Cristo il Maestro, Tolkien la guida, il Rosario la vittoria

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L’EDITORIALE DEL LUNEDI

di Matteo Castagna per https://www.informazionecattolica.it/2022/10/17/cristo-il-maestro-tolkien-la-guida-il-rosario-la-vittoria/

LA LOTTA ALL’OMOLOGAZIONE MASSIFICANTE DA PARTE DEL PRESIDENTE DELLA CAMERA LORENZO FONTANA

Il neo-eletto Presidente della Camera dei Deputati On. Lorenzo Fontana, nel suo discorso d’insediamento ha citato due esempi di santità e lanciato un forte messaggio a favore delle diversità in un’ottica di lotta all’omologazione massificante. Non ho memoria che una delle più alte cariche dello Stato, la terza, subisse un linciaggio politico e mediatico preventivo così sguaiato e zeppo di pregiudizi, soprattutto perché cattolica. Curioso che tutti i sostenitori del ddl Zan si siano profusi nelle contumelie di peggior gusto. Loro…quelli del rispetto, dell’uguaglianza, dei desideri da chiamare “diritti”… Siamo alla Fontanofobia?L’insulto sistematico, iniziato con lo squallido striscione a Montecitorio e proseguito nei tweet e sulla bocca dei radical chic che hanno spopolato negli ultimi dieci anni con le loro fissazioni “arcobalenghe”, talvolta liberticide, fa provare un senso di pietà e di orrore verso questi personaggi, servi di ideologie di morte e contro natura, che fanno a gara a chi la spara più grossa per cercare disperatamente di supplire, con la loro bieca volgarità, alla privazione di potere, che logora sempre chi non ce l’ha o lo perde perché sonoramente bocciato dagli elettori.

Il protagonista buono Gandalf dice che “tutto ciò che dobbiamo decidere è cosa fare col tempo che ci viene dato” – scrive John Ronald Reuel Tolkien (1892-1973) ne “Il Signore degli Anelli”, che si può leggere come un manuale di sopravvivenza tra gli errori e gli orrori della Modernità. Il dott. Paolo Gulisano, nella sua prefazione al libro Tolkien, l’Europa e la Tradizione (Edizioni Passaggio al Bosco) ricorda come uno dei principali critici dell’omologazione, nell’accezione cui si è riferito il Presidente della Camera, fu Tolkien, che “ad essa contrapponeva la cultura dell’appartenenza e del radicamento“.

E’ Tolkien che scrive nel suo capolavoro: “Tutto diventerà una piccola maledetta periferia provinciale. Quando avranno introdotto il sistema sanitario americano, la morale, il femminismo e la produzione di massa all’est, nel medio oriente, in Russia, nella Pampa, nel Gran Chaco, nel bacino danubiano, nell’Africa equatoriale, a Lhasa e nei villaggi del profondo Berkshire, come saremo tutti felici…Ma scherzi a parte: trovo questo cosmopolitanesimo americano terrificante“.

La formidabile bellezza del pensiero di Tolkien è che non si basa su ideologie e non è etichettabile, se non da chi è in malafede o non ne conosce gli scritti. Il grande scrittore constata la Caduta del genere umano (in termini cristiani Peccato Originale) e ha ben chiaro davanti a sé il Nemico da abbattere (Sauron o Saruman) ma soprattutto il male che si annida infido in ciascuno di noi. Tolkien ci invita a non sprecare le occasioni, a fare un buon uso del tempo e della vita stessa, con coraggio e lealtà, per il Bene, nell’ancestrale guerra con le forze delle tenebre. Il bene è bellezza e onore, che trovano nella Tradizione Cattolica la loro sublimazione, secondo Tolkien, che rigettò le pulsioni progressiste degli anni sessanta e rimase fedele solo alla Messa tradizionale more antiquo. Fu pre-conciliare? Sì! Un po’ come Fontana, sperando che i sinistri, sull’onda dei BLM ora non brucino Il Signore degli Anelli

Se sant’Agostino ci insegna che il male non è il contrario del bene ma la sua privazione, è del tutto ovvio che quando Gandalf dice che dobbiamo decidere cosa fare col tempo che ci viene dato, comprendiamo quanto possano essere complementari i due assunti: dobbiamo trascorrere il tempo a fare il Bene, a fare straordinariamente bene le cose semplici, ad imbracciare quella “mitragliatrice a 50 colpi che è il Rosario” (cit. di un sacerdote e predicatore degli Esercizi di S. Ignazio di Loyola), arma che già i nemici dichiarano di temere a ragione, perché la Madonna schiaccerà la testa del serpente che loro coccolano e liberano nelle stanze della Sovversione.

PERCHE’ CERTA INFORMAZIONE STA DALLA PARTE DELL’IMMIGRAZIONISMO?

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di Matteo Castagna (pubblicato su Informazione Cattolica di ieri)

Molte persone in buona fede credono che l’informazione sia libera e che i telegiornali raccontino la realtà. E’ piuttosto comune sentir rispondere alla domanda dove l’hai sentito con un netto: “l’ha detto il TG”. Una sorta di involontario ipse dixit che non prende in considerazione il pensiero critico. Del resto, è più facile non fare la fatica di ragionare e bersi ogni cosa provenga dal digitale, dalla comodità di un divano. Vi è, inoltre, ancora piuttosto diffusa la percezione che chi è ospite dei salotti televisivi sia persona competente ed allo stesso tempo autorevole, solo per il fatto di sedere in trasmissione. Ciò diviene, spesso, motivo di vanagloria anche per chi sta dall’altra parte della telecamera a poter dire ciò che vuole. Dà un certo senso si potere sapere di poter raggiungere le masse e condizionarle con le proprie opinioni, consapevoli dell’assoluto approccio acritico o apatico ma recettivo di troppi.

Prendiamo, ad esempio, il tema molto discusso dell’immigrazione. Quasi tutti i media mainstream sono schierati a favore di politiche buoniste, di accoglienza indiscriminata, in nome di un umanitarismo filantropico che vuole far sentire in colpa tutti coloro che, invece, non vorrebbero una società multietnica, osservando, tra l’altro, il suo inesorabile sgretolamento nella società statunitense. Ogni etichetta negativa viene affibbiata a chi non è mondialista e globalista. Viene sistematicamente riesumata una retorica del passato remoto, come se nel terzo millennio esistesse il Fascismo e, quindi, una resistenza. Questa dialettica farebbe ridere in altri Paesi sviluppati, invece nel nostro è d’utilizzo quotidiano. La domanda che sorge spontanea è: cui prodest? Perché certi editori pretendono certa faziosità, come libertà di pensarla solo come dicono loro, soprattutto sull’accettazione tout-court delle dinamiche immigrazioniste?

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