La via alla vera pace secondo Pio XII

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Riceviamo e pubblichiamo questo interessante articolo del Prof. De Mattei, che ci vede concordi, sebbene con posizioni dottrinali differenti (n.d.r.)

del Prof. Roberto De Mattei

Tra gli anniversari che ricorrono nel mese di ottobre c’è quello dell’enciclica di Pio XII Summi Pontificatus, pubblicata il 20 ottobre 1939, la prima e una delle più importanti del suo pontificato.

Il cardinale Eugenio Pacelli era stato elevato al soglio di Pietro, con il nome di Pio XII, il 2 marzo del 1939. Per temperamento e vocazione, Pio XII era un uomo di pace. Il suo stemma mostrava una colomba con un ramo d’ulivo e il suo motto indicava la pace come frutto della giustizia: Opus justitiae pax (Is. 34, 17).  E il primo messaggio inviato via radio a tutto il mondo fu dedicato a: La pace, dono di Dio desiderato da tutti gli uomini retti, frutto dell’amore e della giustizia“.

Pio XII invocava la pace perché il mondo era alla vigilia della guerra. Egli, scrive uno dei suoi biografi, “ricevette la tiara come se fosse un elmetto, perché l’Europa era in armi“.

Nella conferenza di Monaco del settembre 1938 Hitler si era formalmente impegnato a garantire l’incolumità dello stato cecoslovacco. Ma il 15 marzo 1939, pochi giorni dopo l’incoronazione del Papa, il dittatore nazista violò gli accordi di Monaco e invase la Ceco-Slovacchia, annettendo Boemia e Moravia al Reich tedesco. La posizione della Francia e della Gran Bretagna nei confronti di Hitler, che a Monaco era stata cedevole, da questo momento cambiò: le due nazioni decisero di impegnarsi a proteggere la Polonia.

Il 23 agosto 1939 i ministri degli Esteri sovietico Molotov e tedesco Ribbentrop firmarono un trattato di non aggressione accompagnato da un protocollo segreto che prevedeva la spartizione della Polonia e la divisione dell’Europa orientale in due sfere d’influenza:

Il 1° settembre dello stesso anno, dopo il rifiuto polacco di concedere a Hitler il “corridoio” di Danzica, l’esercito tedesco invase la Polonia. Due giorni dopo, il 3 settembre, Gran Bretagna e Francia dichiararono guerra alla Germania.

La Seconda guerra mondiale era iniziata. Un conflitto che non conosceva frontiere e coinvolgeva i civili di tutto il mondo, con un bilancio spaventoso di più di sessanta milioni di morti ma soprattutto di milioni di vittime spirituali e morali.

Poche settimane dopo l’inizio della catastrofe, il 20 ottobre, Pio XII, pubblicò l’enciclica Summi Pontificatus, in cui non si limitò a deplorare la guerra ma ne indicò con chiarezza le cause. Pio XII affermava: “Il tempo presente, venerabili fratelli, aggiungendo alle deviazioni dottrinali del passato nuovi errori, li ha spinti a estremi, dai quali non poteva seguire se non smarrimento e rovina. Innanzitutto è certo che la radice profonda e ultima dei mali che deploriamo nella società moderna sta nella negazione e nel rifiuto di una norma di moralità universale, sia della vita individuale, sia della vita sociale e delle relazioni internazionali; il misconoscimento cioè, così diffuso ai nostri tempi, e l’oblio della stessa legge naturale.

Questa legge naturale trova il suo fondamento in Dio, creatore onnipotente e padre di tutti, supremo e assoluto legislatore, onnisciente e giusto vindice delle azioni umane. Quando Dio viene rinnegato, rimane anche scossa ogni base di moralità, si soffoca, o almeno si affievolisce di molto, la voce della natura, che insegna, persino agli indotti e alle tribù non pervenute a civiltà, ciò che è bene e ciò che è male, il lecito e l’illecito, e fa sentire la responsabilità delle proprie azioni davanti a un Giudice supremo”.

Sono parole da meditare in tempi, come quelli in cui viviamo, in cui il rinnegamento della legge naturale è arrivato al punto di negare l’esistenza stessa di una natura umana, attraverso teorie e pratiche abominevoli come quella del gender.

Ma Pio XII va più a fondo. “La negazione della base fondamentale della moralità – dice – ebbe in Europa la sua originaria radice nel distacco da quella dottrina di Cristo, di cui la cattedra di Pietro è depositaria e maestra; dottrina che un tempo aveva dato coesione spirituale all’Europa, la quale, educata, nobilitata e ingentilita dalla croce, era pervenuta a tal grado di progresso civile da diventare maestra di altri popoli e di altri continenti”. 

Per ottenere la pace, la vera pace, che è la tranquillità dell’ordine, la vita nazionale e internazionale – afferma Pio XII – deve fondarsisulla roccia incrollabile del diritto naturale e della divina rivelazione”.  Non c’è altra strada possibile. “La rieducazione dell’umanità, se vuole sortire qualche effetto, deve essere soprattutto spirituale e religiosa: deve, quindi, muovere da Cristo come da suo fondamento indispensabile, essere attuata dalla giustizia e coronata dalla carità”.

Questo insegnamento costituì l’asse del pontificato di Pio XII e ha un valore perenne. Le generiche deplorazioni della guerra i generici appelli alla pace non sono sufficienti. Solo il rispetto della legge naturale e la conversione a Cristo potrà restituire pace al mondo e gloria alla Chiesa, che potrà tornare ad essere, la civitas supra montem posita, la “città posta su un colle”, la roccia incrollabile, contro cui si infrange invano la furia delle onde marine.

 

DISCORSO DI SUA SANTITÀ PIO XII ALLE LAVORATRICI DELLA CASA

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di Sua Santità Papa Pio XII, Basilica Vaticana – Domenica, 19 gennaio 1958

Il paterno benvenuto che vi diamo, dilette figlie Lavoratrici della casa, vuol essere la conferma dell’assidua premura che Noi dedichiamo alla vostra categoria, più volte dimostratavi, ora accogliendovi con vivo gradimento alla Nostra presenza, ed ora esponendo il Nostro pensiero sul vostro lavoro, come facemmo parecchi anni or sono, nel corso di tre distinte Udienze concesse ai novelli Sposi, nelle quali illustrammo ampiamente in che modo il senso cristiano debba animare i rapporti tra padroni e domestici (cfr. Discorsi e Radiomessaggi, vol. IV, pagg. 151-158165-173177-184). Che anzi anche più di recente rivolgemmo nuovamente la parola ad un numeroso gruppo di lavoratrici della vostra categoria (cfr. Discorsi e Radiomessaggi, vol. XVIII, pagg. 263-267). Sicché la presente Udienza, tutta per voi, sarà come la ripresa di quei colloqui ideali, ispirati dal senso di paternità, propria del Vicario di Cristo, che volge l’amore, nello stesso tempo, a tutti e a ciascuno, scevro di debolezze e di parzialità, rispettoso dei diritti degli uni e degli altri, esigendo però da ambedue le parti corrispettivi doveri.

Poiché Ci sembra che in quelle Nostre esposizioni non abbiamo tralasciato alcuno dei punti essenziali sull’argomento, basterà ora che accenniamo a qualche particolare applicazione, non senza raccomandarvi, se è possibile, la conoscenza o la rinnovata lettura di quei Nostri insegnamenti.

CONTINUA SUhttps://www.vatican.va/content/pius-xii/it/speeches/1958/documents/hf_p-xii_spe_19580119_lavoratrici-casa.html

 

Pio XII e la teologia della Partecipazione

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del Prof. Carlo Vivaldi-Forti

La dottrina sociale della Chiesa si fonda su pochi  ma precisi concetti: l’armonia generale della polis, la giustizia distributiva, il sacro rispetto per la persona umana e per i suoi diritti, la preminenza dell’essere sull’avere, la collaborazione fra le classi, la partecipazione di tutti i cittadini e i lavoratori alle decisioni che li riguardano. E’ proprio quest’ultimo aspetto che vorremmo approfondire. La lettura delle grandi Encicliche sociali, dalla Rerum novarum di Leone XIII, rappresenta di sicuro il principale strumento di riflessione. Meno nota, invece, è la base teologica su cui si fonda l’intera visione cattolica della convivenza: a tal proposito può essere davvero rivelatrice l’Enciclica Mystici corporis promulgata da Pio XII il 29 giugno 1943.

Talvolta è stato rimproverato a Papa Pacelli di non aver redatto, a differenza di altri Pontefici, un documento solenne dedicato alla dottrina sociale , ma tale appunto è del tutto fuori luogo . A parte, infatti, i numerosi interventi radiofonici e le molte omelie in cui affronta il tema,  la Mystici corporis , pur non trattandolo direttamente, getta in realtà le basi teologiche dei concetti di partecipazione e collaborazione fra le classi. Già il compianto professore Pier Luigi Zampettti, uno dei più illustri politologi italiani, scriveva ne La società partecipativa (ed. Dino, Roma 2002):

“ La partecipazione dell’uomo, che consiste nel proiettare nella storia le sue libere scelte, è la prosecuzione della partecipazione dell’essere, elargita da Dio all’uomo con la Creazione e con la Redenzione. La partecipazione quindi, nella sua origine e nella sua esplicazione, coglie il momento più profondo dell’uomo. Con la partecipazione, che si allarga in tal modo verso l’infinito, l’uomo trova la sua posizione nel mondo e nella vita , ritrova finalmente se stesso come persona. Partecipazione e persona sono interdipendenti. L’uomo si autodetermina solo se è persona”.

A conclusioni analoghe si perviene leggendo l’Enciclica di Pio XII. L’intero ragionamento  del Pontefice si basa sulla visione della Chiesa, ad un tempo come corpo mistico ma anche corpo sociale di Cristo ( sua prosecuzione visibile nella storia) di cui Egli  è il Capo, anche se fisicamente rappresentato da Pietro e dai suoi successori. L’idea di fondo è perciò la seguente: il Capo e le membra , quest’ultime rappresentate dall’intera organizzazione  ecclesiastica  composta dal clero e dai fedeli, sono chiamati a collaborare  al medesimo scopo, che è la realizzazione  del Regno di Dio, ciascuno però con una posizione originale e diversa rispetto a tutti gli altri, secondo la propria vocazione. Scrive il Papa : Continua a leggere