“Opportune Importune” n. 42

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Il Circolo Christus Rex non aderisce alla Tesi di Cassiciacum, come noto. Noi siamo sedevacantisti simpliciter. Perciò quando nell’articolo lo stimatissimo e benemerito don Ugo scrive di “occupazione materiale”, noi ometteremmo quel “materiale” poiché per noi la Sede Apostolica è vacante sia materialmente che formalmente. Rispettando coloro che aderiscono alla Tesi di Cassiciacum, ritenendola un’ipotesi teologica valida in tempi di crisi senza precedenti, entrambi non siamo in comunione con gli eresiarchi conciliari per le stesse ragioni. Questo è l’essenziale che oggi ci rende fratelli nella Fede. Ad multos annos ai sacerdoti e religiosi dell’Istituto Mater Boni Consilii!

Segnalazione del Centro Studi Federici

Editoriale di “Opportune Importune” n. 42 (lettera d’informazioni della Casa San Pio X dell’IMBC)

di don Ugo Carandino

Rileggendo gli editoriali scritti a partire dal 2001 si può constatare come i principali argomenti, che dovrebbero determinare le scelte dei cattolici nell’attuale stato di privazione della Chiesa, siano stati trattati ripetutamente.
Mi riferisco all’eresia modernista e alla sua affermazione al Concilio; all’occupazione materiale della Sede di Pietro e la conseguente attuale assenza dell’autorità nella Chiesa; alla gravità di riconoscere come papa legittimo un occupante materiale e di citarlo al Canone della Messa; al rito della Messa che non può essere dissociato dalla professione della Fede; al gravissimo problema della validità molto dubbia delle nuove consacrazioni episcopali e ordinazioni sacerdotali…
Invito quindi a rileggere i precedenti editoriali e soprattutto gli articoli della rivista Sodalitium, dove troverete i temi elencati nel precedente paragrafo approfonditi alla luce della teologia tomista e del magistero papale, senza dimenticare i convegni, le conferenze e le interviste presenti sui nostri canali telematici.
In questo editoriale vorrei invece trattare di un altro argomento, apparentemente secondario, relativo al modo in cui i fedeli dovrebbero presentarsi in chiesa per assistere al Santo Sacrificio della Messa. Lo spunto mi è stato dato dall’avviso di un’agenzia viaggi rivolto ai turisti per le vacanze estive nei paesi arabi. Ecco il testo:

“È fondamentale sapere che, se si entra in una moschea in estate, non si possono indossare pantaloncini, canottiere o abiti corti e scollati. Vestitevi quindi in modo appropriato se pianificate di visitare una moschea. Sia gli uomini che le donne devono indossare abiti che coprano le braccia e le gambe. Le donne devono coprirsi il capo con il velo”.

Immagino che il turista italiano medio si conformi disciplinatamente alle indicazioni ricevute, considerandole al limite un po’ esagerate ma nello stesso tempo pronto a lodare una certa serietà di chi le esige per poter entrare nel proprio tempio religioso.
Ciò che amareggia è il fatto che le direttive imposte per accedere in una moschea (o in una sinagoga) non vengono prese in considerazione per entrare nelle chiese cattoliche, dove è sempre di più trascurata l’attenzione alla modestia e al buon gusto. La perdita del sovrannaturale causata dai cattivi pastori imbevuti di modernismo, che si manifesta in particolare nella rovinosa liturgia di Paolo VI, oltre alla perdita della Fede, ha favorito la perdita del pudore e del decoro nel modo di vestirsi, in una corsa verso il basso che del resto ha investito ogni aspetto della vita sociale.
Il problema dell’abbigliamento può presentarsi anche quando si partecipa alla Santa Messa detta di san Pio V. In alcuni casi, dopo molti anni di frequentazione, si può cadere nel rilassamento; oppure, col passaggio dalla parrocchia alla “messa tridentina”, si può conservare l’abitudine di un abbigliamento inadeguato. Se così fosse, si ometterebbe un segno esteriore capace di indicare che la domenica è un giorno speciale, il giorno del Signore, da distinguere dagli altri giorni anche col vestito che si indossa. Come si potrà notare, parlare della sacralità del rito e dell’importanza del dies Dominicus non sono certo argomenti secondari per un cattolico!
A questo proposito segnalo qualche brano di un articolo sull’abito della domenica indossato dai nostri avi e tanto raccomandato da un’ava d’eccezione, Mamma Margherita, la madre di Don Bosco:

«Margherita, la mamma, oltre l’ordine e la bellezza nell’anima dei figli e la docile e costante allegria (quanto cantavano tutti!), esigeva l’ordine e la pulizia nelle loro persone. Alla domenica specialmente, adattava alla loro persona i vestiti più belli da festa, ravvivava i loro capelli, che naturalmente erano ricciuti e folti, e per tenerli raccolti usava un piccolo nastro… Li prendeva per mano e tutti insieme andavano alla Messa… Ma per Margherita ogni momento era buono per educare.
“Vi piace fare una bella figura, non è vero?”. “Certo, mamma”.
“Or bene: ascoltatemi. Sapete perché vi metto i vestiti più belli? Perché è domenica ed è cosa giusta che mostriate esternamente la gioia che deve provare ogni cristiano in questo giorno, e poi perché desidero che la pulizia dell’abito sia la figura della bellezza delle vostre anime”» (dalle Memorie Biografiche di San Giovanni Bosco, I, 73-74).

La lettura del brano ci ricorda appunto che in ogni circostanza, soprattutto in chiesa, il battezzato deve evitare un abbigliamento inappropriato. Non si tratta di sfoggiare abiti particolarmente ricercati (non penso che siano da considerarsi tali la giacca e cravatta per gli uomini e una gonna modesta per le donne) ma neppure di indossare vestiti troppo sportivi o disadorni.
Ribadisco che l’argomento è importante perché è legato alla devozione nei confronti del più importante atto della Religione, la Santa Messa, cioè il rinnovamento incruento del Santo Sacrificio della Croce, col quale l’Agnello di Dio si immola per la maggior gloria dell’Eterno Padre e per la nostra salvezza. Nella misura in cui si comprende il valore infinito della Messa, dovrebbe crescere nell’anima il desiderio di presentarsi al sacro rito nelle migliori disposizioni spirituali (la “veste nuziale” della grazia santificante) e, nella ricerca della perfezione cristiana, di manifestare il massimo rispetto dovuto alla Presenza Reale anche nel modo di vestire.
Poiché per amare è necessario conoscere, è fondamentale che il fedele ricerchi un’adeguata formazione: invito quindi a leggere o rileggere, ad esempio, il Breve Esame Critico del Novus ordo e il libro di don Cekada Frutto del lavoro dell’uomo. Una critica teologica alla messa di Paolo VI, entrambi editi dal Centro Librario Sodalitium, testi di grande aiuto per conoscere e venerare sempre di più la Messa Romana e detestare tutto ciò che ne offusca il suo valore e il rispetto dovuto.
Scrivo queste righe all’inizio dell’Avvento, con la speranza che possano essere lette prima del 25 dicembre (almeno sul sito di Sodalitium in attesa dell’edizione cartacea). Nel Tempo di Natale, in particolare nelle feste della Natività e dell’Epifania, chiediamo alla Sacra Famiglia di accordarci uno spirito cristiano sempre più radicato nei cuori, capace di muovere gli affetti verso la Verità divina e conformare la vita del buon cattolico in tutti i suoi aspetti, tra cui il rispetto dovuto alla sacralità dei luoghi di culto (anche i più umili) e alle funzioni liturgiche.
È l’augurio che formulo a tutti i lettori, per poter mettere così a frutto le abbondanti benedizioni che Gesù Bambino, la SS.ma Vergine Immacolata e san Giuseppe, ci accorderanno nel consolante
e fecondo tempo natalizio.
don Ugo Carandino

Per scaricare il bollettino:
https://www.sodalitium.biz/wp-content/uploads/opportune42.pdf

“Opportune Importune” n. 42

Editoriale di “Opportune, Importune” n. 40

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don Ugo Carandino

La Chiesa nel ciclo liturgico di Natale ci fa meditare la Natività del Salvatore e ci sprona al rinnovamento spirituale, per permettere alla grazia divina di rinascere nei nostri cuori e di accrescere la pratica delle virtù cristiane. 
Per ogni battezzato la vita spirituale è un’esigenza costante, che diventa una necessità impellente nei momenti più difficili, per evitare di trovarsi impreparati a fronteggiare degli avvenimenti avversi, a volte devastanti non solo per il singolo individuo ma anche per l’intera società. 
In quei frangenti l’anima, come tramortita dal peso della prova, se non è sostenuta dalla vita spirituale e da una radicata visione cristiana dell’esistenza, che permette la riflessione ed evita la precipitazione, potrebbe essere esposta allo scoraggiamento e all’esasperazione, sino a sprofondare nella più buia disperazione. Infatti, invece di ricercare il soccorso divino che illumina e fortifica, tante anime davanti alle prove più gravose smarriscono la riflessione, il dominio di sé stesse e la prudenza sovrannaturale (da non confondersi con la meschina prudenza del mondo). E poiché si vive in società, si rischia facilmente di diffondere attorno a sé il proprio malessere interiore, il tutto amplificato dagli attuali mezzi di comunicazione. 
Non è uno scenario ipotetico, poiché è quello in cui ci troviamo ormai da due anni, dove i timori sono diffusi e le incertezze crescenti. La vita ordinaria è scossa alle sue fondamenta e dopo l’incredibile sospensione del culto l’anno scorso, ora persino l’iscrizione ad un albo professionale o lo svolgimento di una qualsiasi attività lavorativa sono messi in pericolo, con gravi ripercussioni morali ed economiche. 
È un cupo biennio che si colloca nella lunga vacanza formale della Sede Apostolica, che rende ancora più lacerante la situazione, in quanto il gregge è privato della voce infallibile del Vicario di Cristo, la sola che possa dissipare incertezze e opinioni discordanti sulle diverse materie, distinguendo ciò che è vincolante da ciò che è opinabile. 
Mai come in questi frangenti tutti noi abbiamo bisogno del buon consiglio divino e del buon senso umano, per ponderare le parole, per praticare un giusto discernimento, per premunirsi da giudizi avventati o da eccessi verbali che lederebbero la carità. 
Ecco la grande assente: la carità! La regina tra le virtù a volte sembra scomparsa anche negli ambienti dove dovrebbe regnare sovrana, tra chi ha in comune la stessa fede e lo stesso ideale cristiano. Laddove la carità viene detronizzata si fanno strada la diffidenza e il risentimento, persino le offese, come se gli obiettivi comuni – il combattimento per la Dottrina, il Papato e la Messa – fossero dissolti o comunque diventati del tutto marginali, preferendo in alcuni casi come “alleati” coloro che sulle questioni fondamentali hanno posizioni diverse o del tutto differenti. 
Nella babele dei pensieri (e dei “social”), senza l’àncora della preghiera assidua, si rischia di trovarsi nelle condizioni di Ulisse alle prese con le famose sirene, attribuendo un immeritato credito a personaggi del tutto estranei alla causa antimodernista (la battaglia più importante), se non addirittura ostili. Questi cattivi maestri (o, in certi casi, presunti maestri con pessimi suggeritori) trasmettono, come frutto inevitabile della loro mentalità, un senso di frustrazione e di incattivimento che contribuisce alla destabilizzazione dell’anima. Anche perché in tutti i loro calcoli umani, che portano spesso al peggiore catastrofismo e a un certo compiacimento per esso, sono assenti l’azione di Dio, la Sua Provvidenza, il soccorso della grazia. Di conseguenza, se le peggiori delle ipotesi si dovessero realizzare per davvero (ma allora il Signore darebbe le grazie necessarie per affrontarle), nell’ottica puramente umana (frutto del naturalismo diffuso nella società da bruttissime officine), sarebbe completamente disatteso il valore della sofferenza e la ricompensa eterna per le ingiustizie subite con spirito cristiano. Nostro Signore ci chiede di accettare e portare la croce, non di fuggirla con l’ansia disperata dell’ateo che non crede nell’eternità. E così l’immeritata notorietà di alcuni, che martellano su certi temi, è a discapito dell’equilibrio di giudizio di molti (gli antichi direbbero: “mors tua vita mea”). 
Abbiamo quindi più che mai bisogno delle benedizioni del Bambin Gesù, della intercessione materna di Maria, della protezione di san Giuseppe per la salute del corpo, certamente, ma prima ancora per la salute dell’anima, senza la quale ogni altro bene sarebbe ben poca cosa. Dobbiamo attendere ed invocare queste benedizioni del Natale, in un’atmosfera di profondo raccoglimento per ristabilire in tutto il suo vigore l’ordine interiore. Ovviamente questo suppone l’assistenza alle funzioni religiose, accostarsi al Sacramento della Penitenza e alla SS. Eucarestia, per non ridurre la festa a un pretesto per imbandire abbondantemente la tavola. 
A differenza del mondo, che anche quest’anno sarà indifferente se non ostile al ricordo della nascita temporale di Nostro Signore, noi che siamo nel mondo ma che non gli vogliamo appartenere (almeno si spera), dobbiamo cogliere uno degli aspetti più caratteristici della festa: il silenzio di Maria e di Giuseppe nella Grotta di Betlemme in quella Santa Notte. Il mondo fugge il silenzio mentre noi dobbiamo ricercarlo, per ascoltare le parole di vita eterna che il Verbo Divino incarnato ci rivolge e che da 2000 anni permettono alle anime di affrontare con merito eterno ogni circostanza, anche le più gravi e laceranti. 
 
 

Segnalazioni sul caso Viganò

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Segnalazione del Centro Studi Federici

Dal sito di Sodalitium
 
Segnaliamo, per i nostri lettori, un interessante articolo di E. Barbieri e R. De Mattei pubblicato il 23 giugno sull’agenzia di informazioni “Corrispondenza Romana”: https://www.corrispondenzaromana.it/caso-vigano-chi-e-il-vero-autore-degli-scritti-di-mons-vigano/, che ha documentato e reso pubblico quanto già trapelava nel cosiddetto “mondo tradizionalista”.
 
La medesima agenzia pubblicò a suo tempo, a firma di E. Barbieri, una recensione del nostro libro “La vergogna della tradizione”, consacrato alle pagine culturali di Radio Spada https://www.corrispondenzaromana.it/esiste-il-pericolo-di-un-tradizionalismo-gay-friendly/
 
Il presente articolo è come una ideale continuazione con il precedente, tanto più che numerosi articoli di Pietro Siffi, alias Cesare Baronio, oggetto dell’articolo odierno, tratti dal sito “Opportune importune” (che nulla ha a che vedere con l’omonimo bollettino della Casa San Pio X di don Ugo Carandino) sono stati pubblicati da Radio Spada: https://www.radiospada.org/?s=+opportune+importune
 
Pur non condividendo “le posizioni teologiche ed ecclesiologhe” dell’attuale “Corrispondenza Romana”, come già avemmo modo di dire nel caso precedente https://www.sodalitium.biz/unimportante-recensione/,  condividiamo con gli articolisti la preoccupazione per il ruolo eventualmente svolto da questo collaboratore di mons. Carlo Maria Viganò, e l’auspicio che il prelato possa fare chiarezza su questa delicata questione.
 
Sul caso Viganò ricordiamo l’intervista a don Francesco Ricossa: https://www.sodalitium.biz/intervista-don-francesco-ricossa-sul-mons-carlo-maria-vigano/ 
 

Analisi sulla situazione della Chiesa e della tradizione cattolica, oggi

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Come i nostri numerosi affezionati lettori sanno, noi del “Circolo Christus Rex-Traditio” non aderiamo alla Tesi di Cassiciacum perché siamo sedevacantisti cosiddetti simpliciter, ma ci rivolgiamo all’Istituto Mater Boni Consilii di Verrua Savoia per i Sacramenti e l’apostolato cattolico romano. (i grassetti dell’editoriale di don Ugo, che condividiamo in pieno, sono nostri)

L’EDITORIALE

di don Ugo Carandino (del 18/06/2021)

Cari lettori, il documento che trovate nella pagina precedente, la “Lettera ai fedeli”, è stato scritto vent’anni fa, quando fu inaugurata la Casa San Pio X dell’Istituto Mater Boni Consilii, che festeggia dunque il suo ventennale. 
In questi ultimi vent’anni la situazione nella Chiesa è ulteriormente peggiorata, con gravi conseguenze anche nella società, come ammonisce il Vangelo: “Voi siete il sale della terra; ma se il sale diventa insipido, con che cosa gli si renderà il sapore? A null’altro serve che ad essere gettato via e ad essere calpestato dagli uomini”. Gli uomini del modernismo hanno calpestato Cristo e la Sua Chiesa e, malgrado il maldestro tentativo di guadagnare la simpatia del mondo (tema tanto caro a Paolo VI), è cresciuto il disprezzo generale nei confronti di questi servi infedeli. 
Sessant’anni dopo l’inizio del Concilio Vaticano II, la religione cattolica non è più presente nell’insegnamento, nei riti e nella disciplina dei modernisti, poiché essi diffondono un’altra religione o, più precisamente, l’assenza della religione stessa. In effetti sotto il loro sentimento religioso si nasconde una vera e propria forma di ateismo, l’estrema conseguenza dell’eresia modernista, come ammoniva all’inizio del ‘900 san Pio X (purtroppo inascoltato dagli opportunisti della sua epoca). Del resto se credessero davvero nella rivelazione divina, come potrebbero fare e dire quello che fanno e dicono? La loro “divinità” è nient’altro che la povera umanità sedotta dalla tentazione luciferina dell’orgoglio e della disobbedienza: “sarete come Dio”. 
Anche le persone più semplici possono constatare la perdita della fede dall’architettura delle nuove chiese: l’assenza della verità ha provocato l’assenza della bellezza (intesa secondo l’insegnamento di san Tommaso: integrità, armonia e splendore), lasciando spazio allo squallore più tetro, dove gesticolano tristi personaggi nel corso di squallide liturgie. 
Le conseguenze nell’ambito della morale sono inevitabili: se si accettano le dottrine erronee del modernismo, perché si dovrebbe rimanere cattolici in determinati comportamenti umani? I peccati che contraddicono la professione di fede sono più gravi dei vizi della carne, e senza l’aiuto della grazia sarebbe illusorio pensare di vivere cristianamente. 
La situazione sempre più grave nella Chiesa non ha risparmiato il “tradizionalismo” cattolico. Il rifiuto e il disgusto del modernismo mi spinsero nel 1983 ad entrare nel seminario della Fraternità San Pio X a Ecône – in quell’epoca riferimento quasi obbligato per chi non accettava il Concilio e la “nuova messa” – dove nel 1988 ricevetti l’ordine sacro. Fui chiamato a svolgere il ministero sacerdotale prima in Lorena e poi, per undici anni, al priorato di Spadarolo, alle porte di Rimini. Le riserve nei confronti della Fraternità non mancavano: la presenza di tanti preti e seminaristi “liberali”, la liturgia di Giovanni XXIII, le foto di Giovanni Paolo II nelle sacrestie… Ma l’entusiasmo giovanile faceva andare avanti e soffocare (colpevolmente, molto colpevolmente!) il tormento di coscienza relativo alla disobbedienza abituale a colui che si doveva riconoscere come il papa legittimo. 
Le divisioni interne alla Fraternità contribuivano a falsare la coscienza: se la “sinistra” sperava – malgrado i tanti scandali contro la fede – nell’accordo col Vaticano (prima con Giovanni Paolo II e poi con Benedetto XVI), schierarsi con la “destra” anti-accordista, quella dei “puri e duri”, sprezzante nei confronti del “papa eretico”, del “papa massone” (che però citavano ogni giorno al Canone della Messa) sembrava soddisfare l’esigenza di ortodossia. 
Entrambe le posizioni si rifacevano (e si rifanno) alla linea di Mons. Marcel Lefebvre che, col suo esasperato pragmatismo, ha sempre cercato di mantenere unite queste due tendenze all’interno della Fraternità per salvare la Fraternità stessa, che progressivamente da mezzo è diventata il fine, un fine da salvare ad ogni costo, anche a discapito della testimonianza della verità minata dai compromessi. I due schieramenti potevano (e possono) giustificare le loro posizioni e alimentare le proprie ambizioni attingendo alle dichiarazioni del fondatore, a volte dai toni più concilianti, altre volte dai toni più oltranzisti, a seconda delle circostanze. 
Come ho spiegato nella lettera, queste due posizioni – attualmente rappresentate dalla Fraternità “storica” e dai lefebvrani della cosiddetta “resistenza” nata con Mons. Williamson – erano e sono inaccettabili. Le conseguenze sono davanti agli occhi di tutti. Gli “accordisti” (alcuni per convinzione, altri per rassegnazione) hanno ottenuto una serie di riconoscimenti discreti (per non urtare gli “opposti estremismi” del campo modernista e di quello interno) ma reali. Con i provvedimenti del Vaticano (basta un timbro a trasformare la “Roma modernista” nella “Roma eterna”…) la scomunica è stata tolta (quindi era valida?); le confessioni hanno ottenuto la “giurisdizione” (prima erano invalide?); la facoltà per i matrimoni è stata concessa a patto che sia il parroco “conciliare” a ricevere i consensi degli sposi, col prete FSSPX che si limita a celebrare la Messa; è stata concessa la facoltà di procedere alle ordinazioni sacerdotali anche senza il permesso dell’ordinario della diocesi dove sorgono i seminari; la Fraternità può inoltre ricorrere senza problemi (e senza vergogna) ai tribunali della Roma “modernista”, pardon, “eterna”, per ridurre allo stato laicale alcuni suoi membri. 
I risultati di tutto questo? Un certo aumento di fedeli e forse di vocazioni, argomento utilizzato per rassicurare i più perplessi e illuderli di aver portato a casa solo vantaggi. In realtà negli accord le concessioni viaggiano nelle due direzioni, le mani dei modernisti hanno dato molto non senza chiedere qualcosa in cambio. Sarebbe sufficiente l’accettazione della “communicatio in sacris” per le nozze a dimostrare come sia stato imboccata la via del compromesso e della resa. 
Il modernismo è arrivato sino alle attuali aberrazioni di Bergoglio – precedute e preparate da quelle di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI – eppure la Fraternità è sempre più silenziosa, per non urtare chi è stato così generoso. Le voci pubbliche di dissenso provengono sempre più “dall’interno” dello schieramento ufficiale (la “chiesa alta” rappresentata da prelati come il card. Burke e Mons. Schneider) e sempre meno dalla Fraternità. Certo, non mancano, seppur sporadiche, alcune dichiarazioni di critica, ma per chi conosce bene i meccanismi della politica, sa bene che si può essere al contempo partito di opposizione e di governo, a secondo dei contesti e degli interessi (di opposizione davanti agli irriducibili, di governo nelle stanze romane)
Questo stato di cose ha provocato notevoli dissidi interni alla Fraternità, con la partenza di decine di sacerdoti e di centinaia di fedeli (oltre agli arrivi ci sono anche le partenze), in Europa come nelle Americhe, organizzati nella cosiddetta “resistenza”. Per questa parte di lefebvriani, gli accordi col Vaticano non si devono fare (almeno per oggi, domani si vedrà, poiché si tratta pur sempre del “Santo Padre”), la “Chiesa” e il “Papa” devono convertirsi e “raggiungere la Tradizione” che è salvaguardata solamente nelle chiese lefebvriane (la chiesa intesa come edificio che richiama però le “piccole chiese” scismatiche, come ammoniva nel 2000 l’abbé Michel Simoulin). Ovviamente per i “resistenti” la Sede non è vacante e quindi non bisogna avere nulla a che fare coi “sedevacantisti”. Nella migliore delle ipotesi, la considerano una semplice opinione, per nulla vincolante. 
Paradossalmente Mons. Williamson, l’artefice della “resistenza”, negli ultimi anni si è spostato alla sinistra della Fraternità “accordista”, difendendo la validità della “messa nuova” e la partecipazione ad essa (ma non è necessario andare sino in Gran Bretagna per sentire o leggere queste enormità, che fanno rivoltare nella tomba dei sacerdoti come don Francesco Putti, sepolto a Velletri). 
Continuando ad analizzare la situazione, il peggioramento negli ultimi 20 anni, è sotto gli occhi di tutti; si vede come la mentalità lefebvriana non abbia colpito solamente il perimetro ufficiale della Fraternità (quella storica e quella della “resistenza”), ma ha contagiato l’intero “tradizionalismo”, dove ormai è assimilata la convinzione che la Sposa di Cristo sia fallibile, in quanto il magistero dei papi conterrebbe degli errori, con buona pace delle promesse di Nostro Signore. Negli ambienti dell’attuale tradizionalismo prosperano personaggi spuntati dal nulla (non è sufficiente la conversione di una persona per abilitarla a formare altre persone: non tutti sono come san Paolo) che oltre all’errore fallibilista diffondono idee (anche nei convegni organizzati dalla Fraternità ai quali sono invitate) estranee o addirittura contrarie al “buon combattimento” di un tempo, aumentando la confusione e minando i principi dei cattolici in buona fede (a volte però troppo curiosi e girovaghi). 
Vi è poi il gravissimo problema relativo alla validità dei riti delle nuove consacrazioni episcopali e delle nuove ordinazioni sacerdotali, che determina, come conseguenza inevitabile, un forte dubbio sulla validità delle celebrazioni dell’ex Ecclesia Dei e del Summorum pontificum (che fu accolto col canto del Te Deum dalla Fraternità) e dei sacramenti amministrati in quel contesto. Il gravissimo problema si pone anche per i preti diocesani che celebrano e confessano nei priorati lefebvriani senza essere stati riordinati: fa pena e rabbia pensare alle anime che, pur desiderando rimanere fedeli alla Chiesa, si ritrovano in quelle condizioni. Il ritornello lefebvriano “noi facciamo quello che la Chiesa ha sempre fatto” diventa un’insopportabile stonatura. 
Queste mie riflessioni hanno voluto ripercorrere le tappe che hanno portato alla mia decisione, alla luce dello scontro tra la verità cattolica e gli errori del Concilio. Esse probabilmente non saranno gradite a tutti i lettori, ma la verità non si può tacere (conosco dei preti che pur volendo lasciare la Fraternità cambiarono idea proprio per la paura di perdere il consenso di una parte dei fedeli). Il modernismo sa bene che il “tradizionalismo” cattolico, seppur numericamente irrisorio, rappresenta una voce da ridurre al silenzio. Dopo i lunghi anni della persecuzione aperta, durante i quali i sacerdoti e i laici fedeli alla Chiesa hanno subito ogni genere di angherie, è stata scelta la via dell’assimilazione, favorendo il passaggio da un campo all’altro: lo dimostrano la vicende di Alleanza Cattolica e dell’Ecclesia Dei, in particolare della diocesi di Campos. 
L’ultima fase a cui stiamo assistendo, inaugurata da Benedetto XVI, è quella del ‘cammuffamento’. Ratzinger, uno degli ultimi partecipanti al Concilio ancora in vita, ha agito con astuzia nei confronti dell’opposizione, sostituendo agli occhi dell’opinione pubblica i “tradizionalisti” con dei “conciliari” che sembrano tradizionalisti, come già accennato a proposito dei Burke di turno. Inoltre il trucchetto del nuovo messale, fino ad allora mai accettato dai difensori della Tradizione, che è stato presentato come il “rito ordinario” della Chiesa, e in quanto tale accettato da tanti “oppositori” pur di usufruire del “rito straordinario”, ricorda quei colpi di maestro di cui parlava Mons. Lefebvre. 
Coloro che avrebbero dovuto continuare a combattere a viso aperto gli occupanti della Sede apostolica non l’hanno fatto, proprio per quelle incongruità interne sopraelencate: quindi anche tra le file del “tradizionalismo” il sale è diventato insipido
Per tutta questa serie di motivi ringrazio la Madonna del Buon Consiglio di avermi permesso di conoscere e abbracciare pubblicamente la Tesi di Cassiciacum di Mons. Guérard des Lauriers, l’unica spiegazione corretta dell’attuale situazione della Chiesa, e di far parte dell’Istituto Mater Boni Consilii, per poter svolgere il ministero sacerdotale in tranquillità di coscienza. 
Questi vent’anni non sono stati facili, soprattutto all’inizio, e le difficoltà nello svolgere il ministero rimangono, poiché l’Istituto è una piccola opera all’interno della Chiesa, con pochi mezzi e tanti ostacoli. Tuttavia la perseveranza di tante anime che da tempo si affidano all’Istituto, la formazione di nuove famiglie e l’aumento di presenze registrato degli ultimi anni, sono un incoraggiamento a proseguire nella via stretta ma benedetta della fedeltà incondizionata alla Chiesa e al Papato, senza cercare scorciatoie basate sulla prudenza umana. 
Il 30 giugno prossimo, 20° anniversario della Casa San Pio X e del suo apostolato, all’altare del piccolo oratorio dedicato a Maria Ausiliatrice ricorderò al Memento dei vivi tutti i confratelli, i benefattori, i fedeli e gli amici, anche coloro che lo sono stati per un tratto di strada. Al Memento dei defunti pregherò per le anime di tutti coloro che anche grazie al ministero della Casa si sono presentati con l’abito nuziale al giudizio divino e per le anime dei tanti amici e conoscenti defunti. 
Che la Madonna del Buon Consiglio, san Giuseppe e san Pio X concedano il più presto possibile il trionfo della Chiesa sui nemici interni ed esterni e la restaurazione dell’unica liturgia gradita a Dio. In attesa di tutto ciò, invochiamoli per conservarci fedeli dalla parte giusta, che non può che essere quella integralmente cattolica, apostolica e romana.