Autunno nero per le famiglie italiane. Stangata da quasi 3.000 euro

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Segnalazione Wall Street Italia

di Pierpaolo Molinengo

Dopo un’estate contrassegnata dai rincari, la stangata per i consumatori è destinata a proseguire anche in autunno. L’Osservatorio Nazionale Federconsumatori ha stimato che con l’arrivo dell’autunno le famiglie dovranno far fronte ad una stangata pari a 2.924 euro. Un importo più alto di 252,92 euro rispetto all’autunno 2022, quando era già iniziata l’ondata dei rincari.

Diversa, invece, è la previsione di Assoutenti, che ha preso in esame cinque voci di spesa ed ha stimato un maggior esborso di 1.600 euro per le famiglie. Ma vediamo un po’ nel dettaglio dove sono previsti gli aumenti a partire dal prossimo autunno.

Indice:

  1. La stangata d’autunno
  2. Le stime di Federconsumatori
La stangata d’autunno

Le famiglie devono mettere in conto una vera e propria stangata dal prossimo autunno. Ad aiutarci a capire dove saranno i maggiori aumenti ci hanno pensato Assoutenti e Federconsumatori, anche se hanno fatto delle analisi diverse.

Stando alle stime effettuate da Assoutenti, i prodotti alimentari, nel loro insieme costano il 10,7% in più rispetto al 2022. Il trend, nel caso si dovesse confermare nel corso dei prossimi mesi, porterebbe le famiglie a spendere per cibi e bevande – nel periodo compreso tra settembre e dicembre 2023 – 205 euro in più. Tra i prodotti che segneranno i maggiori aumenti ci sono l’olio di oliva e prodotti che sono conservazione, come ad esempio il tonno. Cresce anche il costo della birra e dei prodotti fatti con il grano di importazione e i prodotti per l’infanzia.

Sono previsti degli aumenti – sempre secondo Assoutenti – per quanti decidono di mangiare nei ristoranti e consumare nei bar: nel corso dei prossimi quattro mesi le famiglie devono mettere in conto un aggravio di 28 euro.

Spostarsi in auto

Stangata prevista anche per quanti hanno necessità di spostarsi in auto. Nel caso in cui i listini alla pompa dovessero mantenersi ai livelli attuali, le famiglie che dovessero effettuare due pieni al mese dovrebbero mettere in conto, secondo Assoutenti, una spesa maggiore di 103 euro nell’arco dell’ultimo quadrimestre, rispetto agli ultimi quattro mesi del 2022.

Ma non solo. Le famiglie dovranno fare i conti anche con i rincari delle assicurazioni. Aiped, l’Associazione Italiana Periti Estimatori Danni, ha segnalato alcuni aumenti dei costi delle Rc auto, che costano mediamente il 3,3% in più rispetto allo stesso periodo del 2022. La tariffa media della polizza, a questo punto, arriva a 374 euro.

La stangata sui mutui

Purtroppo i rialzi dei tassi della Bce potrebbero non essere finiti. Andando ad ipotizzare un ritocco dello 0,25% nel corso delle prossime riunioni, Assoutenti ha previsto che la spesa per le rate mensili – sempre nel periodo compreso tra settembre e dicembre 2023 – possano aumentare complessivamente di 1.170 euro rispetto al 2022. L’Euribor a 3 mesi nelle ultime settimane ha rallentato la sua salita, ma da qui alla fine dell’anno continuerà a crescere raggiungendo il picco tra novembre e dicembre.

Il caro energia e la scuola

Il mercato del gas tende al rialzo. Il governo ha rinnovato gli aiuti contro il caro energia per il terzo trimestre dell’anno: il quarto trimestre, però, al momento è scoperto. Questo potrebbe significare che da fine settembre gli aumenti di luce e gas potrebbero pesare di più nelle tasche degli Italiani.

Secondo Assoutenti un’altra stangata arriverà dalla scuola: i prodotti di cartoleria hanno registrato un incremento medio pari al 9,2% su base annua. A pesare su questi prodotti sono i rincari delle materie prime e i maggiori costi di produzione. Le famiglie che devono acquistare da zero tutto il corredo per il figlio che va a scuola devono mettere in cantiere di spendere 50 euro in più rispetto al 2022. A questa spesa si deve aggiungere il rincaro dei libri di testo, che arrivano a costare 45 euro in più. Per i manuali delle scuole medie si registra un incremento dell’8% dei prezzi medi di copertina, che sono stati imposti dagli editori. Per alcuni titoli gli aumenti hanno sfiorato il 12%.

Le stime di Federconsumatori

La stangata per le famiglie è stata confermata anche da Federconsumatori, che ha sottolineato che dovrà essere messo in conto una stangata pari a 2.924,70 euro, ben 252,92 euro in più rispetto all’autunno 2022.

Ma quali sono le voci di spesa che vanno a pesare di più sulle famiglie. Secondo Federconsumatori sono le seguenti:

  • scuola (libri, dizionari, parte del corredo): 906,59 euro;
  • esami/visite mediche: 274,00 euro;
  • bollette di acqua, luce, gas e telefonia: 1.144,11 euro;
  • tari (seconda rata): 171,00 euro;
  • riscaldamento (prima rata): 429,00 euro.

Complessivamente stiamo parlando di una stangata pari a 2.924,70 euro. A cui devono essere aggiunte le spese per la benzina, pari a 586,20 euro, e per l’alimentazione, che ammontano a 1.594,00 euro

 

Pensioni 2024, il tema è sempre più caldo. Le nuove ipotesi

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Segnalazione Wall Street Italia

di Pierpaolo Molinengo
Pubblicato 21 Luglio 2023 • Aggiornato 22 Luglio 2023 08:29

Un tema caldo dell’estate continua ad essere quello delle pensioni e della riforma dell’intero sistema previdenziale italiano. Oggi come oggi, secondo l’ultima rilevazione dell’Istat (che è aggiornata al 31 gennaio 2021), in Italia sono presenti oltre 16 milioni di pensionati, che in un modo o nell’altro percepiscono complessivamente 23 milioni di euro.

Quando si parla di pensioni, è importante anche sottolineare che il nostro paese, in questo momento, è al centro di una congiuntura negativa, innescata dal sovrapporsi di tre diversi fattori:

  • la bassa natalità;
  • l’invecchiamento, anche lavorativo, della popolazione;
  • uno dei tassi più bassi di occupazione dell’Unione europea.

La particolare situazione che si è venuta a creare nel nostro paese ha fatto sì che crescesse la preoccupazione legata alla spesa previdenziale, che è destinata ad aumentare nel corso dei prossimi anni. Secondo una recente stima del Centro Studi di Unimpresa, il costo totale delle pensioni dovrebbe salire a quasi 318 miliardi nel 2023. Continuerà a crescere nel corso dei prossimi quattro anni. La spesa previdenziale, almeno teoricamente, dovrebbe seguire il seguente andamento.

  • 2023: 317,9 miliardi, pari al 15,8% del Pil;
  • 2024: 340,7 miliardi, pari al 16,2% del Pil
  • 2025: 350,9 miliardi, pari al 16,1% del Pil
  • 2026: 361,8 miliardi, pari al 16,1% del Pil

Andando a vedere quanto peseranno in futuro le pensioni, risulta difficile per il governo Meloni aprire, in qualche modo, un discorso legato alle pensioni anticipate. Ma vediamo quali sono le ipotesi presenti sul tavolo.

Pensioni, le ipotesi

Quali Quote saranno adottate nel corso del 2024? Capire quale strada possa essere intrapresa dalla riforma previdenziale diventa sempre più difficile. Il problema maggiore è costituito dalle risorse, che in qualche modo il governo dovrebbe riuscire a reperire per poter superare, almeno in parte, la Legge Fornero nel corso dei prossimi anni.
Sul tavolo delle ipotesi, in questi giorni, ha fatto capolino Quota 96, che potrebbe essere riservata ai lavoratori impegnati in attività gravose e usuranti. Si parla di Quota 41 contributiva e di proroga di Quota 103.

Quota 103, si parla di una proroga

Quota 103, che prevede l’uscita dal mondo del lavoro al compimento dei 62 anni con almeno 41 anni di contributi, è destinata a finire il 31 dicembre 2023. Una delle ipotesi messe sul tavolo è che questa opzione possa essere prolungata per tutto il 2024. Si ipotizza di andare a ritoccare leggermente la misura. Per il momento questa sembra essere una soluzione percorribile.

Ricordiamo a quanti dovessero decidere di andare in pensione con Quota 103, questa misura non è cumulabile con qualsiasi altra attività lavorativa, anche se è svolta all’estero. L’unica eccezione prevista è la possibilità di svolgere un lavoro autonomo occasionale entro il limite massimo di 5.000 euro lordi ogni anno.

Pensioni: Quota 41 contributiva

L’obiettivo della Lega è quello di aprire la strada, prima della fine della legislatura, ad una Quota 41 in forma secca. La misura, almeno nelle intenzioni, prevederebbe la possibilità di andare in pensione con 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età raggiunta.

Purtroppo, però, questa misura risulta essere particolarmente costosa. Si parla di una spesa prevista per il primo anno di almeno 4 miliardi di euro. Questo è il motivo per il quale si starebbe pensando ad un Quota 41 temporanea, che prevede il ricalcolo contributivo dell’assegno. Questa operazione porterebbe ad una riduzione del 10-15% della spesa prevista.

Ricordiamo che già adesso è presente una Quota 41, a cui possono accedere i lavoratori che, al 31 dicembre 1995, potevano far valere almeno 12 mesi di versamenti antecedenti al compimento del diciannovesimo anno d’età: stiamo parlando dei cosiddetti lavoratori precoci. I disoccupati, i caregiver e gli invalidi civili con oltre il 745 di invalidità hanno la possibilità di accedere a questa misura.

Pensioni: la nuova Quota 96

Una delle tante ipotesi che stanno circolando in queste ore è Quota 96. Questa misura darebbe la possibilità di andare in pensione a 61 anni con 35 di contributi. Potrebbero, però, accedere a questa misura solo determinate categorie. Tra i possibili beneficiari ci sarebbero i lavoratori impegnati in attività usuranti e gravose.

Quota 96 non è una novità assoluta nel panorama italiano, perché era già stata in vigore nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2011 ed il 31 dicembre 2012. All’epoca era possibile andare in pensione al raggiungimento almeno dei 60 anni, mentre i contributi non potevano essere inferiori a 35 anni. In altre parole significava andare in pensione a 61 anni e 35 di contributi o 60 anni di età e 36 di contributi

I prossimi passi e le scadenze da rispettare

Quali sono i prossimi passi della riforma previdenziale? Per il 26 luglio è stato fissato un tavolo tecnico dedicato alla flessibilità di uscita dal mondo del lavoro. I successivi incontri tra il governo e le parti sociali dovrebbero arrivare a settembre, quando si dovranno affrontare i temi legati ai trattamenti pensionistici delle donne e della previdenza complementare. Di questi argomenti se ne parlerà tra il 5 ed il 18 settembre.

Al termine di queste riunioni il governo deciderà come muoversi sulle pensioni.

Inflazione e caro vita erodono i depositi nei conti correnti

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Segnalazione di Wall Street italia

di Pierpaolo Molinengo
9 Giugno 2023

Diminuiscono le somme depositate sui conti correnti dalle famiglie. I risparmiatori sono sempre più condizionati dalle scelte effettuate dalla Banca Centrale europea, che ha letteralmente frantumato il potere d’acquisto.

L’inflazione e l’aumento dei tassi hanno costituito, senza dubbio, un mix perfetto che sta letteralmente spazzando via la ricchezza accumulata nel corso di questi anni dai risparmiatori. In estrema sintesi, questo è quanto emerge dalla recente ricerca realizzata da Fabi (Federazione Autonoma Bancari Italiani), “L’inflazione e la forbice dei tassi d’interesse: i rialzi della Bce e i vantaggi delle banche”. 

I prezzi che aumentano sempre di più, i prestiti sempre più onerosi e la continua perdita del potere d’acquisto sono alcuni dei meccanismi che stanno minando dalle fondamenta il tesoretto costruito nel corso degli anni dagli italiani.

Solo per avere un’idea, nel periodo compreso tra dicembre 2021 e marzo 2023, il saldo totale dei conti correnti delle famiglie e delle imprese è calato di oltre 61 miliardi di euro, passando dai 2.076 miliardi a 2.015 miliardi. Nell’arco dei tre mesi compresi tra dicembre 2022 e marzo 2023 il saldo negativo sui conti correnti è stato pari a 50 miliardi di euro.

Conti correnti sempre più vuoti

Le famiglie per far fronte alle spese devono sempre di più utilizzare i risparmi depositati sui conti correnti. Cos’è che sta determinando questa forte emorragia di risparmi?

Nel corso degli ultimi due anni le famiglie e le imprese sono state obbligate a far ricorso ai salvadanaio per far fronte al caro vita e all’inflazione, che come riporta Fabi nel suo report “non solo hanno invertito la tendenza al risparmio delle famiglie, pressoché prossima allo zero nei primi cinque mesi (in media pari allo 0,2% da gennaio a maggio) e con tassi di decrescita crescenti nel restante semestre, ma hanno dunque cominciato a erodere le riserve accumulate dal sistema produttivo italiano (per una percentuale pari all’1,4% ovvero 4,4 miliardi di euro), privo ormai di risorse finanziarie da devolvere agli investimenti”.

Se si vanno ad analizzare le giacenze sui conti correnti, tra il mese di dicembre 2021 e marzo 2023 sono stati saccheggiati qualcosa come 61 miliardi di euro: fondi utilizzati per far fronte ai danni economici subiti per l’inflazione e il ridotto potere d’acquisto.

Si utilizzano sempre di più i risparmi

Le famiglie e le imprese fanno sempre uso di quanto depositato sui conti correnti per far fronte alle spese quotidiane. Il report Fabi mette in evidenza che “il saldo complessivo di depositi e conti correnti a dicembre 2021 era di 2.076,8 miliardi di euro, contratto a 2.065,5 miliardi già a dicembre del 2022, per poi diminuire ulteriormente a scarsi 2.000 miliardi alla fine del primo trimestre del 2023”.

Un vero e proprio allarme rosso sui conti correnti delle famiglie viene registrato nel corso del primo trimestre 2023: in questo periodo diventa quanto mai difficile per i consumatori far fronte alla sfrenata risalita dei prezzi con la propria capacità reddituale. Per poter tenere il passo con l’aumento dei prezzi devono continuare ad erodere pesantemente la liquidità depositata sui conti correnti. Secondo Fabi, a fine marzo dell’anno in corso, i depositi delle famiglie si contraggono del 2,14% – raggiungendo il valore di 1.149 miliardi di euro – e quello delle imprese di un 7,56%, attestandosi a scarsi 390 miliardi.

Le conseguenze

I risparmi continuano a diminuire per far fronte al caro vita e all’inflazione. Sicuramente la prima conseguenza di questa situazione è il rischio che le famiglie non abbiano da parte un gruzzoletto sufficiente a far fronte a delle spese impreviste.

Secondo Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, il protrarsi di questa situazione potrebbe avere una conseguenza pesante:

vedere aumentare le disuguaglianze sociali. Il potere d’acquisto degli stipendi, purtroppo, è tornato indietro di 25 anni. La soluzione va quindi cercata nel rinnovo dei contratti collettivi di lavoro, alcuni scaduti anche da più di cinque anni, con importanti aumenti economici. Chi ha liquidità sul proprio conto corrente è particolarmente colpito perché i suoi soldi valgono sempre meno. Per questo è fondamentale che le banche, che hanno beneficiato dell’aumento del costo del denaro, adesso restituiscano alla clientela una parte di quei benefici alzando i tassi d’interesse sui conti correnti. Sono argomenti importanti per la collettività e ne parleremo da lunedì 12 giugno, al nostro congresso nazionale, quando avremo l’occasione di confrontarci con gli amministratori delegati di tutti i più importanti gruppi bancari italiani e con i rappresentanti dell’Abi.

Sanatoria fiscale, quali tasse e multe si possono rottamare nel 2023?

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Segnalazione di Wall street Italia

di Pierpaolo Molinengo

Attraverso le sanatorie fiscali di multe e tasse, il Governo ha intenzione di alleggerire, almeno in parte, le tensioni che si sono create tra i cittadini e le varie entità fiscali. Le famiglie, a causa della pandemia e delle varie difficoltà finanziarie ed economiche, sono stati messe a dura prova nell’arco degli ultimi anni. Per questo le sanatorie fiscali si muovono principalmente su tre fronti:

  • ravvedimenti;
  • la risoluzione delle liti con l’Agenzia delle Entrate;
  • lo stralcio dei crediti, che sono ritenuti inesigibili.

Nell’ottica di allentare le possibili tensioni tra erario e contribuenti, l’esecutivo ha lavorato su criptovalute, multe e mini cartelle, in modo da permettere ai soggetti interessati di sanare eventuali posizioni ancora aperte.

Sanatoria fiscale, la rottamazione delle multe

Capitolo importante della sanatoria fiscale prevista dal Governo guidato da Giorgia Meloni, è la rottamazione delle pendenze fiscali. Le cartelle esattoriali, con importi inferiori a 1.000 euro gestite direttamente dall’ente di riscossione dal 2000 al 2015, possono essere rottamate. Previo accordo con gli enti locali. Attenzione, però, che le spese di riscossione devono essere rimborsate.

All’interno della rottamazione rientrano anche le multe. In questo caso le ammende devono essere pagate senza l’aggiunta delle sanzioni e degli eventuali interessi di mora. I diretti interessati hanno tempo a saldare le multe, comprensive delle eventuali spese sostenute per la riscossione, entro e non oltre il 31 luglio 2023. In alternativa è possibile scegliere il versamento in 18 rate, con un interesse pari al 2%.

Cosa succede alle controversie tributarie

Eventuali liti pendenti al 1° gennaio 2023 potranno beneficiare della sanatoria fiscale seguendo diverse procedure. Quelle che risultano essere ferme al primo grado, che corrisponde alle commissioni tributarie provinciali, possono essere definite saldando il 90% della somma richiesta dell’erario. Le pendenze giunte alle commissioni tributarie regionali possono essere chiuse versando il 40%, nel caso in cui la sentenza in primo grado abbia dato ragione al contribuente.

Nel caso in cui il contribuente abbia vinto anche in secondo grado, ha la possibilità di versare il 15%. La stessa percentuale vale anche nel caso in cui il ricorso sia arrivato in Cassazione e il contribuente abbia ottenuto ragione in entrambi i gradi di giudizio.

La rinuncia agevolata rientra nel concetto di pace fiscale. Questa è, in estrema sintesi, una sanatoria fiscale che permette al contribuente di rinunciare entro al 30 giugno 2023 alle liti fiscali, che sono arrivate direttamente in Cassazione e che abbiano come controparte l’Agenzia delle Entrate. Nel caso di rinuncia, è necessario pagare la cifra pretesa dall’erario con i relativi interessi: le sanzioni, però, sono ridotte.

Sanatorie in vista anche per gli avvisi bonari

Il legislatore ha previsto una sanatoria fiscale anche per quanti abbiano ricevuto un avviso bonario, in seguito a dei controlli automatizzati effettuati direttamente dal fisco. Quanto viene reclamato dall’Agenzia delle Entrate può essere definito in maniera agevolata, purché il termine di pagamento non sia già scaduto

Gli atti di accertamento formale possono sottostare ad un’agevolazione, nel caso in cui non siano stati impugnati dal contribuente. L’operazione deve avvenire all’interno dei termini fissati per il ricorso. In questo caso, per gli accertamenti di contestazione notificati fino al 31 marzo del 2023, le sanzioni sono ridotte da un terzo a un diciottesimo di quanto definito per legge.

Ultimo capitolo è quello riservato alle criptovalute: i guadagni ottenuti con questi investimenti non sono tassati fino a 2.000 euro. Per quanto riguarda i guadagni ottenuti fino al 31 dicembre 2021, il contribuente è tenuto a presentare una domanda di emersione e riconoscere un’imposta sostitutiva pari al 3,5%.

Pace fiscale, come funziona ed entro quando aderirvi

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di Pierpaolo Molinengo

Come funziona la pace fiscale? Ma soprattutto quali sono le caratteristiche che contraddistinguono la sanatoria delle liti pendenti? Il nuovo esecutivo ha intenzione di smaltire il lavoro delle autorità competenti, che sono alle prese con almeno decine di migliaia di impugnazioni. Attraverso la definizione agevolata, si vogliono portare nuove risorse economiche all’erario.

ricordiamo che nel concetto di pace fiscale rientra anche il capitolo connesso alla sanatoria delle liti tributarie. Lo scopo è quello di andare a ridurre le almeno 47mila impugnazioni, sulle quali la Corte di Cassazione è stata chiamata a statuire.

Pace fiscale, la rottamazione delle cartelle esattoriali

La pace fiscale è, a tutti gli effetti, una rottamazione delle cartelle esattoriali, alle quali i contribuenti, in questi anni, hanno provveduto a fare opposizione. Queste vere e proprie liti, possono essere chiuse pagando delle cifre che oscillano dal 5% al 20% del valore della lite.

La principale condizione che deve essere rispettata, per poter accedere a questa pace fiscale, è che il contribuente abbia ottenuto ragione presso la Commissione Tributaria Provinciale o presso la Commissione Tributaria Regionale.

Sostanzialmente il funzionamento della pace fiscale è strettamente legato al grado di giudizio, che ha dato torto all’Agenzia delle Entrate. A questo punto entrano in gioco due diversi meccanismi:

  • nel caso in cui l’Agenzia delle Entrate risulti sconfitta in uno solo dei due gradi di giudizio (presso la commissione provinciale o quella regionale), la lite può essere annullata per somme fino a 50.000 euro, pagando un importo pari al 20% di quello vantato dal fisco;
  • nel caso in cui l’Ade dovesse risultare sconfitta in entrambi i gradi di giudizio è possibile annullare le cartelle esattoriali fino ad un massimo di 100.000 euro, versando il 5% del valore della controversia.
Entro quando è possibile aderire

Attenzione, però, che i tempi per poter aderire alla pace fiscale sono particolarmente stretti. I diretti interessati hanno tempo per chiedere la sanatoria fino al 16 gennaio 2023. Sono, quindi, complessivamente 120 giorni a partire dal 16 settembre 2022, la data in cui è entrata in vigore la Legge n. 130/2022, con la quale venivano normate le nuove disposizioni in materia di processi tributari.

Per poter accedere alla pace fiscale è necessario presentare un’apposita domanda, così come è stato deliberato direttamente dall’Agenzia delle Entrate, attraverso il provvedimento 356446/2022. È necessario compilare l’apposito formulario ed inviarlo via Pec direttamente alla sede dell’Agenzia delle Entrate competente.

Nel momento in cui il contribuente deposita la domanda per la pace fiscale, deve provvedere a versare il 5% o il 20% del valore della lite. Da questo importo è necessario sottrarre quanto già versato in precedenza. Nel caso in cui siano già state versate delle somme superiori a quella dovuta, non sono previsti dei rimborsi.

È possibile presentare la domanda, per la definizione agevolata, per le liti che erano già pendenti presso la Corte di Cassazione fino alla data del 16 settembre 2022. Per essere considerate pendenti, il contribuente deve avere ricevuto notifica del ricorso alla medesima data.

Pensioni minime, in arrivo un nuovo aumento a dicembre

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Segnalazione Wall Street italia

di Pierpaolo Molinengo

Regalo sotto l’albero per i pensionati italiani: le pensioni minime di dicembre saranno più alte. Nei cedolini arriveranno, infatti, la tredicesima, il bonus 155 euro – anche se saranno in pochi a beneficiarne – la perequazione e i vari conguagli effettuati dall’Inps. Ricordiamo che già le pensioni di ottobre e novembre sono state riviste verso l’alto: è arrivato l’aumento provvisorio del 2% per quanti stessero percependo un assegno previdenziale al di sotto dei 2.692 euro e dello 0,2% per la periodica indicizzazione.

Solo e soltanto per la mensilità di novembre 2022, i contribuenti che percepiscono dei redditi inferiori a 20 mila euro, hanno percepito il bonus 150 euro, che è stato previsto dal decreto Aiuti ter. Buone notizie, comunque, anche a dicembre: le pensioni minime saranno più pesanti. Scopriamo di quanto.

Pensioni minime, ecco cosa succede a dicembre

Così come è accaduto nel corso dei mesi di ottobre e novembre, le pensioni minime di dicembre saranno più alte di 11,52 euro. L’aumento è pari al 2,2%, mentre l’assegno previdenziale toccherà i 535,35 euro. A questo importo dovrà essere aggiunta la tredicesima, sulla quale dovrà essere applicato l’adeguamento del 2,2% e che, calcolata su tutto il 2022, arriverà a quota 535,50 euro. Discorso a parte, invece, per chi è andato in pensione nel corso del 2022: in questo caso riceverà una tredicesima proporzionata al numero di mesi nei quali è stato effettivamente in pensione. Ogni mese corrisponde a 44,61 euro.

I contribuenti che non raggiungono il reddito complessivo di 6.915,55 euro hanno diritto ad accedere a un ulteriore bonus. Questa particolare misura, che è stata introdotta attraverso la Legge di Bilancio 2001 (in quel periodo si chiamava ancora Legge Finanziaria) prevede l’erogazione di un importo pari a 154,94 euro, che viene erogato a quanti stanno percependo una pensione dall’Inps, con l’esclusione di chi riceve assegni sociali o di invalidità civile, o sia un ex dipendente di un ente creditizio o un dirigente d’azienda.

A chi spetta questo particolare bonus

Battezzato anche come bonus tredicesima, il contributo da 154,94 euro viene erogato a quanti abbiano una pensione compresa tra 6.815,55 euro e 6.971,49 euro. Per riuscire ad accedere al bonus tredicesima – oltre ai limiti di reddito pensionistico – è necessario essere in possesso di un reddito personale inferiore a 10.043,87 euro o 20.087,73 se coniugati. Facendo due conti, quindi, sommando la tredicesima al bonus tredicesima, la pensione minima a dicembre sarà pari a 1.225,64 euro.

Pensioni, indice di rivalutazione

Con la circolare n. 120 del 26 ottobre 2022, l’Inps ha definitivamente concluso le attività di rivalutazione delle pensioni. Nel testo di questo documento si legge, infatti, che “al fine di contrastare gli effetti negativi dell’inflazione per l’anno 2022 e al fine di sostenere il potere di acquisto delle prestazioni pensionistiche, il conguaglio per il calcolo della perequazione delle pensioni per l’anno 2021 sarà anticipato, in via eccezionale, al 1° novembre 2022″.

L’Inps ha provveduto a spiegare nel dettaglio che, ai fini del calcolo dell’importo da considerare per quanto concerne la perequazione, devono essere prese in considerazioni le prestazioni pensionistiche, che sono assoggettabili al regime della perequazione cumulata. Queste prestazioni sono memorizzate all’interno del casellario centrale delle pensioni ed erogate da enti diversi dall’Inps.

Bonus e aiuti: alcuni arriveranno in busta paga, altri direttamente a casa

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di Pierpaolo Molinengo

A dicembre sono in arrivo alcuni bonus ed aiuti direttamente in busta paga. Altri sussidi, invece, arriveranno direttamente nelle tasche dei contribuenti. I lavoratori dipendenti riceveranno entro la fine del 2022 fringe benefit esentasse più alti, il credito d’imposta, la possibilità di rateizzare le bollette e il bonus sociale per le famiglie meno abbienti. Questi, in estrema sintesi, sono gli aiuti che il governo guidato da Giorgia Meloni ha previsto con il Decreto Aiuti Quater, che è stato approvato dal Consiglio dei Ministri e di cui, ora, si attende la pubblicazione in “Gazzetta Ufficiale”.

Sostanzialmente siamo davanti a un intervento del valore di 9,1 miliardi di euro. È destinato a fronteggiare la crisi energetica e la questione, più generale, del caro vita. In estrema sintesi, il testo ha prorogato i bonus e gli aiuti in busta paga, che erano già stati previsti dal precedente governo, guidato da Mario Draghi. Sono state, inoltre, introdotte alcune novità il cui scopo è quello di rendere meno complesso ai lavoratori, almeno sotto il profilo economico, l’ultima parte dell’anno. Grazie ai bonus e ai contributi che arriveranno nel corso delle prossime settimane direttamente in busta paga, il salasso delle bollette dovrebbe essere più leggero per molti italiani. Soprattutto per quelli che appartengono alla classe sociale medio-bassa e per le aziende energivore.

I bonus previsti a fine anno

Gli aiuti non arrivano unicamente ai lavoratori dipendenti. Fino alla fine dell’anno è stato confermato il credito d’imposta del 40% alle aziende, che sono costrette a consumare di più. L’agevolazione arriva come uno sconto diretto nelle bollette di luce e gas. La misura è riservata alle imprese che hanno la sede sociale in Italia: permette di rateizzare gli importi eccedenti l’importo medio contabilizzato nell’intero 2021 per i consumi effettuati nel periodo 1° ottobre 2022 – 31 marzo 2023 e fatturati entro il 31 dicembre 2023.

Anche a dicembre è confermato il cosiddetto bonus sociale, che fino a oggi ha permesso di sterilizzare gli aumenti delle bollette, almeno per le famiglie con un Isee fino a 12 mila o 20 mila euro nel caso in cui si tratti di una famiglia con figli. Nel momento in cui sarà approvata la Legge di Bilancio, potrebbe cambiare il meccanismo di erogazione.

Molto probabilmente sarà eliminato il vincolo Isee. Il bonus, però, potrebbe essere limitato alle fasce sociali meno abbienti: il nuovo meccanismo, per il momento, è ancora in fase di elaborazione, ma sembra che renderà la fruizione più rapida. Sono molte le famiglie che rientrano nella platea dei potenziali beneficiari, ma non hanno ricevuto il sostegno perché non hanno ancora presentato la Dichiarazione Sostitutiva UnicaGiancarlo Giorgetti, Ministro dell’Economia, starebbe ragionando sulla possibilità di sfruttare la modifica per allargare ulteriormente la platea o rendere più forte lo sconto, andando a ridurre ulteriormente il costo di luce e gas per i meno abbienti.

Agevolazioni in busta paga

Tra le agevolazioni che arrivano direttamente in busta paga ci sono i fringe benefit, la cui soglia esentasse passa da 600 a 3.000 euro. I datori di lavoro potranno utilizzare questo strumento – che è totalmente a loro carico – per fornire beni e servizi ai propri dipendenti. Tra questi possono rientrare anche le utenze di luce, acqua e gas di casa.

Questi bonus, direttamente in busta paga, sono una vera e propria misura di welfare, che i datori di lavoro hanno la possibilità di erogare ai propri dipendenti, sotto forma di voucher per affrontare varie spese, come visite mediche, buoni pasto, prestiti agevolati, auto aziendali, bollette. Il precedente esecutivo, guidato da Mario Draghi, aveva portato il tetto dei fringe benefit esentasse da 258,23 a 600 euro. Il nuovo decreto ha quintuplicato la somma massima esentasse che le aziende possono erogare ai propri dipendenti.

Assicurazione casa: si va verso l’obbligo per le catastrofi naturali

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Il mondo scristianizzato si “assicura” contro i castighi divini…(n.d.r.)

Segnalazione di Wall Street Italia

di Pierpaolo Molinengo

Serve un’assicurazione obbligatoria per le catastrofi naturali? Secondo gli esperti sì, dato che meno del 5% delle abitazioni degli italiani è coperta da una polizza contro le catastrofi. Per comprendere meglio la situazione che caratterizza l’Italia, è bene prendere in considerazione un altro dato: il 75% degli immobili è esposto ad un rischio significativo quando si parla di catastrofi.

A mettere nero su bianco questi dati allarmanti è l’Ania, che torna nuovamente a sollecitare l’introduzione di un’assicurazione obbligatoria. Il nostro paese è a rischio: per questo diventa sempre più importante che le famiglie italiane provvedano a proteggere i propri immobili. Lo Stato, anche alla luce delle crescenti difficoltà con i conti, difficilmente potrà intervenire in caso di danni particolarmente gravi, come è spesso accaduto in passato.

Assicurazioni, come si muove il mercato

Le famiglie stanno diventando sempre più sensibili su questo argomento. 11,9 milioni di assicurazioni legate alla casa erano attive a fine marzo 2022: una crescita del 5,9% rispetto allo stesso periodo del 2021. I numeri appaiono ancora migliori se confrontati con lo stesso periodo del 2020, rispetto al quale è stata registrata una crescita del 14,4%. A condizionare il comportamento dei consumatori è stato il clima di generale fragilità causato dalla pandemia e dagli eventi catastrofali, che hanno suggerito a molte persone di utilizzare una maggiore prudenza.

La metà delle assicurazioni – il 49% per essere più precisi – sono delle polizze multirischio. Questo tipo di prodotto, comunque, è in diminuzione di cinque punti percentuali rispetto allo stesso trimestre del 2021. Il 39% delle polizze assicurano il solo rischio incendio (in questo caso la tendenza è in aumento del 5%). Il 10% delle assicurazioni è costituito da polizze globale fabbricati, mentre lo 0,4% sono delle polizze che coprono unicamente il rischio terremoto, senza la copertura dal rischio incendio.

I contratti di assicurazione preferiti

Secondo la ricerca dell’Ania, stanno crescendo le assicurazioni che coprono il rischio terremoto, collegato ai danni da alluvione. Dando un’occhiata, invece, alle somme assicurate, il 47% degli immobili ad uso abitativo sono coperti da polizze globali fabbricati. Il 33% delle assicurazioni è una polizza multirischio, mentre oltre il 19% è monorischio.

Indipendentemente dal tipo di copertura, che si andrà a scegliere, è particolarmente importante che all’interno del contratto sia indicato il valore che si ha intenzione di proteggere. Quando la polizza è a valore d’uso, il risarcimento sarà pari al valore che la cosa ha nel momento in cui è avvenuto il danno. Se, invece, l’assicurazione è a valore a nuovo, l’indennizzo sarà pari al valore di riacquisto della cosa assicurata ha nel momento in cui avviene il danno, senza nessun deprezzamento.

Assicurazione obbligatoria contro le catastrofi

Probabilmente è il momento di una vera e propria svolta. Maria Bianca Farina, presidente dell’associazione delle imprese assicuratrici operanti in Italia, afferma:

“La nostra proposta è di allineare la legislazione italiana a quella di gran parte degli altri Paesi europei. Dotarci finalmente di uno schema assicurativo obbligatorio pubblico-privato contro le catastrofi naturali. L’obiettivo è stimolare la protezione sostenibile dei nostri cittadini e assicurare omogeneità di garanzie fra i Paesi europei”.

Ovviamente questa proposta non piace alle associazioni dei consumatori, che sottolineano che non è possibile obbligare i cittadini a stipulare polizze contro i cambiamenti climatici, anche e soprattutto in considerazione che la cura del territorio e gli interventi contro il dissesto idrogeologico sono a carico dello Stato, che deve garantire la sicurezza delle abitazioni private.