L’invidia è la molla più potente delle rivoluzioni

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di Rino Cammilleri

Nicola Porro ha giustamente elogiato il fondamentale libro di Helmuth Schoeck L’invidia e la società, oggi riedito da Liberilibri ma anticipato negli anni Settanta da Rusconi per la regia del compianto Alfredo Cattabiani (l’editor che fece conoscere in Italia Il Signore degli Anelli, mentre Adelphi in sordina pubblicava Lo Hobbit). Eh, letteratura di nicchia, in quegli anni, «fascista» insomma. Ma l’extrasinistra era troppo ignorante per accorgersene.

Tanto per far capire ai più giovani il clima: il sottoscritto era uno studente a Scienze Politiche di fatto apolitico, nel senso che alla politica preferivo la chitarra e le ragazze. Ma l’università era quella di Pisa, e lì regnava Lotta Continua. Per la quale valeva il detto evangelico «chi non è con me è contro di me», perciò non potevi nemmeno fare il qualunquista. E non si scherzava, erano mazzate. Ovviamente, in tanti contro uno, perché quelli amavano il collettivo.

Così, ogni giorno mi recavo in Facoltà ma non entravo: da lontano, il bidello, che mi aveva in simpatia, mi faceva cenno, sì o no. Cioè, oggi non è cosa perché c’è l’ennesima assemblea o occupazione. Oppure, ok, oggi è tranquillo. I professori, data la situazione, fecero presto a trasformarsi da baroni in tribuni della plebe. Io, che senza riflettere avevo messo nel piano di studi «Storia del movimento operaio e sindacale», dovetti dare tre volte l’esame perché la mia esposizione non era abbastanza marxista. Tanto per dire. Da qui l’attrazione fatale verso i libri Rusconi.

Paradossalmente, quel che sono adesso lo devo a Lotta Continua. Ebbene, per il contenuto del libro di Schoeck andate a vedere quel che ne scrive Porro. Il fulcro è questo: l’invidia è la molla più potente delle rivoluzioni. In effetti, a ben pensarci, ogni rivoluzione si può sintetizzare così: togliti dal trono ché mi ci metto io. Ovviamente, le ideologie – a partire da quella giacobina, madre di tutte le altre che seguirono – sono solite avvolgersi con nuvole di parole. Pensiamo ai molti volumi di Marx. O allo stesso Robespierre, capace di concionare per sei ore di fila. Augustin Cochin descrisse benissimo il processo in Meccanica della rivoluzione, anche questo letto grazie al solito editore nei Seventies.

Altro fondamentalissimo libro, per capire bene di che cosa stiamo parlando, è il negletto Il socialismo come fenomeno storico mondiale di Igor Safarevic, riedito da Effedieffe e prefato non a caso da Aleksandr Solženicyn. Che era ingegnere. Safarevic era un matematico e scrisse il saggio perché quelli più qualificati di lui erano tutti nel Gulag. Il tema è lo stesso: perché il socialismo (o il comunismo, la differenza sta, appunto, nella anzidetta nuvola di parole) è inestirpabile? Perché dilaga così velocemente? Perché rispunta sempre? La spiegazione è proprio psicologica, anche se si nasconde dietro locuzioni come «giustizia sociale». Se ne rese conto proprio uno psichiatra, Viktor Frankl, che era ebreo e perciò finì nei lager nazisti. Fu qui che vide, tra gli sventurati di cui condivideva la sorte, gli odi furibondi nei confronti di chi aveva un pezzo di patata in più o la “fortuna” di avere un kapò un po’ più umano.

La sua esperienza ad Auschwitz gli ispirò Uno psicologo nei lager (Ares). A lui in fondo andò bene: viennese, padre della logoterapia, fu docente in mezzo mondo, Harvard compresa, i suoi libri sono tradotti pure in cinese, 27 lauree honoris causa. Lui, che sapeva a memoria i Salmi in latino, dissentiva in toto dal suo compaesano Freud: «In realtà, non è Dio un’immagine del padre, bensì il padre è un’immagine di Dio».

Rino Cammilleri, 12 settembre 2022 –

Vax contro no vax, gli italiani si sono sempre odiati

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CON IL COVID SI STA DISGREGANDO IL NOSTRO TESSUTO SOCIALE? NO, NON È MAI ESISTITO

di Rino Cammilleri

Giustamente l’amico Porro lamenta che si sta disgregando il nostro tessuto sociale. Il cantautore cattolico Povia si becca il Covid? Bene, ben gli sta, speriamo che schiatti. Questi i “messaggi” di auguri inviatigli anche da medici mediatici. Porro ha la mia non piccola stima anche perché dissente dalla linea conformista del quotidiano di cui pure è vicedirettore. I giornalisti che fanno il loro mestiere in coscienza e non per lo stipendio sono pochi, ahimè. Proprio la pandemia è intervenuta, evangelicamente, a «svelare i pensieri di molti cuori». E, grazie a Dio, in tanti se ne sono accorti, col gran risultato che ormai non ci fidiamo più di nessuno, scienziati, giornalisti, medici e soprattutto politici.

Nel Medioevo il capo politico era il re, davanti alla cui sacralità si piegava il ginocchio. Quante rivoluzioni ci sono volute per arrivare ad avere capi politici accolti a pernacchie quando spuntano in tivù? Vent’anni fa, giovane e sprovveduto, pubblicai un libro prima per Mondadori, poi per la Bur: Doveroso elogio degli italiani. Poi, invecchiato, feci esperienza. Com’è noto, l’esperienza è quella cosa che quando ce l’hai non serve più. Mai mi sono pentito di un mio libro, e sono una quarantina. Tranne di quello. Era appena uscito nelle librerie che già gli arrivò una minaccia di querela. Dall’estero. E chi era? Un italiano. Del tutto sconosciuto alle patrie lettere. Diceva che l’avevo plagiato, anziché ringraziarmi per averlo citato. Finì che il mio editore fu costretto a pagare un’expertise, la quale diede ragione a me. Però il costo dell’expertise superò l’incasso e l’editore, bollandomi come uno che portava rogne, accantonò il mio libro, che non fu più ristampato.

Insomma, il tessuto sociale gli italiani non l’hanno mai avuto. È dai tempi di Romolo e Remo che il loro specifico è la guerra civile. Roma a parte, le Crociate nacquero proprio perché il papa Urbano II, stufo delle guerre continue tra cristiani, disse loro: ma se proprio avete voglia di menare le mani, andate a farlo da un’altra parte, dove è veramente utile. Per fortuna quella volta gli diedero retta. Ma poi ricominciarono. Città contro città. Quartiere contro quartiere (il Palio di Siena c’è ancora oggi, per dirne una). Dice niente il fatto che, per legge, il podestà doveva essere uno di fuori? E il vizio di chiamare «lo straniero» a calare in Italia per far vincere la propria fazione? Vizio che rimase anche nel Risorgimento, il quale fu possibile grazie a inglesi e francesi e infine prussiani.

Gli «austriaci» che combattevano contro i piemontesi erano veneti e lombardi. E che fu la garibaldinata contro il Sud  se non una guerra tra italiani? Per non parlare delle campagne napoleoniche, con giacobini (italiani, la cui bandiera svetta ancora sul Quirinale) che massacravano le Insorgenze. E poi il «brigantaggio». E poi venne il marxismo e gli italiani ricominciarono a darsele. Bienni rossi, squadracce eccetera. Caduto il fascismo, ecco una guerra civile in grande stile. Dice niente il fatto che il partito comunista di osservanza sovietica più numeroso di tutto l’Occidente fosse proprio quello italiano? E che il Sessantotto da noi, e solo da noi, sia durato dieci anni? Per non parlare degli anni di piombo.

Saremo bravi, noi italiani, con la cucina, l’arte, la moda. Ma per il resto facciamo ridere. E ci detestiamo l’un l’altro che è un piacere. Abbiamo sempre bisogno di qualcuno che ci venga a comandare dall’esterno, Draghi compreso. Dunque, non c’è nessun tessuto sociale da salvaguardare. Non c’è ne mai stato uno. Ahimè.

Rino Cammilleri, 18 dicembre 2021

Fonte: https://www.nicolaporro.it/vax-contro-no-vax-gli-italiani-si-sono-sempre-odiati/

Il vangelo secondo Giuda – Perché il dodicesimo apostolo tradì?

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Segnalazione di Andrea Giovanazzi

il prossimo 9 novembre avremo nostro ospite il famoso scrittore cattolico Rino Cammilleri che presenterà il suo libro “Il mio nome è Giuda”.
 
Perché Giuda consegna Gesù al Sinedrio dopo averlo seguito per tre anni? Il Messia sperato, compie miracoli inauditi. Nonostante questo Giuda è spiazzato da ciò che vede e sente intorno a sé. Osserva, rimugina, tentenna, è diviso tra ansie e incertezze, dubbi e tormenti, tanto comprensibili in un uomo quanto inammissibili in uno in cui Gesù ha riposto una fiducia così grande.
Perché il dodicesimo apostolo tradì? Orgoglio? Superbia? 
Ma soprattutto, quale monito ed insegnamento possiamo cogliere affinché ancora oggi non commettiamo i medesimi errori nel tradire Colui che duemila anni or sono ci ha insegnato la Via della Vita, della Verità e della Libertà.
L’appuntamento è per venerdì 9 novembre 2018 presso l’aula magna delle scuole elementari di Volano (TN) in via Raffaelli alle ore 20:30.
Cortesemente diffondi l’evento presso i tuoi contatti, grazie!
 
Il vangelo secondo Giuda – Perché il dodicesimo apostolo tradì?
Venerdì 9 novembre 2018 – Ore 20:30
Aula Magna delle Scuole Elementari
via Raffaelli – Volano (TN)
Incontro con
Rino Cammilleri
Giornalista e scrittore
Autore del libro “Il mio nome è Giuda”
Organizza
Associazione Culturale “La Torre”
L’evento su Facebook

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Nuova Serie TV su Padre Brown con baci tra donne, propaganda dell’eutanasia, ecc.

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Segnalazione di Redazione BastaBugie

Il prete detective affronta il tutto con un moralismo rassegnato che non appartiene alla lucida razionalità dell’originale uscito dalla penna di Chesterton (molto meglio la serie tv degli anni ’70 con Renato Rachel)
di Rino Cammilleri

(LETTURA AUTOMATICA)

E’ partita la sesta stagione dei telefilm su Padre Brown e mi sono disposto a guardarla come le precedenti. Gli attori sono gli stessi delle varie stagioni: Mark Williams, che fa il protagonista, e i comprimari fissi Mrs Bridgette McCarty (Sorcha Cusacks), l’autista Sid Carter (Alex Price), il sergente Goodfellow (John Burton) e Penelope (Emer Kenny) che ha preso il posto di lady Felicia Montague (Nancy Carrol), partita per il Sudafrica nella quarta stagione.
Nella nuova serie Penelope appare ingrassata, quantunque l’espressività dell’attrice sia inalterata. Pazienza: era la più carina. I telefilm sono nel complesso gradevoli, anche se manca quel quid che solo Chesterton sapeva dare. Infatti, la serie è solo ispirata al personaggio creato da Gilbert K. Chesterton. Il risultato è che un prete cattolico diventa detective, con storie che tengono presente che, appunto, si tratta di un prete cattolico nell’Inghilterra anglicana dei primi anni Cinquanta. Naturalmente, gli autori non hanno il genio letterario di Chesterton né, figurarsi, la sua preparazione teologica. Continua a leggere

La sinistra inventa il pericolo razzismo…che non c’è

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Segnalazione di Redazione BastaBugie

L’immigrato è la nuova immagine del proletario, per questo è diventato sacro e intoccabile (perciò ogni fatto di cronaca è un pretesto per alimentare questo mito)
di Rino Cammilleri

(LETTURA AUTOMATICA)

L’emigrato è sacro e guai a chi lo tocca. Sei poi è africano, è ancora più sacro. Il presidente Mattarella, per esempio, in visita di stato in Armenia, al deporre una corona di fiori sul sacrario del genocidio insieme al presidente armeno, non imita quest’ultimo, che si fa il segno della croce, dunque nemmeno il memoriale del genocidio è per lui sacro. Però alza la voce contro l’Italia-farwest se un cretino spara ad aria compressa su una bambina nomade. Una ragazza di origine nigeriana si becca un uovo in un occhio ed ecco tutti i giornali e i tiggì fare la conta, tutte le volte che danno la notizia, di quanti neri nell’ultimo mese si sono fatti la bua per colpa dei bianchi. Sicuramente il Tg2 metterà, se continua così, il numeretto in alto a destra dello schermo, così come per i «femminicidi». Cioè, ogni volta che ci sarà un caso, ci ricorderà tutti i precedenti, in modo che gli italiani non si scordino il sacro dovere di santificare il migrante. Continua a leggere