“Emma Bonino icona dei diritti civili”, l’ennesima cantonata di Saviano

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Emma Bonino è anti-militarista e pacifista, ma ogni volta che gli USA, nell’era unipolare, hanno condotto aggressioni imperialiste e neocoloniali contro quelle Nazioni non prone ad obbedire ai loro diktat – da Cuba, all’Afghanistan, finendo con la Jugoslavia, l’Iraq, la Libia e la Siria – lei c’era, sì, ma per sostenerle e caldeggiarle ampiamente.

Emma Bonino è membro del Board della Open Society Foundation di George Soros, cupola alla quale sono legate tutte le ONG nel Mediterraneo, i cui servizi taxi di “risorse” si rendono sostenitori del vile meccanismo capitalista di dumping sociale ai danni dei lavoratori e delle loro dure e secolari lotte. Ispirandosi alla filosofia di Karl Popper, tale no-profit persegue inoltre la mondializzazione coatta e la messa sotto tutela, o più esattamente sotto condizione, della sovranità degli Stati, come accaduto in Ucraina mediante il finanziamento del colpo di Stato ai danni dell’esecutivo filorusso di Viktor Yanukovych o con l’Onda Verde contro Mahmud Ahmadinejad. Continua a leggere

Il flop di Emma Bonino a scuola: così gli studenti la umiliano

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L’ultimo flop dell’ex leader di +Europa Emma Bonino è andato in scena in una scuola superiore della periferia romana. Come riporta Italia oggi, un gruppo di studenti è stato chiamato a rispondere alla domanda: «L’Italia ha bisogno di più o meno Europa?». Diciamo che l’esito non ha deluso le aspettative di Emma Bonino.

Ebbene, il primo voto ha visto prevalere la risposta «più Europa» (69 votanti contro 58), mentre il secondo, al termine dell’incontro, ha visto l’esito ribaltato a favore di «meno Europa» (80 votanti contro 58). Bonino aveva puntato su argomenti «molto pratici, e corredati da numeri», sempre stando al resoconto su La Stampa: «Se oggi potete telefonare senza il roaming da un Paese all’altro dell’Europa, è grazie all’Unione europea. Se potete andare a Barcellona con 19 euro, mentre io ai miei tempi al massimo potevo fare la tratta Bra-Torino, è sempre grazie all’Unione europea. E se in futuro ci saranno problemi ad andare in Gran Bretagna, è perché gli inglesi hanno detto no all’Unione europea». Continua a leggere

Lavoro e dignità: dalla parte dei pastori sardi

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Porto Torres, le statali di Cagliari e Nuoro, Olzai, Sanluri. Le strade si tingono di bianco, gli allevatori e i pastori della Sardegna fermano i camion, rovesciano il latte sul nero asfalto, gettano a terra carne di pessima qualità proveniente dalla Francia.

Il “popolo bue”, quello deriso dalle élites italiane ed europee, lo stesso che ha votato favorevolmente alla Brexit, il medesimo che probabilmente ha dato impulso alla crescita del cosiddetto spregiativamente ‘populismo’, dimostra ancora una volta e senza discontinuità la sua coscienza di classe, questa sì, senza confini.

Gente di montagna e di pietre, di mare cristallino e di maestrale, forte, gentile, testarda, isolana. Non sono molli cittadini, sono rinforzati dalla fresca salsedine dell’isola più bella del Mediterraneo, e sanno bene che sessanta centesimi per ogni litro di latte sono un affronto alla dignità di tutto il sistema produttivo, a partire dall’animale per arrivare al produttore di formaggio. In barba alle regole europee, in barba a quelle del mercato, in barba ai vari open minded del Continente.

Chiedono giustizia, lavoro di qualità e riconoscimento, diritti sociali. Forse molti non hanno una laurea, ma sanno stare al mondo meglio di chiunque laureato. Alcuni preferiscono sprecare il latte che venderlo agli strozzini, che fissano prezzi più bassi di quelli di produzione, tanto c’è il latte d’Oltralpe, più economico ma di minor qualità. Loro lavorano e producono, e giustamente pretendono. L’esatto contrario dei manifestanti violenti di Torino, che incendiano, vandalizzano e sporcano se viene chiuso il loro centro sociale occupato, dove giocano a fare gli anarchici con i soldi e le utenze degli altri, dei contribuenti.

L’Italia può solo che provare orgoglio per questi suoi cittadini, presenti, attivi, consapevoli della propria identità. Davanti al mercato, alla mano invisibile, all’Ue, nonché a coloro che continuano a snobbare i risultati di un voto che non premia i loro beniamini, si può solo che gridare: “Viva il suffragio universale, viva i pastori della Sardegna, viva il popolo bue!”.

(di Alessandro Carocci)

fonte – https://oltrelalinea.news/2019/02/10/lavoro-e-dignita-dalla-parte-dei-pastori-sardi/

L’ elite è a Davos ma il Globalismo è in grande crisi

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Mentre le élite finanziarie e politiche del mondo si riuniscono a Davos, sulle Alpi svizzere, per il World Economic Forum, la loro visione globalista di legami commerciali e politici sempre più stretti è sotto attacco – e le prospettive economiche stanno parlano di recessione.

Come scrive Breitbart, il sistema politico britannico è nel caos mentre il paese negozia un disordinato divorzio dall’Unione Europea. Sotto la guida del presidente Donald Trump, gli Stati Uniti stanno imponendo sanzioni commerciali tanto agli amici quanto ai nemici, e il governo è paralizzato da una parziale chiusura forzata che costringe Trump e la delegazione statunitense a cancellare il viaggio a Davos. Il presidente francese Emmanuel Macron sta affondando nei sondaggi mentre si deve affrontare la protesta dei gilet gialli. I movimenti politici nazionalisti stanno guadagnando forza in tutta Europa. Continua a leggere

Calenda getta la maschera: “sto con Soros”

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Il tweet dell’Ex ministro del governo Renzi Carlo Calenda è eloquente: “Fubini è uno dei migliori giornalisti italiani. Soros è Presidente di una Fondazione che difende la società aperta e la democrazia. Belpietro è quello che ognuno può vedere. Io sto con Fubini e pure con Soros. E se l’alternativa è Belpietro pure con Gordon Gekko”. Continua a leggere

Il globalismo uccide: il caso di Maren Ueland

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Maren Ueland, 28 anni, una delle turiste norvegesi brutalmente decapitate in Marocco questa settimana, sul suo profilo Facebook aveva postato un video pro-accoglienza che stigmatizzava come “razzista” il comportamento di tutti coloro che si oppongono a questa importazione di allogeni senza criterio né controlli.

I migranti arricchiscono le nostre vite”, era più o meno il messaggio in codice che traspariva dal suo pensiero. Come quella di Antonio Megalizzi, una triste morte da “contrappasso dantesco”. Una vittima innocente del perfetto prodotto putrefatto di quella stessa globalizzazione che lei, nella sua ingenuità da cittadina del mondo, idolatrava e sperava assumesse forme più estreme ed invasive.

Il becero europeismo e l’Erasmus hanno abbassato le naturali difese di questi giovani: hanno fatto credere loro che il mondo sia necessariamente un posto meraviglioso e che il diverso sia buono a prescindere. Occorre una martellante controinformazione per rinsavire talune menti dall’oblio culturale in cui sono tragicamente sprofondate.

(di Davide Pellegrino)

fonte: http://www.oltrelalinea.news/2018/12/23/maren-ueland-altra-vittima-dellideologia-globalista2/

Il cristianesimo non è una sharia

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Quello che sta avvenendo sotto i nostri occhi è forse un cambiamento epocale che investe uno degli elementi fondamentali dell’identità italiana: il cattolicesimo. Sbagliano le gerarchie clericali a pensare di poter orientare ciò che rimane del “popolo cattolico” verso le sponde di quell’umanitarismo progressista che rappresenta l’esito estremo del Concilio Vaticano II. In senso ancor più radicale, sbagliano a pensare che essi detengano ancora il “monopolio del Sacro”. Continua a leggere

Populismo: tra ribellione e costruzione

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“Noi tradizionalisti cattolici diamo la ragione metafisica dell’esistenza del populismo. Piaccia o no. Nel lungo termine la retta via sovranista e identitaria convergeranno, anche inconsapevolmente, nella restaurazione del Papato, come condizione trascendente per il riordino della società” (Matteo Castagna, Christus Rex-Traditio)

di Roberto Siconolfi

Populismo: tra ribellione e costruzione

Fonte: oltre la linea

Oggi tutto l’establishment si muove a gonfie vele in opposizione al nascente movimento populista. Populismo, questo termine dispregiativo invocato per ogni manovra, politica o teorica, che esula dalle direttive UE e dal pensiero unico. Un varco che si apre all’interno di un sistema sempre più compiuto e totalitario e che afferma con veemenza le rinnovate esigenze dei popoli europei.
Nella prefazione al saggio “Populismo – la fine della destra e della sinistra” di Alain de Benoist, il prof Zarelli afferma che esso è anche una mentalità e uno stato d’animo. E come non potrebbe, da un punto di vista cosciente e razionale possiamo affermare che esso è “la voce dell’anima dei popoli europei”. Un processo che ricalca il risveglio del femminino sacro delle concezioni metafisiche originarie. Un’anima che si rivolta contro i soprusi di una società di ottusi burocrati, di un sistema di debitori e creditori (vedi Eurozona), di tecnocrati che hanno svilito con la forza della psicologia di massa le migliori qualità identitarie e culturali dei popoli d’Europa.
Ma chi è che ha paura dei populisti e perché? Analizzando le categorie possiamo definire un gruppo di oligarchie ristrette formate da: economia finanziaria; mainstream (una categoria vasta che include sia il mondo dei media che della cultura di massa); centri eteronomi di potere (Bilderberg, Trilateral, Aspen Institute, NATO ecc.). E’ da qui che si tessono le fila oltre che del dominio politico, anche dell’attacco a tutto il movimento populista complessivo. Continua a leggere

Tra razzismo e anti-razzismo muoiono le identità

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di Alessandro Soldà Cristofari

Tra razzismo e anti-razzismo muoiono le identità

Fonte: oltre la linea

Partiamo da un caso di cronaca: una ragazza statunitense pubblica sul suo profilo social alcune foto in cui lei indossa un bell’abito da sera ad una festa (il cui dress code richiede una certa eleganza).

Accanto ai complimenti sotto alle fotografie appaiono però alcuni commenti più critici, diciamo pure che viene insultata: la sua colpa è quella di indossare un vestito tradizionale cinese, simbolo dell’emancipazione femminile, senza sapere il significato, mancando di rispetto all’intero popolo cinese.

E per non farci mancare niente, viene pure accusata di appropriazione culturale e di piegare un abito simbolico al puro edonismo simbolo dalla società capitalista e consumista americana. Alla fine, nonostante l’attacco vile e senza senso, quelle foto rimangono sul suo profilo: perché quel vestito le piace, e non sarà certo quella cattiveria gratuita sui social a costringerla a cambiare idea.

Di fronte a questa vicenda si rimane perplessi; da parte sua non c’è stata alcuna palese o quanto meno volontaria mancanza di rispetto verso la Cina, vivendo in una società in cui il consumo è la cultura prevalente a discapito del retaggio tradizionale e storico anteriore – che è quello dei singoli e rispettivi popoli-, ed è dunque normale non essere a conoscenza che certi accessori e oggetti rimandino ad un evento o ad una vicenda di fondamentale e storica importanza per una nazione, com’è il caso dell’abito della ragazza. Continua a leggere

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