Dopo il Cremona Pride, il Bergamo Pride. La kermesse arcobaleno continua
Segnalazione Corrispondenza Romana
di Mauro Faverzani
Dopo la pioggia di critiche ricevute al Cremona Pride per l’immagine blasfema e la parzialissima retromarcia, cui di conseguenza sono state costrette le istituzioni locali, a Bergamo, dove sabato scorso è stato rimesso in scena un analogo corteo variopinto, ci sono andati più cauti, limitandosi ad un opinabilissimo Francesco versione Lgbt in vena di selfie, ad un angelo caduto con alucce arcobaleno e ad uno stuolo di bambini “arruolati” per la circostanza. Il che non ha reso l’evento meno critico per i cattolici, restando intrinsecamente inaccettabile a norma del Catechismo, numero 2357. Il che andrebbe ricordato a quei vescovi, a quei sindaci (specie se cattolici…) ed a quelle amministrazioni provinciali, che sostengono implicitamente tali manifestazioni, limitandosi a biasimarne gli eccessi.
Né tutto questo ha reso meno problematico l’evento, sia pure per altri motivi. L’11 giugno era giorno di silenzio pre-elettorale tanto a Bergamo quanto a Roma ed a Genova, dove contemporaneamente si sono svolti cortei-arcobaleno analoghi. Questo non ha impedito tuttavia ad esponenti politici con i loro simboli e le loro bandiere di tener pubblici comizi, col pretesto del Gay Pride locale, peraltro promosso ufficialmente, con tanto di patrocinio di Comune e Provincia, da partiti e sigle come Rifondazione Comunista, Giovani Comunisti Bergamo, Giovani Democratici Bergamo, Partito Socialista Italiano, Patto per Bergamo, Sinistra Classe Rivoluzione Bergamo, Sinistra Italiana Bergamo e Cgil. Una violazione delle regole (valide per tutti, evidentemente, meno che per gli Lgbtqia+,…), giudicata «inaccettabile» dal consigliere comunale Filippo Bianchi di Fratelli d’Italia, che ha biasimato come «inopportuna, scorretta e censurabile» la partecipazione alla pubblica manifestazione di un assessore comunale, Marzia Marchesi, e di un consigliere provinciale, Romina Russo, entrambe del Pd, «addirittura tenendo comizi pubblici», come evidenziato in un’interpellanza a risposta scritta, inviata da Bianchi al presidente del consiglio comunale di Bergamo in data 10 giugno, alla vigilia della singolare kermesse arcobaleno, dove è stata notata dai media anche la presenza dell’on. Elena Carnevali, sempre del Pd, del segretario provinciale del Pd, Davide Casati, e del consigliere regionale dei Cinquestelle, Dario Violi.
Alla fine, la kermesse arcobaleno si è rivelata un mega-spot per le Sinistre proprio nel giorno di silenzio pre-elettorale: all’indomani 832 mila bergamaschi avrebbero votato in 17 Comuni. Possibile che nessuno abbia avuto, né abbia tardivamente niente da dire? Possibile che i “soliti noti” possano serenamente infischiarsene del rispetto delle leggi, così rigidamente applicate al popolo? Davvero in Italia la legge per taluni è più uguale che per altri? Non solo. Questa edizione del Bergamo Pride sin dal titolo, «Mille e una lotta», si è rivelata più militante di altre. A beneficio di quanti non se ne fossero avveduti, va specificato come non si sia trattato del solito corteo contro le discriminazioni; il significato dell’iniziativa, visceralmente politico, è andato ben oltre, non solo dando voce al Black Lives Matter di Bergamo. Ha invocato anche la «carriera alias» per gli studenti trans richiedenti, affinché a scuola vengano “riconosciuti” in un genere diverso da quello biologico; ha invocato l’equiparazione delle “nozze”-gay al matrimonio vero e proprio con tutto quanto ne consegue; soprattutto ha invocato l’antispecismo, per il quale tutte le specie viventi avrebbero il medesimo valore e lo stesso status morale, per cui si giungerebbe facilmente all’assurdo, che attribuisce ad una rana più diritti che ad un embrione umano, cui sempre le Sinistre vorrebbero viceversa togliere qualsiasi valore, qualsiasi status, qualsiasi tutela, per giustificare l’aborto, anche in fase avanzata di gestazione. Si noti, per inciso, come da una costola dell’antispecismo si sia generato anche l’altro mostro contemporaneo ovvero il transumanesimo. Sotto la bandiera arcobaleno, insomma, zitti zitti quatti quatti gli organizzatori hanno mosso pretese molto al di là della semplice lotta alle discriminazioni di qualunque tipo, pretese molto più spinte in senso politico e molto meno accettate, meno condivise, meno popolari forse anche tra i loro amici Lgbtqia+. Ma quanti se ne sono accorti? Quanti ne sono stati davvero coscienti tra coloro che hanno sfilato in corteo?
“Non legalizzerò aborto, nozze gay o eutanasia. Non importa la pressione internazionale”
NAYIB BUKELE (PRESIDENTE DI EL SALVADOR) SCHIETTO: “LA RIFORMA COSTITUZIONALE NON LEGALIZZERÀ NULLA DI TUTTO CIÒ”
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Di Angelica La Rosa
Il presidente di El Salvador, Nayib Bukele, ha radicalmente escluso che i progetti di riforma della Costituzione, che consegnerà all’Assemblea legislativa, includano modifiche agli articoli che regolano il matrimonio, l’aborto e l’eutanasia. E ha assicurato che “non proporrà nessuna di queste cose, non importa quanta pressione internazionale possa avere”.
Il presidente salvadoregno ha spiegato su Facebook sia la sua decisione che le ragioni: “l’opposizione ha così paura di una riforma costituzionale che smantella il sistema di privilegi di cui hanno sempre goduto, che si è occupata di diffondere pettegolezzi” e una sporca campagna elettorale dicendo “che l’intenzione è quella di approvare l’aborto, il matrimonio tra persone dello stesso sesso e l’eutanasia”.
“Niente di più lontano dalla realtà”, ha assicurato Bukele. “Mi conoscete da molti anni e sapete che non proporrei nessuna di queste cose… Anche alcune brave persone… sono cadute preda dell’inganno”.
Bukele ha deciso, affinché non ci siano dubbi, di non proporre alcun tipo di riforma a qualsiasi articolo che abbia a che fare con il diritto alla vita (dal momento del concepimento), con il matrimonio (mantenendo solo il disegno originale, una uomo e una donna) o con l’eutanasia.
Il presidente ha concluso il suo messaggio mettendo il Paese nelle mani di Dio (parlando di “una Costituzione che ci porti al futuro, ma mantenendo sempre i nostri principi e la nostra fede in Dio, come forza che guida tutte le nostre azioni”.
Nei giorni scorsi i vescovi di El Salvador avevano chiesto che la futura Costituzione continuasse a rispettare la vita umana fin dal suo concepimento e l’istituzione della famiglia.
Alcune domande inquietanti sul caso “Kim Davis”
Mentre Bergoglio sembra aver convocato alcuni vaticanisti e canonisti, oltre a Francesco Coccopalmerio per studiare una formula per punire Viganò, sembra assai interessante leggere questo articolo, ove vengono attribuiti titoli ecclesiastici cattolici agli occupanti dei Sacri Palazzi, perché il sito è ufficialmente sedeplenista
Segnalazione di Corrispondenza Romana
di Emmanuele Barbieri
La documentazione fornita dall’arcivescovo Viganò in merito al “caso Kim Davis” fa molto più che smentire la versione dei fatti presentata dall’omosessuale dichiarato Juan Carlos Cruz sul New York Times secondo il quale papa Francesco avrebbe licenziato il nunzio Viganò perché “colpevole” d’avergli sabotato il viaggio in USA nel 2015 organizzando un incontro, non voluto dal Papa, con la signora Davis, paladina della battaglia contro le “nozze gay”.
Secondo Cruz il nunzio Viganò avrebbe fatto incontrare papa Francesco con la signora Davis senza che il Papa lo volesse e allo scopo di sabotare la politica bergogliana di apertura alle istanze liberal dell’allora amministrazione Obama. Ne sarebbe seguita l’ira papale e la decisione di licenziare Viganò. Ora però monsignor Viganò fornisce documenti che attestano oltre ogni dubbio che: Continua a leggere
Buone notizie contro Gay Pride, dittatura omosex, “nozze” sodomite
Niente patrocinio al Gay Pride, è una manifestazione divisiva e pertanto non va sostenuta.
Il governatore Attilio Fontana non intende concedere il logo regionale alla sfilata arcobaleno in programma il 30 giugno a Milano, lo ha confermato in un’intervista pubblicata ieri dal sito Lettera43.
É la linea che ha seguito peraltro anche a Varese, dove è stato sindaco per due mandati. «Io sono eterosessuale, ma non è che faccio una manifestazione per accreditare la mia eterosessualità. Le scelte in questo campo devono rimanere personali, sbandierarle è sbagliato. Il Gay Pride è divisiva e quando le manifestazioni sono divisive non sono mai da sostenere». Intende invece confermare la scelta dell’ex presidente Roberto Maroni che alla vigilia del corteo contro la legge sulle unioni civili (il ddl Cirinnà) nel 2016 illuminò il Pirellone con la scritta «Family Day».
«Lo rifaremo – assicura Fontana -, quella non è una scelta divisiva, è una scelta politica. Tutti riconoscono il valore della famiglia. È nella Costituzione, è uno dei fondamenti della nostra civiltà ed è uno dei principali punti di riferimento del programma dell’amministrazione precedente e di questa». Parole che fanno infuriare la Pd Monica Cirinnà firmataria del decreto sulle unioni civili: «Lombardia nel Medioevo dei diritti grazie a Fontana. E questa sarebbe la parte più progredita del Paese?». Applausi al governatore leghista dagli esponenti del centrodestra, si ribellano la sinistra e le associazioni gay. Ed è continuato anche ieri il botta a risposta a distanza tra Fontana e il sindaco sul tema profughi. Il presidente ha precisato che l’ipotesi di premi a Comuni che non accolgono per ora «è una proposta dell’assessore De Corato, la valuteremo. Ma con Sala la pensiamo in maniera diametralmente opposta». […] Continua a leggere