Il vero volto dei partigiani

Condividi su:

Segnalazione di Federico Prati

di Gianfranco Stella su FB

DAL LIBRO “A PRAGA SENZA RITORNO” di PROSSIMA USCITA

Dei quattrocentocinquantacinque omicidi registrati nel Bolognese in quelle giornate  centotrentasette furono commessi da Luigi Borghi-Ultimo anche se fu giudicato per soli quaranta.

In una sentenza fu definito “belva umana” ma non scontò un giorno di carcere. Per la compiacenza di una parte della magistratura bolognese che, con singolare disinvoltura si pose al servizio dei nuovi amministratori rossi, non fu toccato dalle inchieste giudiziarie che pure pesantemente lo coinvolgevano e solo nel ’49, quando gli piovvero addosso gli ordini di cattura, espatriò con l’aiuto del partito.

In Cecoslovacchia gli fu cambiato il nome in Bianchi e fu raggiunto dalla moglie Iside Bussolari, operaia alla Manifattura Tabacchi di Bologna. Fu tra i più violenti e pericolosi transfughi di Praga ove formò una banda che vessava gli ex partigiani, controllato appena da Francesco Moranino che il partito, col nome di Franco Moretti, aveva posto a capo della colonia infame.

Qui il 30 aprile del ‘65 il partito gli comunicò la grazia presidenziale che l’avrebbe reso libero. L’Anpi riuscì anche a fargli avere la medaglia d’argento al valor militare, una mistificazione, un orrore che per effetto delle condanne ergastolane gli fu revoca. Grottesca la motivazione: Eroico combattente della libertà, degno rappresentante della nuova gioventù, partecipava sin dall’inizio alla guerra di liberazione contro l’odiato invasore(…). Nominato commissario politico del distaccamento gappista di Castel Maggiore, faceva di questo reparto un magnifico strumento di ardimento e sprezzo del pericolo.

Questo trentenne “rappresentante della nuova gioventù” non fu mai commissario politico di Castel Maggiore, ne fu comandante della polizia partigiana, attraverso cui poté impunemente commettere i suoi cento e passa omicidi.

Bellamente rimpatriato dalla Cecoslovacchia aprì poi a Castel Maggiore una ferramenta e nessuno gli andò a chiedere conto di nulla.
L’altra staffetta che aveva preso parte all’uccisione di Arpinati e dell’avvocato Torquato Nanni, rimasta sconosciuta fino alle mie difficili ricerche degli anni ‘90, era Carolina Malaguti, nome di battaglia Prima, nata a Funo di Argelato nel ‘24.

Suo fratello maggiore, Carlo, era entrato nella Settima Gap bolognese e fu attivo nel reclutamento di giovani a Monte Calderaro ove funzionava una base di smistamento. Il 10 novembre del ’44 rimase ucciso in uno scontro con i tedeschi nella borgata bolognese di Corticella.

La sorella presa da delirio di vendetta si aggregò a Luigi Borghi e ad altri feroci esecutori nella soppressione di persone più o meno compromesse col fascismo.

Un fascicolo della pretura bolognese la imputava di correità in diversi omicidi con i più spietati killer della Settima Gap.

In Cecoslovacchia lavorò nei collettivi agricoli vivendo una vita difficile nel freddo e nella fatica, nella solitudine e nella nostalgia. Disperò di poter tornare in Italia dopo che l’ultima grande amnistia, quella del dicembre del ’53, non le fu risolutiva, convincendosi così che mai sarebbe potuta tornare.

Avvilita nel profondo, la mattina del 14 aprile del ’54 si recò in una chiesa di Praga e si tolse la vita impiccandosi. Due giorni prima aveva compiuto 30 anni.

 

Perché non festeggiamo il 25 Aprile come festa della Liberazione

Condividi su:

Il Circolo Cattolico Christus Rex-Traditio si riconosce nell’analisi fatta da Marcello Veneziani e la fa propria. Sono questi i motivi per cui noi, pur pregando in suffragio di tutti i caduti, celebriamo pubblicamente solo quelli che rimasero fedeli alla Patria, fino alla fine (n.d.r.)

QUINTA COLONNA

di Marcello Veneziani

Non celebro il 25 aprile per sette motivi.
-Uno, perché non è una festa inclusiva e nazionale, ma è sempre stata la festa delle bandiere rosse e del fossato d’odio tra due italie.
-Due, perché è una festa contro gli italiani del giorno prima, ovvero non considera che gli italiani fino allora erano stati in larga parte fascisti o comunque non antifascisti e dunque istiga alla doppiezza e all’ipocrisia.
-Tre, perché non rende onore al nemico ma nega dignità e memoria a tutti coloro che hanno dato la vita per la patria, solo per la patria, pur sapendo che si trattava di una guerra perduta.
-Quattro, perché l’antifascismo finisce quando finisce l’antagonista da cui prende il nome: il fascismo è morto e sepolto e non può sopravvivergli il suo antidoto, nato con l’esclusiva missione di abbatterlo.
-Cinque, perché quando una festa aumenta l’enfasi col passare degli anni anziché attenuarsi, come è legge naturale del tempo, allora regge sull’ipocrisia faziosa e viene usata per altri scopi; ieri per colpire Berlusconi, oggi Salvini.
-Sei, perché è solo celebrativa, a differenza delle altre ricorrenze nazionali, si pensi al 4 novembre in cui si ricordano infamie e orrori della Grande Guerra; invece nel 25 aprile è vietato ricordare le pagine sporche o sanguinarie che l’hanno accompagnata e distinguere tra chi combatteva per la libertà e chi voleva instaurare un’altra dittatura.
-Sette, perché celebrando sempre e solo il 25 aprile, unica festa civile in Italia, si riduce la storia millenaria di una patria, di una nazione, ai suoi ultimi tempi feroci e divisi. Troppo poco per l’Italia e per la sua antica civiltà.
Quando avremo una memoria condivisa? Quando riconosceremo che uccidere Mussolini fu una necessità storica e rituale per fondare l’avvenire, ma la macelleria di Piazzale Loreto fu un atto bestiale d’inciviltà e un marchio d’infamia sulla nascente democrazia. Quando riconosceremo che Salvo d’Acquisto fu un eroe, ma non fu un eroe ad esempio Rosario Bentivegna con la strage di via Rasella. Quando ricorderemo i sette fratelli Cervi, partigiani uccisi in una rappresaglia dopo un attentato, e porteremo un fiore ai sette fratelli Govoni, uccisi a guerra finita perché fascisti. Quando diremo che tra i partigiani c’era chi combatteva per la libertà e chi per instaurare la dittatura stalinista. Quando distingueremo i partigiani combattenti sia dai terroristi sanguinari che dai partigiani finti e postumi, che furono il triplo di quelli veri.
Quando onoreremo con quei partigiani chiunque abbia combattuto lealmente, animato da amor patrio, senza dimenticare “il sangue dei vinti”. Quando celebrando le eroiche liberazioni, chiameremo infami certi suoi delitti come per esempio l’assassinio del filosofo Giovanni Gentile, dell’archeologo Pericle Ducati o del poeta cieco Carlo Borsani.
Quando celebrando la Liberazione ricorderemo che nel ventennio nero furono uccisi più antifascisti italiani nella Russia comunista che nell’Italia fascista (lì centinaia di esuli, qui una ventina in vent’anni); che morirono più civili sotto i bombardamenti alleati che per le stragi naziste; che ha mietuto molte più vittime il comunismo in tempo di pace che il nazismo in tempo di guerra, shoah inclusa. Quando sapremo distinguere tra una Resistenza minoritaria che combatté per la patria e la libertà, cattolica, monarchica o liberale, come quella del Colonnello Cordero di Montezemolo o di Edgardo Sogno, e quella maggioritaria comunista, socialista radicale o azionista-giacobina che perseguiva l’avvento di un’altra dittatura. I comunisti, che erano i più, non volevano restituire la patria alla libertà e alla sovranità nazionale e popolare ma volevano una dittatura comunista internazionale affiliata all’Urss di Stalin.
Da italiano avrei voluto che la Resistenza avesse davvero liberato l’Italia, scacciando l’invasore. Avrei voluto che la Resistenza fosse stata davvero il secondo Risorgimento d’Italia. E avrei voluto che il 25 aprile avesse unito un’Italia lacerata. Sarei stato fiero di poter dire che l’Italia si era data con le sue stesse mani il suo destino di nazione sovrana e di patria libera. In realtà l’Italia non fu liberata dai partigiani ma dagli alleati che ci dettero una sovranità dimezzata. Il concorso dei partigiani fu secondario, sanguinoso ma secondario. La sconfitta del nazismo sarebbe avvenuta comunque, ad opera degli Alleati e dei Sovietici.
I partigiani non agirono col favore degli italiani ma di una minoranza: ci furono altre due italie, una che rimase fascista e l’altra che si ritirò dalla contesa e ripiegò neutrale e spaventata nel privato o si rifugiò a sud sotto le ali della monarchia.
Il proposito di unire gli italiani non rientrò mai nelle celebrazioni in rosso sangue del 25 aprile. Fu sempre una festa contro: contro quei morti e i loro veri o presunti eredi. Chi ha provato a unirsi alla Festa da altri versanti è stato insultato e respinto in malo modo. Accadrà quest’anno pure ai grillini ignari?
Non vanno dimenticati gli italiani che restarono fascisti fino alla fine, combatterono, morirono senza macchiarsi di alcuna ferocia, pagarono di persona la loro lealtà, la loro fedeltà a un’idea, a uno Stato e a una Nazione; la futura classe dirigente dell’Italia fu falcidiata dalla guerra civile. Sia tra gli antifascisti che tra i fascisti vi furono patrioti e mazziniani che pensarono, credettero e combatterono nel nome della patria. L’antifascismo fu una pagina di dignità, fierezza e libertà quando il fascismo era imperante; ma non lo fu altrettanto l’antifascismo a babbo morto, cioè a fascismo sconfitto e finito. Era coraggioso opporsi al regime fascista, non giurargli fedeltà, ma fu carognesco sputare sul suo cadavere e oltraggiarlo. E infame è farlo ancora oggi, 74 anni dopo. Distinguiamo perciò tra gli antifascisti che rifiutarono di aderire al regime fascista, pagandone le conseguenze; e gli antifascisti del 25 aprile da corteo postumo e permanente.
MV, La Verità 24 aprile 2022

 

“Uccidere un fascista non è reato”. In piazza l’odio dei fan del ddl Zan

Condividi su:

“L’ipocrisia è il denominatore comune di tutte le battaglie sinistre degli ultimi decenni – dice il nostro Responsabile Nazionale Matteo Castagna – soprattutto quelle per ciò che loro chiamano “diritti”. E’ incredibile vedere e sentire invasati sputare solo veleno e incitare alla violenza contro coloro che vengono accusati di covare odio, solo perché la pensano in modo differente”.

IL DDL ZAN AFFOSSATO IN SENATO SCATENA LE PROTESTE. MA IN PIAZZA I SOSTENITORI DEL DECRETO INTONANO SLOGAN VIOLENTI

Il cortocircuito è servito: quelli che chiedono una legge contro l’odio, più precisamente il ddl Zan, scendono in piazza e seminano odio. Lo dimostrano le immagini esclusive mandate in onda ieri sera a Quarta Repubblica.

Il 28 ottobre a Roma un gruppetto di ragazzi a favore del disegno di legge sull’omofobia ha intonato canti tutt’altro che pacifici: “La nonna partigiana ce l’ha insegnato, uccidere un fascista non è reato“. E ancora: “Lo aspetti sotto cosa e poi lo lasci lì, l’autodifesa si fa così”. Infine: “Fascio stai attento, ancora fischia il vento”. Dal corteo democratico si sono innalzati pure “educatissimi” (si fa per dire) slogan rivolti agli avversari politici: “Pillon, Pillon, vaffanc…”, “Renzi, Renzi, vaffanc…” e “lega Salvini e lascialo legato”. Non proprio quello che si dice “amore” e “rifiuto della violenza”.

da Quarta Repubblica del 1 novembre 2021

VEDI IL VIDEO IN: https://www.nicolaporro.it/uccidere-un-fascista-non-e-reato-in-piazza-lodio-dei-fan-del-ddl-zan/

Chi liberò veramente l’Italia

Condividi su:

di Marcello Veneziani

Si può celebrare in tanti modi la Liberazione dell’Italia nel 1945 ma ci sono dati, numeri e vite che non si possono smentire e che sono la base necessaria e oggettiva per dare una giusta dimensione storica all’evento. Dunque, per la Liberazione dell’Italia morirono nel nostro Paese circa 90mila soldati americani, sepolti in 42 cimiteri su suolo italiano, da Udine a Siracusa. Secondo i dati dell’Anpi, l’associazione dei partigiani, furono 6882 i partigiani morti in combattimento.

Ricavo questi dati da una monumentale ricerca storica, in undici volumi raccolti in cofanetto, dedicata a La liberazione alleata d’Italia 1943-45 (Pensa ed.), basata sui Report of Operations di diversi reggimenti statunitensi, gli articoli del settimanale Yank dell’esercito americano e i reportage dell’Associated press. E naturalmente la ricerca storica vera e propria. Più un’ampia documentazione fotografica. L’autore è lo storico salentino Gianni Donno, già ordinario di Storia contemporanea, che ha analizzato i Reports of Operations in originale, mandatigli (a pagamento) da Golden Arrow Military Research, scannerizzati dall’originale custodito negli Archivi nel Pentagono. L’opera ha una doppia, autorevole prefazione di Piero Craveri e di Giampiero Berti e prende le mosse dallo sbarco di Salerno.

Secondo Donno, non certo di simpatie fasciste, il censimento dell’Anpi è “molto discutibile” ma già quei numeri ufficiali rendono le esatte proporzioni dei contributi. Facciamo la comparazione numerica: per ogni partigiano caduto in armi ci furono almeno 13 soldati americani caduti per liberare l’Italia. Senza considerare i dispersi americani che, insieme ai feriti, furono circa 200mila. E il conto risuona in modo ancora più stridente se si comparano i 120mila militari tedeschi caduti in Italia, soprattutto nelle grandi battaglie (Cassino, Anzio e Nettuno) contro gli Alleati e sepolti in gran parte in quattro cimiteri italiani.

Naturalmente, diverso è parlare di vittime italiane della guerra civile, fascisti e no, di cui esiste un’ampia documentazione, da Giorgio Pisanò a Giampaolo Pansa, per citare le ricerche più scomode e famose. Ma non sto parlando di fascismo e guerra civile, bensì di Liberazione d’Italia, ovvero di chi ha effettivamente liberato l’Italia dai tedeschi o se preferite dai “nazifascisti”. Continua a leggere

Foiba di Jazovka, orrore in Croazia: tra i corpi riesumati donne, bambini e suore

Condividi su:

 

La macabra notizia è stata divulgata dai media croati circa una settimana fa. Si sono concluse lunedì scorso le operazioni di recupero delle vittime dei partigiani di Tito dalla Foiba di Jazovka, nei pressi del villaggio di Sošice, nel Comune di Žumberak, in Croazia, non poco lontano dal confine sloveno. Complessivamente, dalla squadra di speleologi sono stati riportati in superficie i resti di ben 814 corpi, riferiti a ustascia, domobranci, civili, medici, infermieri e suore di diversi ospedali di Zagabria, gettati nella cavità alla fine e dopo la seconda guerra mondiale dai partigiani comunisti.

“Tali iniziative  di recupero ci sono utili per smontare il mito di un comunismo  sociale e rispettoso della libertà al popolo” spiega il direttore Archivio museo storico di Fiume Marino Micich. “Erano sistemi totalitari, dove pochi avevano il predominio di tutto e su tutti. Le foibe sono l ‘ esempio più eclatante in casa nostra come anche il triangolo rosso.. bisogna insistere a far conoscere queste verità per il rispetto della storia e per la libertà. Per lunghi anni a sinistra si è cercato e si continua per molto versi a minimizzare tali efferatezze”.

Secondo quanto dichiarato da alcuni membri del team incaricato del recupero delle salme, diversi sarebbero anche i resti di donne e bambini.

Fonte: https://www.iltempo.it/attualita/2020/07/27/news/foibe-croazia-jazovka-cadaveri-infoibati-suore-23995077/ Continua a leggere

Salvini sulla tomba di Rolando Rivi, ucciso da partigiani comunisti

Condividi su:

Oggi a San Valentino nel reggiano: ‘Sono solo cinque minuti però è un omaggio a delle vittime purtroppo ricordate da pochi, vittime innocenti della violenza’

Nel tour elettorale di oggi di Matteo Salvini a Reggio Emilia si è aggiunta in corsa una nuova tappa di non poco valore simbolico. Il leader del Carroccio infatti si ferma a pregare nella chiesa santuario di San Valentino di Castellarano, dove sono custodite le reliquie del beato Rolando Rivi, il seminarista martirizzato a soli 14 anni da un commando di partigiani comunisti, nell’aprile del 1945. ‘Vado a rendere omaggio a un grande ragazzo – dice Salvini ai cronisti – sarà una visita breve, anche pochi minuti, ma ci tengo moltissimo: saranno i più importanti di questa visita’. Oggi, continua Salvini, ‘facciamo tante cose: andiamo nei mercati, nelle fabbriche, in carcere. Però la cosa a cui tengo particolarmente sono quei cinque minuti. Sono solo cinque minuti però è un omaggio a delle vittime purtroppo ricordate da pochi, vittime innocenti della violenza e della ferocia’. Quindi chiude Salvini, ‘la mia giornata oggi passa da quello: tutto il resto è importante ma viene dopo’.

Da https://www.lapressa.it/articoli/politica/salvini-sulla-tomba-seminarista-rivi-ucciso-da-partigiani-comunisti

L’insopportabile fondamentalismo dell’Anpi

Condividi su:

Una delle più nobili figure della cultura italiana del ‘900, il democratico e marxista Rodolfo Mondolfo, ne La libertà della scuola (in Libertà della scuola, esame di stato e problemi di scuola e di cultura, Ed. Cappelli 1922), scriveva: «io non ho mai ammesso nella mia at­tività di insegnante, in materia (la filosofia), quant’altra mai campo di contrasti e fertile di dogmatismi e intolleranze, di esercitare alcuna coercizione e compressione sullo spirito dei discepoli. Siano essi seguaci di indirizzi affini o antitetici a quello dell’insegnante, ho sempre creduto che questi possa e debba chieder loro una cosa sola: la consapevolezza del pro­prio orientamento, delle premesse e delle conseguenze; la netta coscienza, insomma, e, quindi la piena responsabilità mentale del proprio pensiero. Il principio di libertà questo appunto esige: l’educazione alla responsabilità, nel pensiero non meno che nell’azione. Ma questa educazione, dal suo canto, esige il rispetto all’in­dipendenza ed all’autonomia». Credo che raramente si sia reso un omaggio più convinto alla “pedagogia liberale”. Continua a leggere

Le vittime delle “marocchinate” denunciano la Francia

Condividi su:

Risultati immagini per marocchinateSegnalazione del Centro Studi Federici

Furono 300.000 gli stupri di donne, uomini e bambini italiani compiuti dal 1943 al ‘44 dalle truppe coloniali del Corp Expeditionnaire Français. Quella pagina si storia di riapre
 
Il nostro giornale lo aveva annunciato il 6 marzo scorso e l’Associazione Vittime delle Marocchinate presieduta da Emiliano Ciotti ha depositato, tramite lo studio legale dell’Avv. Luciano Randazzo, formale denuncia contro la Francia per le atrocità compiute dalle truppe coloniali francesi ai danni dei civili italiani durante l’ultima guerra. L’atto è stato presentato presso la Procure di Frosinone e Latina, presso la Procura Militare di Roma, il Comando Generale dei Carabinieri e l’Ambasciata di Francia.  
 
Furono 300.000 gli stupri di donne, uomini e bambini italiani compiuti dal 1943 al ‘44 dalle truppe coloniali del Cef (Corp Expeditionnaire Français) costituito per il 60% da marocchini, algerini e senegalesi e per il restante da francesi europei, per un totale di 111.380 uomini. A tali violenze seguirono spesso torture inimmaginabili e brutali omicidi, sia delle vittime, sia di tutti coloro che tentavano di opporvisi. Furono poi moltissimi i casi di malattie e infezioni veneree tanto da costituire una vera e propria emergenza sanitaria, come risulta dall’interpellanza parlamentare della deputata comunista Maria Maddalena Rossi dell’aprile 1952.  
La prime violenze si verificarono dopo lo sbarco in Sicilia, dove i magrebini del 4° tabor stuprarono donne e bambini presso Capizzi. Dopo lo sfondamento della Linea Gustav, in Ciociaria si toccò il culmine dell’aberrazione, ma le violenze proseguirono fino in Toscana. Non si trattò quindi delle “sole” 50 ore di completa impunità concessa ai goumiers, come riportava il proclama del loro generale Juin, ma di un anno intero.  
Secondo la denuncia, “appare incontrovertibile come da parte dello Stato italiano nessuna iniziativa sia mai stata adottata al fine di chiedere la punizione dei militari marocchini per i crimini contro l’umanità commessi sul territorio italiano, in particolare nella provincia di Frosinone e Latina”.  

Continua a leggere

Luigi Pirandello fascista convinto. Ritrovata un’intervista del 1927: “Mussolini non trova paragoni nella storia”

Condividi su:

Risultati immagini per luigi pirandello nobelRitireranno il nobel a Pirandello in nome dell’antifascismo e della libertà di espressione? N.d.r.

di Davide Turrini su Il Fatto Quotidiano, 19 settembre 2017

Sul quotidiano La Sicilia il professore Piero Mieli rintraccia e pubblica uno scritto autografo e un’intervista del drammaturgo siciliano concessi al quotidiano L’Impero. “Mussolini non trova paragoni nella storia”. E ancora: “Se si vuol fare qualche cosa, bisogna incominciare ad epurare ed è un mezzo, questo, di cui si sente la necessità in tutti i campi dell’attività umana”.

Mussolini non trova paragoni nella storia, mai esistito un condottiero che abbia saputo dare al suo popolo una così viva impronta della sua personalità”. Parola di Luigi Pirandello. Uno, sempre uno, mica centomila. L’adesione convinta al fascismo del celebre drammaturgo siciliano arriva direttamente dalla prima pagina del quotidiano del ventennio L’Impero. A pubblicare il contenuto di una lunga intervista all’autore del Fu Mattia Pascal è stato il professore Piero Mieli sulle pagine dell’edizione cartacea de La Sicilia. L’intervento prestigioso di Pirandello venne pubblicato su L’Impero il 12 marzo 1927 con tanto di foglio autografo dell’autore teatrale stampato nel bel mezzo della prima pagina.

Quanti sono morti che si credono ancora vivi! E quanti vivi sono oggi sopraffatti dal pensiero dei morti! Come volentieri, amici miei, mi metterei a fare il becchino per sbarazzare l’Italia da tutti i cadaveri che l’appestano! L’Impero giornale di giovani vivi, mi dovrebbe dare una mano”, scrive Pirandello con la sua elegante calligrafia firmandosi in calce. “Un fanatico militante che non esita a tirar fuori l’innata grinta squadrista contro le morte ideologie democratiche e liberali fino a desiderare di farsi addirittura becchino dei tanti normalizzatori che infestano la nazione”, commenta il professore Mieli su La Sicilia. Continua a leggere

Resistenza, l’Anpi alla comunità islamica: “Tra i partigiani anche numerosi musulmani”

Condividi su:

https://www.piacenza24.eu/wp-content/uploads/2018/04/incontro-anpi-comunit%c3%a0-islamica-piacenza-11.jpg

“La storia ci insegna” è il titolo dell’incontro tenuto ieri presso la sede della Comunità Islamica di Piacenza. Ad…

CONTINUA SU:

https://www.piacenza24.eu/resistenza-lanpi-alla-comunita-islamica-tra-i-partigiani-anche-numerosi-musulmani/ Continua a leggere