Tutti i danni di Draghi negli ultimi 20 anni

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di Paolo Becchi e Giovanni Zibordi

Nell’articolo precedente sul tema abbiamo spiegato che Draghi voleva mollare per evitare di essere al governo quando arriva il crash finanziario, la crisi energetica, la recessione e un’altra crisi della vaccinazione tutte assieme.

Sembra che abbiamo avuto ragione perché Draghi si è presentato in Parlamento ignorando qualunque richiesta e osservazione dei partiti di centro destra e del M5S rendendo inevitabile che poi non lo votassero. Se si ascolta il suo discorso, aggressivo e insultante in molti punti è evidente che ha cercato questo risultato, che voleva sfuggire a Mattarella e alle pressioni estere per non ritrovarsi a gestire il disastro in arrivo a cui ha egli stesso ha contribuito. C’è alla fine riuscito, ma Matterella prima di acconsentire alla sua richiesta gli ha fatto fare una figuraccia che passerà alla storia della cronaca. Ma facciamo un bilancio.

Ci sono almeno dieci cose per le quali Draghi è stato un disastro, da quando era direttore del Tesoro, poi governatore Bankitalia, poi alla Bce e ora al governo

1) Superbonus110: Draghi ha fatto del sarcasmo su chi l’aveva promosso. Ma il Superbonus110 ha creato circa 40 miliardi di Pil tramite il boom edilizio che ha indotto, dopo dieci anni in cui le costruzioni in Italia erano depresse e parliamo di un -50%. Il meccanismo del Superbonus era intelligente, perché erano crediti fiscali che non sono debito pubblico perché lo Stato negli anni successivi sconta le tasse solo se c’è un ricavo, non è obbligato a ripagare in ogni caso come con un Btp. Emettere Btp è emettere debito, emettere crediti fiscali no, perché se non c’è un ricavo l’anno successivo di qualcuno che debba pagare tasse, il credito è inutilizzabile e lo Stato non paga e non sconta niente, tanto è vero che Eurostat non lo considera debito pubblico. Draghi fa finta di non sapere queste e non ha mai riconosciuto l’aumento di occupazione, di lavoro e di Pil creato dal Superbonus110 che è stato l’unico stimolo economico degli ultimi due anni. Cosa ha fatto Draghi? Ha bloccato di colpo il Superbonus mettendo in crisi tante aziende.

2) Draghi ha speso invece una cifra complessiva intorno a 30 miliardi per centinaia di milioni di tamponi a 50 euro l’uno di costo totale, vaccini e vaccinazione e per le degenze Covid a peso d’oro (fino a 9mila euro al giorno). In più ha imposto un altro lockdown e lasciato a casa dal lavoro qualche centinaio di migliaia di persone perché non vaccinate e con tampone positivo (anche se senza nessun sintomo). Il costo enorme di queste due politiche ha costretto lo Stato a fare deficit intorno al 9% del Pil l’anno scorso e al 6% quest’anno e il debito pubblico è schizzato a 2,760 miliardi. Per Draghi il Superbonus che creava lavoro era da eliminare e i lockdown e green pass che affondava l’economia erano buoni.

3) I Btp da quando Draghi governa sono scesi da 150 a 125. Il motivo principale è che, oltre alla crescita del debito pubblico, Draghi come governatore della Bce aveva fatto stampare 4mila miliardi per comprare titoli di stato e spingere il rendimento sotto-zero o zero. Alla Bce Draghi ha fatto bella figura solo perché stampava moneta. Questo però ha creato inflazione e di conseguenza i bond ora stanno franando. Se si parla di spread e costo degli interessi sui Btp e di quotazioni dei Btp, bisogna ricordare che da quando Draghi è al governo i Btp sono collassati da 150 a 125 (usando come riferimento il future del decennale) e quindi dire che senza Draghi ecc.…. è semplicemente assurdo. Draghi ha condotto una politica di stampa di euro per sostenere i deficit dei governi e i risultati sono inflazione e crollo del mercato dei titoli di stato in corso.

4) Quando Draghi era governatore di Bankitalia è stato responsabile della crisi di MontePaschi, che ha speso 9 miliardi per Antonveneta e fu il governatore di Bankitalia ad avallare questa operazione di natura politica (Pd a Siena). La banca di Siena dal 2008 sprofonda nelle perdite, ma la sua crisi risale al tempo in cui Draghi vigilava sul sistema creditizio italiano.

5) Draghi come governatore della Bce nell’estate del 2011 era anche stato la causa della crisi dello spread perché ha scritto con J-C. Trichet una lettera all’allora governo Berlusconi minacciandolo di crisi se non avesse fatto un austerità pesante e simultaneamente ha sospeso gli acquisti di Btp. Salvo poi addirittura lanciare un mega programma di acquisti senza limiti di 4mila miliardi di Btp e altri titoli di stato europei quando il governo Monti, sotto il peso dell’austerità imposta dalla Bce, stava facendo collassare l’economia italiana e l’euro. Per far saltare Berlusconi, Draghi lo ha ricattato per iscritto chiedendo austerità e fermando gli acquisti di Btp. Poi, una volta che al governo è stato il Pd ha stampato 4mila mld di cui 700 miliardi sono andati ai Btp.

6) Prima ancora, come direttore del Tesoro fino al 2004, è stato responsabile dei 40 miliardi di perdite dovute ai contratti derivati sui Btp sottoscritti dal Tesoro. Nessuno altro paese Ue ha perso miliardi così per questi derivati. Solo l’Italia. E Draghi era il direttore del Tesoro che li ha proposti e gestiti.

7) Come abbiamo già mostrato, con Draghi al governo e le sue politiche di vaccinazione forzata e lockdown la mortalità in Italia è aumentata nel 2021.

Si può discutere delle cause esatte, ma era Draghi al governo e il risultato è l’opposto di quello che aveva promesso con i lockdown e vaccinazioni, imposte in modo più restrittivo che in altri paesi.

8) La crisi energetica in corso è dovuta innanzitutto alle politiche di boicottaggio dei combustibili fossili in atto da più di dieci anni, perché il rialzo è iniziato l’estate scorsa e la guerra in Ucraina è arrivata a febbraio 2022. Poi ovviamente le sanzioni alla Russia. E infine, dato che in realtà il prezzo del gas russo di Gazprom che Eni come intermediario compra è invariato rispetto ad un anno fa, la speculazione. Sì, perché se il prezzo dell’80% o 90% del gas che viene da Algeria, Qatar e Russia per gasdotto non è variato e quello all’’ingrosso è aumentato di 15 o 20 volte, c’è evidentemente anche speculazione.


Draghi però è stato un grande fautore delle politiche per il climate change e delle sanzioni alla Russia. E sulla speculazione non ha detto mezza parola. Difficile sostenere quindi che Draghi fosse la soluzione per un disastro che ha contribuito più di altri (vedi l’insistenza per le sanzioni) a creare. Per quanto riguarda la speculazione, in Spagna e Francia, ad esempio, si sono prese misure di calmiere e si nazionalizza Edf che è loro Eni. In Italia niente.

9) Infine, per le sanzioni alla Russia e gli armamenti all’Ucraina, Draghi ha soffiato sul fuoco più di altri e senza un motivo logico perché l’Ucraina è dieci volte più armata dell’Italia, ad esempio hanno 2mila pezzi di artiglieri pesante contro circa 150 dell’Italia. Come si è visto, la guerra moderna è tutta basata sull’artiglieria, non la fanteria o i carri armati (in cui comunque l’Ucraina ne aveva 2,500 contro 200 dell’Italia).

L’Ucraina era in realtà, se si guardano i dati e non si ascoltano le chiacchiere, un paese armato fino ai denti dagli Usa.

Questi sono nove fatti, dalla crisi dello spread e il ricatto a Berlusconi, alle perdite sui derivati, al crac di MontePaschi, alla stampa di moneta alla Bce che ha creato inflazione, ai lockdown e vaccinazione forzata ecc. con cui Draghi ha contribuito più di altri a rovinare l’Italia. Lascia un paese in rovina e sarà un problema per qualsiasi nuovo governo tentare di riprendersi.

Fonte: https://www.nicolaporro.it/tutti-i-danni-di-draghi-negli-ultimi-20-anni/

7 motivi per cui perderemo la guerra dei condizionatori

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di Paolo Becchi e Giovanni Zibordi

Draghi dice che dobbiamo scegliere tra i condizionatori e la guerraHa detto “pace”, ma intendeva chiaramente la sconfitta della Russia, economica tramite le sanzioni e anche militare inviando armi agli ucraini. Draghi quindi dice che dobbiamo scegliere tra i condizionatori e la guerra contro la Russia, nel nostro caso specialmente la guerra economica.

Lasciando da parte il profilo etico-morale, che abbiamo affrontato in altri articoli, può essere che Draghi ci porti ad una guerra che non vinciamo e non sarebbe la prima volta nella storia italiana che ci imbarchiamo in imprese del genere. Qui non si tratta di inviare qualche centinaio di soldati in Libano, Iraq e Afghanistan e qualche bombardiere.

Riportiamo di seguito alcuni fatti degli ultimi giorni che mostrano un quadro diverso da quello presentato dai nostri giornali e dai nostri partiti, i quali anche al parlamento europeo hanno votato compatti a favore dell’embargo immediato e totale sul gas, petrolio nonché carbone russo.

1. Siamo noi a tagliare il gas russo e gli Usa ci vendono il loro guadagnandoci un sacco. I cinesi sono così gentili da dircelo visto che non lo capiamo: “Le sanzioni anti-Russia hanno portato all’Europa un deflusso di capitali e una carenza di risorse energetiche, mentre gli Stati Uniti ne hanno beneficiato” (il portavoce del ministero degli Esteri cinese Zhao Lijian).

2. Il Ministro degli Esteri dell’India dice che vogliono fare pagamenti in rupie e in rubli nel commercio con la Russia. Quindi approfittano della politica di sanzioni europee per pagare tutto meno e inoltre liberarsi, anche grazie alla Russia, dall’obbligo di usare dollari. Il Pakistan idem, e il suo Presidente denuncia un tentativo americano di farlo dimettere, perché appunto non cede sul tema Russia e indice elezioni. Quindi i tre maggiori paesi asiatici per popolazione e tutti con atomiche solidarizzano con la Russia.

3. Bloomberg stima che quest’anno la Russia incasserà 320 mld di $ dalla vendita di materie prime, circa 100 mld in più dell’anno scorso grazie all’aumento di tutti i prezzi. Questo anche tenendo conto dell’impatto delle sanzioni europee. Per ora quindi sembra che Putin e la Russia, nel complesso, non soffrano delle sanzioni in termini perlomeno di incassi dall’export di materie prime.

4. Javier Blas, esperto di energia di Bloomberg afferma: “Il calo della produzione petrolifera russa all’inizio di aprile è significativamente inferiore ai 3 milioni di barili al giorno previsti dall’Agenzia internazionale per l’energia. Sono i primi giorni del mese, ma sembra che la Russia abbia trovato acquirenti volenterosi e molte scappatoie per continuare a vendere il suo petrolio”.

5. Il rublo è salito ancora, è tornato al livello pre-guerra nonostante gli esperti dicano che l’economia russa collasserà. Ora è arrivato anzi al livello a cui Banca di Russia si è impegnata a scambiarlo con oro. Sissignore, i giornali non ne hanno parlato molto, ma da oggi la Banca Centrale russa ti paga se vuoi vendere oro, 5mila rubli per grammo, prezzo fisso. Questo prezzo ora, grazie al fatto che il rublo sale, corrisponde al prezzo in rubli di mercato dell’oro, anzi oggi era leggermente più alto. Quindi, se il rublo resta a questi livelli, conviene prendere rubli e scambiarli con oro presso la Banca Centrale Russa. Ci sono molti esperti monetari e finanziari che parlano del fatto che, chiedendo pagamenti per gas e petrolio in rubli e poi pagando l’oro in rubli più del mercato, la Russia stia ancorando il rublo a gas, petrolio e oro.

6. Passiamo alla guerra. I servizi anglo americani diffondono ogni giorno sui media le loro analisi che una volta erano riservate: hanno una nuova politica che inonda ogni giorno i media di notizie militari riservate, in pratica è come se dicessero in pubblico quello che vedono con i satelliti e l’intelligence. I media occidentali sono pieni di storie di sette generali e centinaia di carri ed elicotteri russi distrutti nonché 40mila soldati morti, dispersi, prigionieri o che disertano. Stranamente non leggi sui media occidentali una sola notizia su perdite degli ucraini. Temiamo che si tratti di propaganda rivolta ad incoraggiare a tutti i costi gli ucraini, ci sono in effetti alcune centinaia di società ora, specie a Londra, che sono sorte di colpo per coordinare l’informazione sulla guerra pro-Ucraina.

7. Tuttavia, anche se non siamo esperti militari vediamo che le notizie, anche di fonte Usa su Reuters, ad esempio, indicano che sta partendo l’offensiva russa a est e sud-est, contro il grosso delle forze ucraine schierate contro il Donbass. Gli esperti militari indipendenti che proviamo a leggere indicano questo: la guerra vera, con manovre di carri armati sorretti da aviazione per accerchiare i circa 100mila ucraini di fronte al Donbass inizia in realtà ora. (vedi qui ad es. “Il ritiro da Kiev è l’escalation russa. È la… trasformazione da un’operazione psicologica a una guerra da manuale”). Per motivi propagandistici Zelensky non vuole che le truppe ucraine si ritirino dalle zone di lingua russa a est, ha anche degradato due generali e dice che li punirà. Sembra però che in questo modo da nord e da sud i russi possano ora cominciare la vera battaglia di accerchiamento.

Draghi quindi dice che dobbiamo scegliere tra i condizionatori e, di fatto, la guerra contro la Russia, nel nostro caso specialmente la guerra economica. Tutti danno per scontato che l’Occidente unito sotto la guida degli USA la vincerà, per cui siamo sul lato vincente e dobbiamo solo collaborare con gli USA e poi ci sarà la vittoria finale.

Abbiamo riportato però alcuni dati sul lato economico, sul comportamento di India e Cina o Pakistan, sui ricavi russi dall’energia in realtà aumentati, sul rublo che sale, sull’oro per rubli, che contraddicono l’idea del collasso economico russo. Queste notizie non danno un quadro negativo per ora per la Russia. Oggi segnaliamo anche qualcosa sul lato militare che indica come l’escalation vera inizia ora.

Dai fatti che elenchiamo sembra che la Russia abbia alleati nel mondo, venda le sue materie prime, rafforzi il rublo e lo leghi alle materie prime. Inoltre, può essere che, come leggiamo, ora inizi la vera battaglia di truppe per l’accerchiamento di quelle che Zelensky si ostina a tenere contro le province russe.

Può darsi che Draghi ci stia conducendo a una guerra che per gli Stati Uniti ha comunque dei vantaggi, ma una guerra che non si vince facilmente, anzi forse una guerra che non si vince affatto. E quindi che noi seguendo gli Usa contro la Russia ci sacrifichiamo e basta, portando il Paese al collasso della sua economia

 

Paracetamolo e vigile attesa: le linee guida cambiano, le colpe di Speranza restano

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Dall’altro ieri sono state aggiornate le linee guida, ma rimangono forti ombre sulla gestione covid di Speranza e del Cts. Ecco perché

di Paolo Becchi e Giuseppe Palma

Il Tar del Lazio, con sentenza n. 419 del 15 gennaio 2022, aveva annullato la circolare ministeriale del 26 aprile 2021 nella parte in cui questa prescriveva ai medici l’utilizzo del protocollo “tachipirina e vigile attesa”, ritenendo che i medici debbano essere lasciati liberi di prescrivere la terapia secondo il principio di “scienza e coscienza”, assumendosene la relativa responsabilità.

Quattro giorni più tardi, il 19 gennaio, la terza sezione del Consiglio di Stato ha sospeso con effetto immediato la decisione del Tar, salvando gli effetti della Circolare ministeriale. L’atto con cui il Consiglio di Stato ha sospeso la sentenza del Tar è stato emanato in via cautelare, mentre ieri – 9 febbraio – il Consiglio di Stato si è pronunciato nel merito annullando la sentenza del Tar, motivando la decisione sulla base del fatto che la Circolare ministeriale contiene “mere raccomandazioni e non prescrizioni cogenti e si collocano, sul piano giuridico, a livello di semplici indicazioni orientative, per i medici di medicina generale, in quanto parametri di riferimento circa le esperienze in atto nei metodi terapeutici a livello internazionale”.

La sentenza del Consiglio di Stato apre però un’autostrada su molteplici valutazioni da fare.

La prima è se sia sensato rivolgersi al Tar per queste cose. Se il Tar, come nel caso di specie, interviene per una volta contro il governo, c’è comunque il Consiglio di stato che gli dà comunque ragione. Tanta fatica per niente. Anzi il risultato è alla fine controproducente. Eppure, nonostante tutto, noi vogliamo insistere sul punto, sollevando alcuni problemi, che presentano, a nostro avviso, risvolti di natura persino penale. Quello che ci interessa capire, in buona sostanza, è se il comportamento del ministro Speranza e dei suoi collaboratori del Cts abbiano o meno creato danni tanto nella gestione dell’emergenza pandemica quanto nell’efficacia delle cure domiciliari. Andiamo per gradi.

Bergamo, primi di marzo 2020. Le terapie intensive vanno presto in affanno e i medici sono costretti a decidere chi deve vivere e chi morire. E molti, troppi muoiono. Ma su che basi scientifiche vengono curati quei primi malati? In realtà all’inizio si va a tentoni, tanto è vero che il Comitato tecnico scientifico istituito con decreto del presidente del consiglio dei ministri n. 371 del 5 febbraio 2020 – coordinato all’epoca dal dott. Agostino Miozzo – è scettico in questa prima fase sull’utilizzo degli anti-infiammatori, mentre qualche mese più tardi nelle cure domiciliari contro il Covid-19 il protocollo adottato prende il nome di uso comune “tachipirina e vigile attesa”, cioè proprio un semplice anti-infiammatorio.

Ancora il 16 marzo 2020 Repubblica, l’organo di propaganda del governo, scriveva: “Coronavirus, non prendete antinfiammatori per proteggervi”. Ma è proprio il Comitato tecnico scientifico di allora a fare i danni più grossi. Dal verbale del 28/2/2020 emerge che il Cts si oppose alla chiusura di altre zone rispetto agli undici Comuni già in zona rossa: “Non sono necessarie altre misure restrittive”, eppure il virus circolava ad un ritmo tale che dopo dieci giorni Conte dovrà chiudere tutto il Paese in lockdown.

Ancora il 4 marzo 2020, pochi giorni prima che la situazione precipitasse, con riferimento alla scuola il Cts scriveva: “le scelte di chiusura dovrebbero essere proporzionali al contagio […], non esistono dati che ne indichino la inconfutabile utilità”, salvo poi – dopo qualche giorno – chiudere tutte le scuole per l’intera durata dell’anno scolastico, mettendo milioni di famiglie davanti al fatto compiuto. Il 13 marzo, con l’intero Paese in lockdown totale dal giorno precedente, il Cts affermava “non vi è evidenza per raccomandare indiscriminatamente ai lavoratori di indossare le mascherine. Anzi. Al contrario è stringentemente raccomandato solo per gli operatori sanitari e per chi ha sintomi respiratori”. Visto che oggi, dopo due anni, le mascherine sono obbligatorie ovunque (addirittura quelle ffp2), con una variante meno pericolosa rispetto all’infezione del 2020, le indicazioni del Cts sarebbero da sottoporre al vaglio in sede giurisdizionale penale. Delle due l’una: o aveva ragione il dottor Miozzo e allora tutto quello che è stato fatto dopo è sbagliato o aveva torto e allora dovrebbe renderne conto.

Ma torniamo a Speranza. Con la Circolare ministeriale del 30 novembre 2020 n. 0024970, solo parzialmente modificata con successiva circolare del 26 aprile 2021, le principali indicazioni sono: vigile attesa, paracetamolo, non utilizzare routinariamente corticosteroidi, non utilizzare eparina, non utilizzare antibiotici e non utilizzare idrossiclorochina. Insomma, “curare” il meno possibile. Si tratta certo di “indicazioni”, non di obblighi (la dicitura esatta è “si forniscono le seguenti indicazioni di gestione clinica”), ma in campo medico la violazione di un’indicazione ministeriale potrebbe comportare l’avvio di un procedimento disciplinare, quantomeno da parte dell’ordine dei medici che valuta le contro-indicazioni e l’opportunità della scelta eventualmente contraria all’indicazione ministeriale. E dunque molti medici, sia di famiglia sia soprattutto ospedalieri (i più esposti di tutti), si sono sentiti costretti a rispettare le indicazioni del ministro Speranza.

La Circolare ministeriale del 26 aprile 2021 (n. 0008676), rispetto a quella precedente del 30 novembre, si è soltanto limitata ad aggiungere altri farmaci unitamente al paracetamolo (tachipirina), come i Fans (farmaci antinfiammatori non steroidei) in caso di dolori articolari o muscolari. Anche il protocollo Aifa nel setting domiciliare (datato 20 dicembre 2020) non si discosta molto dalle Circolari ministeriali, limitando l’uso delle eparine e dei corticosteroidi solo in specifiche condizioni, escludendo gli antibiotici (tra i farmaci non raccomandati). Il tutto sempre a titolo di “indicazioni”.

Da ultimo, finalmente, il 10 febbraio 2022, il dicastero ha aggiornato le linee guida, con indicazioni specifiche per i bambini e le donne in gravidanza, alla luce della “sopravvenuta disponibilità di nuovi farmaci antivirali e anticorpi monoclonali”. Peccato che i monoclonali esistano già da quando, a ottobre 2020, Aifa snobbò l’offerta di scorte di quei farmaci da parte della multinazionale Eli Lilly a scopi di sperimentazione. E che, con gli antivirali, si fosse già curato, ad esempio, Donald Trump, sempre nell’autunno del 2020. In realtà, come dimostra l’esistenza di protocolli terapeutici affidabilissimi (basti pensare a quello sviluppato dal professor Giuseppe Remuzzi), ben prima del 10 febbraio 2022 sarebbe stato possibile ampliare le scarne indicazioni ministeriali.

Ma soprattutto, la verità che viene nascosta dalla decisione del Consiglio di Stato è che finora ai medici è stata di fatto vietata – sotto il ricatto di essere cacciati dall’ordine professionale, quindi un obbligo mascherato – la possibilità di agire secondo “scienza e coscienza”. Un medico che volesse curare la Covid con un antibiotico, tanto per fare un esempio, si assume una responsabilità non da poco al cospetto delle autorità competenti gerarchicamente superiori (struttura ospedaliera, ordine dei medici, ministero della salute).

Ma c’è anche un’altra domanda da porsi: quanti decessi si sarebbero potuti evitare se i medici avessero avuto sin da subito indicazioni precise dal Ministero su come curare i malati di Covid? L’eparina, ad esempio, è un farmaco utilizzato dai medici ospedalieri a partire dalla terza settimana di marzo 2020 ed ha salvato molte vite, per quale motivo non ne viene autorizzato l’utilizzo anche per le cure domiciliari? E che dire degli antibiotici? Alcuni salvano la vita, ma il Ministro e i suoi tecnici si sono ben guardati dal consigliarne la somministrazione, anzi l’ hanno sconsigliata.

Continuare sulla strada di “paracetamolo e vigile attesa” ha portato parecchie persone al ricovero in terapia intensiva, e in tanti non sono più tornati. Se sin dall’inizio si fossero date indicazioni più aperte i medici di famiglia si sarebbero sentiti liberi di prescrivere quantomeno gli antibiotici (alcuni funzionano con notevoli risultati) e ci sarebbero stati meno morti. Ci sono studi, inoltre, che dimostrano come la tachipirina in caso di Covid sia addirittura dannosa, dal momento che aumenta il consumo di glutatione da parte dell’organismo, compromettendone la risposta antiossidante e antinfiammatoria. Se questi studi fossero confermati risulterebbe evidente che il Ministro ha indicato e continua ad indicare l’uso di un farmaco non solo sbagliato, ma addirittura dannoso per quei malati.

Per quale motivo il Ministro non ha indicato, per le cure domiciliari, l’uso quantomeno degli antibiotici? Per paura che alcuni di questi funzionassero a tal punto da rendere irragionevole l’adozione dell’obbligo vaccinale? Non tocca certo a noi rispondere, ma crediamo che un giudice dovrebbe far luce sull’operato del Ministro, nonostante la decisione a lui favorevole del Consiglio di Stato.

Fonte: https://www.nicolaporro.it/paracetamolo-e-vigile-attesa-le-linee-guida-cambiano-le-colpe-di-speranza-restano/

La terza dose serve? Cosa dice uno studio israeliano

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UNA RICERCA SUI DATI DEI TAMPONI ALL’AEROPORTO NON DÀ GRANDI SEGNALI SUL BLOCCO DELLA TRASMISSIONE DEL COVID

di Paolo Becchi  e Nicola Trevisan

Ricercatori hanno analizzato i dati provenienti dall’aeroporto nazionale israeliano, un ambiente unico, in cui tutti gli individui vaccinati e non vaccinati devono sottoporsi a test PCR per l’ingresso nel paese; questo consente una valutazione più obiettiva dell’efficacia sia del booster di richiamo (la terza dose) sia del green pass nella prevenzione delle infezioni da Sars-CoV-2 (link).

 

A partire dal 30 luglio 2021, Israele ha lanciato un’aggressiva campagna di vaccinazione di richiamo che iniziato con la popolazione over 60 e rapidamente esteso (entro il 29 agosto 2021) a tutte le età sopra i 16 anni. Nonostante tale campagna, i tassi di infezione hanno continuato ad aumentare rapidamente per tutto il mese di agosto. La diminuzione dei tassi di infezione è stata osservata solo sei settimane dopo il lancio della vaccinazione di richiamo a metà settembre e per tutto ottobre.

A seguito del richiamo, a partire dal 3 ottobre 2021 il MOH israeliano (il Ministero della Salute) ha modificato i criteri di idoneità per i titolari di green pass, richiedendo a chiunque abbia un’età superiore a 12 anni, che hanno ricevuto la seconda dose del vaccino Pfizer da più di 6 mesi fa, di ricevere una 3a dose (booster) o avrebbe perso il green pass.

Di conseguenza, le nuove definizioni di vaccinato e non vaccinato attualmente sono:

Vaccinato:

  • Chiunque abbia ricevuto la terza dose (booster) da più di 7 giorni.
  • Chiunque abbia ricevuto 2 dosi più di 7 giorni fa, ma meno da 6 mesi.
  • Chiunque sia guarito dopo essere risultato positivo (test PCR) o mostra segnali di recupero su test sierologico negli ultimi 6 mesi e ha ricevuto 1 dose da più di 7 giorni.

Non vaccinato:

  • Chiunque non abbia ricevuto 2 dosi almeno da 7 giorni (questo include pure individui completamente non vaccinati).
  • Chiunque abbia ricevuto la seconda dose da più di 6 mesi.
Lo studio del MOH: la terza dose serve?

Più recentemente, il Ministero della Salute israeliano ha pubblicato uno studio sull’efficacia del richiamo basato sui dati raccolti dal MOH durante la campagna. Lo studio afferma che il booster riduce il rischio di infezione di 11.3 volte, tra gli over 60 della popolazione, rispetto alle 2 dosi di vaccino, fornendo così ulteriore supporto e giustificazione all’attuale politica del green pass in Israele.

Tale studio del MOH ha incluso una coorte di 1.137.804 individui di età pari o superiore a 60 anni, che hanno ricevuto la seconda dose prima del 1 marzo 2021.

Ma la valutazione dell’efficacia è stata compromessa dal metodo di analisi: non esiste un controllo appropriato per il numero di rispettivi test condotta tra i membri di ciascun gruppo (vaccinati seconda dose e terza dose); questo rappresenta una delle principali fonti potenziali di bias (di errore)dell’efficacia del richiamo contro le infezioni, poiché ci sono tutte le ragioni per credere che la coorte di richiamo (chi ha ricevuto il booster) sia  stata testata con un’intensità significativamente inferiore.

Lo studio dei dati provenienti dall’aeroporto

A seguito del test PCR all’ingresso, gli individui non vaccinati, indipendentemente dall’esito del test, sono tenuti alla quarantena per 14 giorni (o solo 7 giorni, se mostrano un altro test PCR negativo, 7 giorni dopo l’arrivo). Questo requisito di auto-quarantena non si applica agli individui vaccinati, che sono risultati negativi. Quindi, anche in questo contesto gli individui non vaccinati sono probabilmente testati quasi il doppio di quelli vaccinati.

Sono stati quindi analizzati questi dati, che consentono il calcolo del tasso di positività tra “vaccinato” e “non vaccinato”, oltre al rapporto tra il numero di casi COVID-19 rilevati e il numero di individui che entrano in Israele, in ciascun gruppo. Questi rapporti sono calcolati nel periodo che va dal 1 agosto 2021, subito dopo il lancio della campagna di vaccinazione, e per tutto il 31 ottobre 2021.

Complessivamente, ci sono stati 5.074 casi confermati su 799.633 individui vaccinati, che è un tasso di positività dello 0,63%. e ci sono stati 6415 confermati casi tra 654.952 non vaccinati che è un tasso di positività dello 0,98%. L’analisi mostra che il tasso di positività (numero di casi diviso per numero di test) tra la coorte vaccinata per tutto agosto-ottobre è solo 1,54 volte più piccolo di quello della coorte non vaccinata (circa il 35% di protezione relativa).

In particolare, rispetto al gruppo “non vaccinati”, il gruppo “vaccinato” ha un significativo tasso di positività più alto durante il mese di agosto, poi a settembre mostra un tasso di 3,45 volte più piccolo tasso di positività (71% di protezione relativa), e questa protezione si riduce a 2,66 volte (62% protezione) nel mese di ottobre. L’analisi mostra che la relativa protezione di richiamo contro l’infezione è probabile che sia significativamente inferiore alle stime iniziali di 10-11 volte riportate dal MOH, intorno al 60% nella migliore delle ipotesi. Ciò implica anche che è probabile che il numero di individui infetti nel gruppo “vaccinato” sia almeno pari a quello del gruppo “non vaccinato”, sollevando seri dubbi sul fatto che il nuovo green pass sia efficace nel prevenire la diffusione dell’infezione.

Questo studio non solo solleva dubbi in merito ai risultati della dose di richiamo, ma avanza una legittima preoccupazione.  Poiché l’attuale livello di protezione del booster di richiamo contro l’infezione è intorno al 60% nella migliore delle ipotesi e sembra essere già in calo, ne consegue che anche i vaccinati con richiamo potrebbero essere contagiati e contagiarne altri. Se i vaccinati avendo fatta la terza dose hanno la percezione di essere protetti da infezioni e non si testano più potrebbero diventare pericolosi per la trasmissione del virus.  Insomma, la “polizza” green pass con terza dose non solo non prevede la presunta protezione contro le infezioni, ma potrebbe anche avere un effetto paradossale e aumentare la diffusione del contagio.

Per altri approfondimenti, visita il sito

Fonte: https://www.nicolaporro.it/la-terza-dose-serve-cosa-dice-uno-studio-israeliano/

Cocktail vaccini, quali rischi si corrono

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Come risaputo, il nostro Circolo Christus Rex non appartiene alla schiera variegata dei “negazionisti”, dei “no mask”, dei “no vax” ed altre simili amenità. Come per ogni argomento ci sforziamo di avere un approccio realistico e critico. Ragioniamo con equilibrio, evitando le “tifoserie”, alla luce dei fatti (non delle fantasie, dei dati parascientifici o altre sciocchezze che si trovano a bizzeffe sul web) e delle circostanze, utilizzando il buon senso, accanto alla ragionevolezza ed alla Fede. Non ci piace il “nuovo mainstream del politicamente scorretto a tutti i costi”, che, spesso, è pure a fini di lucro e neppure l’utilizzo di questa particolare situazione da parte di alcuni accademici e commentatori ciarlatani, cosiddetti “di area”, che mischiano la loro conoscenza frammentaria o interessata in materia ecclesiale, per aumentare la confusione generale (generando ancor più paure) e cercare di crearsi un nome ed una nicchia. Saranno spazzati via quando il loro zelo amaro, la loro disperazione, il loro arrivismo, che li spinge addirittura a “profezie” catastrofiste verranno smentiti dalla realtà e dovranno giustificare le loro affermazioni ed i loro scritti cervellotici. Ci troveranno pronti a chieder loro conto di tutto, per il bene comune.

Ci troviamo d’accordo, nella sostanza, con l’articolo che riportiamo qui sotto. Non siamo “esperti” né “tuttologi” ma sappiamo usare la nostra testa e la nostra coscienza. Non c’è un’Autorità che si sia espressa solennemente in materia e, quindi, siamo costretti ad agire secondo Fede e Ragione, in coscienza. (N.d.R.) 

di Paolo Becchi e GiulioTarro

La storia dei vaccini ci può forse insegnare qualcosa. Pensiamo alla poliomelite con l’uso iniziale del vaccino Salk che utilizzava un virus inattivato da trattamento chimico e che fu poi sostituito dal vaccino Sabin a virus attenuato dal trattamento di centinaia di passaggi in colture di tessuto fino a perdere la capacità di superare la barriera del suo passaggio orofecale senza arrivare al sistema nervoso centrale. Ovviamente la possibilità di somministrare il vaccino per via orale ha superato subito le barriere per la sua somministrazione per i bambini in particolare del continente Africano, del Centro Sud America e del Sud est Asiatico. Ma il vaccino Sabin aveva una controindicazione: il soggetto con deficit immunitario “pari a uno su due milioni e quattrocentomila dosi”, praticamente irrisoria.

Nessuno mescolava due vaccini

Per evitare tuttavia questi casi dal 2002 nel mondo occidentale si potrebbe di nuovo usare il vaccino Salk se si ripresentasse la malattia, ma ciò non ha inciso sull’uso globale del vaccino Sabin che ha già comportato la scomparsa globale del tipo 2 e del tipo 3 dal resto del mondo con pochi casi, 5-6 rispettivamente in Afganistan e Pakistan, con previsione del loro azzeramento nei prossimi 3 anni per quanto riguarda il tipo 1 che si è rifatto vivo come vaccino orale causa di poliomielite nei casi di soggetti defedati e immunodeficitari osservati nella Siria per la guerra in corso e che non possono incidere sul dato finale di azzeramento della paralisi infantile nei prossimi 2-3 anni con completa scomparsa della malattia come avvenuto per il vaiolo.

Chi faceva questi vaccini era immune per lungo tempo e forse addirittura per sempre e immunizzava anche gli altri. Questi erano i vaccini antipolio, come si vede anche allora c’erano due vaccini diversi. Anche se entrambe le tecniche utilizzavano un virus inattivato o attenuato. Mai nessuno si sognò di mischiare i due vaccini.   

Come funzionano i vaccini anti-Covid

Veniamo alla situazione attuale. La tecnica di iniettare non un virus, ma frammenti di RNA messaggero (mRNA) è del tutto nuova, mai sperimentata in precedenza. Essa consiste nell’utilizzare una molecola speculare all’acido nucleico del virus per la produzione delle proteine costituenti la particella virale con il fine di indurre la glicoproteina spike del coronavirus, usata per i recettori ACE2 delle cellule bersaglio in modo da produrre questi antigeni nelle nostre cellule mediante l’informazione dell’mRNA. In sostanza viene stimolata la produzione di anticorpi specifici come l’immunoglobulina verso gli antigeni specifici virali per ottenere l’immunità del soggetto vaccinato. Ma non ci sono solo questi vaccini. I vaccini più tradizionali sono quelli cinesi ed indiani, a virus disattivato, ma anche il vaccino prodotto dai Russi o l’AstraZeneca utilizzano un adenovirus come vettore contenente le istruzioni per produrre la glicoproteina spike che permette al virus di legarsi alle cellule umane utilizzate dopo come fotocopiatrice per creare nuove copie di se stesso. Il nostro sistema immunitario impara a riconoscere la proteina del virus “ibrido” e meno aggressivo, conservando la memoria dell’agente incontrato.

Il caso Astrazeneca (e non solo)

Oggi molta attenzione è riservata a AstaZeneca per alcuni effetti avversi molto limitati ma incontestabili. Ma poco si dice sui nuovi vaccini a mRNA. Con questi vaccini alcune regioni del genoma del virus si legano al gene delle cellule umane. Si è sottovalutata anzitutto la possibilità di attivazione di geni umani associati a rischio di malattie autoimmuni. Inoltre, nei soggetti in età fertile l’mRNA potrebbe indurre modifiche sugli spermatogoni o sugli ovuli con prospettive di alterazioni genetiche nei feti che solo il tempo potrebbe essere in grado di escludere. Ecco perché questo tipo di vaccino dovrebbe essere sconsigliato alle donne incinte come pure dovrebbe venire sconsigliata la gravidanza fino a due mesi dopo la sua inoculazione.

I vaccini a mRNA sono quelli della Pfizer e della Moderna dove l’RNA fa da modello per produrre la proteina spike della COVID-19 e stimolano la produzione di molti anticorpi. I vaccini AstraZeneca e Reithera consistono in un adenovirus vettore delle spikes del coronavirus, mentre l’adenovirus vettore dello Sputnik Russo è di origine umana quello dell’AstraZeneca usa un virus dello schimpanzè, mentre la Reithera un virus del gorilla. Gli adenovirus usati non sono contagiosi. L’adenovirus non si replica e non provoca malattia e diffonde il gene del SARS-CoV2 nelle cellule dell’organismo dove vengono prodotte le proteine spikes riconosciute dal sistema immunitario del vaccinato come estranee, rispondendo con anticorpi umorali e cellule linfocitarie che impediscono al virus l’entrata nelle cellule del vaccinato e distruggono le cellule infette.

Abbiamo, insomma, vaccini che funzionano con due modalità molto diverse, finalizzate a sviluppare differenti aree del sistema immunitario. Ora si è deciso addirittura di sostituire per la seconda dose il vaccino AstraZeneca con i vaccini realizzati da Pfizer e Moderna, anche se il premier Draghi ha garantito libertà di scelta, dietro consiglio medico. Dopo quanto abbiamo scritto dovrebbe risultare chiaro che si tratta di una decisione rischiosa che solleva molti dubbi sotto il profilo scientifico. Mai nella storia della medicina si è vista una cosa del genere, la vaccinazione eterologa, e le ricerche pubblicate sinora sono insufficienti per numero esiguo di soggetti esaminati e per gli effetti a lungo termine dei vaccinati.

Fonte: https://www.nicolaporro.it/cocktail-vaccini-quali-rischi-si-corrono/

Stato di emergenza senza emergenza

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del Prof. Paolo Becchi

Ho già scritto, in questi mesi, che l’incubo di uno stato di emergenza senza emergenza avrebbe terrorizzato anche i più smaliziati e lucidi pensatori della nostre società contemporanee. Più “distopico” di quanto un Philip Dick avrebbe osato immaginare; più “biopolitico” di quanto Foucault si sarebbe immaginato, quando denunciava i dispositivi di governo propri delle società ormai post-disciplinari. Ebbene oggi questo incubo sta rischiando di divenire realtà, nell’indifferenza generale.
Partiamo, però, da un dato reale. Nessuno può onestamente, oggi, sostenere che esista una emergenza da Covid. I morti si contano sulle dita delle mani, le terapie intensive sono semivuote non da giorni, ma ormai da settimane. Dal punti di vista sanitario, di fatto non esiste alcuna emergenza. Certamente, il rischio esiste, nella misura in cui – come alcuni sostengono – l’epidemia potrebbe ritornare, magari con l’autunno. Potrebbe, appunto: una mera probabilità (e non si sa neppure, perché gli scienziati non sono in grado di dirlo, di che probabilità si tratti, di quale sia il rischio concreto). Ma lo “stato di emergenza” è, come la parola stessa indica, uno stato. A giustificarlo, cioè, è l’esistenza, al momento in cui lo si dichiara, di una emergenza, diciamo anche pure un pericolo: ma di un pericolo, appunto, attuale, che è cosa ben diversa dalla possibilità che, in futuro, esso potrebbe presentarsi.
La strategia del governo è chiara, e risponde ad una tendenza in atto da decenni: quella di governare attraverso uno stato di emergenza permanente, facendo valere una logica “securitaria” tale per cui l’azione governativa sarebbe legittimata, più che a risolvere le emergenze, a impedire che esse si verifichino. L’emergenza diventa permanente, allora: non perché essa ci sia realmente, ma proprio perché non c’è (perché si potrà sempre dire che senza i provvedimenti di emergenza essa si verificherebbe – prova, ovviamente, impossibile da dare)! Ma in questo modo, ovviamente si finisce per rendere privo di significato lo stesso istituto giuridico della dichiarazione di uno stato di emergenza, il quale ha senso solo in quanto questo rimanga l’eccezione, e non divenga la regola.
Dal momento che la cosa sembrava ormai troppo sporca, si è deciso di coinvolgere il Parlamento – bypassato, invece, la prima volta. Il che è contradditorio, nuovamente: perché se davvero fossimo in una situazione di emergenza, che per definizione richiede un intervento immediato, non ci sarebbe certo il tempo per calendarizzare e discutere la questione, mentre i morti aumentano. Se il Governo si può oggi permettere il siparietto parlamentare, la democratica discussione in aula, è proprio perché lo stato di emergenza, di cui chiede la proroga, non c’è più. Continua a leggere

Ma al Carroccio non converebbe ritirare la sfiducia?

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Premesso che, se ci fosse la certezza del voto prima possibile dopo la sfiducia, noi saremmo più che favorevoli sostenitori del “fronte sovranista”, riteniamo opportuno considerare quanto espresso dal Prof. Becchi su Libero:

di Paolo Becchi su Libero, 15/08/2019

Possiamo trarre qualche insegnamento da quello che sta succedendo intorno a questa crisi politica dalla quale sembra impossibile uscire?

La prima considerazione da fare è che la politica, contrariamente a quello che si pensa, non è una scienza, ma un’arte. E l’arte più che di razionalità vive di emozioni, a volte anche poco o per nulla razionali. Ecco, si parla tanto delle più diverse forme della democrazia, ne possiamo aggiungere una nuova: la democrazia delle emozioni, che ti fa vivere una crisi di governo come se si trattasse di una partita di calcio. Nel caso specifico il gioco pare continuare perché l’arbitrio non è che non voglia ma proprio non può fischiare la fine della partita. Una situazione surreale.

L’attuale governo si fonda su un matrimonio politico – e siamo di nuovo alle emozioni – tra due forze molto diverse, ma entrambe “anti sistema”. Il rapporto si logora – inutile dire per colpa di chi, nelle separazioni la colpa non sta quasi mai da una parte sola – e una parte decide – d’improvviso, ma in realtà dopo molti dubbi – di divorziare. C’è una buona occasione da utilizzare. Perché non provarci? E allora ci prova.

E qui però le cose si complicano perché il divorzio non è consensuale. E quando non c’è consenso volano gli stracci con insulti da ambo le parti.

L’ARROCCO

Questo però è un matrimonio politico su cui si regge un governo, per sua costituzione, parlamentare e così quando si rompe qualcosa gli altri non stanno semplicemente a vedere. Ed è quello a cui abbiamo assistito: il “ritorno dei rimossi” avrebbe detto Freud. Renzi per il centrosinistra, Berlusconi per il centrodestra. Per poco più di un giorno sembrano risuscitare, per poco più di un giorno la Terza Repubblica torna a diventare la Seconda. Centro sinistra centro destra: i due calvi si contendono di nuovo l’uso del pettine. Ma si tratta di un fuoco di paglia.

Con una abile mossa Salvini si salva per un soffio sull’orlo del baratro: un governo di legislatura di centro sinistra tra M5S e Pd e rimasugli vari. Ma il problema – come bene ha sottolineato ieri il direttore responsabile Senaldi – è stato solo congelato. Perché il voto dell’altro ieri ha fatto capire a tutti che una maggioranza alternativa a quella attuale numericamente c’è – e forse potrebbe essere ancora più ampia – e di questo il Presidente della Repubblica non potrà non tener conto nel caso in cui Conte fosse sfiduciato. Appunto, la sfiducia… ma conviene davvero a Salvini non ritirarla come gli chiedono i grillini?

Il ferragosto sia una occasione per riflettere sulla prossima mossa: quella del cavallo non è risolutiva. A volte è utile l’arrocco.

fonte – https://paolobecchi.wordpress.com/2019/08/16/ma-al-carroccio-non-converebbe-ritirare-la-sfiducia/

La mossa dei magistrati può trasformarsi in assist per Salvini

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del Prof. Paolo Becchi

Chi decide la politica dell’immigrazione in Italia? Il governo o la magistratura? La domanda, viste le vicende degli ultimi giorni, non è retorica, né peregrina. La procura di Agrigento ha, anche per la Sea Watch, agito di nuovo forzando la mano, disponendo il sequestro della nave allo scopo di farne scendere i migranti e rendere così vane le disposizioni del Ministro dell’interno che voleva impedire l’ennesimo sbarco. Il tutto palesemente per dimostrare ai cittadini l’impotenza di un Ministro. Che questo ministro sia Salvini, che le sue politiche possano piacere o non piacere, che alcune delle leggi approvate o in via di approvazione da parte del suo governo possano presentare rischi di incostituzionalità, non dovrebbe, a rigore, contare politicamente proprio nulla. Il punto è un altro.

È che dovremmo chiederci – indipendentemente dalle diverse opinioni politiche su Salvini – se la Magistratura in questo Paese possa continuare a fare ciò che fa da almeno venticinque anni: vale a dire, servirsi dei propri poteri – di natura giudiziaria – per scopi chiaramente politici. Continua a leggere

Privato della sua dignità, trattato come un delinquente per aver divulgato notizie scomode al potere. Così Assange passa da una cella all’altra

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di Paolo Becchi su Libero, 12/04/2019


L’arresto di Assange è solo la prosecuzione della lenta distruzione fisica e psichica di un uomo colpevole solo di aver fatto il suo lavoro: quello del giornalista, del reporter che scopre notizie vere ma inquietanti che nessuno avrebbe mai rivelato e le ha rese pubbliche. Stiamo parlando dei 400mila file divulgati da Wikileaks che proverebbero crimini di guerra in territorio iracheno da parte della coalizione militare a guida statunitense e delle mail compromettenti di Hillary Clinton.

Non vogliamo qui ricostruire la sua intera vicenda, le accuse infamanti di violenza sessuale fatte dagli svedesi – accuse false e non a caso in seguito ritirate – e poi l’accusa sicuramente più pesante, quella di aver rivelato notizie compromettenti per gli Stati Uniti. Assange godeva del diritto d’asilo nell’ambasciata ecuadoriana a Londra grazie all’intervento dell’ex presidente dell’Ecuador Rafael Correa. Per diversi anni è vissuto come un recluso, libero per modo di dire, ma se non altro riusciva ancora a comunicare con l’esterno, almeno finché i funzionari ecuadoriani, con un pretesto e sotto forte pressione statunitense, non hanno interrotto il suo accesso a internet e vietato ogni visita.

Il cambiamento del presidente in Ecuador ha rappresentato per lui il colpo di grazia. Continua a leggere

Manifesto sovranista

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Uno spettro s’aggira per l’Europa: lo spettro del sovranismo.

Tutte le potenze della vecchia Europa si sono alleate in una caccia spietata contro questo spettro: Bergoglio e Draghi, Macron e Merkel, radical chic socialisti e falsi popolari. Per la prima volta, le prossime elezioni europee vedranno la contrapposizione tra i difensori di questa vecchia Europa e le forze politiche sovraniste che stanno avanzando in tutti i Paesi e che lottano per una nuova Europa. Il sovranismo è ormai riconosciuto come potenza dalle potenze europee. È pertanto giunto il tempo che i sovranisti espongano apertamente il loro modo di vedere e i loro scopi e che alla fiaba dello spettro contrappongano un Manifesto sovranista.

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Chiarire, allora, che cosa è il “sovranismo”, che cosa oggi rappresenti, è un compito essenziale, se si vuole evitare di incorrere negli errori che la propaganda globalista contro di esso cerca di alimentare.

Il sovranismo vuole recuperare margini di sovranità nei confronti di una Unione europea, che è diventata un “comitato d’affari” delle lobbies economiche e finanziarie mondiali, ma recuperarli non semplicemente per riaffermare i diritti degli Stati-nazione, bensì per promuovere, finalmente, i diritti dei popoli europei. Continua a leggere

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