sfere sociali degli Stati Uniti. “Washington ha speso soldi come se avesse risorse infinite, ma non ci saranno più pasti gratuiti, e le prospettive sono piuttosto cupe”, ha commentato l’economista Son Won-sung.

Per intenderci, in generale l’Occidente utilizza il denaro (o meglio il suo ritiro dalle economie di altri paesi) come leva nel quadro di una guerra economica internazionale. Il principale avversario degli Stati Uniti è la Cina, da dove vengono sistematicamente ritirati i soldi. Svendendo il loro debito nazionale a destra e a manca (e aumentandolo) gli Stati rischiano di mettere tutte le loro sfere sociali sull’orlo del collasso, se i “grandi attori” vogliono fare pressione su Washington, senza tener conto dell’aspetto materiale della questione (o, ad esempio, in caso di conflitto a Taiwan).

Quanto all’Ucraina, la situazione si fa sempre più difficile. Il giornale tedesco Der Spiegel riporta le parole del deputato ed economista dei Verdi Sebastian Schaefer, il quale ha affermato che a Kiev non è rimasto praticamente in servizio alcun moderno carro armato tedesco Leopard 2A6. Secondo Schaefer, al momento, dei 18 carri armati consegnati, quasi tutti sono gravemente danneggiati e tecnicamente usurati. Secondo Schaefer esiste “un’ urgente necessità” che la situazione delle riparazioni dei carri armati migliori il più rapidamente possibile. Altrimenti, Kiev rischia di rimanere senza carri armati, oltre che senza la possibilità di ripararli.

Il canale telegram ucraino Resident aggiunge: “La nostra fonte nell’ufficio del presidente ha affermato che il problema principale della mobilitazione è la scarsa motivazione degli ucraini, che sono pronti a rinunciare alla cittadinanza o a ricevere una vera pena detentiva, ma non ad andare al fronte. Il fallimento della controffensiva è diventato un catalizzatore di delusione nella società, e le grandi perdite hanno confermato l’incompetenza del comando.

Si è consolidata l’opinione che se vieni portato al fronte, nella migliore delle ipotesi tornerai invalido e nella peggiore delle ipotesi morirai”. Il Corriere della Sera sembra allinearsi a questa posizione, scrivendo di diminuzione del sostegno occidentale, popolarità in calo, crescita del pessimismo sulla situazione al fronte, crescita dell’opposizione interna. Il Corsera si riferisce a un sondaggio del KIIS, i cui risultati hanno mostrato un atteggiamento negativo nei confronti dell’attuale governo, dopo la sconfitta della controffensiva, che sta portando il Paese su una strada ostile alle decisioni della NATO.

Sulla stessa lunghezza d’onda, si colloca un pesante articolo del New York Times del 3 gennaio. Gli ucraini non si fidano più delle autorità e ritengono le trasmissioni televisive di Zelensky come propaganda. “Dopo quasi due anni di guerra”, scrive il NYT, “gli ucraini sono stanchi del Telethon. Quello che un tempo era considerato uno strumento fondamentale per unire il Paese, oggi è sempre più ridicolizzato…Gli spettatori lamentano che il programma dipinge un quadro troppo roseo, nascondendo eventi preoccupanti al fronte e il calo del sostegno occidentale all’Ucraina… e, infine, non riesce a preparare i cittadini per una lunga guerra”.

The Telegraph scrive che la difesa aerea ucraina non sarà in grado di respingere tutti gli attacchi russi, quest’inverno. E prosegue: “le forze armate ucraine sono costrette a conservare le munizioni per i sistemi di difesa aerea. Quest’inverno, secondo gli esperti, i sistemi missilistici di difesa aerea dovranno prendersi cura di loro ancora di più. Le forze di difesa aerea saranno costrette a non rispondere affatto ad alcuni obiettivi, poiché non avranno missili intercettori. Di particolare preoccupazione è la possibile carenza di missili intercettori per la difesa aerea Patriot”.

The Guardian scrive che il presidente Vladimir Putin ha detto che Mosca intensificherà gli attacchi contro obiettivi militari in Ucraina. Putin ha parlato dopo l’attacco ucraino di sabato scorso alla città russa di Belgorod, che secondo le autorità locali ha ucciso 25 persone, tra cui cinque bambini. Dal canto suo, Kuleba ha spiegato agli americani che devono pagare la guerra in Ucraina perché Kiev non ha un piano B.

John Kirby, coordinatore per le comunicazioni strategiche del Consiglio di Sicurezza Nazionale, ha specificato che il pacchetto di assistenza militare all’Ucraina, annunciato da Washington il 27 dicembre, è stato l’ultimo di quelli che gli Stati Uniti potranno fornire a Kiev, fino a quando il Congresso non avrà stanziato fondi aggiuntivi per questi scopi. Secondo lui, la Casa Bianca non sarà in grado di trovare fondi per l’Ucraina da fonti alternative, se il Congresso, con la maggioranza dei Repubblicani già scettica, non sarà d’accordo sulla richiesta di nuovi aiuti a Kiev.

L’escalation di violenza è proseguita dopo che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha dichiarato all’Economist che l’idea che la Russia stesse vincendo la guerra, durata quasi due anni, era solo una “sensazione” e che Mosca stava ancora subendo pesanti perdite sul campo di battaglia. Zelensky non ha fornito alcuna prova delle sue affermazioni sulle perdite russe.

Putin ha indicato che l’”iniziativa strategica”, nel prolungato conflitto in Ucraina, è da parte russa, dopo il fallimento della controffensiva ucraina, in estate. Ha, anche, sottolineato che Mosca vuole porre fine al conflitto, che dura da quasi due anni, “il più rapidamente possibile”, ma “solo alle nostre condizioni”.

Secondo un sondaggio, prodotto da USA Today in collaborazione con l’Università di Suffolk, il sostegno al presidente degli Stati Uniti Joe Biden tra gli elettori neri e ispanici è diminuito in modo significativo, con le generazioni più giovani che preferiscono l’ex presidente Donald Trump. Nell’articolo si legge che “Biden ora rivendica il sostegno di appena il 63% degli elettori neri, in netto calo rispetto all’87% che aveva nel 2020”.

C’è già un retroscena, secondo il quotidiano statunitense “Politico”: il “Deep State” non può permettersi il ritorno di Trump, che scompaginerebbe molti piani dei globalisti liberal americani.  “Politico” ha scritto che tutto ruota attorno ai finanziamenti per l’Ucraina.

Vogliono usare Israele per giustificare il pacchetto di finanziamenti per l’Ucraina. Stanno promuovendo DeSantis e Haley, cercando disperatamente di convincere uno di questi due a battere Trump alle primarie, perché sostengono il finanziamento dell’Ucraina. Come previsto, il 2024 sarà un anno molto difficile, ma, forse, determinante, per gli equilibri globali.

Gli Usa: “C’è Kiev dietro l’attentato alla figlia di Dugin”

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Scoop clamoroso del New York Times sull’assassinio dello scorso agosto

di Matteo Milanesi

Dopo l’annessione delle quattro regioni ucraine, con referendum già ratificato dai deputati russi della Duma, arriva un nuovo decreto da parte di Vladimir Putin: la centrale nucleare di Zaporizhzhya è nella lista degli asset federali di Mosca. La città fa parte dell’omonimo oblast – uno dei quattro oblast del referendum di pochi giorni fa – ma ora il Cremlino ne ha ufficializzato la formale nazionalizzazione.

Nel frattempo, sul campo di battaglia, prosegue imperterrita l’offensiva ucraina. Parte delle forze russe avrebbe lasciato la città di Snigur Ivka, snodo ferroviario cruciale circa gli esiti del conflitto locale, nella regione di Mykolaiv, a cui si affianca l’inizio della “liberazione della regione di Lugansk”, così come riferito dal governo di Kiev.

Anche lo scenario internazionale continua a destare numerose preoccupazioni. Il portavoce alla presidenza di Putin, Peskov, ha affermato che gli Stati Uniti sono diventati “parte diretta del conflitto”, specificando la responsabilità della Casa Bianca nell’aver “creato una situazione molto pericolosa nel conflitto”.

Ed è proprio da Oltreoceano che arrivano clamorose notizie. Secondo l’intelligence americana, infatti, dietro all’omicidio di Daria Dugina, la figlia del filosofo nazionalista Aleksandr Dugin, da molti considerato l’ideologo di Putin, avvenuta poche settimane fa, ci sarebbe proprio l’esecutivo di Zelensky. “Parti del governo” di Kiev, stando a quanto riportato dal New York Times, avrebbero autorizzato l’attentato alla trentenne, che il 23 agosto è stata fatta saltare in aria nella sua macchina. Il quotidiano della Grande Mela ha però ribadito la totale estraneità di Washington all’assassinio, condannato anche dal Papa: “Gli Usa non hanno preso parte all’attacco, né fornendo informazioni, né altre forme di assistenza”, ma l’azione sarebbe un’operazione autonoma dei servizi segreti ucraini.

Il Nyt, inoltre, ha specificato come il reale obiettivo fosse il padre di Daria, Aleksandr. Intanto, il consigliere della presidenza ucraina ha ribadito la totale estraneità ai fatti del Paese, affermando: “In tempi di guerra, ogni omicidio deve avere un senso, tattico o strategico. Dugin non era un obiettivo tattico e strategico per l’Ucraina”.

Il giornale americano ha citato fonti dei servizi statunitensi; nei mesi scorsi, in effetti, si sono verificate alcune operazioni di Kiev, che sono state compiute all’oscuro degli alleati americani. A fine aprile, per esempio, Joe Biden contestò al governo Zelensky di non inviare i reali numeri del bollettino di guerra, sottostimando quelli ucraini e facendo il contrario con i feriti ed i decessi delle truppe russe.

Allo stesso tempo, rimane difficile pensare che membri dei servizi ucraini possano essere riusciti a raggiungere Mosca, in tempi di piena guerra, e programmare indisturbati un attentato nel fulcro della Federazione Russa. Sin da subito, il Cremlino ha incolpato il “regime nazista ucraino”; ma se la versione del New York Times fosse confermata, una della poche ipotesi plausibili potrebbe essere quella del tradimento da parte di una talpa russa, subordinata agli ordini del nemico di Kiev.

Il mistero continua a infittirsi. Ma non può essere escluso che la notizia venga poi utilizzata dai russi, come monito per azioni ben più “radioattive” di quelle attuate finora.

Matteo Milanesi, 6 ottobre 2022

Cercasi disperatamente uteri in affitto (sic!)

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Segnalazione di Redazione BastaBugie

di Raffaella Frullone
Il New York Times piagnucola il calo di donne americane disposte a vendere il proprio corpo a causa del vaccino anti Covid… e non si può più ricorrere nemmeno all’Ucraina

Cercasi disperatamente surrogate. Il titolo campeggiava qualche giorno fa nientepopodimeno che sulla home page del New York Times. Il lungo articolo parte raccontando la storia di Charlie «e suo marito» che stanno aspettando da 15 mesi la loro “surrogata” quando l’agenzia con cui hanno siglato il contratto aveva parlato di «una attesa di sei mesi al massimo». Un disservizio non da poco… I due uomini hanno già effettuato l’inseminazione artificiale attraverso gli ovuli di una donna cosiddetta donatrice (in realtà pagata per questo “servizio”) ed erano alla ricerca di una donna che si fosse resa disponibile per la gestazione, una surrogata appunto. E siccome non la trovano, scrive il New York Times, sono disposti ad alzare la posta in gioco, 50mila dollari al posto di 35mila, più extra per i vestiti, gli spostamenti e altre amenità. Chi offre di più?
Secondo il quotidiano americano nella stessa “situazione” ci sarebbero «migliaia di aspiranti genitori» negli ultimi anni a causa della pandemia, si è registrata una diminuzione di circa il 60% delle potenziali “madri surrogate”, i tempi di attesa sono raddoppiati e i costi sono aumentati sensibilmente. Ogni tanto una bella notizia, verrebbe da dire.
Tra le motivazioni di questo calo, rileva il Nyt c’è il vaccino anti Covid. Nel contratto che le parti in causa firmano – i committenti che richiedono il bambino e la mamma gestante che porta avanti la gravidanza – ci sono sempre state molte limitazioni della libertà della donna stessa, che per contratto è tenuta ad osservare una determinata dieta, stile di vita ecc. Ora però il contratto prevede la vaccinazione anti Covid che molte potenziali surrogate non sono disposte a fare. Non solo. Nei contratti viene ora richiesto di non viaggiare oppure di partecipare, per tutta la durata della gravidanza, a grandi eventi o raduni pubblici, scenario che, dopo due anni di lockdown, ha evidentemente scoraggiato anche chi ha molto bisogno di soldi. Inoltre pare che il periodo della pandemia abbia portato molte donne a ridefinire le priorità e molte scelgono di non mettersi più a disposizione per questa pratica.
Il Nyt riporta con rammarico che le coppie di “aspiranti genitori” sono così sfortunate da non poter contare su quella che è sempre stata la più economica opzione B, ovvero l’Ucraina, a causa del conflitto in corso. Un bel problema, le americane non sembrano più così disposte a farsi schiavizzare e nemmeno in Ucraina si può più rimediare. E dunque le agenzie corrono ai ripari, spingendo più sul marketing, aumentando compensi, offrendo premi extra a chi si vaccina, insomma ricchi premi e cotillons.
Sempre utile poi è raccontare le storie “positive”. Come quella di Amir «e suo marito», che sono al terzo bambino commissionato ottenuto tramite utero in affitto.
Scrive sempre il Nyt: «Hanno pagato circa $ 200.000 in totale per la loro prima maternità surrogata nel 2017: $ 35.000 per le spese di screening delle donatori di ovociti, una donazione di ovociti, l’assicurazione per la donazione di ovociti, la quota dell’agenzia di donazione, le spese di viaggio e le spese legali; $ 35.000 per la fecondazione in vitro, che includeva il recupero degli ovuli, la creazione degli embrioni e il trasferimento dell’embrione; e più di $ 120.000 per il processo di maternità surrogata, che includeva un compenso di $ 35.000 per la surrogata, più le spese di agenzia surrogata, l’assicurazione per la surrogata, le spese legali, lo screening, le spese di viaggio e altre varie. La seconda volta, a settembre 2020, hanno pagato $ 150.000, utilizzando un’agenzia diversa».
Nessuno pensa minimamente ai bambini, o anche “solo” alle donne utilizzate come forni. L’importante è risolvere il problema della carenza di prodotto sul mercato. È l’Occidente, bellezza.

Nota di BastaBugie:
 l’autrice del precedente articolo, Raffaella Frullone, nell’articolo seguente dal titolo “8 marzo per le donne ucraine, ma non si parla di utero in affitto” parla della situazione delle donne in ucraina e dei loro bambini.
Ecco l’articolo completo pubblicato sul Sito del Timone il 9 marzo 2022:

E così anche questo 8 marzo è passato, con il suo carico di retorica, finte rivendicazioni, strumentalizzazioni e pseudo battaglie fuori tempo massimo. Il tutto condito da mazzi di mimose ovunque. […] La variante sul tema, quest’anno, ça va sans dire, era l’Ucraina, e dunque già il giorno precedente il Ministro per le Pari opportunità Elena Bonetti ci aveva tenuto a specificare che questo 8 marzo sarebbe stato per loro, «per le donne ucraine».
E infatti ieri nel suo discorso al Quirinale ha affermato: «L’8 marzo nasce come universo di storie e lo è anche oggi: un popolo di volti e di nomi. […] Oggi, quelli delle nostre sorelle ucraine, così coraggiose, cui voglio dire: noi siamo con voi, al fianco della vostra storia e delle vostre storie. Sono le nostre storie che ci fanno rinascere quando siamo laceri, feriti, persino distrutti. Storie che, ogni giorno a rischio della propria vita, le donne raccontano da giornaliste o soccorrono da volontarie o proteggono al servizio dello Stato. Tutti questi volti, li portiamo nel cuore».
Chissà se tra le donne ucraine a cui il ministro pensa in questo 8 marzo ci sono anche le cosiddette madri surrogate, ovvero quelle migliaia di donne ucraine che ogni anno vengono sfruttate per portare avanti su commissione gravidanze per cittadini stranieri, prevalentemente occidentali, ma non solo, a cui cedono il bambino dietro compenso di denaro.
Sì perché l’Ucraina – in pochi lo stanno ricordando in questi giorni – è un hub internazionale dell’utero in affitto, uno dei pochi Paesi al mondo che consente agli stranieri di stipulare veri e propri contratti per “ottenere” un figlio da una gestante. Ciò significa che persone provenienti da Stati Uniti, Germania o Australia, ma anche dall’Italia, possono semplicemente andare e acquistare un bambino. E se i termini vi sembrano eccessivi beh, basta andare a vedere direttamente come vengono presentati questi “servizi” dalle agenzie per la cosiddetta surrogacy che si trovano prevalentemente a Kiev, la più nota delle quali è la Biotex di cui abbiamo parlato diverse volte. In Ucraina i prezzi sono più convenienti della scintillante California, dove l’operazione “bambino in mano” può arrivare a costare oltre i centocinquantamila euro, le donne ucraine sono pagate molto meno dalle loro “colleghe” californiane e quindi il prezzo scende di molto. Ce la si può cavare con circa quarantamila euro, a seconda del “pacchetto” scelto.
Eccolo un simbolo dell’occidentalizzazione ucraina, piccolo ma significativo. La reificazione dei bambini che diventano merce e lo sfruttamento delle donne ridotte ad apparati riproduttivi per altri. Il tutto per guadagnare qualche migliaia di euro insieme all’illusione – che poi verrà tradita – di una vita migliore. Che ne è di loro in queste ore? Che ne è del “corpo è mio è lo gestisco io” quando tu, il corpo, la donna, vorresti fuggire da un Paese sotto attacco ma un contratto che hai firmato come “surrogata” ti vincola a un altro corpo, quello che porti in grembo, e a restare in un determinato posto? E quando questo posto magari è un bunker anti missile nel quale sei costretta a rifugiarti e quindi ad allontanarti dalla tua famiglia che non si sa quando e se rivedrai. Che ne è di queste donne? E degli embrioni occidentali congelati in attesa di impianto, piccole vite dimenticate, che ne sarà? Nessuno se lo chiede, nemmeno quell’Occidente che pure a parole dice di aver a cuore le donne ucraine.
Anche la Russia, oggi vista come contraltare all’Ucraina, non è stata risparmiata dalla penetrazione di questo business disumano. Anche lì l’utero in affitto è stato legalizzato, per giunta da tempo, nel 1993, con Eltsin, ai tempi del far west delle liberalizzazioni. Businnes is businnes. E oggi a Mosca ci sono agenzie che realizzano la maternità surrogata – seppur con limitazioni – da oltre vent’anni. Perché il mondo non è diviso in blocchi monolitici, il male è trasversale, la realtà è molto più complessa di come ce la presentano. E non esiste l’Impero del bene, non su questa terra, si intende.

Titolo originale: L’America piagnucola: Cercasi disperatamente surrogate
Fonte: Sito del Timone, 6 aprile 2022

Libia-Siria: per chi tifano, per chi tifare

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di Fulvio Grimaldi
Amici, anche stavolta siamo lunghi. Perdono. Comunque per 15 giorni sono fuori e, dunque, c’è tempo per piano piano farcela. Se credete.

Diciamocelo: che bravi governanti sono quelli di Al Qaida e Isis!
Per chi tifano in Siria quelli là (non fatemeli nominare sennò Facebook mi banna e cancella il post) non è difficile saperlo: basta leggere il “New York Times”, standard aureo del giornalismo perennemente degno  dei riconoscimenti, se non di Pulitzer, di Reporters Sans Frontières (il corrispettivo mediatico di Medicins Sans Frontières e altrettanto cari a quelli là). Se pensavamo che nella provincia nord-occidentale di Idlib si fossero concentrati, accolti, nutriti e armati dai vecchi padrini turchi, tutti i tagliagole Isis e Al Qaida generosamente fatti evacuare dai territori e dalle città da loro abbellite con croci appesantite da infedeli, o con pelli di corpi scuoiati di dissidenti, la lettura del “New York Times” ci libera dall’intossicazione di simili fake news.
L’autorevole giornale che, se non fosse stato per l’assist della CNN, dei media di obbedienza atlantista con, nel nostro piccolo, il “manifesto”, ci avrebbe con le sue sole penne liberato da Milosevic, Saddam, Gheddafi, Assad e dai Taliban, rettifica quella che finora e per troppo tempo, quasi otto anni, è stata un’informazione falsa, bugiarda, truffaldina. Assad, con quegli hackers e troll delle ingerenze urbi et orbi russe, con quegli spiritati di flagellanti sciti, iraniani e hezbollah, voleva farci credere, col supporto di chilometri di audiovisivi fabbricati, raffiguranti giustizieri cha spellavano vivi innocenti, li incendiavano, o li annegavano in gabbie o li crocifiggevano, o ne sposavano a ore le donne, che il suo paese era stato invaaso, non da oppositori democratici assistiti dalla “comunità internazionale”, bensì da un branco di ossessi islamisti attivati da una “comunità internazionale” in preda a psicopatia stragista. Come pretendeva fosse successo in Libia e, poi di nuovo, in Iraq.
No, no, il NYT e i Pulitzer nostrani ci gratificano del privilegio della verità: E’ da far rabbrividire il destino “di combattenti ribelli e dei loro sostenitori civili che, oltre sette anni fa, si sollevarono per chiedere un cambio regime”. Deplorato che il vice primo ministro siriano si sia permesso di definire “terroristi” questi bravi combattenti, il giornale, al quale dobbiamo molto della credibilità delle armi di distruzione di massa di Saddam e del viagra fornito da Gheddafi ai suoi soldati perché stuprassero le connazionali, passa alla descrizione di come gli ingiustamente diffamati ribelli abbiano ben governato la provincia dai turchi loro affidata: “Si sono comportati da legittima autorità di governo e pubblica amministrazione, facilitando, tra l’altro, il commercio transfrontaliero con la Turchia e organizzando forniture di aiuti alla popolazione”. Visto che bravi, si preoccupano di nutrire la popolazione. Altro che Assad, che per principio l’affama.

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Alcune domande inquietanti sul caso “Kim Davis”

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Mentre Bergoglio sembra aver convocato alcuni vaticanisti e canonisti, oltre a Francesco Coccopalmerio per studiare una formula per punire Viganò, sembra assai interessante leggere questo articolo, ove vengono attribuiti titoli ecclesiastici cattolici agli occupanti dei Sacri Palazzi, perché il sito è ufficialmente sedeplenista

Segnalazione di Corrispondenza Romana 

di Emmanuele Barbieri

La documentazione fornita dall’arcivescovo Viganò in merito al “caso Kim Davis” fa molto più che smentire la versione dei fatti presentata dall’omosessuale dichiarato Juan Carlos Cruz sul New York Times secondo il quale papa Francesco avrebbe licenziato il nunzio Viganò perché “colpevole” d’avergli sabotato il viaggio in USA nel 2015 organizzando un incontro, non voluto dal Papa, con la signora Davis, paladina della battaglia contro le “nozze gay”.

Secondo Cruz il nunzio Viganò avrebbe fatto incontrare papa Francesco con la signora Davis senza che il Papa lo volesse e allo scopo di sabotare la politica bergogliana di apertura alle istanze liberal dell’allora amministrazione Obama. Ne sarebbe seguita l’ira papale e la decisione di licenziare Viganò. Ora però monsignor Viganò fornisce documenti che attestano oltre ogni dubbio che: Continua a leggere

La doppia morale di Asia Argento e compagnia

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di Perucchietti Enrica

La doppia morale di Asia Argento e compagnia

Fonte: Perucchietti Enrica

Da vittima a predatrice: ovvero la doppia morale di certi personaggi che si ergono a paladini dei diritti, che si fanno bandiera di campagne di linciaggio mediatiche, che fanno i finti buonisti, che hanno (però) ingombranti scheletri negli armadi… e che fungono da armi di distrazione di massa.
Asia Argento, tra le prime donne nel mondo del cinema a denunciare la violenza sessuale subita dal produttore Harvey Weinstein e paladina del movimento #MeToo… si sarebbe accordata per risarcire con 380 mila dollari Jimmy Bennett, giovane attore e musicista. La notizia è stata data dal «New York Times», che ha ricevuto in forma anonima i documenti legali che testimoniano l’accordo raggiunto lo scorso aprile (https://www.nytimes.com/…/asia-argento-assault-jimmy-bennet…)
Bennett accusa la Argento di violenza sessuale. I fatti sono relativi al 2013. All’epoca il ragazzo aveva da poco compiuto 17 anni, e la violenza sarebbe avvenuta in una camera d’albergo in California dopo che lei lo avrebbe fatto bere. Alla fine gli chiese di scattare una serie di foto di loro due insieme. I due interessati si sono rifiutati di rilasciare commenti. Il «New York Times» ha comunque trovato tre persone a conoscenza dei fatti che hanno confermato l’autenticità dei documenti ricevuti dal giornale… Ovviamente non sapremo mai che cosa sia realmente successo in quella camera d’albergo, come non sapremo mai con esattezza cosa sia successo negli altri casi di abuso, quali siano state effettivamente violenze e su chi e quali le “cessioni” di sesso in cambio di ruoli in film importanti (alcuni sms d’amore di una accusatrice Weinstein che stanno emergendo dal processo gettano una luce diversa sul caso, http://www.tgcom24.mediaset.it/…/weinstein-colpo-di-scena-a…).
Rimane comunque deprecabile e disgustoso che qualcuno possa abusare del proprio ruolo di potere.

Chiariamo: un abuso è un abuso che avvenga su una donna, un uomo o su un ragazzino. Il problema è che a certi livelli il marcio colpisce uomini e donne in modo indistinto, il potere ti offusca, ti corrompe, il male ti sfiora e ti contamina come un morbo facendoti perdere qualunque bussola morale e probabilmente ti sconnette dalla realtà. Un altro problema è che questi hano in mano le chiavi della “fabbrica dei sogni” e che manipolano l’immaginario di milioni di persone. Permettetemi un “volo pindarico”.

Ho l’impressione che lo scandalo Weinstein, Spacey, Hoffman sia servito per silenziare una bomba che stava per scoppiare: l’esistenza di una rete di pedofili seriali ad Hollywood (ne parlavamo già con Gianluca Marletta in UNISEX). Sono stati offerti dettagli morbosi delle violenze di produttori e attori per distrarre l’opinione pubblica da uno scandalo ben peggiore che avrebbe potuto travolgere e distruggere definitivamente Hollywood: e lì non sarebbe bastato un colpo di spugna per cancellare la violenza. Perché lì le vittime erano una sorta di agnello sacrificiale dato in pasto al Moloch di turno in cambio di denaro e successo: bambini. Questo credo sia il peggior crimine che si possa immaginare, la violenza su un bambino.

Numerosi fatti di cronaca − come l’accusa di stupro dell’ex attore-bambino Michael Egan al regista Bryan Singer − hanno spinto la regista Amy Berg, già premio Oscar nel 2006 al miglior documentario, Deliver Us from Evil, a realizzare un documentario An Open Secret, che analizza alcuni casi di abusi sessuali su minori all’interno dell’industria cinematografica hollywoodiana. Dai pettegolezzi, si è passati alle testimonianze con i nomi degli accusati, ricostruendo un vero e proprio “cerchio magico” composto da un’élite blindata e deviata (http://www.ilgiornale.it/…/ecco-i-pedofili-hollywood-i-pote…).
An Open Secret mostra come potenti e intoccabili personalità di Hollywood convincano bambini e le loro famiglie a fidarsi di loro. Si assiste cioè a un primo richiamo suadente delle sirene hollywoodiane (i provini, le feste, i primi film) che ti promettono una carriera sfavillante, poi le spire del serpente si stringono sempre di più attorno alla preda, strappando i bambini alla loro infanzia e consegnandoli nelle mani di ricchi pervertiti.

Molti hanno ovviamente gridato allo scandalo facendo quadrato attorno ai presunti pedofili e impedendo la distribuzione del film: è però lunga la lista di attrici e attori che hanno raccontato di aver subito (persino da bambini o adolescenti) molestie sul set o ancora prima durante i provini.
Elijah Wood ha per esempio denunciato che a Hollywood “La pedofilia è un problema diffuso”. L’attore, che ha cominciato a recitare da bambino, ha spiegato che la madre lo ha protetto da questo ambiente malsano e non lo ha mai portato alle feste del mondo dello spettacolo. (https://movieplayer.it/…/elijah-wood-a-hollywood-le-baby-s…/).
Molti altri attori bambini non sono stati però così fortunati.
Corey Feldman, star dei Goonies e di Stand by Me, ha affermato di essere stato molestato nel 1980 e ha portato la testimonianza di altri bambini/attori vittime di abusi. Da anni denuncia pubblicamente l’esistenza della pedofilia ad Hollywood.
Nel marzo 2018, pochi giorni dopo aver annunciato di aver intenzione di rivelare tutto quello che sa in un film documentario, Feldman è stato aggredito e pugnalato (http://www.tgcom24.mediaset.it/…/corey-feldman-assalito-e-a…).
Ecco, temo che questo sia il segreto sotto gli occhi di tutti che non verrà mai alla luce e che non si garantirà lo spazio sui media di massa e nelle aule di tribunale che meriterebbe.

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Bannon: “Italia sarà terremoto per Ue, Merkel e Macron cadranno come birilli”

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Risultati immagini per Steve Bannon a RomaA lato Steve Bannon a Roma

di Giovanni Coppola

Ultimamente Steve Bannon sta trascorrendo molto del suo tempo in Italia. L’ex stratega di Donald Trump e animatore di punta della “destra alternativa” americana guarda infatti con grandissimo interesse al nostro Paese. In una recente intervista al quotidiano tedesco Die Welt, Bannon ha spiegato il motivo di questo interesse: «Roma è attualmente il centro della politica mondiale. Quello che sta accadendo qui è veramente qualcosa di particolare: finora non si era mai visto in tutto il mondo un governo autenticamente populista. Fino ad ora, appunto. E io non voglio assolutamente perdermi questo grande evento».

Steve Bannon, in effetti, non ha mai nascosto le sue simpatie per la Lega di Matteo Salvini e il M5S di Luigi Di Maio, che l’ex direttore di Breitbart vede come «i salvatori dell’Italia dall’ennesimo governo tecnico». Anzi, proprio come in un’intervista al New York Times, anche alla Welt Bannon conferma di aver intrattenuto rapporti politici con i due leader populisti e i loro staff e, inoltre, di aver loro consigliato di allearsi per formare il governo: «Dopo le elezioni ho conosciuto Salvini e anche con Di Maio ho avuto contatti. Io mi sono limitato a consigliare un accordo tra i due partiti, poi hanno fatto tutto i ragazzi. Ma su questo preferisco non dire altro». Continua a leggere

L’Avvocato d’ufficio

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Risultati immagini per Luigi BisignaniOspitiamo per la sua sagacia e probabile realismo questo articolo dell’ “uomo che sussurrava ai potenti” (dal titolo del suo ultimo libro), recentemente a Verona (foto a lato, fuori dalla Biblioteca Capitolare) per la presentazione del libro di Mauro Mazza “Bergoglio e pregiudizio”, ove abbiamo potuto conoscerlo e raccogliere alcuni aneddoti politici risalenti all’epoca andreottiana. Per capirsi, egli è colui che ben tre anni fa scrisse del probabile accordo di governo Lega-M5S

di Luigi Bisignani

Il premier Conte accetta l’incarico da Mattarella: «Sarò il difensore del popolo italiano» Ma dopo un lunghissimo colloquio al Quirinale si piega sull’Europa e sulla lista dei ministri.

Caro direttore, Continua a leggere

Specchietti per le allodole

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Prosegue la Rubrica quindicinale in ESCLUSIVA per Agerecontra.it da parte di un famoso scrittore, che ama firmarsi “Longino” e che sa bene di cosa parla, in ogni suo pungente articolo d’attualità…

QUINTA COLONNA

di Longino

Gongola Emma Bonino in vista delle elezioni del 4 marzo. Nonostante le scomuniche che riceve quotidianamente dal Partito Radicale Transnazionale. Gli eredi di Pannella, infatti – titolari di quella Radio che riceve ogni anno dallo Stato 10 milioni di euro per la sua attività  – non ci stanno al suo monopolio della storia radicale, affermano per ogni dove, sfrattandola anche dalla sede e protestando per essere stati cancellati dall’informazione radiotelevisiva, mentre lei impazza per le televisioni e sulla carta stampata. Dopo l’ottuagenaria Ornella Vanoni al Festival di Sanremo, persino il New York Times, con una corrispondenza da Roma, si è occupato di lei, sottolineando “la fede europeista e l’impegno per i diritti civili che ha caratterizzato l’intero percorso politico della ex commissaria europea ed ex ministro degli Esteri”. Il titolo dell’articolo pubblicato dal giornale americano – “Ha conquistato i cuori degli italiani. Ma può conquistare i loro voti?” – assomiglia molto all’abitudinaria dichiarazione della Bonino ogni volta che si avvicinano le elezioni: “Amatemi di meno. Votatemi di più”. Questa volta, ha rincarato la dose e si è rivolta a quei ragazzi italiani che per tutta la sua vita politica, propagandando l’aborto, ha cercato di non far nascere, dicendo loro: “Voi non siete stati bravi a nascere in Italia. Non siete talentuosi a vivere in una famiglia che vi compra i vestiti e vi manda a scuola. Avete avuto solo fortuna. Il minimo che possiate fare è assumervi qualche responsabilità, compresa quella di votare”. Continua a leggere