Contro l’artiglieria della repressione delle idee…

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Segnalazione di Federico Prati

di Lorenzo Merlo

Contro l’artiglieria della repressione delle idee, della censura, non abbiamo che cerbottane. Se fossimo un unico corpo, ci avrebbero già spazzati via. Essere sparpagliati è la nostra sopravvivenza. Con la pazienza e l’ascolto potremmo moltiplicare la nostra potenza. Noi sappiamo a cosa e come mirano. Loro non potranno eliminarci tutti.

“Se volete impegnarvi in battaglia, fingete di essere disordinati”
Sun Tzu (1).

Si sta ripetendo. Quelli della mia generazione avevano visto Martin Luther King e Nelson Mandela, ma la maggioranza non aveva incarnato che significava essere estromessi, essere considerati secondari, essere perseguitati, essere uccisi. La questione era etico-politico-ideologica, non empatico-sentimentale.
Ciò che sta accadendo ora, qui da noi in casa, ci spiega la differenza tra le due conoscenze e ci fa sentire nel corpo ciò che prima era un fatto intellettuale.
Naturalmente, per il momento, la censura che si sta verificando qui non è che una pallida ombra di quanto hanno dovuto subire i negri americani e sudafricani.

Ciò che sta accadendo qui ha qualcosa che assomiglia ad una vera lotta, forse più vera di quella sanguigna, in quanto più sottile e profonda. La capacità di attendere restando lucidi sarà forse una dote più importante di quella dei cannoni.

Le forze d’accerchiamento del regime sono avviluppanti. La quantità di armamenti d’ordine vario è dalla loro. Posseggono il reggimento più numeroso possibile, il popolo. Dispongono della sua inerzia, una qualità flaccida, difficile da spostare, eccellente nell’assorbire, elementare da farcire di pensieri e idee. Hanno le armi a ripetizione martellante migliori e in quantità soverchiante. Hanno alleanze con potentati più forti degli stati.
Dunque, oltre alle menti, anche le braccia, cioè la tv, la stampa, gli influenti, big tech.

La partita appare persa. Come dovevano sentirsi quei negri se non pieni di voglia di sottrarsi a tanta mortificazione? Come si sentono tutti gli uomini quando un bruto li mette all’angolo?

Ma la disperazione non è permessa. Avvicinerebbe la resa. È necessario resistere alla piega che ha preso il mondo. Una paziente attesa si impone affinché le risorse non vadano sprecate in vittimismo e TNT.

Il poco web che resta è una specie di vena d’oro, che si mostra soltanto a chi sa di aver concorso a trovarla, a darle forma. Tuttavia, è infiltrata di impurità. La mitragliatrice denigratoria spara inquinanti senza sosta su chi si pone domande e chiede risposte. E, siccome si può essere certi che chi dispone della forza la userà, le raffiche intorbidatrici non cesseranno di risuonare. Noi “i miserabili del web” (2) da ordinari individui, siamo divenuti di ordinaria eliminazione.

Possiamo essere certi, infatti, che gli apparati istituzional-privatizzati hanno investito e investiranno affinché manciate di gramigna vengano sparse tra e su noi, corpo ideale della nostra vena aurea. Un atto dovuto, affinché chiunque – per qualche dubbio sovvenuto o menzogna scoperta dell’ufficiale narrazione – sceso dal divano da dove si scorpacciava di Giannini, di Gruber, di Severgnigni, di Parenzo, di Mentana, di “vero giornalismo”, di “vera scienza”, di “vera democrazia”, non possa che restare disorientato.
Ma affinché anche quelli senza divano e senza tv si trovino di fronte al grande portale della realtà unica, sul cui timpano, a chiare lettere, leggeranno ancora il solo ritornello di quest’epoca malvagia: “la guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza” (3) fino a dubitare di se stessi, fino ad accettare le pillole di bromurica libertà a punti. Un’altra loro arma di controllo di menti e di corpi.

Tutti abbiamo fatto l’esperienza che, operando sul piano razionale, si può anche arrivare ad ottenere un consenso da qualche fan della narrazione governativa della realtà, covidica, bellica o post-umanistica. Ma è un piano che non genera nelle persone una autentica capacità critica. Affinché ciò accada è necessaria una ricreazione personale, una motivazione profonda, un senso di sopruso subito, un interesse individuale. Se non scatta la scintilla, avremo ancora le medesime persone sotto incantesimo. Ci vuole un’emozione. Solo ponte su cui transitano i cambiamenti, le informazioni, le prese di coscienza. Pubblicitari, giornalisti, governativi e potentati lo sanno. Sanno come usare un’arma relazionale, come oltrepassare la barriera orwelliana così, apparentemente, insuperabile.
Solo con l’opportuna emozione ci si mette in moto. Diversamente, si capisce soltanto. L’intelletto non è il corpo. La comprensione cognitiva non è la ricreazione.
Tentare il proselitismo non serve. Esso si fonda sulla dimensione razionale, la più superficiale intelligenza tra quelle umane. E anche la più sopravvalutata e accreditata.

Senza ricreazione, l’amebica massa resta flaccida e senza mezzi per mutare se stessa. Mantiene le doti per fagocitare ogni corpo che le viene gettato addosso. È il suo cibo, della realtà divora tutto. Siano azioni incostituzionali, straccio dei diritti, imposizioni all’antrace, armi per ottenere la pace, eccetera.
Il menù che è in grado di digerire comporta un sussulto per ogni milite ignoto, per ogni Martin Luther King e Nelson Mandela, di qualunque colore essi siano esistiti. Comporta il Nobel sfregio della Pace a Barack Obama.

Non scomponiamoci dunque. La modalità dell’ascolto si impone, quella dell’affermazione è da tenere a bada. Sotto il ponte della sfibrante attesa passerà il momento utile per provocare emozione. Solo così quelli sul divano, tanto più alto da terra, quanto più fisso alla tv, troveranno il modo, da soli, di saltar giù, senza rischiare di rompersi l’osso della biografia. Perché è così che va quando ci si ricrea.

“Coloro che conoscono le condizioni del nemico sono certi di sottometterlo”
Sun Tzu (4).

Note
(1) Suz Tzu, Sun Pin, L’arte della guerra, Vicenza, Neri Pozza, 1999, p. 295.
(2) https://www.iltempo.it/esteri/2022/03/16/news/massimo-giannini-disinformazione-guerra-russia-ucraina-orrore-nascondere-miserabili-web-accuse-otto-e-mezzo-30859176/
https://www.la7.it/otto-e-mezzo/rivedila7/guerra-di-bombe-e-di-propaganda-otto-e-mezzo-puntata-del-1632022-16-03-2022-429219
(3) Orwell George, 1984, Milano, Mondadori, 1973, p. 39.
Sun Tzu, L’arte della guerra, Milano, Bur, 1997, p.

Ridateci il diritto di essere contro

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di Marcello Veneziani 

Fonte: Marcello Veneziani

Il diritto vale anche a rovescio; ossia tutela e garantisce anche chi dissente dal potere e diverge dall’opinione dominante. Ma da qualche tempo i diritti si vanno restringendo, le imposizioni crescono insieme al conformismo coatto. Prima con la pandemia, l’infinito strascico di restrizioni e obbligazioni, vaccini e green pass, sorveglianza e controllo; poi con la guerra in Ucraina e l’allineamento generale ai falchi della Nato e degli Stati Uniti. Ma ci sono anche altri precedenti e altre vicende collaterali che hanno spinto in quella direzione.
Ugo Mattei, giurista, ordinario di diritto civile, ha pubblicato un libro che già nel titolo contiene la sua tesi, Il diritto di essere contro (Piemme), dedicato al dissenso e alla resistenza nella società del controllo. Si comincia dai vaccini, dai controlli e dai pass, nel nome di una religione scientista, sanitaria e supponente, e si arriva a estenderli ad altri ambiti, fino a instaurare un bieco regime di sorveglianza.
Mattei è tra i firmatari del documento “Dupre” che esprime dubbi e preoccupazione sul regime sanitario e i suoi inquietanti sviluppi. Come lui sono firmatari anche l’oncologo e biologo Mariano Bizzarri e il filosofo Massimo Cacciari; il primo è autore di un recente, affilato pamphlet, Covid-19 un’epidemia da decodificare. Tra realtà e disinformazione (Byoblu edizioni), con un saggio di Cacciari che ne esalta il rigore scientifico e la libertà di giudizio. Per restare nella linea del dissenso è da segnalare un libro-dialogo tra Francesco Borgonovo e lo storico Luciano Canfora, che si occupa dell’altro versante scottante, La guerra in Europa, L’Occidente, la Russia e la Propaganda (Oaks editrice), offrendo una lettura divergente rispetto all’Informazione ufficiale e istituzionale.
A Mattei, Bizzarri, Cacciari, Canfora e Borgonovo, persone di diversa estrazione, non è negato il diritto di essere contro, i loro libri non saranno vietati. Neanche quelli di Alessandro Orsini e di Toni Capuozzo, di Giorgio Agamben e di Carlo Freccero (neanche i miei, se è per questo). Ma saranno ignorati, emarginati o disprezzati e derisi in coro dall’Intellettuale Collettivo. Chi è fuori dalla cappa o dalla cupola, costeggia ai bordi l’editoria, i social e magari si affaccia pure in tv; ma è fuori dal sistema che non ammette contraddittori al suo interno, ma solo ai margini, fuori. La linea divisoria tra insider e outsider è sempre più marcata, come un fossato.

E non si tratta di voci isolate, minoranze esigue in via d’estinzione; ma esprimono un pensiero, un sentire, un’opinione assai larga, forse perfino maggioritaria. Che emerge nei social, affiora nei sondaggi, si trasmette col passaparola. A volte attraversa anche categorie come i medici, i ricercatori, gli intellettuali, i diplomatici, i militari ma il timore di sanzioni, problemi alla carriera e gogna mediatica, li induce a confessare in privato opinioni, dubbi e preoccupazioni che in pubblico sono prudentemente nascoste o stemperate.
Con la scusa dell’emergenza ormai permanente, anche se mutano le sue ragioni, si instaura un regime. Mattei accusa Draghi e Mattarella, ma anche Monti e Napolitano, la magistratura compiacente, i piani scellerati di svendita pubblica e privatizzazione, il servilismo atlantista verso gli Stati Uniti, Big Pharma, i colossi della finanza e del capitalismo globale. Siamo entrati nell’era della Sottomissione, definizione fino a ieri riferita al fanatismo islamista (si pensi al libro omonimo di Michel Houellebecq). Secondo Mattei l’Italia è il luogo in cui l’Occidente sta sperimentando la sostituzione del diritto con l’antidiritto, una forma di controllo sociale sul tipo cinese o coreano, tramite ricatti, tracciamenti, algoritmi, censure. Stiamo arrivando tramite il neo-liberismo a una nuova forma di “dispotismo occidentale”.
Il limite dell’invettiva di Mattei è che da un verso non vede il ruolo parallelo e decisivo che ha avuto l’ideologia progressista e i suoi cascami, il politically correct, la cancel culture sulla distorsione della mentalità, la negazione della realtà e della varietà, i divieti e la fabbrica dell’intolleranza. E dall’altro si ostina a giudicare tutto questo come fascismo, contro cui auspica una nuova resistenza e un nuovo comitato di liberazione. Ora, dai residui ideologici che ne sono il sostrato, dagli interessi privati che si perseguono, dai modelli adottati (come quello cinese), tutto si può dire meno che sia un nuovo fascismo. E quando Mattei vede Draghi come il nuovo fascismo, asservito al capitalismo finanziario, all’atlantismo e all’apparato liberista, va del tutto fuori strada; il fascismo è agli antipodi. Sarebbe invece molto più proficuo interrogarsi sul perché il nuovo globalismo armato e sanitario, finanziario e tecnocratico, abbia trovato nei progressisti la loro guardia bianca, nei dem il loro partito-regime e i falchi nella salute, nella censura come nelle armi. Il regime si fonda sulla saldatura tra sinistra radical e capitalismo global, tra liberal e liberisti.
Il quadro che ne traccia è veritiero: in Occidente un oligopolio finanziario globale controlla i mass media, procede al gran reset, sfonda i confini tra il pubblico e il privato. E si accinge a imitare il modello cinese, abolendo il contante per sorvegliarci con la carta elettronica, inserendo la cittadinanza a punti, censurando il dissenso. Ma poi Mattei si lascia prendere la mano e confessa di preferire “un partito unico funzionale” come quello cinese, a “un finto pluralismo di pagliacci, nani e ballerine”. Allora si, che “il diritto di essere contro” verrebbe del tutto sradicato…

Trieste: prevalgono ragionevolezza e saggezza

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di Matteo Castagna

Alla fine, hanno prevalso la ragionevolezza, la consapevolezza e la saggezza. E’ evidente la buona fede dei portuali di Trieste, oltre l’ingenuità di molti altri. Soprattutto, oltre la volontà di apparire o di manifestare a tutti i costi, se le condizioni per un buon risultato non ci sono. (a lato, il comunicato del Coordinamento 15 ottobre)

Il Sig. Puzzer merita un plauso per la determinazione ed il coraggio dimostrati, comunque la si pensi sulla questione del Green Pass. Ha guidato una protesta civile profondamente efficace, perché il blocco del lavoro, ovvero lo sciopero dei trasportatori, se protratto ad oltranza avrebbe costretto il Governo a trattare qualcosa di importante, per tutti gli italiani, perché il rischio della mancanza di approvvigionamenti avrebbe bloccato il Paese. Lui ci ha provato, forse credendo in un effetto domino di altre categorie di lavoratori, che, però, non c’è stato. La realtà è che alla maggioranza della popolazione sta bene il green pass, perché lo ritiene uno strumento utile alla sua sicurezza sanitaria. Anche se a migliaia di persone, lavoratori o meno, non va giù per motivazioni ragionevoli e ad altri per motivazioni fantasiose o addirittura deliranti, le piazze piene non sono il popolo. Il popolo è corso in massa a vaccinarsi; una parte di esso si è sentita costretta a farlo per poter tornare a una parvenza di normalità. Il dato è che l’85% degli italiani si è vaccinato con due dosi. Il gen. Figliuolo ipotizza che entro Natale si possa raggiungere la cosiddetta immunità di gregge, col 90% della popolazione vaccinata completamente.

Chi ha una formazione classica o tomista sa distinguere molto bene la realtà da ciò che vorrebbe che essa fosse. L’uomo che si costruisce una sua realtà parallela è un alienato. L’uomo che costruisce la realtà, al di là dei dati fattuali, segue, forse inconsciamente, la stessa mens di chi vorrebbe imporre delle situazioni a fronte di una realtà artificiale.

Il Sig. Puzzer sarà stato certamente minacciato, avrà subito pressioni incredibili, ma nella scelta di annullare il corteo e poi il presidio a Trieste, ha dimostrato di sentire il peso della responsabilità ed ha ben compreso, col buon senso, i giochetti che il Sistema gli stava preparando per inasprire la repressione. Ed ha fatto bene il suo dovere, ottenendo comunque (unico tra i vari manifestanti dei precedenti mesi) un importante incontro con i rappresentanti del governo. A parlare con lui ed a consigliarlo, assieme ad altri lavoratori e lavoratrici, c’era anche l’Avv. Gianfranco Amato, che, a differenza dei parolai e scribacchini che si spacciano per “anti-Sistema”, essendo, con consapevolezza o meno, in realtà, funzionali alla repressione di Stato, ci ha messo la faccia in prima linea, giorno e notte. Un importante aiuto concreto ad una lotta che, vista la contingenza, continuerà con metodi differenti per raggiungere uno scopo, che è, per queste persone, il bene comune, non certo la visibilità personale o il lucro.

Draghi e Lamorgese spietati solo con i no pass

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di Max Del Papa

Draghi ha mandato a reprimere una protesta già sconfitta, quella dei portuali di Trieste. Ha mandato la forza pubblica con gli idranti e Mattarella ha rilasciato la sua improvvida dichiarazione sui disordini inaccettabili. Quali? La Cgil contro i lavoratori, i sindacalisti carrieristi saranno contenti: volevano la repressione e l’hanno avuta, la repressione di chi non ce la fa e non capisce perché la sua vita sia diventata un inferno. Non servivano gli idranti a Trieste, sono stati quella che il questore Pascalino negli anni di piombo definiva “operazione di parata”: mostrare i muscoli, far vedere che l’Italia quanto a durezza non scherza, che i tempi sono cambiati, adesso c’è il superburocrate della Bce che del dissenso ha un’idea chiarissima e i sindacati sono d’accordo, i partiti pure: nessuno ha manifestato solidarietà ai portuali e ai cittadini triestini, che si arrangiassero, non ci provassero più e tutti gli altri prendano nota. Armata Brancaleone quella dei portuali, portavoce stordito quel Puzzer, siamo d’accordo, ma proprio per questo non era il caso di schierare la forza bruta come piace a Prodi il quale dice quello che la dittatura cinese vuol sentire.

Draghi e Lamorgese scortano i rave party, i violenti ufficialmente impediti alle manifestazioni pubbliche come Castellino di Forza Nuova, non si azzardano a toccare i centri sociali che sono focolai di sovversione, ma sui no greenpass sono spietati, applicano il monopolio della violenza teorizzato da Max Weber. Dopo gli idranti, che cosa? Questo regime, ormai è chiaro, lo scontro sociale lo cerca e gli va bene anche il caduto in piazza. Secondo antica consuetudine dello Stato italiano. Non ha tutti i torti Giorgia Meloni a evocare la strategia della tensione, i prodromi ci sono tutti. Ma allora che aspetta l’unica opposizione a farsi sentire?

La differenza rispetto agli anni di piombo è questa, che allora c’erano forze contrapposte, infine saldatasi nella fermezza sulla pelle di Aldo Moro; oggi sono tutti dentro o a lato e non c’è nessuno che sappia o voglia davvero rappresentare la protesta civile, coagularla in un senso politico. Tutti pro vaccini e greenpass a oltranza, come annuncia Draghi: “Fino a che servirà”. Cioè fino a quando parrà a lui. Che manca ancora per concludere che la democrazia in Italia è ampiamente sospesa? Gli Arlecchini di regime insinuano che il lasciapassare “potrebbe” venire ritirato a Natale, omettendo di aggiungere che potrebbe avvenire in concomitanza con nuovi coprifuoco. Ma vogliamo vedere il presente che ci avvolge? Gas + 30%, luce + 40%, benzine + 30%, gas e metano + 30/50%, alimenti + 30/50%; una famiglia su 4 sotto la soglia di povertà, cioè impossibilitata a far quadrare il mese; ci si cura di meno, ci si nutre con alimenti meno sani; nel 2020 oltre trecentomila attività saltate, nel 2021 l’inizio della frana sociale. A fronte di tanto sfacelo, non sei autorizzato a protestare. Se ti azzardi, Draghi ti manda gli idranti e i manganelli e lo fa volendo dare un preciso segnale: il Paese è schiacciato, grecizzato, la UE e la Cina ne dispongano come meglio credono. Ma la Corte dei Conti europea ha appena ammesso che i primi 130 miliardi della transizione verde si sono rivelati inutili, cioè sono andati bruciati. La risposta di Bruxelles è stata esemplare: avanti così, nel 2030 i miliardi da bruciare saranno 1000. Intanto i soldi del recovery, che sono soldi nostri concessi a debito, arrivano col contagocce e a condizioni umilianti che investono sia le riforme strutturali che le forme di regime.

Ma avanti così e per chi non ce la fa c’è la tassazione punitiva, il controllo totale e la polizia in assetto di guerra. Con la claque dei servi e dei provocatori che si esalta, disumanizza chi non si adegua, gode nel “tirare fuori” il greenpass. Ma cosa è questo esibizionismo da feticisti del regime, che cosa ha a che fare con l’informazione? Draghi confida nella propaganda e finirà male come tutti quelli che spezzano la corda a forza di tirarla. Ma per il Paese non andrà meglio. Non va meglio già ora. La stampa mondiale è allarmata per la situazione italiana, una situazione repressiva che non si era mai vista neppure nella fase terroristica. Presto non si potrà più dire, ma siamo allo Stato concentrazionario. Il dissenso schiacciato, le punizioni esemplari, il conformismo fanatizzato, gli artisti e i personaggi pubblici normalizzati, i diritti fondamentali cancellati. La democrazia strozzata.

Fonte: https://www.nicolaporro.it/draghi-e-lamorgese-spietati-solo-con-i-no-pass/