La manipolazione del potere e gli antidoti

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QUINTA COLONNA

di Matteo Castagna

Gianluca Magi è uno storico delle idee e delle religioni ed un filosofo particolarmente prolifico di scritti e opere interessanti. E’ alla VI ristampa 2021 di Goebbels. 11 tattiche di manipolazione oscura per quelli di “Piano B Edizioni”.

“La propaganda è un’arte, non importa se questa racconti la verità” – Joseph Goebbels.

Il desiderio di dominio dell’uomo sull’uomo, le strategie di manipolazione, il controllo sociale e l’arte dell’inganno sono antiche quanto la storia dell’umanità. Per molti rappresentano l’arma più potente nel gioco del potere. L’essere umano contemporaneo è ridotto ad un soggetto passivo e il pensiero critico è sacrificato alla claustrofobia digitale.

Dalle 30.000 pagine che costituiscono i Diari (Tagebucher) di Joseph Goebbels, scritti dal 1923 al 1945, dalla sua vasta produzione pubblicistica, Gianluca Magi ha desunto 11 principi operativi di propaganda e manipolazione, assieme ad altri insigni collaboratori. L’attualità delle tecniche utilizzate dal Prof. Goebbels paiono molto simili a quelle del mainstream odierno e di molta controinformazione prezzolata, funzionale al Sistema di potere, perché controlla e mantiene nel recinto le masse, fingendo un’opposizione fittizia e, quindi, completamente inutile e priva di risultati.

Queste tattiche si basano sul presupposto dell’incapacità di giudizio delle masse. Se leggiamo il famosissimo testo di Gustave Le Bon Psicologia delle folle che ebbe gran successo tra il 1910 e il 1930, ci rendiamo conto che esse sono caratterizzate da: 1. Impulsività, mutevolezza, irritabilità. 2. Suggestionabilità e credulità tanto da poter osservare completa uguaglianza del dotto e dell’imbecille nella folla. 3.Esagerazione e semplicità dei sentimenti delle masse. Esse non conoscono né il dubbio, né l’incertezza e si pongono sempre agli estremi. 4. Intolleranza degli avversari e obbedienza assoluta a capi carismatici, mancanza di senso critico personale fino all’adulazione e all’idealizzazione di chi si identifica come leader.

Goebbels, così come tutti gli esperti di comunicazione, propaganda e manipolazione sono consapevoli delle dinamiche e delle caratteristiche indicate dallo studio del medico Gustave Le Bon e, pertanto, si possono scorgere in loro almeno una delle 11 caratteristiche che sono state individuate da Gianluca Magi:

  1. Semplificazione e nemico unico: adottare una sola idea, un unico simbolo. Scegliere un avversario e insistere sull’idea che sia lui la fonte di tutti i mali. nei mass media l’applicazione di questo principio consiste nel giocare la carta della confusione, amplificando ed enfatizzando una presunta dichiarazione o gesto, così da renderli “criminali” e creare nell’ascoltatore il convincimento che quello sia il vero male dei mali.
  2. Unanimità. Condurre la gente a credere che le opinioni espresse siano condivise da tutti. Creare l’illusione che siano opinioni approvate, universalmente diffuse e professate. In tal modo si crea una falsa impressione di umanità.
  3. Volgarizzazione. Tutta la propaganda deve essere popolare, semplice, chiara, stereotipata, fare appello ai sentimenti e alla fantasia, adattandosi al meno intelligente degli individui ai quali è diretta. Quanto più grande è la massa da convincere, più piccolo deve essere lo sforzo mentale da realizzare. la capacità ricettiva delle masse è molto limitata e la loro comprensione media scarsa, così come la loro memoria.
  4. .Orchestrazione. La propaganda deve limitarsi a un piccolo numero di idee e slogan e ripeterli instancabilmente, senza dubbi né incertezze. Uniformi nei principi e multiformi nelle sfumature: presentarli sotto diverse prospettive e forme, però convergendo sempre sullo stesso concetto. Una menzogna, tanto più è sfrontata e ripetuta, tanto più risulta convincente. La parola propaganda fu usata per la prima volta da papa Gregorio XV, allorché istituì nel 1622 la Sacra Congregazione De propaganda fide (“sulla fede da diffondere”) un’eccellente organizzazione che servì a contrastare la crescente minaccia protestante.
  5. Continuo rinnovamento. Occorre pubblicare costantemente informazioni e argomenti nuovi, anche non strettamente pertinenti, per denigrare l’avversario a un tale ritmo che, quando eventualmente risponderà, il pubblico sarà già interessato ad altre cose. Le risposte dell’avversario non devono mai avere la possibilità di fermare il livello crescente delle accuse. Questo metodo è utilizzato, fin dalla Riforma luterana, con i mezzi del progresso, contro la Chiesa Cattolica, accusata di ogni peggior crimine come l’Inquisizione, il processo a Galileo Galilei, le Crociate, la morale sessuale.L’addetto stampa di Goebbels, il dott. Wilfred Von Oven disse che “Propaganda significa combattere su tutti i campi di battaglia dello spirito, generare, moltiplicare, distruggere, sterminare, costruire, abbattere”. Se ci pensiamo è ciò che dal Concilio Vaticano II i “papi conciliari” ed i loro collaboratori stanno facendo nei confronti della Tradizione Cattolica e della liturgia.
  6. Contagio psichico. Riunire diversi avversari in una sola categoria o in un solo individuo. “L’uomo se non è percosso, non apprende” – Menandro – Epigrafe greca dei Diari di Goebbels 17/10/23 – 25/06/24 La propaganda è sempre un mezzo in vista di un fine. La propaganda che ottiene i risultati desiderati è buona. Così, la propaganda è il primo passo verso l’organizzazione.
  7. Trasposizione e contropropaganda. Scaricare costantemente sull’avversario i propri errori, difetti e responsabilità. Rispondere all’attacco con l’attacco. Surrogarsi all’avversario nelle sue vittorie. Se non è possibile negare le cattive notizie, se ne inventino di nuove per distrarre e incolpare qualcun altro. nel mondo moderno i media spesso fungono da “arma di distrazione di massa” da un vero problema verso uno più futile ma di interesse.
  8. Esagerazione calcolata e travisamento. Trasformare qualunque aneddoto, per piccolo che sia, in minaccia grave. Il continuo “allarme fascismo”, a seguito di futili episodi di cronaca da parte  di certi giornalisti e di alcuni media è giunto al grottesco ma su una fascia di popolazione che si vuole coccolare per mantenerne certo il voto, la tessera o l’acquisto del quotidiano, fa ancora presa. Nella cosiddetta falsa controinformazione, invece, prende piede un altro inganno: “stiamo assumendo al nostro servizio tutti gli esperti di profezie occulte – scriveva Joseph Goebbels nei suoi Diari – che riusciamo a trovare. Nostradamus dovrà rassegnarsi una volta di più ad essere citato”. E non solo lui. Pur di eccitare le passioni del volgo per crearsi una “pétite Eglise” o un piccolo orto ove raccogliere generosi oboli, o una visibilità personale a causa di frustrazioni, si scomodano i santi, i profeti e l’Apocalisse al fine di accalappiare creduloni e persone generalmente in disagio sociale o crisi religiose.
  9. Silenziamento. Passare sotto silenzio le cattive notizie e le domande sulle quali non ci sono argomenti e dissimulare con diversivi le notizie che potrebbero favorire l’avversario. Tipico delle sètte non solo religiose. “Non voltarti, continua a marciare”! – direbbe Goebbels, perché non deve giungere all’adepto alcun dubbio sulle persone o sui loro comportamenti poco ortodossi.
  10. Verosimiglianza. Costruire argomenti fittizi a partire da fonti diverse, attraverso i cosiddetti palloni sonda, o attraverso informazioni frammentarie, o calunnie e presentare questi argomenti come confermati da fonti solide, autorevoli e diversificate, se necessario, anche prezzolate. Il lettore contemporaneo faccia da sé il parallelismo più adeguato.
  11. Trasfusione. Diffusione di argomenti che possano mettere le radici in atteggiamenti emotivi e primitivi, tra cui pregiudizi, odi, amori.

E’ chiaro che per non cadere nelle trappole della propaganda e della manipolazione sono necessari degli anticorpi. Il primo è la ragionevolezza, il secondo è la prudenza, il terzo è lo studio, il quarto è l’informazione diretta, il quinto è una vita sociale attiva ed eterogenea, il sesto è il confronto con persone assolutamente fidate, il settimo è un’esperienza di vita personale in più ambienti, l’ottavo è il retto discernimento che proviene da un buon senso critico basato sui dati fattuali e sulla logica, il nono è la capacità di comprendere le menzogne e smascherarle, il decimo è costruirsi una rete di informatori ampia e molto credibile, l’undicesimo, che racchiude tutte le altre è la Fede, che se ben conosciuta, dà le risposte corrette ad ogni incertezza.

La bolla

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di Andrea Zhok

Fonte: Sfero

L’argomento principale di Immanuel Kant a proposito della necessità morale di non mentire era che la menzogna non era una pratica sostenibile, mentire non era una massima universalizzabile, in quanto un mondo in cui tutti mentissero era un mondo in cui la parola, il pensiero e la legge avrebbero perduto ogni valore.
Oggi siamo piombati nel mondo prefigurato da quella riflessione kantiana.
Oggi sui grandi media, sui veicoli della visione del mondo che tutti siamo tenuti ad avere in comune, imperversano i fabifazi e le michelemurgie, le concite e i parenzi, un’intera ubertosa selva di ripetitori con variazioni-dillo-con-parole-tue di ciò che è gradito ai detentori del potere. Non bisogna pensar male e ritenere che questa sterminata accolita di ripetitori con variazioni siano volgarmente stipendiati a cottimo per ciascuna menzogna. Niente affatto. Si tratta di soggetti il cui solo talento umano consiste nell’innamorarsi perdutamente delle idee di chi può pagarle. Ma così, per caso, spontaneamente, una seconda natura.
E quanto alle libere praterie della rete, per capirne il funzionamento odierno basta dare un’occhiata ai Twitter Files che un imprevisto cambio di padrone in un social ha fatto trapelare. Catene di comando dirette che portano dalle agenzie di sicurezza americane alle operazioni di oscuramento e selezione manipolativa sui social. I grandi social sono una tonnara, dove dapprima si sono fatti entrare gratuitamente centinaia di milioni di utenti, come nel paese dei balocchi, con l’illusione di dare corpo ad una nuova forma di democrazia reale, solo per poi chiudere le reti e condurre i tonni alle scatolette di destinazione. (Con il plauso degli imbecilli terminali che “sono-privati-possono-fare-quello-che-gli pare”).
Ma a prescindere dagli intercambiabili e dimenticabili protagonisti di questa stakanovista produzione di menzogne, ciò che bisogna affrontare è il risultato sistemico, che è esattamente quello prefigurato sopra: viviamo tutti in una bolla, un mondo irreale e derealizzato, che è l’unico mondo che io e il mio vicino abbiamo davvero in comune, e che si divide tra semplicemente inaffidabile e intenzionalmente manipolato. Cosa “si” sa? Di cosa possiamo parlare in comune, su cosa possiamo accapigliarci e dibattere politicamente con gli altri cittadini, se non su questo mondo fittizio, modellato da catene di filtri a monte, che ci arriva confezionato in casa su qualche schermo?
Certo, esiste la possibilità di una lotta di minoranza che si affatica a trovare le incongruenze, a sfruttare gli occasionali errori e le imperfezioni di un sistema che, come tutti i sistemi di potere quasi onnipotenti, tende a diventare sciatto. Però la semplice verità è che questo tipo di lotta richiede energia, intelligenza, coraggio, capacità di resistere all’isolamento e alle frustrazioni, tutte qualità che sono e saranno sempre patrimonio di esigue minoranze.
Il maggior risultato di questa costruzione di un edificio costante di menzogne non è tanto la ferrea persuasione ideologica dei più, ma la caduta in discredito della realtà (di quella che viene fatta passare per tale). Tolta la minoranza dei combattenti, grosso modo la popolazione sottoposta a questa “cura Ludovico” king-size si divide in due grandi gruppi.
Da una parte ci sono i conformisti arrabbiati, i nuovi bigotti del politicamente corretto, i progressisti fobici, i benpensanti militanti che, forse perché percepiscono la fragilità del loro mondo di credenze ufficiali, vi si aggrappano in modo virulento e cercano di obliterare e screditare e azzannare chiunque vi si opponga anche marginalmente. Per rifarsi ad una vecchia categorizzazione di Umberto Eco, questi sono al tempo stesso apocalittici e integrati: sono completamente integrati nel sistema e lo sostengono con la ferocia apocalittica dei millenaristi. Sono gente che sembra aver già inserito nella propria corteccia il microchip dell’indignazione morale permanente, e che la applica rigorosamente al solo catalogo approvato dai datori di lavoro. Questi “Guardiani dell’Illusione” probabilmente avvertono ad un qualche livello che la finzione è tale, ma è proprio solo la finzione a dargli conforto, calore, intrattenimento, denaro e come per la zecca il mondo si conclude dove essa può annidarsi e succhiare sangue, così questi si attestano nella loro nicchia ecologica che gli consente di passare dalla culla alla tomba senza troppi grattacapi.
Dall’altra parte esiste una grande massa scettica, che ha capito abbastanza da non credere a ciò che passa il sistema, o a crederci con mezzo cervello, ma che non ha l’energia, o la preparazione o il coraggio per cercar di ottenere un diverso accesso alla realtà. Questi rappresentano la più grande vittoria del sistema, che facendone degli scettici disillusi senza speranza ne disinnesca ogni potenziale pericolosità. Nelle nuove generazioni questa vittoria tende ad essere totale: rinchiusi in piccoli mondi pret-a-porter, brandizzati, la parte più sveglia della gioventù riesce solo a credere fermamente che non si possa credere a niente, e in nulla (quella meno sveglia sogna unicorni fluidi ecosostenibili).
Siamo nuotando in una boccia di pesci rossi, con i vetri dipinti di colori sgargianti, in caduta libera, contando sul fatto che il pavimento non arrivi mai.
Ma la realtà non cessa di esistere per il fatto di essere rimossa. Semplicemente come sempre avvenuto nella storia, quando ci si allontana troppo e troppo a lungo da essa, farà sentire la sua voce spezzando la schiena al nostro mondo di filtri e schermi, di millenaristi a gettone, di solipsisti enervati.  Non illudiamoci però, nessuna Rivelazione, nessuna confortevole Illuminazione ci aspetta. Ci sono rare epoche in cui la verità prova a filtrare come un messaggio (la “buona novella”), ma di solito essa si fa spazio nella sua forma originaria e primitiva, come schietta catastrofe. (E peraltro anche la buona novella dovette attendere il collasso di un impero per diffondersi).

“Supermario” è caduto per giochi di Palazzo, non per le proteste di piazza

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Sulla stessa linea di Marcello Veneziani, il nostro Responsabile Nazionale Matteo Castagna consiglia di andare tutti a votare il 25 Settembre per non lasciare mani libere al male assoluto rappresentato dalle sinistre. E…una stoccata al vetriolo ai fanatici no vax è servita su un piatto d’argento…

QUINTA COLONNA

di Matteo Castagna per https://www.informazionecattolica.it/2022/07/28/supermario-e-caduto-per-giochi-di-palazzo-non-per-le-proteste-di-piazza/

I GOVERNI CONTE II E DRAGHI NON SI POSSONO ASSOLVERE DA UNA GESTIONE FOLLE DELLA PANDEMIA DA PARTE DI ALCUNI INCAPACI E INTERESSATI, PROBABILMENTE AL SOLDO DELLE MULTINAZIONALI DEL FARMACO

Tutti quelli che si sono messi a fare i tribuni della plebe, contro la “dittatura sanitaria”, supportando teorie strampalate, sciocchezze superstiziose, teosofia, pseudo-medicina, scienza olistica, teorie del complotto, profezie apocalittiche e molte altre amenità sono stati ferocemente sconfitti in ogni previsione.

Infatti, le elezioni si sono tenute e si terranno regolarmente; i giochini della politica sono uguali a quelli di trent’anni fa.

Le manifestazioni che, per alcuni soggetti, parevano la chiamata a raccolta dei pazienti psichiatrici del Paese, e gli starnazzamenti di certe oche non sono serviti a nulla.

Draghi ha inasprito la repressione, ora qualcuno vincerà qualche causa sporadica, ma “Supermario” è caduto per le logiche di Palazzo, non per la tanto paventata “rivoluzione popolare” della c.d. “resistenza”.

Quanto detto, naturalmente, non assolve i governi Conte II e Draghi da una gestione folle della pandemia da parte di evidenti incapaci e interessati, probabilmente al soldo delle multinazionali del farmaco.

Quanto accaduto dovrebbe essere un richiamo all’equilibrio nell’osservazione della realtà. Come è stato grottesco e talvolta assurdo lo scientismo delle virostar, altrettanto sciocco e fallimentare è stato il fanatismo di certi no vax.

Sappiamo che l’italiano medio diventa allenatore, medico, stilista, virologo, con supponenza dogmatica, ogni volta che si presenta l’occasione. E lo fa da maniaco compulsivo.

Tornando ai vari tribuni della plebe del novaxismo fanatico, agli alternativi del risveglio… induista, ai soloni della contro-informazione, avete notato che hanno quasi tutti fondato un partito? L’unico che pare non riuscirci, nonostante la voglia disperata, è il povero Massimo Viglione.

Ma allora, come un anno fa, mi chiedo: il fine di costoro era quello di dire la verità dei fatti, oppure cercare di crearsi un elettorato?

Tutta la canea montata con teorie di ogni genere servirà solo a far abboccare la gente più fragile con fini elettorali? Non è che se questi poi non entreranno in parlamento scompariranno dalla scena?

La mia previsione è che saranno tutti spazzati via il 25 settembre e, se qualcuno riuscirà a entrare in Parlamento, diverrà presto come gli altri. Scommettiamo?

 

 

Con che spirito andremo al voto

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Ci sentiamo perfettamente allineati con questo articolo di Marcello Veneziani: realistico, intelligente, pragmatico, giusto. Andiamo tutti a votare il 25 Settembre per sperare di togliersi dalla “Cappa”…L’articolo che segue nel prossimo post è di Matteo Castagna, che aggiunge particolari, ma nello stesso spirito di Veneziani.

QUINTA COLONNA

di Marcello Veneziani

Con che spirito affrontare questi due mesi di campagna elettorale e poi il voto? Gli entusiasti non hanno dubbi e per loro sarà facile schierarsi. Beati loro. Ma per i disincantati, quelli che ne hanno viste troppe, quelli che hanno uso di mondo, esperienza di uomini e situazioni, e sanno come va a finire, si tratta di mettere a freno il proprio scetticismo e provare a ragionare, cercando di trovare motivi in positivo.
Sul piano generale, il tema preliminare che si propone è triplice. Riportare la politica alla guida dei governi. Riportare i governi alla guida di stati sovrani. Riportare il popolo sovrano alla guida della politica. Queste premesse generali già dicono quali sono i pericoli da sventare col voto: i commissari straordinari che diventano ordinari e restano a tempo indeterminato; la sottomissione degli stati sovrani alle oligarchie transnazionali e ai loro interessi; la nascita di governi su mandato delle oligarchie (la cupola) e non dalla volontà liberamente espressa dai cittadini sovrani e degli interessi popolari.
Sul piano pratico e specifico, questa premessa generale si traduce in precise conseguenze: priorità assoluta è avere finalmente un governo che non sia guidato, determinato e influenzato dal Partito Democratico, che finora è stato l’asse di tutti i governi che non sono nati dal popolo, sorti nel nome dell’emergenza. Riportare finalmente il Partito Dragocratico, in sigla PD, fuori dal potere, se il verdetto elettorale lo indica in modo chiaro e netto; e con loro tutti i loro alleati, ascari, dependance e periferiche.
Seconda condizione per restituire dignità alla politica è liberarsi dei grillini che sono stati il punto più basso e indecente dell’antipolitica che si è fatta potere; grillini, ex-grillini, contorsionisti e trasformisti, dilettanti e invasati. Hanno fatto danni con la loro azione politica e le loro leggi; e, come ulteriore danno, hanno fatto rimpiangere la prima repubblica, rivalutando i vecchi partiti, e sono riusciti a rendere inaccettabile il populismo.

Da queste premesse derivano scelte di voto ben chiare. In un sistema bipolare rispetto a questi mali maggiori, il centro-destra è da considerarsi quantomeno il male minore. Non aspettarsi nulla da loro, non pensare che possano cambiare davvero le cose. Votare dunque per schivare o per schifare il peggio. Ma senza riporre speranze o fiducia nel centro-destra.
Per quel che ci riguarda, come sapete, non abbiamo risparmiato critiche anche severe ai singoli leader del centro-destra e alla coalizione intero. Personalmente mi sforzerò in questi due mesi di restare in apnea fino alle votazioni; di non prendermela col centro-destra, coi loro leader, candidati e classi dirigenti, con la loro credibilità e affidabilità. Saranno già massacrati dalla Grande Macchina del Potere in tutte le sue ramificazioni, e non ci aggiungeremo noi ad aggravare la pena. Anzi la campagna di linciaggio, già partita, accenderà la voglia di difenderli e di combattere la piovra scatenata dai cento tentacoli. Sarà prioritario buttar fuori dal potere i Dem, la cupola dei poteri cresciuta intorno a loro, più la galassia di alleati, complici, derivati annidati nei governi, nelle istituzioni, nella cultura, nell’informazione, nell’intrattenimento, nei poteri diffusi, nella magistratura e in tanti altri ambiti. E lo sciame di leggi che vorrebbero introdurre per snaturare definitivamente la nostra società. È triste votare contro, anziché a favore, benché il voto contro sia stata la molla prioritaria della politica in Italia, tra antifascismo e anticomunismo, antiberlusconismo e ora antisovranismo. Ma la spinta originaria della politica, lo insegnava Carl Schmitt sulla scia di Hobbes e Machiavelli, è il conflitto, le alleanze che si costituiscono per fronteggiare il Nemico.

Più facile sarebbe stato incoraggiare l’astensionismo, chiamare fuori e tirarsi fuori. E facile sarebbe sostenere piccole formazioni più radicali che raccolgono gli scontenti della destra, della lega, dei grillini: ma è una legge inevitabile della politica che la loro intransigenza è direttamente commisurata al momento nascente di opposizione radicale. Finché sono irrilevanti fanno la voce grossa. Se dovessero avere i numeri per diventare forza di governo, oltre a mostrarsi anche loro inadeguati, ripercorrerebbero gli stessi “tradimenti” che attualmente denunciano delle forze “vendute” al sistema.
Con ogni probabilità quelli del centro-destra cederanno su molte cose per sopravvivere, su alcune saranno inefficaci o intimiditi; alcuni si venderanno alla Cupola, se già non è successo. Ma lasciando il passo ai loro avversari, avremo non la probabilità ma la certezza che le priorità del Paese reale verranno calpestate. E dunque dovendo scegliere tra i nemici virulenti e gli inefficaci difensori, obtorto collo, preferiremo comunque, per realismo, i secondi. È ben chiaro che una scelta di questo genere è a sangue freddo, turandosi naso orecchie e gola, e talvolta anche tappandosi la vista. Condivido quasi tutte le critiche attualmente rivolte ai tribuni del centro-destra; le ho espresse fino all’altro giorno. Ma l’idea di battere o arginare un potere soffocante e avverso, all’insegna del politically correct e dei dettami della Cappa, è impellente e non consente diversioni e defezioni. Un atteggiamento del genere è distaccato e disincantato, ma non va incontro a delusioni perché non abbraccia illusioni. Una cosa sola vi chiedo: accogliete o respingete questo ragionamento ma non siate malpensanti. Possiamo sbagliarci ma non abbiamo mai sostenuto tesi per trarne personale profitto e non lo faremo certo ora, in età grave.
Altri invece, gli entusiasti, avrebbero preferito un fervorino per l’ordalia, un appello euforico alle armi. Vi capisco, ma non è il caso. Abbiamo i piedi per terra e ci limitiamo solo a opporci a chi ci mette i piedi in testa e ci vuole sotto terra.

La Verità (27 luglio 2022)

L’incombente nuovo ordine mondiale sfida il potere degli Stati Uniti

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di James O’Neill 

Fonte: controinformazione

Moltissimi giornali online sostengono che la guerra in Ucraina sta segnando la fine dell’era dominata dal potere occidentale. Ci sono affermazioni che sostengono che il conflitto militare è stato uno spartiacque che ha segnato una rottura con il passato e l’inizio di una nuova realtà geopolitica.
È questa una tesi che vale la pena di approfondire un po’ perché, se vera, segna la fine di un lungo periodo di dominio occidentale dell’ordine mondiale.

Il conflitto in Ucraina è molto più ampio di una disputa relativamente stretta tra due vicini. L’origine della controversia è completamente trascurata nei resoconti occidentali del conflitto. Otto anni fa, il governo legittimamente eletto dell’Ucraina è stato rovesciato con un colpo di stato sostenuto dagli americani. Il suo presidente fu costretto all’esilio e sostituito da un regime francamente di natura totalitaria e cooptato da gruppi neonazisti.

Questa situazione non è stata accettata né dalla penisola di Crimea né dalle due province orientali del Donbass. La Crimea ha tenuto una votazione e la stragrande maggioranza della popolazione ha deciso di lasciare l’Ucraina e ritornare in Russia. La parola “ritorno” è la chiave. La Crimea fu donata dall’ex presidente sovietico Krusciov nel 1954, senza che i desideri della popolazione venissero consultati. La Crimea ha fatto parte della Russia per centinaia di anni. Gli inglesi (e gli austriaci) vi avevano combattuto una guerra negli anni ’50 dell’Ottocento.

La guerra di Crimea era una guerra contro la Russia e nessuno la considerava diversamente. Il ritorno della Crimea in Russia ha fatto seguito a un voto democratico che non è mai stato accettato dall’Occidente. Il confronto tra quanto accaduto in Crimea e quanto accaduto nel territorio separatista del Kosovo dalla Serbia è molto eloquente. Quest’ultimo è stato accettato dalle potenze occidentali e il Kosovo è ora una delle principali basi militari degli Stati Uniti.

Allo stesso modo è trascurato dai media occidentali che la rottura del Donbass non è mai stata accettata dal governo ucraino. Hanno combattuto una guerra contro le due regioni separatiste negli ultimi otto anni. Almeno 16.000 persone sono state uccise e più di un milione sono state costrette all’esilio.

Questa storia è completamente ignorata dai media occidentali che trattano l’intervento russo nel febbraio 2022 come una “invasione” piuttosto che come un intervento che ha fermato un’invasione ucraina pianificata che senza dubbio ne avrebbe uccisi altre migliaia.

La reazione occidentale all’intervento russo nella guerra è molto rivelatrice. Nonostante tutta la loro fede dichiarata nell ‘”ordine internazionale basato sulle regole”, questo non ha impedito alle potenze occidentali di sequestrare 300 miliardi di dollari di attività russe detenute all’estero. Non hanno intenzione di restituire mai questi soldi.

Le questioni più grandi in gioco sollevate dall’intervento russo nel Donbass sono state evidenziate dal ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov in un’intervista rilasciata ai media russi la scorsa settimana. Lavrov ha affermato che “l’operazione militare speciale mira a porre fine alle espansioni illimitate e al corso illimitato verso il dominio totale degli Stati Uniti e degli altri stati occidentali sotto le frontiere russe e sull’arena internazionale”.

Lavrov ha anche richiamato l’attenzione sul fatto che gli Stati Uniti hanno sviluppato armi biologiche e laboratori militari in più basi in Ucraina. È impossibile concepire una spiegazione innocente per queste basi. Questi laboratori avevano chiaramente lo scopo di sviluppare armi biologiche da usare contro la Russia. Eppure l’esistenza di queste strutture è stata completamente ignorata dai media occidentali.
Al contrario, hanno promosso la mitica paura che la Russia possa usare armi chimiche nel suo conflitto con l’Ucraina. L’ipocrisia in questa affermazione è mozzafiato.

I media occidentali ignorano anche il fatto che la Russia non è sola nelle sue preoccupazioni. È sostenuto non solo dalla Cina e dall’India, ma dalla grande maggioranza del cosiddetto mondo in via di sviluppo che rifiuta di accettare che l’Occidente debba continuare il suo ruolo di determinare ciò che è giusto e sbagliato nel mondo intero.

Quello a cui stiamo effettivamente assistendo ora è un rifiuto da parte del maggior numero delle nazioni del mondo dell’era del dominio degli Stati Uniti. Parte di questo rifiuto si manifesta in un uso crescente di valute diverse dal dollaro statunitense per il commercio internazionale. Questo è estremamente significativo.
Gli Stati Uniti hanno utilizzato il ruolo del dollaro come veicolo principale per il controllo delle nazioni. Quell’era sta rapidamente volgendo al termine.

Guerra valutaria contro il dollaro

Il taglio dei legami dell’Europa con la Russia è un esempio di un esercizio completamente controproducente. L’Europa fa affidamento sulla Russia per almeno il 40% del suo fabbisogno energetico. Quanto durerà l’antipatia europea nei confronti della Russia, quando le loro industrie chiuderanno e i loro cittadini si congeleranno dal freddo, questa è una questione aperta. Alcuni paesi europei come l’Ungheria hanno rifiutato questa politica manifestamente egoistica e hanno rafforzato le loro relazioni con la Russia. Altri, come la Polonia, persistono nel loro modo manifestamente autolesionista.

Il cambiamento tettonico che sta avvenendo nelle relazioni della Russia con l’Occidente è stato recentemente delineato in un’intervista rilasciata dall’economista dell’EAEU Sergey Glazyev. In quell’intervista recentemente rilasciata al giornalista Pepe Escobar da Glazyev, questi ha delineato l’evoluzione di un nuovo ordine finanziario globale che sta sostituendo il sistema basato sul dollaro degli Stati Uniti.

Glazyev chiarisce che il nuovo sistema di pagamenti non basati sul dollaro ha lo scopo esplicito di porre fine al ruolo del dollaro nel sostenere l’imperialismo valutario occidentale. La guerra in Ucraina accelererà questi sviluppi. È improbabile che gli Stati Uniti accettino passivamente la minimizzazione del ruolo del dollaro e la loro reazione a questo sviluppo pone ulteriori minacce al mondo.

 

 

 

Summit dei BRICS con Erdogan osservatore

Che la Russia sia profondamente consapevole dei rischi è stato chiarito nel lungo discorso di Putin del 21 febbraio 2022. Quel discorso ha riconosciuto la realtà esposta da Fyodor Lukyanov in un importante articolo che ha scritto il 13 aprile 2022 “Il vecchio pensiero per il nostro paese e il mondo ” e pubblicato su Russian Global Affairs. Lukyanov ha detto: “ dobbiamo sottolineare che l’attuale crisi mondiale non è stata promossa dall’operazione militare speciale in Ucraina. Questa crisi è stata generata molto tempo fa dall’ostinata riluttanza dei leader dell’ordine liberale a rinunciare ai privilegi che hanno ottenuto dopo la Guerra Fredda”.

È questo mondo che ora sta cambiando e molto rapidamente. I BRICS e la SCO stanno guidando questi cambiamenti. La domanda è se la transizione può essere raggiunta pacificamente, o gli Stati Uniti inizieranno un’altra guerra nel vano tentativo di riconquistare il proprio ruolo di potenza dominante del mondo.

James O’Neill, un ex avvocato con sede in Australia, in esclusiva per la rivista online “New Eastern Outlook” .

Valute, gas, materie prime: in palio c’è il dominio del mondo

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di Leopoldo Gasbarro

Vincerà chi avrà il controllo della produzione di materie prime. La guerra, la vera guerra, non la si combatte a colpi di mitragliatrici e di cannoni, non la si conduce da un carrarmato o dalla cabina di un aereo a reazione. La guerra che si sta combattendo è una guerra economico-finanziaria ed in palio c’è il dominio del Mondo, per meglio dire di Mezzo Mondo.

Quella che si sta consumando in Ucraina è stata definita Guerra Ibrida. C’è quella sul campo di battaglia, sempre più cruenta, c’è quella che ruota attorno alla sicurezza informatica,c’è quella finanziaria e poi, forse la più importante, c’è quella combattuta attraverso la comunicazione, immagini, notizie, con milioni di canali che si rincorrono.

Però oggi occupiamoci della parte di economia e finanza. Qual è il vero obiettivo di questa guerra? E soprattutto chi ne avrà vantaggio? Lo scenario che sta emergendo potrebbe portare alla nascita di un fronte molto netto: da una parte la CIna che ha bisogno come il pane della cisterna di gas e petrolio rappresentata dalla Russia; dall’altra gli Stati Uniti che hanno necessità di trovare qualcuno a cui vendere il loro gas.

Insomma, stando così le cose, non è difficile immaginare che la Russia possa diventare un vassallo Cinese e che l’Europa lo diventi degli Stati Uniti. In questo contesto l’attuale braccio di ferro finanziario esistente tra Russia e Occidente assume sempre più importanza e risalto.Così il taglio dei tassi della banca centrale russa hanno fatto risalire le quotazioni del rublo, ma al tempo stesso la riapertura all’utilizzo delle transazioni di valuta straniera, sempre concertata dal massimo organo finanziario di Putin permetterà alle banche russe di vendere di nuovo valute estere in contanti ai loro cittadini riaprendo, di fatto, alle operazioni su tutti i mercati.

Questo vuol dire che continua ad esistere una sorta di dualismo finanziario in cui da una parte ci si chiude a riccio e dall’altra si riapre alle connessioni con l’occidente. Tutto questo avviene nel momento in cui la Russia sembra essere sull’orlo del baratro finanziario, sull’orlo di un default che qualcuno ha definito “selettivo”.

E’ come se si volesse arrivare al fallimento della Russia ma lasciando, al tempo stesso, porte aperte a possibili trattative. Sin qui la comunicazione e la finanza. Ma la guerra ibrida di cui stiamo parlando continua anche sui campi di battaglia. Le dichiarazioni di chi continua ad alimentarla diventano sempre più inaccettabili.

La pace non è barattabile, men che meno con un climatizzatore. L’Italia non è un paese che vuole la guerra, a differenza di ciò che esprimono spesso e volentieri i suoi massimi vertici politici. Parlare addirittura di patrimoniali necessarie per riarmare il paese appare come la più assurda delle scelte.

2.800 miliardi di debito pubblico rappresentano la certezza di un futuro nerissio per i nostri figli. Che si lavori sulla crescita, sulle prospettive di sviluppo e sugli investimenti verso un futuro in cui la pace non debba passare per proclami roboanti e belligeranti, che non debba passare per guerre ibride.

Rinunciare agli atti di forza è l’unico vero atto di forza accettabile. Costringere la diplomazia internazionale, la Nato, anche con posizioni opposte a quelle americane rappresenterebbe e rappresenta l’unica vera via d’uscita. Qui non c’è in gioco qualche grado in meno d’estate e Draghi lo sa benissimo; qui c’è in gioco il lavoro di milioni di persone, il futuro di centinaia di migliaia di aziende.

Leopoldo Gasbarro, 10 aprile 2022

 

Green incompatibile col Pil

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QUINTA COLONNA

di Massimo Fini

Fonte: Massimo Fini

C’è stato il G20 di Roma centrato su Climate Change and Environment e Sustainable Development. A seguire è venuto Cop26 di Glasgow organizzato dalle Nazioni Unite sul cambiamento climatico. I cosiddetti “Grandi della Terra” hanno scoperto improvvisamente l’ambientalismo e fanno di tutto per accreditarsi come difensori del Pianeta. Non fan che parlare di bio e di green e hanno eletto a stella polare, vezzeggiata e coccolata, quel ‘mostrino ‘ di Greta Thunberg. Naturalmente né il G20 di Roma, in cui Mario Draghi se la dava da leader mondiale, né Cop26 hanno cavato, anche a detta dei commentatori più benevoli, un ragno dal buco. Né potevano. Come ha notato sul Fatto Luca Mercalli nessun Paese sviluppato si è detto disposto a rinunciare a “standard di vita che nel mondo occidentale continuiamo a considerare non negoziabili, né a fermare la crescita economica così come la intendiamo oggi”. Siamo quindi, come al solito, di fronte a una truffa, tanto per tener buoni i giovani innocenti, ma inconsapevoli e creduloni, che manifestano in buona parte del mondo. Non si può inneggiare all’ambientalismo e, nello stesso tempo, alla crescita del Pil. Sono incompatibili. Né c’è “energia rinnovabile”, eolica o solare che sia, che può risolvere la questione. Perché ogni energia, qualsiasi energia, vuole per essere innescata altra energia. “Nulla si crea e nulla si distrugge” dice Democrito. La sola cosa seria da fare è ridurre i consumi e quindi la produzione. Ma da questo orecchio, essendo malati di otite permanente, nessuno ci sente, né i cosiddetti Grandi della Terra né i comuni cittadini.  Insomma per parlare seriamente bisognerebbe rovesciare da cima a fondo l’attuale modello di sviluppo. Vi immaginate un Premier che dicesse io non vi prometto più beni materiali, più viaggi, migliori automobili, più innovazione, più tecnologia, più bellurie di ogni tipo ma vi propongo meno beni materiali, meno viaggi, meno automobili, siano esse a benzina o elettriche, meno innovazione, meno tecnologia, meno bellurie, insomma meno consumi, ma più tempo per voi? Sarebbe fucilato sul campo sia dai consumatori che dai produttori.

La sola cosa seria che possiamo fare è ridurre il superfluo di cui ci nutriamo. Qui nasce però il problema che mi pose quel grande storico, economista ed intellettuale dotato anche, cosa assai rara, di sense of humour ( “Le leggi fondamentali della stupidità umana”) che è stato Carlo Maria Cipolla: “Bisogna intendersi su che cosa consideriamo superfluo e cosa necessario. Per lei necessari sono magari i libri, per altri qualcuno degli infiniti beni che ci vengono offerti”. Vero. Però è altrettanto vero che l’area del superfluo è immensa da quando si è affermata, agli albori della Rivoluzione industriale, la terrificante legge di Say: “l’offerta crea la domanda”. La modernità ha creato bisogni di cui l’uomo non aveva mai sentito il bisogno. “Si scopre la natura illimitata dei bisogni o, piuttosto, la facilità con cui gli esseri umani si lasciano influenzare. Si scopre cioè che i bisogni possono essere eterodiretti, suscitati artificialmente e dall’esterno. Nasce il consumatore e con lui la produzione di massa del futile e anche dell’inutile” ( Il denaro <Sterco del demonio>). Oggi sono nate negli Usa e, naturalmente sbarcate immediatamente in Italia, le ‘Tiktoker House’ cioè scuole dove influencer, che non san nulla di nulla, insegnano ad altri, in genere giovani, che ne san meno di loro come influenzare il mercato ad uso di questa o quella azienda.

Usciremo mai da questo circolo vizioso? No, perché, per riprendere Cipolla, la prevalenza del cretino è indistruttibile. In quanto ai giovani che scendono in strada senza sapere “di che sangue e di che lacrime grondi” ciò che chiedono, la sola cosa, modesta ma onesta, che possono fare è: invecchiare.

Germania è il giorno del dopo Merkel

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Laschet, Scholz o la Baerbock? Chi avrà il cancellierato?

di Leopoldo Gasbarro

Oggi le elezioni in Germania.

L’attesa è grande, davvero grande. Dopo 16 anni al potere, Angela Merkel si dimette dalla carica di cancelliere della Germania, aprendo la strada ad una nuova generazione di leadership per la più grande economia europea. La Merkel, 67 anni, è stata un simbolo di stabilità in Europa da quando ha assunto il ruolo nel 2005. Ora tutti si chiedono, a seconda di chi sarà il vincitore, quale potrebbe essere il cambiamento che si genererà in seno alla Germania in primis ed agli equilibri europei e mondiali in seconda battuta.

I Candidati
Il candidato di partito della Merkel è Armin Laschet (il primo a sinistra nella foto), alleato di lunga data della Cancelliera dimissionaria e leader della CDU da gennaio; Olaf Scholz, leader della SPD di sinistra; e Annalena Baerbock dei Verdi.

Gli ultimi sondaggi mostrano il blocco sindacale di centrodestra del leader uscente, con Armin Laschet candidato cancelliere, un po’ indietro o quasi alla pari con i socialdemocratici di centrosinistra, che hanno come uomo di punta il ministro delle finanze Olaf Scholz.

Ed è proprio Scholz il più accreditato in questo momento alla vittoria finale. Lui che è sempre stato della linea dura, specie contro l’Italia, si era un po’ “ammorbidito” dopo lo scoppio della Pandemia.

Nella sua ultima manifestazione elettorale sabato a Potsdam, Scholz ha fatto riferimento alle preoccupazioni sul cambiamento climatico ed ha affermato che, se eletto, avrebbe concordato un aumento del salario minimo a 12 euro l’ora come prima decisione del nuovo governo.
Laschet, nel frattempo, ha tenuto un’ultima manifestazione elettorale con la Merkel ad Aquisgrana durante la quale il cancelliere uscente ne ha elogiato la “passione e cuore”  affermando che le elezioni riguardano il mantenimento della “stabilità” del Paese e la garanzia “che i giovani abbiano un futuro e che possiamo ancora vivere nella prosperità”.
La Merkel, il secondo cancelliere più longevo nella storia tedesca, ha dovuto far fronte, e lo ha fatto con autorevolezza, a sfide importanti. Tra queste la crisi finanziaria del 2007-2008, l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea ed oggi la Pandemia da Covid-19.
La Merkel è stata una forza trainante per la coesione europea e ha cercato di mantenere stretti legami con gli Stati Uniti e la Cina. Ora, con il cambio elettorale, un periodo di insolita incertezza potrebbe generarsi in Germania, nell’Unione Europea e nel resto del mondo.
Il risultato è particolarmente incerto.
La CDU e la SPD sono più avanti degli altri nei sondaggi ma anche il Partito dei Verdi è emerso come un serio contendente. Di conseguenza, la Baerbock sta per svolgere il ruolo importante nella formazione del nuovo governo tedesco.
Anche l’estrema destra AfD rimane una presenza forte sulla scena politica, facendo a gara con il Partito liberale democratico liberale per il quarto posto.
Ma è la leader dei Verdi la vera sorpresa delle elezioni tedesche.

Chi vota.
Circa 60,4 milioni di persone di età pari o superiore a 18 anni hanno diritto a votare in queste elezioni, secondo i dati dell’Ufficio federale di statistica tedesco.
Ciascuno avrà due voti da esprimere: uno per il candidato che rappresenti il ​​proprio collegio elettorale, di cui 299 nel Bundestag (il parlamento tedesco) e un secondo voto per il proprio partito preferito. La quota di “secondi voti” di un partito determina il numero di seggi che il partito guadagna nel Bundestag, secondo la rappresentanza proporzionale.
Perché un partito entri nel Bundestag, deve vincere almeno il 5% del secondo voto.
Molti tedeschi hanno già votato; la pandemia da coronavirus ha aumentato la quantità di votazioni per corrispondenza che hanno avuto luogo prima del giorno fissato per le elezioni stesse. Le preoccupazioni per l’ambiente e quelle economiche sono emerse come questioni chiave nella campagna elettorale.
L’ endorsement per Armin Laschet

La Merkel ha enfatizzato il record del suo governo nel ridurre la disoccupazione e il debito della Germania. Di contro ha denunciato i piani dei rivali di Laschet per aumentare le tasse. Ha anche suggerito di come ci fosse il pericolo che un governo tedesco di sinistra fosse eccessivamente generoso nel fornire aiuti finanziari ai paesi europei più indebitati.

“C’è molto in gioco domenica”, ha detto in piazza a Stralsund, città nord-orientale della Germania.

“Dobbiamo pensare ad una politica che non pensi solo a ridistribuire, ma a creare ricchezza. So che Armin Laschet, come governatore del Nord Reno-Westfalia, combatte per ogni singolo lavoro nel suo stato, e lo farebbe anche come cancelliere della Germania”.

Economia ancora in attesa di una forte ripresa 

Il DAX tedesco, l’indice principale del mercato azionario tedesco, è in rialzo del 13% da inizio anno.  La forte ripresa attesa nel post-pandemia e prevista per l’estate deve ancora concretizzarsi. L’economia tedesca sta affrontando venti contrari post-COVID-19 simili a quelli degli Stati Uniti poiché le interruzioni della catena di approvvigionamento rallentano la crescita. Le previsioni del FMI vedono la produzione economica in crescita solo del 2,5% quest’anno, ma del 5,1% l’anno prossimo.

L’economia tedesca rappresenta circa il 3,4% dell’economia mondiale con un valore di 3,8 trilioni di dollari, che la rende la quarta più grande a livello globale.

Mercati Finanziari

Di solito i mercati amano la stabilità dei risultati. In Germania sembra esserci incertezza del risultato. Aspettiamo poche ore e sapremo orientarci meglio. Sta di fatto che le elezioni si inseriscono in un quadro internazionale davvero complicato. L’inflazione in forte rialzo negli USA; la crisi di Evergrande in Cina e tanti piccoli focolai pandemici in giro per il Mondo rendono il dato tedesco ancor più di rilievo per l’orientamento futuro dei mercati finanziari.

Vaccino. Ecco il perché della resistenza dei Sessantenni

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dell’Avv. Gianfranco Amato

Chi ha vissuto la seconda metà del Novecento può riconoscere in quel che sta accadendo gli stessi meccanismi che hanno caratterizzato i regimi del socialismo reale, e le dittature di destra dalla Grecia all’America Latina.

L’onda crescente di odio nei confronti di chi non vuole farsi iniettare il vaccino anticovid, ha preso particolarmente di mira una categoria di refrattari: i sessantenni. Nei confronti di costoro si è scatenata una vera e propria campagna mediatica di aperta ostilità. Sono esposti al pubblico ludibrio come «irresponsabili», «cocciuti», «caparbi», «testoni ostinati che pensano di essere immortali». Molti non comprendono i motivi di questa ostinazione al rifiuto del siero magico. L’età non consente di imputarla a demenza senile, per cui si chiedono stupiti da dove nasca questa loro capricciosa testardaggine.
Siccome anch’io mi trovo ormai in questa categoria anagrafica, provo a spiegarlo a chi fatica a comprenderlo.

I sessantenni hanno vissuto con piena maturità gli ultimi scampoli del Novecento, il secolo delle torsioni totalitarie, dei regimi dittatoriali, della scienza al servizio del Potere, del furore ideologico, del sonno della ragione.

I sessantenni di oggi hanno vissuto l’esperienza storica del cosiddetto “socialismo reale”. Hanno conosciuto la grigia cappa oppressiva della Germania di Enrich Honecker, e i nomi degli uomini e delle donne che sono morti nel tentativo di saltare il Muro di Berlino, quello che divideva l’Occidente libero dalla Repubblica Democratica Tedesca. Hanno conosciuto la spietata repressione della dittatura comunista sovietica, e i metodi della propaganda abilmente utilizzati dal Potere attraverso il giornale di regime, la mitica Pravda, e l’occhiuta censura da parte del KGB. Hanno letto Solženicyn e il suo Arcipelago Gulag. Hanno visto come la medicina e la scienza possono mettersi al servizio del Potere, tradendo qualunque giuramento deontologico, attraverso la psichiatria a fini politici. Hanno visto come grazie all’aberrante teoria della “schizofrenia a decorso lento” (patologia creata apposta per i dissidenti) elaborata dal noto psichiatra prof. Andrej Snežnevskij, siano stati dichiarati “malati mentali” da TSO personaggi del calibro di Solženicyn, Sacharov, Medvedev. Esattamente come oggi potrebbe capitare in Italia ad intellettuali come Marcello Veneziani, Giorgio Agamben, Massimo Cacciari.

Hanno visto come il Potere può sopprimere la dissidenza e schiacciare uomini come il Premio Nobel Andrej Sacharov. Hanno anche visto come uomini e donne possano rischiare la vita per difendere la libertà. Hanno letto Il Potere dei senza potere del ceco Vakláv Havel. Hanno conosciuto l’esperienza del Samizdat, delle “polis parallele” di Vakláv Benda, di “Charta 77”, e di cosa significhi combattere il Potere nella clandestinità.

Hanno vissuto l’epopea della Solidarność di Lech Wałęsa e della rivolta cristiana contro il regime comunista in Polonia. Hanno visto in troppi Paesi del mondo cosa significhi sospendere le garanzie costituzionali, lo Stato di diritto, le libertà fondamentali e ricorrere allo stato d’emergenza. Hanno visto imporre la legge marziale nella Grecia dei colonnelli, e hanno visto il film Z – L’orgia del Potere di Costa-Gavras. Hanno conosciuto l’esperienza dei regimi totalitari sudamericani, e soprattutto i danni del peronismo argentino, quel pericoloso cocktail ideologico fatto di populismo, pauperismo e dittatura, ancora oggi in circolo purtroppo.

I sessantenni di oggi hanno visto come il furore ideologico può trasformarsi in odio e violenza tra opposte fazioni. Hanno vissuto i terribili “anni di piombo”, la tragica contrapposizione tra terrorismo rosso e terrorismo nero, e le trame oscure dei cosiddetti “servizi segreti deviati”.
Hanno anche visto come il Potere abbia approfittato, secondo l’antica logica del divide et impera, di questa contrapposizione, fino al punto di emanare una “legislazione d’emergenza” del tutto antidemocratica: le famigerate leggi antiterrorismo. Molte in vigore ancora oggi, nonostante l’emergenza terroristica sia ormai finita da diversi decenni.

Insomma, i sessantenni di oggi hanno vissuto quella Storia che chi è nato dopo gli anni Ottanta ha solo letto sui libri. Proprio per questa esperienza esistenziale, hanno maturato una sorta di difesa immunitaria culturale rispetto ad ogni tentativo di torsione totalitaria da parte del Potere. Hanno gli anticorpi. Il grande filosofo ispano-americano Jorge Santayana diceva che «chi dimentica il passato è destinato a ripeterlo». Ecco, i sessantenni oggi in Italia hanno ancora una buona memoria.

 

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