La Destra di governo: continuità o involuzione?

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di Redazione

Ogni cattolico e persona di buon senso dovrebbe inorridire di fronte al blocco di ogni azione contro la legge 194 sull’aborto. Il Governo più a destra che l’Italia abbia mai avuto sembra non avere il coraggio di abrogare una legge abominevole. In Ungheria la destra è molto più coraggiosa. In alcune zone degli Stati Uniti pure. Addirittura in Israele l’estrema destra si fa sentire in modo molto rumoroso. In Italia, l’impressione è che vi sia una destra ostaggio di alcuni poteri forti, che governa lo status quo, lanciando dei contentini per non essere paragonata del tutto a Draghi.

di Fabio De Maio – La Terra dei Padri

Gli analisti politici ed i media in generale sono piuttosto concordi nel ritenere che l’azione del governo italiano nel drammatico scenario creato dal conflitto  in Ucraina sia in sostanziale continuità con il governo Draghi e che la visione generale della politica estera italiana del governo Meloni  sia la logica prosecuzione dei governi precedenti, soprattutto nell’adesione agli interventi militari e di “ peacekeeping”  della Nato, adesione che l’Italia non ha mai fatto mancare dal 1999(Serbia) al 2004(operazione Antica Babilonia in Iraq) al 2011. Nel 1999 e nel 2011 la partecipazione  italiana fu fondamentale per la concessione delle basi di Aviano e di Sigonella la cui posizione strategica era essenziale per la conduzione di queste operazioni, è quasi  superfluo ricordare che non vi era nessun obbligo dal punto di vista dell’appartenenza all’Alleanza Atlantica, in quanto nessun membro della Nato era minacciato militarmente da terzi; la situazione attuale è comprabile, non vi è nessun automatismo che sancisca la fornitura di armi all’Ucraina ma si tratta di considerazioni politiche e strategiche  esterne ai criteri previsti dal Patto atlantico.

Eppure, se si entra dello specifico delle dichiarazioni e degli interventi del governo italiano, a partire da quelli di Giorgia Meloni, nei vari summit internazionali, si possono notare differenze anche sostanziali rispetto all’approccio comunicativo dei governi precedenti. Nel 1999 Massimo D’Alema che era arrivato alla Presidenza del Consiglio con un colpo di mano parlamentare studiato per defenestrare Romani Prodi e per portare lui a guidare il nuovo governo  , primo ex comunista a ricoprire tale carica, ebbe un approccio “soft” nel motivare la decisione di fornire basi ed aerei per l’attacco alla Serbia, si parlava di intervento necessario per evitare massacri della popolazione civile in Kossovo, di volontà della Comunità Internazionale (anche se la Nato si mosse senza l’avallo ufficiale dell’Onu), di impossibilità dell’Italia di sottrarsi all’impegno con gli alleati, con un pessimismo levantino di fondo sul “destino” dell’Italia e del suo ruolo strategico. Vale anche la pena di ricordare il pudore, venato certamente da una buona dose di ipocrisia, di Armando Cossutta, leader della fazione comunista fuoriuscita dal Prc di Bertinotti, fondamentale per la nascita del governo D’ Alema che durante un’intervista a Porta a Porta finse di restare sorpreso dalla notizia, data in diretta dal conduttore, sulla partecipazione degli aerei italiani al bombardamento di Belgrado, secondo un comunicato emesso dal Ministero della Difesa.

Nel 2011 il governo di Silvio Berlusconi che aveva concluso un importante Accordo di amicizia e cooperazione con Gheddafi due anni prima si trovò al solito  bivio tra l’interesse nazionale e la fedeltà/servilismo atlantici, ci fu un dibattito anche aspro all’interno della maggioranza che lo sosteneva, il Presidente della Repubblica Napolitano ebbe un ruolo fondamentale nel convincere il riottoso Berlusconi ad allinearsi alle richieste degli “alleati”, il Ministro della Difesa  La Russa, capofila degli ultras atlantici dichiarò sospeso il trattato con la Libia, nonostante le clausole dell’accordo non prevedessero sospensioni unilaterali ma solo concordate, a riprova, se mai ve ne fosse bisogno che spesso il Diritto Internazionale è una coperta molto corta che viene tirata da una parte all’altra senza troppe remore.

“Sic transit gloria mundi” fu la frase con cui Berlusconi commentò la notizia della barbara uccisione in diretta televisiva del leader libico Gheddafi che aveva lui stesso ricevuto in pompa magna pochi mesi prima, una cupa confessione dell’impotenza di un leader politico di un paese a sovranità molto limitata e una mesta  rassegnazione anche verso il proprio destino politico che lo avrebbe portato alle dimissioni, pochi mesi dopo che conclusero per sempre la sua esperienza governativa.

La novità della Destra di governo è l’orgoglio e la fierezza con cui vengono motivare le decisioni sulle forniture di armi all’Ucraina che chiaramente preludono ad un intervento diretto che andrà anche oltre il supporto logistico. Giorgia Meloni parla apertamente di difesa dei valori di libertà e democrazia, di Occidente come portatore unico di questi valori che vanno difesi ad ogni costo dall’attacco di coloro che ne rappresentano la negazione, vi è in un certo senso la rivendicazione di tutte le guerre per la democrazia che hanno caratterizzato le politiche atlantiche dal 1989 in poi.

Va anche sottolineato che la destra italiana ed il suo leader hanno in realtà sempre manifestato ammirazione e vicinanza alla  Russia di Vladimir Putin, dichiarandosi spesso vicini alle decisioni prese dalla Russia stessa, in particolare sul teatro siriano, nonostante il fatto che queste decisioni fossero  in contrasto frontale con gli interessi statunitensi che hanno cercato di provocare la caduta di Assad per un decennio, armando ogni sorta di gruppi di terroristi, spacciati spesso per “ribelli moderati”. Del resto la stessa Meloni aveva più volte appoggiato le scelte russe sul teatro ucraino nel periodo post- Maidan, a partire dallo stesso referendum in Crimea svoltosi nel 2014 che ne  sancì il ricongiungimento alla madrepatria.

Ma l’elemento chiave che rappresenta la rottura con il passato è la sconfessione della tradizionale  politica estera italiana della Prima Repubblica, improntata al dialogo con l’Europa dell’Est e con i paesi del Mediterraneo, Giorgia Meloni ha dichiarato testualmente “con la scelta di sostenere l’Ucraina noi possiamo dialogare con i nostri Alleati con pari dignità, noi non siamo più l’italietta  degli accordi sotto banco, la nazione che non mantiene gli impegni e che viene derisa nei consessi internazionali.”

Questa posizione segna una discontinuità reale con decenni di diplomazia “prudente”, bollata di fatto come rinunciataria e senza spina dorsale, non vi è nulla al di fuori del blocco atlantista che rappresenta il nostro immutabile destino, a poco servono i richiami alla figura di Enrico Mattei fatti durante la visita in Algeria, Giorgia Meloni sa perfettamente che Mattei nel dopoguerra  lottò proprio per  affrancare l’Italia dal gioco economico-militare dell’atlantismo e pagò questo suo sforzo realmente patriottico con la vita.

La conversione definitiva della destra italiana in un partito neo-con è arrivata al suo compimento proprio nel momento dell’assunzione delle  responsabilità di governo, del resto nella lotta dura contro il  reddito di cittadinanza, al di là delle evidenti storture attuative, sono evidenti i richiami alla visione dei cosiddetti  Padri fondatori del continente nord americano, in questo Giorgia Meloni ha sostituito egregiamente il Partito Democratico come forza che garantisce un Italia legata a doppio e triplo filo all’Alleanza Atlantica ed al suo dominus americano.

Ora le maschere hanno preso definitivamente forma, nel momento forse più drammatico vissuto dall’Italia dal dopoguerra ad oggi.

Foto: HuffPost

29 gennaio 2023 – fonte: https://www.ideeazione.com/la-destra-di-governo-continuita-o-involuzione/

Non si può tacere sul Donbass e sulle responsabilità di Stati Uniti e Nato sull’Ucraina

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Questo articolo è stato ripreso dal blog del vaticanista Marco Tosatti “Stilum Curiae” il 10/03/2022:

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, mi sembra interessante portare alla vostra attenzione e rilanciare questo commento di Matteo Castagna su InFormazione Cattolica, che ringraziamo per la cortesia, Buona lettura e riflessione. 

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L’EDITORIALE DEL LUNEDI

di Matteo Castagna per https://www.informazionecattolica.it/2022/03/07/solo-i-moderni-farisei-possono-tacere-sul-donbass-e-le-responsabilita-di-usa-e-nato/ 

È SINISTRA UNA MORALE CHE VEDE MORTI DI SERIE A E MORTI DI SERIE B

A emergenza sanitaria non ancora conclusa, è iniziata una guerra dalla portata incerta, i cui venti sembrano minacciare tutto l’Occidente, che ha ragioni profonde. E’ l’implosione del liberal-capitalismo, nichilista e ateo.

In questo periodo è difficile orientarsi, soprattutto perché l’informazione è viziata dalla propaganda, come sempre è avvenuto nel corso della storia. La tendenza dei media mainstream è quella consueta che mira a avvelenarla al fine di creare due opposte tifoserie. In tale contesto, dove le responsabilità sono maggiori, l’ipocrisia viene amplificata da un sinistro pacifismo pieno di retorica, cui segue il destro opportunismo del pensiero debole, pieno di sudditanza culturale e politica, che si traduce nell’ignoranza della verità dei fatti, funzionale agli interessi del più forte. La cosiddetta Destra vive nella cappa, per dirla con Marcello Veneziani, senza avere una propria visione organica e strutturata della geopolitica.

La persona ragionevole dovrebbe trovare un punto di equilibrio nell’analisi degli avvenimenti, sapendo inserirli in una visione del mondo chiara e precisa. E’ superficiale ritenere che questa guerra sia solamente frutto di questioni economiche. E’ fuorviante guardare all’oggi con i parametri del secolo scorso, perché il terzo millennio ha cambiato ogni paradigma. E’ sciocco esaltare la guerra per il carico di morte e sofferenze che provoca ma è miope schierarsi senza conoscere, affidandosi ad artefatti stereotipi, figliastri della peggior falsificazione della realtà per accreditarsi ai tavoli che contano. I vassalli e i servi rimarranno sempre tali, anche se sposano la causa di una Superpotenza.

In ambiente cattolico si sente la mancanza della lungimiranza e della saggezza di Pio XI e di Pio XII. In alcuni luoghi di culto sono tornate le bandiere della pace a primeggiare sugli stendardi di Cristo Re. C’è un diffuso adeguamento alle logiche del Pensiero Unico perché, nel breve termine, è sempre più comodo. Ma davvero il Magistero Perenne ci insegna ad essere pacifisti? Dalla Bibbia, dalla Tradizione e da alcuni documenti della Chiesa risulta senza dubbio che un cattolico non può ritenere che la guerra come tale è contro la legge di Dio e cattiva in se stessa.

La questione morale è ottimamente proposta da Sant’Agostino e chiaramente elaborata da San Tommaso d’Aquino. Affinché sia lecita è richiesto: 1) che sia fatta dalla persona che detiene la massima autorità nello Stato. 2) che non sia condotta per motivi personali cattivii (vendette, conquiste, ambizioni ecc.) ma, 3) per salvaguardare i propri diritti contro il popolo che li viola o li ha violati. Lo scopo della guerra moralmente buona è il mantenimento della giustizia e, quindi, la pace.

L’errore più grande è credere che sbagli chi dichiara guerra perché disturba la pace. La colpa è di colui che ha commesso delle violazioni dell’ordine giuridico e così ha reso necessario che l’altro dichiari la guerra. Come riconosce, però, il Dizionario di Teologia Morale dei cardinali Roberti e Palazzini “la pace è basata sulla giustizia. Chi sconvolge la base, sconvolge l’edificio che poggia su di essa” (Editrice Studium 1955, riedizione Effedieffe 2019).

A tal proposito, solo i moderni farisei possono aver taciuto la terribile situazione del Donbass per ben 8 anni e le grandi responsabilità di Stati Uniti e NATO nel conflitto. E’ sinistra una morale che vede morti di serie A e morti di serie B. La guerra giustamente dichiarata impone delle regole a tutela dei civili, dei bambini, dei prigionieri, obbligando i belligeranti di ogni grado all’obbligo severo di non recare a qualsiasi persona, anche al nemico, danni inutili. I trattati internazionali perdono molto valore ed efficacia quando non tutti i governanti hanno lo stesso sentimento morale riguardo al rispetto del diritto. Esso non può essere grande ove non esiste pietas e soprattutto ove non vi sia la fede soprannaturale in Dio.

Ha scritto il più importante intellettuale russo contemporaneo, Alexandr Dugin: “questa non è una guerra con l’Ucraina. E’ un confronto con il globalismo come fenomeno planetario integrale. E’ un confronto a tutti i livelli – geopolitico e ideologico. La Russia rifiuta tutto nel globalismo – unipolarismo e atlantismo da un lato, liberalismo, anti-tradizione, tecnocrazia dall’altro. E’ chiaro che tutti i leader europei fanno parte dell’élite liberale atlantista. E noi siamo in guerra esattamente con questo. […] L’Occidente moderno dove trionfano i Rothschild, Soros, Shwab, Bill Gates e Zuckerberg, è la cosa più disgustosa della storia del mondo. Non è più l’Occidente della cultura mediterranea greco-romana, né del Medioevo cristiano e nemmeno il ventesimo secolo violento e contraddittorio. E’ un cimitero di rifiuti tossici della civiltà, è anti-civilizzazione“.

Per Dugin è necessario tornare alle radici comuni del vero Occidente classico-cristiano, che sono rimaste in Russia e rigettate progressivamente nei secoli da questa Europa. Più in generale, traendo spunto dalle riflessioni dell’intellettuale russo, questa guerra non è la rottura con l’Europa, ma con questo Occidente scristianizzato e degenerato. Chi vuole un’Europa dei Popoli, libera, sovrana, indipendente, legata alla tradizione dovrebbe dunque contribuire a “rovesciare la giunta globalista antinazionale e costruire una vera casa europea, un palazzo europeo, una cattedrale europea“.

“Tecnocrate argine al sovranismo”: Draghi l’atlantista incoronato nuovo leader Ue

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di Adolfo Spazzaferro

Roma, 19 ott – “Tecnocrate argine al sovranismo”: gli Usa incoronano Mario Draghi candidato leader Ue ideale, anche perché l’ex numero uno della Bce è filo americano. E proprio questo potrebbe essere il problema per la Ue, per stessa ammissione dell’agenzia economica Bloomberg. Sì, perché a differenza della Merkel, l’attuale presidente del Consiglio incarna il multilateralismo spudoratamente atlantista. Ciò detto, Draghi incassa il plauso degli States per una serie di ragioni tutt’altro che rassicuranti. Infatti il motivo principale per cui il premier italiano è ben visto come possibile guida della Ue è perché è un argine efficace al sovranismo e ai movimenti di destra. Ma non solo, è l’uomo giusto per gestire i miliardi Ue del Recovery fund in chiave green. Nonché – e questo preoccupa più di tutto – ha dimostrato fermezza contro i no green pass, non cedendo di un millimetro.

Il plauso alla fermezza contro i no green pass

L’esito delle elezioni amministrative in Italia, con la sconfitta dei “sovranisti”, secondo Bloomberg è una ulteriore prova del successo politico del presidente del Consiglio in chiave moderata. Nell’editoriale dedicato a mister “Whatever It Takes”, in cui appunto di lui si dice che “ha salvato l’euro con tre parole”, si fa riferimento alla situazione in Italia. L’agenzia Usa plaude al pugno di ferro di Draghi nei confronti di chi ha manifestato contro l’obbligo del green pass, citando il caso dei portuali di Trieste. Fermezza riverberata anche nell’esito delle amministrative, dove chi strizzava l’occhio alle proteste è stato penalizzato. E dove invece si sono affermati grigi burocrati, una “sorta di esercito di mini Mario”.

La “fedeltà” agli States

Tuttavia, avverte l’editoriale, “sarebbe un errore considerare Draghi una figura intercambiabile a quella di Merkel o di Macron”. Il premier italiano infatti è molto più vicino agli States. A tal proposito, Bloomberg ricorda il passato di Draghi al Massachusetts Institute of Technology, alla Banca mondiale e a Goldman Sachs. Secondo l’editoriale, il presidente del Consiglio italiano esprime la visione di un multilateralismo nel quale “gli Stati Uniti sono i principali azionisti”. Prova ne è la brusca franata che Draghi ha impresso alla politica italiana di appeasement della Cina. Così come il fatto che sia rimasto in silenzio circa la frattura diplomatica tra Stati Uniti e Francia innescata dall’accordo di sicurezza Aukus.

Un tecnocrate con un problema di legittimità

Infine, pone giustamente in risalto l’editoriale, Draghi è un tecnocrate messo alla guida del governo del Paese dal presidente della Repubblica a causa del fallimento della politica. Ma non è stato eletto da nessuno. Quindi gli manca quella legittimità che ha avuto la Merkel per 16 anni di potere. Ciononostante va da sé che gli States Draghi se lo tengono stretto, come alleato e come potenziale successore della Merkel alla guida della Ue.

Adolfo Spezzaferro

Fonte: https://www.ilprimatonazionale.it/esteri/tecnocrate-argine-sovranismo-draghi-atlantista-incoronato-nuovo-leader-ue-211269/