A Torino nasce la scuola di drag queen per bambini

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Segnalazione di Redazione BastaBugie

E intanto Tiziano Ferro annuncia trionfale insieme al compagno di aver avuto un bambino con l’utero in affitto e paradossalmente chiede il rispetto della loro privacy pur avendola infranta lui per primo
di Luca Marcolivio

Con la complicità dei media patinati e non, da La Stampa a Repubblica, fino a Elle, le “scuole” per drag queen sono una realtà che definire assurda e choccante è forse poco.
«L’idea è nata per gioco (gioco??? ndr), soprattutto su richiesta di alcune donne che volevano migliorare il proprio portamento e imparare a camminare con i tacchi», spiega a Repubblica Dario Bellotti, in arte Barbie Bubu, attore e trasformista, che si esibisce come drag queen da 21 anni, fondatore dell’Art Studio Drag Queen. Al “corso”, infatti, partecipano sia uomini che donne.
Tanto per cambiare l’impostazione dell’iniziativa è all’insegna del gender fluid più spinto. Sembra quasi che più le idee sono confuse, meglio è: «La drag queen non è per forza omosessuale può essere anche una donna, si chiama bio queen», spiega ancora Bellotti, in un video postato sulla pagina Facebook de La Stampa. Non può mancare il riferimento alle lotte per i «diritti omosessuali» che le drag queen incarnano. «In vent’anni è cambiato tutto», aggiunge l’artista, «abbiamo tolto parecchi blocchi, ci sono meno pregiudizi. Le persone hanno capito che essere drag queen non significa essere volgari o vendere sesso, ma semplicemente divertirsi».
Intanto Bellotti gongola per l'”evoluzione” che questi personaggi hanno conosciuto negli ultimi anni: se prima erano quelle che portavano «folclore» alle manifestazioni, oggi «le abbiamo portate nei teatri».
Giancarlo, un allievo (peraltro non giovanissimo) della scuola per drag queen non riesce a contenere tutto il suo entusiasmo: «Cosa mi affascina? Il fatto di essere qualcosa che nella vita forse non potrò mai essere. La drag queen invece è proprio diva per definizione». La scuola per drag queen, a suo dire, aiuterebbe a «superare i limiti che uno ha» e a vincere i «tanti pregiudizi» e «preconcetti che uno ha in testa».
Sul fenomeno, già di suo, ci sarebbe molto da discutere anche se coinvolgesse soltanto adulti. Invece, dai servizi che stanno girando in queste settimane, emerge che a frequentare i corsi per drag queen a Torino sono anche tanti minori. Non solo adolescenti, anche bambini. Alessandro (nome di fantasia, mentre sui social viene usato il suo nome vero ma noi preferiamo evitare) ad esempio, ha intorno ai 9-10 anni e il suo sogno è «essere Elektra Bionic perché innanzitutto è bellissima». La mamma è totalmente dalla sua parte, al punto che, afferma, «per me vederlo felice è la cosa che mi riempie». Tutti i «sacrifici» che una madre può fare per il figlio «svaniscono perché so che lui è contento, è felice e va bene così».
Il giornalista non manca poi di fare la domanda capziosa: «C’è molta discriminazione su queste tematiche… avete per caso subito qualche attacco?». La mamma di Alessandro risponde affermativamente: «Purtroppo sì, la discriminazione c’è, quello che mi fa più male è che parta dalle famiglie… una persona adulta che lo insegna a un bambino». Al figlio dice sempre di «non attaccare» ma di «difendersi».
L’interrogativo più importante, tuttavia, è: che bene può fare (noi crediamo l’esatto opposto) alla crescita di un bambino essere portato ad una scuola di drag queen? È la domanda che anche noi di Pro Vita & Famiglia, con rispetto, rivolgiamo al signor Bellotti, alla mamma di Alessio e al giornalista che l’ha intervistata.

Nota di BastaBugie: Tommaso Scandroglio nell’articolo seguente dal titolo “Tiziano Ferro, quante stecche oltre lo zucchero filato” parla dell’annuncio della “paternità” del cantante che non rivela come ha avuto i due bambini per non creare polemiche sul tema utero in affitto e chiede il rispetto della loro privacy infrangendolo lui per primo.
Ecco l’articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 2 marzo 2022:

Post su Instagram di Tiziano Ferro: “Sono diventato papà, e voglio presentarvi queste due meraviglie di 9 e 4 mesi. Margherita e Andres”. A corredo del post una foto in cui il cantante abbraccia i due bambini e dietro lui Victor Allen, l’uomo che Ferro ha “sposato” negli Usa.
Il post, dopo qualche pensierino sulla paternità al sapore di zucchero filato, così continua: “Comprendiamo e accettiamo la curiosità che regna intorno a noi, ma vi chiediamo di rispettare la riservatezza di Margherita e di Andres. Ci prenderemo cura dei nostri figli proteggendoli e custodendone l’intimità meglio che potremo. Saranno solo e soltanto loro a decidere ‘quando’ – e soprattutto ‘se’ – condividere il racconto della loro vita, è giusto che lo conoscano prima del resto del mondo. E’ un diritto insindacabile”.
Qualche pensierino nostro, però, purtroppo, non al gusto di zucchero filato. Ferro non rivela come ha avuto questi due bambini. Due sono le ipotesi, escludendo un incontro amoroso del nostro con una donna: l’adozione e la pratica dell’utero in affitto. La maggior parte dei media parla di adozione, ma non ne abbiamo le prove. Come ha fatto notare acutamente la giornalista di Repubblica Elena Stancanelli, se Ferro avesse adottato i due pargoli lo avrebbe detto. Infatti il cantante da anni adotta cani e non ne ha mai fatto mistero, anzi. Il fatto che invece sia omertoso sul come i due bebè siano entrati in casa Ferro puzza di bruciato. Si potrebbe quindi ipotizzare che il cantante abbia preferito non rivelare che i due bambini provengono dall’utero affittato di una donna dato che la pratica qui da noi è vietata (ma se la pratichi all’estero nulla quaestio). Insomma un silenzio voluto per non creare polemiche e per non incrinare l’immagine patinata in bianco e nero di lui che stringe a sé i due marmocchi.
Seconda riflessione che già alcuni tabloid hanno fatto. Il post su Instagram di Ferro è un vero e proprio ossimoro, una contraddizione in termini: mostra i due bambini sui social e nello stesso tempo chiede di rispettarne la privacy, già violata con questo primo scatto. E’ come appiccare un incendio in un bosco e sperare che non divampi. E’ come dare un sorso d’acqua all’assetato ed esigere da lui che non chieda altra acqua. Se si voleva davvero proteggere la vita privata dei due bambini, non sarebbe stato più semplice, sin dall’inizio, non dire nulla su di loro, non postare nemmeno una foto? Se si afferma che saranno loro a decidere se divulgare i fatti della loro vita privata perché allora non si è rispettato questo principio sin da subito?
Ma – e qui sta il punto fondamentale di tutta questa vicenda – se davvero si avesse avuto a cuore il bene di questi bambini in primis non si doveva chiamarli ad esistenza tramite fecondazione artificiale eterologa e poi tramite utero in affitto (se realmente si è fatto ricorso a queste pratiche) e in secondo luogo, sia nel caso fossero nati in modo naturale sia nel caso opposto, i due bambini, a proposito di diritti insindacabili come dice Ferro, hanno il diritto nativo di essere educati dai propri genitori o, se questi fossero ritenuti non idonei alla loro educazione, hanno il diritto di essere cresciuti da un uomo e da una donna (in merito ai danni sui minori provocati da un’educazione priva della figura materna o paterna ci permettiamo di rimandare ad un lungo elenco di studi scientifici contenuti in T. Scandroglio, Dizionario elementare dei luoghi comuni – voce Figli di coppie gay? L’importante è l’amore, IdA, Milano).
Quante stecche per un cantante.

Titolo originale: Torino choc. Scuola drag queen per bambini
Fonte: Provita & Famiglia, 14 marzo 2022

Tra poco la tavola rotonda online sull’iper-sessualizzazione: seguila!

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di Toni Brandi

Oggi, lunedì 11 ottobre ore 21.00 avrà luogo online la tavola rotonda virtuale “Piccole vittime dell’ipersessualizzazione: chi tace acconsente”.

Come saprai, interverranno relatori davvero speciali: il presentatore e giornalista Maurizio Belpietro, gli onorevoli Vittorio Sgarbi e Simone PillonDon Fortunato Di Noto, instancabile oppositore della pedofilia e della pedopornografia. Interverranno altresì Massimo Gandolfini, neurochirurgo e presidente dell’Associazione Family Day, Miriam Incurvati, presidente del “Progetto Pioneer”, psicologo e psicoterapeuta, e Antonio Morra, giornalista autore di “Porno Tossina” e “Pornolescenza”. Modererà Jacopo Coghe, vicepresidente di Pro Vita & Famiglia Onlus.

Puoi seguire l’evento online sulla pagina Facebook oppure sul canale YouTube di Pro Vita & Famiglia Onlus.

Il problema dell’ipersessualizzazione dei minori sui media si è aggravato per via dell’isolamento dei minori dovuto alle restrizioni sociali conseguenti all’epidemia da Covid-19. È aumentato a dismisura il tempo passato sui social. Basti pensare che, nei mesi più difficili della pandemia, le polizie postali hanno riscontrato un aumento pari al 246% degli adescamenti di minori sui social.

Per affrontare queste sfide, l’associazione Pro Vita & Famiglia Onlus avviò all’inizio del mese di settembre la campagna “Piccole Vittime Invisibili”, presentata al Senato della Repubblica, e ha promosso diverse iniziative di sensibilizzazioni collegate. Inoltre, l’Associazione ha realizzato un docufilm sull’azione di Meter Onlus (presieduta da Don Fortunato Di Noto) contro la pedofilia e la pedopornografia.

Il webinar in forma di tavola rotonda dell’11 ottobre ore 21 farà il punto della situazione sulla campagna “Piccole Vittime Invisibili” di Pro Vita & Famiglia ed esplorerà le cause dell’ipersessualizzazione dei minori sui media, le conseguenze per le piccole vittime e i possibili rimedi. Evocheremo le testimonianze delle vittime, scopriremo le responsabilità dei giganti della media, approfondiremo i limiti tra l’arte e l’osceno… da non perdere!

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A presto!

NETFLIX RIFIUTA UNPLANNED E PROMUOVE SEX EDUCATION (CHE INDUCE AL DISPREZZO PER LA VITA)

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Segnalazione Redazione BastaBugie

Nella serie TV Sex Education ci sono scene di sesso estremo condite da un linguaggio scurrile e zeppo di parolacce, tradimenti e rapporti disordinati e infarciti di ideologia LGBT… e tu permetti ai tuoi figli di vederlo?
di Anna Bonetti

Nei giorni scorsi la metropolitana di Milano è stata invasa da manifesti promossi dalla serie TV Sex Education, difficilmente distinguibili da una pubblicità pornografica.
Si tratta di una serie di immagini storpiate in modo tale da assomigliare ai genitali maschili e femminili. Ad accompagnarle è la scritta “se la/o vediamo in forme diverse è perché non ce n’è una sola. Ognuna è perfetta, anche la tua”. Come se l’accettazione si sé dipendesse solo dagli organi sessuali che si hanno.
D’altronde i sostenitori di questa campagna non hanno esitato a scaldare gli animi per etichettare come “bigotto” chiunque abbia espresso qualche perplessità al riguardo.
È necessario sottolineare che più che focalizzare l’attenzione sui manifesti in sé, occorre interrogarci sulle conseguenze che il messaggio porta alla società, in particolar modo tra i giovanissimi.
Sin dall’inizio della serie l’attenzione dello spettatore piomba in scene di sesso estremo condite da un linguaggio scurrile e zeppo di parolacce, tradimenti e rapporti disordinati e infarciti di ideologia LGBT. Personaggi che cambiano orientamento sessuale da un giorno all’altro e senza una precisa ragione, spinti da una forte confusione interiore. Un insegnamento tutt’altro che educativo.

LE CONSEGUENZE SOCIALI
Più che una perplessità rivolta ad una sessualità forzata ed estrinseca, sarebbe utile cercare di comprendere quale siano le conseguenze sociali che l’insegnamento profondamente diseducativo di Sex Education pone nei confronti di essa. Il focus del film dichiara di concentrarsi sull’accettazione di sé. Eppure per tutta la durata delle tre stagioni il sesso è posto al centro di ogni cosa. Quando in realtà l’accettazione di sé dipende da molteplici fattori, siccome (e per fortuna) le relazioni umani sono fatte anche di molto altro. Il sesso viene presentato su un piatto d’argento come qualcosa da concedere a chiunque, pur di trarne piacere, piuttosto che interrogarci su chi abbiamo davanti.
Inoltre, nel film non mancano numerosi riferimenti a PornHub, che in maniera subliminale tendono a invitare i giovanissimi a lasciarsi travolgere dall’inferno a luci rosse che si cela nella pornografia, soprattutto in quella online. Un mondo virtuale ed illusorio, in cui tutto è finzione e l’amore non esiste, in cui si trascina lo spettatore ai limiti dell’immaginazione, in una dimensione sub-umana che non ha nulla a che vedere con la realtà. In sintesi, passa un messaggio distorto e lontano anni luce dall’amore vero.
L’affettività è mostrata come un mezzo per colmare tramite il sesso il vuoto creato dalla nostra società. Un vuoto che avrebbe bisogno di dialogo, comprensione ed empatia, anziché fare dei nostri corpi uno strumento usa e getta.
Da questo calderone di enigmi irrisolti emerge una retorica totalmente priva di amore. La contraccezione è posta come un mezzo di deresponsabilizzazione delle proprie azioni, con noncuranza del fatto che nella quasi totalità dei casi in cui una gravidanza ha inizio è perché è stata preceduta da un’azione consenziente.

SESSUALITÀ FORZATA E DISTORTA
La vera educazione sta nell’insegnare ai giovani che nel momento in cui si decide di avere un rapporto ci si assumono precise responsabilità. Ecco, invece, che nella prima stagione di Sex Education si ha modo di assistere anche alla scena di un aborto. È così che questa sessualità forzata e distorta dalla realtà sfocia in un disprezzo totale per la vita. Ma non solo, anche della maternità. Colpisce particolarmente la figura di una donna che abortisce, che si è appena risvegliata nel gelo di una clinica, vuota con il suo niente, che dichiara: «meglio non essere madre, che una pessima madre». Una frase infarcita di menzogna da cui traspare una sacrosanta verità che sottolinea come la morte nell’odierna società venga presentata come la soluzione ad ogni cosa.
Possiamo ben immaginare i risvolti drammatici che una simile pseudo-educazione può avere nella società, dall’aumento di relazioni vuote e insoddisfacenti a quello che rischia di diventare un aumento drammatico anche del numero di aborti. Più relazioni disordinate hanno un’altissima potenzialità di aumentare il numero di figli “non voluti”. Un dramma che rischia di gettare le proprie ripercussioni soprattutto tra i giovanissimi, ai quali andrebbe insegnato a vivere in maniera libera e spensierata la loro età e i loro amori, anziché accanirsi a creare problemi che non esistono per mezzo di una sessualizzazione violenta e precoce imposta dai giganti dei social media o dello streaming, come Netflix. Infatti, non dimentichiamo che tempo fa la piattaforma ha rifiutato di mettere in programma Unplanned, che racconta la storia vera di Abby Jhonson, ex dirigente di Planned Parenthood e oggi instancabile attivista pro-life.
Si percepisce, inoltre, una violenta imposizione contro la libertà di scelta educativa dei genitori, vista come un retaggio culturale e non più un bene in grado di indirizzare i figli sulla retta via. Inoltre dalle serie si evince un’immagine falsata dei pro-life, etichettati come retrogradi e analfabeti, quando dovremmo ricordarci che nel nostro paese oltre il 70 per cento dei medici sono obiettori. Dunque anche loro sarebbero retrogradi e analfabeti?
È nostra cura scegliere se preferire di aprire le nostre porte alla cultura della morte, al disprezzo totale di sé e degli altri, oppure se cogliere l’invito al rispetto di se stessi, della vita e dell’umanità.

Titolo originale: Sex Education: ecco come e perché è dannosa
Fonte: Provita & Famiglia, 26 settembre 2021