La politica economica non può servire due padroni

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Questo articolo, scritto nel 2017, è ancora attualissimo, tanto da sembrare scritto in questi giorni… (n.d.r.)

di Paolo Savona

In Germania l’inflazione ha raggiunto la soglia del 2% fissata come obiettivo della politica monetaria europea e il nervosismo dei tedeschi nei confronti della BCE va crescendo. Essi scoprono, invero con troppo ritardo, che una moneta unica tra paesi che presentano profonde diversità economiche non può funzionare, perché la stessa politica monetaria non può servire due padroni: se è accondiscendente per fronteggiare le difficoltà dei paesi a minor crescita e minore inflazione, danneggia i paesi che crescono di più e con essa i prezzi. Se la politica monetaria sceglie una via intermedia, come accadrà per salvare capre e cavoli, scontenterà entrambi. Nell’Euroarea il problema andava affrontato fin dall’inizio con politiche volte a rimuovere i divari di produttività, come ha fatto la Germania all’atto della riunificazione tra Ovest ed Est; essa ha però negato che la stessa politica fosse necessaria per tutti i paesi aderenti all’euro, per propiziare la coesione dell’area. Per colmare il vuoto ha sostenuto e ottenuto una politica centrata sulle limitazioni all’uso della politica fiscale, restata di competenza dei singoli paesi, e sulle “riforme”, che nel breve periodo hanno effetti deflazionistici aggiuntivi rispetto a quelli dovuti alle diverse condizioni socio-politiche esistenti tra paesi. Se la logica di un accordo internazionale è che il più debole soccombe al più forte, essa comporta l’accettazione di politiche di foggia coloniale o, prima o dopo, la sua disintegrazione. Gli Stati Uniti nel dopoguerra lo avevano capito e avevano agito di conseguenza.

Poiché i Trattati dell’Unione Europea non prevedono come regolare la fattispecie della colonia o della dissoluzione – ossia non hanno un Piano B, né intendono approntarlo – le conseguenze saranno disastrose, come testimoniano nel loro piccolo le difficoltà che incontra l’attuazione della Brexit. Immaginate che cosa succederebbe per la dissoluzione dell’euro, i cui meccanismi di debito e credito sono studiati per essere irreversibili, pur non potendolo essere.
Come i gruppi dirigenti intendano affrontare le drammatiche lacune dei trattati europei resta un mistero. Un pericoloso mistero. Si moltiplicano i suggerimenti di stare o uscire dall’euro, non solo da parte dei leader dei partiti che campano su questa ipotesi senza alcuna idea di ciò che possa accadere se si verificasse; come pure vengono avanzati calcoli parziali di quanto si guadagna o si perde considerando un aspetto del più vasto problema di quale economia e quale società si intende rispristinare in alternativa a quella che abbiamo: il debito pubblico e il saldo del Target 2 (il sistema dei debiti e crediti tra Stati) da pagare, la svalutazione del cambio che risulterebbe, gli effetti sull’inflazione e sulla crescita. Tutto viene presentato con argomenti non per indicare una soluzione, ma per seminare terrore tra i cittadini elettori, trovandoli indifferenti, se non proprio rafforzando la loro sfiducia nei confronti dell’euro e dell’Europa.

Nonostante ciò cresce l’avversione a chiamare il popolo ad assumersi le responsabilità delle scelte invece di affidarle a menti elette, che non hanno mostrato d’essere tali. Come fatto da Tsipras in Grecia, mentre in Italia si continua a ritenere inutile e pericoloso indire le elezioni. Non c’è dubbio che il popolo abbia le sue ignoranze e i suoi difetti, ma che essi siano rafforzati dai comportamenti dei gruppi dirigenti ovunque siano situati lo è altrettanto. Pigliamo come esempio, in quanto facile da comprendere, quello del nostro bilancio pubblico 2017. Esso è stato confezionato in vista del referendum con piccole concessioni a destra e a manca, più per raccogliere consensi che per stimolare l’economia, che avrebbe bisogno di ben altri trattamenti. Visto che chiedevamo flessibilità e poiché comprendevano le motivazioni politiche, la Commissione non si è opposta, ma aveva avvertito che avrebbe fatto una verifica a marzo. Il referendum non è andato come avevano sperato a Roma e a Bruxelles e quello era il momento per correggere gli squilibri di bilancio. Invece il Presidente della Repubblica ha pregato il Presidente del Consiglio di stare in carica fino all’approvazione del bilancio che la Commissione aveva avvertito non andasse bene, giusto o sbagliato che fosse, e il Parlamento l’ha affrettatamente approvato. Subito dopo la Commissione ha chiesto all’Italia un aggiustamento del deficit pubblico di 3,4 mld di euro, lo 0,2% del PIL, ed è in corso una negoziazione per correggere gli errori precedenti, ormai divenuti legge. Il risultato è che verranno aumentate le tasse dopo avere aumentato le spese, rafforzando la disistima dei cittadini verso le istituzioni europee e italiane, nonché le spinte deflazionistiche; queste sono dovute più alla sfiducia di come si governa che alla realtà delle cose, pur sempre in movimento negativo.

Le complicazioni internazionali infatti aumentano, l’economia e la sicurezza ne patiscono. Occorre maggiore cautela. Una riposta chiara su che cosa si intenda fare diviene indispensabile. Chiunque voglia darla. Purché sia diversa da quella che quotidianamente ci viene propinata. Se si parla chiaramente ai cittadini elettori di fronte a quali problemi ci troviamo e che cosa si intende fare per risolverli, essi capiranno. Affinché però questa comunicazione abbia un senso, i primi a capire devono essere i gruppi dirigenti interni, europei ed esteri, che ci sembra l’anello mancante per il recupero delle speranze che stanno alla base del consenso. Altrimenti l’arancia meccanica non invertirà il moto intrapreso.

Fonte: https://scenarieconomici.it/la-politica-economica-non-puo-servire-due-padroni-%EF%BB%BFdi-paolo-savona/

Attenzione, l’EUropa è obbligata ad istigare un golpe in Italia entro fine 2018

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L’EU è in crisi esistenziale. Soprattutto a causa delle enormi bugie dette in passato con il fine non di aiutare i vari paesi ad uscire dalla crisi ma piuttosto di perpetrare il potere in mano all’asse franco tedesco, con lo scopo di creare un mostro sovranazionale – l’EU – in grado di sostituirsi a termine agli USA in EUropa, asservendosi agli interessi dell’asse dominante. Un piano che data dalla fuga dei nazisti in Sud America 75 anni fa; la rivincita, come se fosse stato rinviato a tempi più propizi.

Il problema reale è che l’austerità imposta ai periferici dal 2009 NON ha funzionato e non funziona, serve solo per drenare ricchezza dalla periferia al centro (gli USA ad esempio crescono del 4% facendo il perfetto contrario). Esempio da manuale la Grecia: lo stesso FMI ha riconosciuto che l’austerità ha fatto danni in Grecia, che “si sono sbagliati” a fare i conti, che il moltiplicatore fiscale è stato stimato male con il risultato di far crollare l’economia ellenica pur senza ridurre il debito (è passato dal 140% nel 2010 a circa il 175% attuale, senza prospettiva di ridurlo drasticamente per i prossimi 20 anni almeno). Continua a leggere

L’autunno caldo, lo spread e l’obiettivo di far cadere il Governo

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Esistono naturalmente una serie di pressioni perché i cinquestelle rompano con la Lega, maggiormente temuta – almeno oggi – dalle élite euriste, sia per le sue posizioni dure sull’immigrazione e sia per il suo evidente euroscetticismo. Del resto, fu proprio la Lega a insistere perché Paolo Savona andasse al MES. E non è un caso che, a capo delle commissioni bilancio di Camera e Senato, ci siano due euroscettici di eccezione: Claudio Borghi e Alberto Bagnai. Insomma, questo Governo è quanto di più distante esista dal religioso eurismo che ci ha governato in questi ultimi venti anni (il peggiore dei quali sicuramente è quello subito nell’ultimo scorcio dell’ultima legislatura berlusconiana e nella passata legislatura).

Proprio per questa ragione, in tanti tifano per la rottura tra M5S e Lega, sognando il ribaltone, con un M5S rimaneggiato e più accondiscendente verso le politiche euriste. Le ragioni – si ribadisce – sono l’atteggiamento di totale chiusura nei confronti dei flussi migratori di massa dal continente africano e l’euroscetticismo. Entrambi mettono i bastoni fra le ruote al progetto di deflazione salariale e alla dissoluzione degli Stati nazione, in favore della sovrastruttura europeista. Eccoli dunque che agitano lo spauracchio razzista e nazionalista, per cercare di indurre l’opinione pubblica a credere che la strada intrapresa dall’attuale Governo di scontro con l’Unione Europea sia la peggiore e la più pericolosa per i destini del popolo italiano. Continua a leggere

Governo, Paolo Savona: gruppi dominanti sconfitti vogliono far fallire governo

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Governo,Paolo Savona: gruppi dominanti sconfitti vogliono far fallire governoGoverno, Paolo Savona: piano da 50 miliardi per far ripartire il Paese

“Per uscire dalla crisi sono necessarie politiche complesse, che coinvolgono i comportamenti di tutti i cittadini. Purtroppo manca un dibattito serio sull’argomento. Per ora mi limito a parlare di propiziare una ripresa per il secondo semestre 2018 e l’intero 2019, per rovesciare la tendenza recessiva in atto dell’economia italiana. L’idea e’ di avviare investimenti privati e pubblici per 50 miliardi”. Cosi’ il ministro degli Affari Europei, Paolo Savona, in un’intervista rilasciata al quotidiano L’Unione Sarda. “Sulla base della conoscenza esatta di questa spesa – spiega Savona – i centri ufficiali come Istat, Banca d’Italia, Ministero dell’Economia devono calcolare l’effetto moltiplicativo sul Pil. In questo caso la crescita del Pil sarebbe nell’ordine dei 75/100 miliardi di euro, con un gettito tributario di 37/50 miliardi aggiuntivi, che potrebbero finanziare un soddisfacente avvio dei provvedimenti previsti dal Contratto di governo, rispettando i vincoli europei e quelli derivanti dalla logica economica elementare. Sono contrario a un atteggiamento passivo verso la crisi”. Sulle polemiche per le posizioni dell’economista cagliaritano, 81 anni – che domani sera sara’ a Porto Cervo, in Costa Smeralda, per presentare il suo libro ‘Come un incubo e come un sogno’, con Bruno Vespa – scoppiate durante la formazione del governo, puntualizza: “Sono stato e vengo condannato, lo dico tra virgolette, non per le idee che porto ma per le idee che si ritiene che io porti. Sarebbe gia’ stato grave se lo fossi stato per le mie idee, e’ vergognoso che cio’ sia accaduto per le idee che altri mi hanno liberamente attribuito”. Quindi una denuncia: “Vi e’ un tentativo dei gruppi dominanti sconfitti alle elezioni del 4 marzo – dichiara Savona a L’Unione Sarda – di causare una crisi del nostro debito pubblico, per far fallire l’esperimento del Governo in atto. Hanno messo in campo tutti i mezzi e gli opinion leader al loro servizio per propiziare l’evento, senza indicare le alternative simili a quelle che ho indicato io”.

Fonte: http://www.affaritaliani.it/politica/palazzo-potere/governo-paolo-savona-piano-da-50-miliardi-per-far-ripartire-il-paese-556511.html Continua a leggere

Savona, il piano A – Europeista

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Segnalazione del Blog di Maurizio Blondet

SAVONA, IL PIANO A – EUROPEISTA

Nei primi due mesi da ministro degli affari europei Paolo Savona ha svelato i punti su cui concentrerà le prossime trattative a Bruxelles: trasformare la BCE in prestatore e garante dei debiti pubblici dell’eurozona e realizzare una sorta di nuovo piano Marshall da 50 miliardi l’anno. Due misure radicali che farebbero evolvere l’eurozona e la stessa UE in un qualcosa …

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Messaggio del Ministro Paolo Savona a Confindustria

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Risultati immagini per Ministro Paolo Savonadel Ministro per gli Affari Europei Paolo Savona

Signor Presidente della ConfindustriaSignore e Signori,

la data del 27 giugno, giorno antecedente al Consiglio d’Europa, si è mostrata un ostacolo all’adempimento del mio impegno di partecipare a questo incontro. In questo stesso momento mi trovo alla Camera per raccogliere la volontà dei Deputati sulla posizione che il Governo, tramite il suo Presidente, assumerà nel prossimo vertice del 28-29.

Nondimeno desidero che giunga a questo consesso, insieme alle mie scuse per l’involontaria assenza, un mio breve messaggio.

1° Il Capitolo 2 del Rapporto sul “Come e perché rafforzare l’Europa” è la migliore più recente analisi che ho letto in argomento. Ho temuto che in Italia non si potesse neanche discutere di questo argomento e la lettura del documento mi ha rasserenato e incoraggiato ad affrontare i problemi in discussione a Bruxelles uscendo dal contingente e inquadrandoli nella necessità e urgenza di mutamenti dell’architettura istituzionale dellUE. Congratulazioni quindi agli autori del Capitolo e alla Presidenza che ha voluto questo incontro-dibattito.

2° Il primo, il terzo e il quarto blocco dell’Introduzione contengono una sintesi dei contenuti delle materie europee che attendono d’essere regolate. Sono perciò un’ottima agenda delle scelte che devono essere fatte. Ovviamente non significa che concordo con tutte le iniziative proposte come soluzione, ma se siamo d’accordo sugli obiettivi, sugli strumenti tecnici si può trovare un accordo. Continua a leggere

Fermate l’Italia, voglio scendere

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di Roberto Pecchioli

Fermate l’Italia, voglio scendere

Fonte: Ereticamente

Fermate l’Italia, voglio scendere. Uno dei problemi, invecchiando, è non riuscire più a comprendere ciò che vediamo. Sfuggono dalle mani i codici per decifrare la realtà nuova, ci si sente estranei, inadeguati e si finisce per rinchiudersi in se stessi. Se la vedano “loro”, noi rimaniamo spettatori di fatti che accadono nostro malgrado e di cui non sappiamo individuare senso o direzione. Come assistere a un film bengalese in lingua originale. Per questo siamo in tanti a voler scendere.

L’Italietta è diventata Italiaccia. Per un paio di giorni abbiamo avuto tre governi. Quello in carica “per il disbrigo degli affari correnti”, come recita la formula ampollosa e sottilmente umoristica del protocollo ufficiale, quello “del presidente” di Carlo Cottarelli, funzionario del Fondo Monetario Internazionale, nonché quello sgradito a tutte le oligarchie, capitanato dal professor Conte con la partecipazione del bieco bolscevico, fascista e anti europeo Paolo Savona. La formazione gesuitica del capo dello Stato ha permesso di riesumare una categoria teologica caduta nell’oblio, quella dei peccati commessi con pensieri, parole, opere e omissioni. Il processo alle intenzioni del diabolico ottuagenario Savona, pronto ad uscire dall’euro in 48 ore nette (?!) ha tuttavia consentito agli italiani di vederci più chiaro.

Il buon Mattarella si è presentato al popolo per rivendicare lo stop a Savona nel nomedei Mercati, rivelando – santa ingenuità – di chi è garante e presidente. Il commissario europeo con passaporto tedesco, HerrOettinger, colto anch’egli da un attacco di sincerità, ha ringhiato che ci penseranno i Mercati (sempre con la maiuscola!) a insegnare agli italianuzzi, piccoli, neri, sporchi e fetenti a votare come si deve. Persino Juncker, forse tradito dalla birra belga, ha rivelato apertisverbis quanto gli stiano sulle scatole gli abitatori dello Stivale, fannulloni, mantenuti, corrotti (verissimo, ma in affollata compagnia) e tante altre cose. Continua a leggere

NON POSSONO ESSERE LA UE O ALTRI GOVERNI STRANIERI A DECIDERE QUALI MINISTRI DEBBA AVERE L’ITALIA

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Scritto e segnalato da Antonio Socci, “Lo Straniero”

Il film che va in onda in questi giorni ha dell’incredibile. La Germania lamenta le intollerabili interferenze degli elettori italiani (tramite Lega e M5S) nella formazione del nuovo governo di Roma a cui – a quanto pare – provvedono da Berlino, come si fa con una colonia.

Infatti da Berlino fanno sapere che non tollerano ministri a loro sgraditi. E’ tutto alla luce del sole, basta leggere i giornali.

E’ scandalizzata la Frankfurter Allgemeine Zeitung” per l’insubordinazione degli italiani verso i tedeschi: “L’Italia vuole un nemico della Germania al governo”.

Dove per “nemico della Germania” s’intende semplicemente un economista che vuole difendere l’interesse nazionale italiano ed è critico con la prepotenza tedesca. Dobbiamo stare, da sudditi, sotto lo stivale teutonico e baciarlo pure?

La “Sueddeustche Zeitung” esalta esplicitamente Mattarella che – a loro dire – starebbe subendo l’assedio degli elettori italiani: “mai prima d’ora un presidente della Repubblica è stato messo così sotto pressione come in questi giorni dai due partiti” i quali “si ostinano sul nome dell’eurocritico radicale Paolo Savona”.

A sentire loro non è la UE, specie i tedeschi, a esercitare una intollerabile pressione su un Capo di Stato italiano, ma a premere indebitamente sarebbero i partiti più votati dagli italiani che semplicemente fanno il governo in base alla Costituzione. Come se Mattarella fosse al Quirinale per rappresentare la UE (cioè la Germania).

Ma è possibile che Mattarella invece di riconoscere la volontà degli elettori italiani si faccia portavoce dei diktat che arrivano da Berlino?

Si spera che non sia così. Ma si capisce bene quello che sta accadendo quando si legge il quirinalista della “Stampa” Ugo Magri – molto mattarelliano – il quale scrive: “è certo che Mattarella abbia sollevato il caso del nuovo libro di Savona che dà fondo a tuti i sentimenti anti-germanici del suo autore, e accusa i tedeschi di mire egemoniche paragonabili a quelle hitleriane”.

E c’è da riflettere quando Matteo Salvini dice: “E’ pazzia, è pura follia far saltare tutto perché Paolo Savona non piace alla Merkel, perché ha osato criticare la Germania in un suo libro”.

Col pieno e significativo sostegno di Giorgia Meloni, in questa battaglia per l’indipendenza nazionale, Salvini ha giustamente tuonato: “Giornali e politici tedeschi insultano: italiani mendicanti, fannulloni, evasori fiscali, scrocconi e ingrati. E noi dovremmo scegliere un ministro dell’Economia che vada bene a loro? No, grazie! Prima gli italiani”.

Salvini ragiona col buon senso e con la dignità che dovrebbe avere ogni leader politico, come se fossimo in un Paese dove il popolo italiano è ancora sovrano, secondo l’articolo 1 della Costituzione.

Ma evidentemente in questi anni in Italia si è silenziosamente dimenticato il pilastro della Costituzione – definendolo sprezzantemente sovranismo – e si è lasciato che gli stranieri spadroneggiassero.

Così ora la Germania si sente in diritto darci ordini. E la tecnocrazia della UE, nei giorni scorsi, si è sentita in diritto di lanciare all’Italia i suoi avvertimenti preventivi.

Senza che le più alte cariche dello Stato si siano sentite in dovere di difendere la dignità e l’indipendenza dell’Italia che fra l’altro è una delle maggiori potenze industriali del mondo.

Per nessun paese europeo si è vista una tale interferenza straniera (per non dire delle insolenze che la stampa tedesca rovescia su di noi).

Anzi, Mattarella, invece di insorgere per queste intollerabili ingerenze di UE e Germania, sembra farsi loro portavoce e – rovesciando la frittata – accusa di imporre “diktat” non le potenze straniere e l’UE, ma la Lega che semplicemente – in base al voto ricevuto dagli italiani – ha indicato Paolo Savona per il ministero del Tesoro.

Sembra la situazione descritta dal Manzoni nei “Promessi sposi”. Dopo il prepotente diktat di don Rodrigo – che tramite due bravi aveva ordinato: “questo matrimonio non s’ha da fare” – don Abbondio cominciò a inventare scuse, rifiutandosi di sposare Renzo e Lucia per obbedire all’arrogante signorotto.

I due giovani escogitarono così un modo per aggirare l’incomprensibile veto del pretino pauroso, ma don Abbondio scatenò il finimondo accusando di prepotenza Renzo e Lucia.

Il Manzoni commenta:

“In mezzo a questo serra serra, non possiam lasciar di fermarci un momento a fare una riflessione. Renzo, che strepitava di notte in casa altrui,
che vi s’era introdotto di soppiatto, e teneva il padrone stesso assediato in una stanza, ha tutta l’apparenza d’un oppressore; eppure, alla fin de’ fatti, era l’oppresso. Don Abbondio, sorpreso, messo in fuga, spaventato, mentre attendeva tranquillamente a’ fatti suoi, parrebbe la vittima; eppure, in realtà, era lui che faceva un sopruso. Così va spesso il mondo…”.

E’ ormai chiaro che qui c’è in gioco molto più di un semplice ministero e molto più di una riforma della UE come quella prospettata da Savona (tutti gli esperti, consapevoli della situazione, sanno che occorre cambiare), ma c’è in gioco la nostra stessa sovranità nazionale.

Mattarella rischia di assumersi la gravissima responsabilità non solo di affondare un governo, ma anche di trascinare la presidenza della repubblica nella contesa politica e quindi in una gravissima crisi istituzionale.

Una volta che il Quirinale entra nella contesa politica qualcuno potrebbe perfino sostenere che si sta sottomettendo lo Stato italiano al diktat di potenze straniere.

Come presidente Mattarella ha giurato con queste parole: “Giuro di essere fedele alla Repubblica e di osservarne lealmente la Costituzione”. Lui sa bene che ciò significa fedele alla Repubblica italiana e non a quella tedesca. Sa bene di dover essere custode della Costituzione italiana non dei voleri della Merkel.

Come ha detto un economista francese (peraltro europeista) la Germania, dopo aver distrutto l’economia in Europa, sta rischiando di distruggere anche la democrazia. Loro “consentono” di cambiare i governi, ma mai le politiche. E questo – lamenta quell’economista – segnerà la fine dell’euro.

Antonio Socci

Da “Libero”, 27 maggio 2018

Nella foto: Silvestro Lega, Bersaglieri con prigionieri austriaci nelle guerre d’indipendenza (1861)

Facebook: “Antonio Socci pagina ufficiale”

Twitter: @AntonioSocci1

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Italia: la Repubblica dei Gattopardi tra Mattarella & Napolitano

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1507813978677.jpg--sergio_mattarella__giorgio_napolitanoScritto e segnalato dal dott. Giuliano Marchetti (Direttore Agenzia Consull Press di Roma)

RITI  & VETI RIPETITIVI,  nel refrain di carillon usurati dal tempo e da una partitocrazia malata

Raffronti tra “vecchi” presidenti: Mattarella & Napolitano

Sabato 25 maggio (A.D. 2018) il Presidente della Repubblica SERGIO MATTARELLA ha posto il proprio veto al Premier incaricato Prof. Giuseppe Conte sul nome del Prof. PAOLO SAVONA quale responsabile del M.E.F. ….. così come in precedenza (A.D. 2014) l’allora Presidente GIORGIO NAPOLITANO si comportò analogomente  per lo stesso prestigioso Dicastero di via XX Settembre,  con l’allora Premier incaricato Matteo Renzi

Non si tratta di riferimenti occasionali o fantasiosi, poiché quanto ora evidenziato era già stato puntualmente esposto su questa testata (*1), prendendo spunto dalla “riconfermazione” al Quirinale del “Presidente-RE”, contrabbandando con una farsesca operazione parlamentare (in ossequio ad una presunta Vox Populi) l’incapacità della demo-partitocrazia a varare un nuovo Governo con Bersani, a quel tempo osteggiato dai Grillini Furiosi. Continua a leggere

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