La grande trasformazione. L’uomo massa non pensante

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di Roberto Pecchioli tramite Arianna Editrice

Fonte: EreticaMente

Fine agosto; potere della televisione e della comunicazione predittiva. Stampa e media sono categorici: “bollino nero” su strade, autostrade, stazioni per un numero impressionante di vacanzieri – la qualifica stagionale dei consumatori compulsivi di ferie e risparmi – di ritorno a casa con traghetti, treni, automobili, aerei. Numeri impressionanti, come impressionante è la capacità di sopportare disagi, calura, spese iperboliche, ritardi, folla , code persino per il gelato , in cambio di pochi giorni di vacanza, parolina magica che significa assenza, mancanza.

L’uomo massa accorre, disciplinato, sottomesso al gradito obbligo sociale, con un sorriso sciocco stampato sul volto, carte di credito alla mano e l’ app per mostrare biglietti e prenotazioni, consultare orari, sapere tutto. App-crazia soddisfatta. E’ convinto di essere felice: si è “divertito”, qualsiasi cosa significhi. Soprattutto, è persuaso di avere scelto liberamente . Altro scenario, stesso giorno. Una piazza solitamente affollata di un popoloso quartiere di città in cui convivono varie classi sociali. Deserto sconcertante: non sono le vacanze ad averla svuotata, ma le previsioni meteorologiche. Allerta arancione, piogge copiose in arrivo. Non piove, ma la gente è già chiusa in casa. La potenza predittiva in cui crediamo ciecamente convince a rinserrarsi tra quattro mura per paura di un temporale estivo, probabilmente simile a quelli che abbiamo sempre vissuto. In agosto, la pioggia rinfresca il “costo”, la verdura in dialetto.

Niente di nuovo: nuova è la paura, la convinzione diramata a reti unificate che il nubifragio sarà terribile, inusitato.  Asserragliato sul divano, l’uomo-massa attende l’ora del fortunale, annunciata con ammirata precisione dall’informazione meteorologica. Ancora un volta è serenamente certo di avere deciso tutto da sé e considera l’adesione pressoché generale alla sua condotta la prova migliore della bontà della sua “scelta”. Qualche chilometro più in là, al porto, una folla sterminata di ex vacanzieri prende la via del ritorno, assaltando stazione marittima e ferroviaria, in colonna, molti dopo aver affrontato la prima coda per raggiungere l’auto con famiglia e bagagli sul traghetto, la seconda per sbarcare, e a seguire la tangenziale, l’autostrada e via sino al meritato premio del ritorno a casa incolonnati, un esercito disciplinato che risale le valli che aveva disceso, qualche settimana prima, con orgogliosa sicurezza e uguale affollamento.

L’uomo massa ha le tasche – o meglio le carte di credito – svuotate , una stanchezza profonda ( è finita la vacanza, tornano le consuete code cittadine, la ressa da pendolari, non più da vacanzieri) e un rancore sordo nei confronti di tutti gli altri, la cui colpa è avere avuto i suoi stessi pensieri e gusti, prendendo le medesime decisioni eterodirette. Come si permettono di essere tutti qui, e tornare a casa nello stesso momento in cui lo faccio io? Nei giorni precedenti aveva avuto pensieri simili sulla spiaggia affollata, sul sentiero montano che sembrava il corso cittadino al sabato pomeriggio, nella vana ricerca del parcheggio, nella coda per tutto, anche per i servizi igienici.

Tuttavia, nulla lo ha indotto a rinunciare al suo sacrosanto “diritto” di consumare ferie di massa in luoghi di massa in mezzo alla massa. Si potrebbero riempire manuali di sociologia descrivendo il suo comportamento nelle spiagge, nelle località di montagna più conosciute e l’adesione acritica, la conformità alle prescrizioni, previsioni, condotte calate dall’alto dall’ultima trinità ammessa e creduta, scienza, tecnica, propaganda. Ogni pagina, tuttavia, potrebbe ridursi a poche osservazioni banali: la riduzione a massa docile , sottomessa, scioccamente felice, dell’uomo massa – il tronfio titolare di diritti ridotto a consumatore compulsivo – nonché la sorprendente assenza di pensiero della maggioranza.

E’ terribilmente facile , per il potere che possiede tutto, fare del suddito-consumatore ciò che vuole, una massa plastica capace di credere e fare qualsiasi cosa, dipendente da ogni moda. Convince in un attimo – per potenza comunicativa, coazione a ripetere, imitazione – ad adottare idee, comportamenti, stili di vita voluti dal ceto dominante. L’uomo moderno è un essere gregario quanto e più dei suoi antenati, persuaso dal mito del progresso: più di ieri, meno di domani. Meglio dimenticare il buio passato e sguazzare nel presente, rimuovendo memoria, confronti, giudizi. La nuova verità scende dall’alto, ma sembra avvolgere, pervadere, sgorgare da ogni lato. E’ la suprema, sopraffina abilità di chi ci ha resi uomini massa, docili greggi , servi volontari certi di non avere altro padrone che il nostro io.
Sappiamo di offendere l’amor proprio della maggioranza, certa di essere consapevole, libera, riflessiva. Ma è il contrario, “ dai fatti occorre trarre significazione”. Qualcuno deve pur gridare, come il bimbo della fiaba di Andersen, che il re è nudo. Scrivevamo che il mondo è invertito prima del generale Vannacci. Benvenuto, generale. Le sue parole vengono fatte passare obliquamente per discorso di odio dal presidente della repubblica italiana, che parla alla suocera affinché intenda la nuora.

La Costituzione non ammette l’odio, ha detto, riferendosi per allusioni al pensiero di Vannacci. Ma no – si indigna a comando l’ uomo massa non pensante – il presidente parla in termini generali, il suo è un monito illuminato, salutare. Intanto apre la via a vietare ciò che non piace alla gente che piace, bollando come odio pensieri, convincimenti, principi sgraditi alla dittatura dei padroni del presente. La cosa più triste è che, al netto delle polemiche da curve contrapposte nello stadio mediatico, alla maggioranza non importa nulla di nulla: contano le vacanze, il consumo, l’interesse immediato. Il problema non è che cosa si pensa, ma che non si pensa. Niente di più estraneo all’uomo-massa, che ama parlare di ciò che non sa, ricoprendo della sua logorrea le reti sociali in cerca di seguaci ( mi piace, pollice alzato) almeno quanto detesta ragionare, distinguere. Del resto, distinguere – gli hanno detto e ci ha creduto – equivale a discriminare, uno dei peccati capitali della postmodernità. Il mondo capovolto è per definizione civiltà e progresso, luoghi comuni ammantati da un alone di sacralità al tempo dell’abolizione del sacro. Civiltà e progresso fanno sempre più a meno della libertà, principio ridotto al diritto universale di fare ciò che più aggrada senza limiti.

Stanno smontando la libertà pezzo per pezzo: dal 25 agosto è operativo un occhiuto controllo censorio promosso dall’ UE ( ce lo chiede l’Europa!) con tanto di blocco dei contenuti e dei contributi economici privati a siti, media, pensieri sgraditi a chi comanda. Ne avete sentito parlare, uomini-massa , vacanzieri in coda, cittadini orgogliosi dei vostri diritti, sulla “libera “ stampa, proprietà – come tutto il resto – dei padroni del vapore? Certo che no, tutt’al più vi hanno rassicurato: è un benefico filtro contro le falsità e l’odio. Messaggio ricevuto, come si usa dire nelle serie televisive. Così è detto, così è; la folla obbediente alla voce del padrone annuisce, inserisce l’informazione nella memoria a breve termine, in attesa della menzogna, pardon news, successiva. Del merito se ne stropiccia: l’uomo massa si limita ad appropriarsi di parole d’ordine altrui facendole proprie con ridicola convinzione. Già la grancassa progressista lancia la nuova crociata: non tutte le idee possono circolare, perbacco. Solo quelle con il bollino arcobaleno. Il resto, vietato, censurato, catalogato come falso o discorso di odio. Il cerchio si chiude. Tu che ragioni diversamente, tu che ti ostini a pensare, non hai nemmeno più torto: sei cattivo, animato dal peggiore dei sentimenti. Sia tolta la parola, la cittadinanza, il lavoro, la libertà ai malvagi: il mondo è dei Buoni. Che producono, consumano, rivendicano diritti e poi silenziosamente crepano allo schiocco delle dita del padrone. Perché pensare ? Ecco quel che resta del pensiero occidentale. Presto sarà anche peggio, al dilagare dell’intelligenza artificiale. Il dislivello tra la macchina e l’uomo sarà tale che riflettere, obiettare, diventerà peccato di lesa maestà della tecnologia. Consumeremo dati, cose, persone, noi stessi senza pensare, finendo per odiare la nostra singolarità, che considereremo miserabile: consumatori compulsivi eterodiretti, non più persone. Il servo arbitrio.

La trappola in cui siamo caduti è credere che la battaglia sia tra libertà di espressione e censura. L’avversario ha condotto le sue campagne invocando libertà di parola. Affermavano di essere i difensori della libertà , ma lo facevano per distruggere i vecchi standard, le norme, i tabù, i meccanismi di autodifesa di una società “normale”, giacché tutti gli stati e le società hanno necessariamente regole, limiti, interdetti. La guerra che stiamo perdendo è la sfida mortale tra sistemi di valori incompatibili. Ad esempio, nel passato si poteva insegnare la Bibbia nelle scuole, ma non la pornografia. Oggi puoi diffondere nelle scuole la pornografia, la teoria gender , la sessualità queer, far credere che non esiste la natura, ma il costrutto sociale.
E’ un’estensione o una restrizione della libertà di espressione? Nessuno dei due, è “solo” il cambio di paradigma secondo l’ideologia di chi dirige la società. Ci siamo preoccupati delle regole, di difendere un’impossibile neutralità delle procedure e delle istituzioni, cadendo nella trappola liberale. Abbiamo perduto da ogni lato: le regole sono stabilite da un nuovo autoritarismo simil moralistico ammantato di “ diritti”, in procinto di trasformarsi in totalitarismo. Democratura, la forma della democrazia nell’involucro della dittatura. In cambio, possiamo sposarci tra congeneri, affittare l’utero, uccidere nel ventre materno, sopprimere noi stessi, i malati, i poveri, i depressi, osservare e praticare violenza e oscenità con un semplice clic e un conveniente piano tariffario.

Sono i “diritti”; hanno sostituito l’onore, la famiglia, la dignità, Dio, la patria, la giustizia sociale. Abbiamo perduto su tutta la linea perché il nemico ha capito prima di noi che la libertà di espressione non significa nulla per chi non ha niente da pensare. Il gregge non deve neppure più pascolare: ci pensa il padrone. Al calduccio nello stabbio, a ore stabilite è distribuito il pasto. Con il muso nella greppia, soddisfatti nelle pulsioni e nei bisogni elementari, a che servono il libero pensiero, la parola dissidente? Tanto più che qualcuno – c’è sempre un ribelle, un bastian contrario, un piantagrane – potrebbe insinuare alla maggioranza addomesticata che il pastore tiene il gregge ben nutrito soltanto per venderlo a miglior prezzo al mattatoio.

Pensieri in libertà, sfoghi impotenti, il fastidio di chi non capisce e non si adegua. L’illusione che qualcosa o qualcuno sveglierà il gregge che sbadiglia e digerisce. Come è potuto accadere che la civiltà con più possibilità, più mezzi materiali, più conoscenza di ogni tempo, diventasse la schiava ubbidiente di una libertà falsa come l’oro di Bologna? La mistica dei diritti, il mito del progresso , l’aridità spirituale spiegano molto, non tutto. La Grande Macchina della trasformazione che ha generato il mondo al contrario lavora instancabilmente da alcuni secoli.

Vale la pena, nella seconda parte, analizzare modi, idee, tappe, meccanismi e protagonisti della grande trasformazione della “scimmia nuda” in macchina desiderante non pensante. Diventato fluido, liquido, l’uomo nuovo prende la forma del recipiente in cui è versato: gli importa solo che il design del contenitore sia accattivante, alla moda, a prova di pollice alzato. Homo consumens ex sapiens.

 

Bibbiano. Le uova del drago

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di Roberto Pecchioli

Fonte: Ereticamente

La vicenda dei bambini strappati ai genitori naturali nella provincia emiliana, con il coinvolgimento del sindaco PD dI Bibbiano, l’indagine a carico di operatori sociali, psicologi e sanitari ha squarciato il velo su un sistema che è troppo facile liquidare come la repubblica degli orchi. Gli orchi esistono e sono forti, qualcuno forse è anche a Bibbiano, ma la realtà è più seria. Parafrasando un romanzo di Pietrangelo Buttafuoco che fu un caso letterario nel 2005, potremmo affermare che si sono dischiuse le uova del drago. Una lunga incubazione ha fatto di tesi assurde, estreme, patrimonio di pochi allucinati, l’orizzonte dell’Occidente postmoderno. La morte di Dio, l’oblio della comunità e la tenace lotta contro la famiglia, legate dal filo della prevalenza degli “esperti” e del disprezzo della natura non potevano che rendere possibile al drago di imporsi in una società priva di anticorpi. Continua a leggere

Denatalità, il problema cruciale

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di Roberto Pecchioli

Denatalità, il problema cruciale

Fonte: Ereticamente
Se chiediamo a un campione di cittadini mediamente informati e di buona istruzione quale sia il problema più grave dell’Italia, otterremo una notevole varietà di risposte. Alcuni parleranno dell’immigrazione, moltissimi della disoccupazione, altri della perdita dei diritti sociali, qualcuno del declino dei principi morali, della corruzione e così via. La nostra tesi è diversa: la questione più rilevante è la denatalità. Un popolo che non fa figli è destinato a finire per consunzione biologica. Si trascina nell’egoismo, nella sfiducia del futuro, nella chiusura mentale, nel rifiuto stesso della vita. Poiché la natura ha orrore del vuoto e altrove la pressione demografica è immensa, qualcuno, fatalmente, ci sostituirà. La civiltà in cui siamo nati sparirà e l’Italia diventerà un concetto del passato. La studieranno sui libri di storia. Il presente intervento si pone un obiettivo: affermare che le culle vuote sono il problema più grave e urgente della nazione e le difficoltà economiche, finanziarie e sociali nelle quali ci dibattiamo hanno tra le cause scatenanti l’invecchiamento e la conseguente diminuzione della popolazione. Forse non è del tutto vero, come pensava Benito Mussolini, che il numero è potenza, ma certamente, in un tempo che aspira alla crescita infinita, perdere popolazione è un elemento di profonda debolezza, il segnale visibile del declino. Nel presente, solo gli argomenti legati all’economia o agli interessi riescono a convincere. Per questo rinunciamo alla mozione dei sentimenti, all’appello in favore della nostra civiltà, al patriottismo, alla necessità di salvare dall’estinzione la nostra nazione. La nostra tesi è che la continuità biologica del popolo italiano conviene, è il migliore investimento per il futuro, un grosso affare per tutti e per ognuno. Continua a leggere

Altri Sovranisti. Vox, la Spagna viva

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ALTRI SOVRANISTI. VOX, LA SPAGNA VIVA.

                                                               di Roberto PECCHIOLI La contestazione contro le oligarchie transnazionali e i loro terminali politici avanza. Le elezioni bavaresi sono un ulteriore segnale forte. Socialdemocrazia sotto il 10 per cento, i cristiano sociali dominatori a Monaco per settant’anni al minimo storico, avanzata imponente degli ambientalisti, consolidamento della destra anti immigrazione di Afd e un inaspettato 10 per cento a un …

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I Falsari della Nuova Scienza

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di Roberto Pecchioli

I Falsari della Nuova Scienza

Fonte: Ereticamente

Conosciamo bene il livello di manipolazione raggiunto dalla cultura e dalla comunicazione contemporanea, dominata da pochi giganti, proprietà dell’oligarchia economica e finanziaria planetaria.  Allo stesso modo, ci siamo convinti della falsificazione ideologica delle cosiddette scienze umane, al servizio di un’antropologia interessata a creare l’uomo nuovo, il consumatore fluido e tendenzialmente transgender. E’ evidente che molte discipline che trattano temi sensibili come genere, sessualità, psicanalisi, identità razziale sono il terreno di autentici malfattori che hanno occupato il livello accademico facendo attivismo politico, ideologia, non certo cultura e tanto meno scienza.

Ciononostante, la realtà supera la fantasia; si resta a bocca aperta nel leggere gli incredibili retroscena di un articolo pubblicato sulla “prestigiosa” rivista americana Gender, Place and Culture. Vi si tratta dei parchi per cani, luoghi apparentemente innocenti dove il migliore amico dell’uomo può correre sicuro e felice, giocare e divertirsi. Secondo uno studio firmato dalla dottoressa Helen Wilson di una fantomatica Portland Ungendering Initiative, la realtà è assai più sinistra. I parchi canini, sostiene, sono luoghi completamente pervasi da una cultura oppressiva ed eteropatriarcale tesa alla violazione della natura, dove animali innocenti sono oppressi come riflesso diretto della violenza maschilista, strutturale nella nostra società. Continua a leggere

Occidente, lo zoo di Babilonia

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di Roberto Pecchioli

Occidente, lo zoo di Babilonia

Fonte: Ereticamente

L’ umanità dell’Occidente terminale ha trovato il suo destino, diventare lo zoo di Babilonia. Un ambiente falso, un parco tematico, una gabbia lussureggiante in cui gli animali sono prigionieri in una finta foresta, privati della naturale dignità per essere esposti allo sguardo meravigliato di una folla pagante che si muove lungo percorsi stabiliti, tra chioschi, punti di ristoro e gadget. La differenza con lo zoo degli animali selvaggi è che diventiamo spettatori di noi stessi. La cultura che ha scoperto il concetto di persona muore per aver accettato entusiasticamente la sorte zootecnica. Dal primato sulla natura, dalla certezza di aver avuto il dono della ragione e della consapevolezza di sé al triste futuro di specie zoologica. Bestie intelligenti d’allevamento senza l’innocenza dell’animale, a questo siamo ridotti.
Alexis de Tocqueville immaginò che l’idea di uguaglianza condotta alle estreme conseguenze, combinata con il miraggio di libertà illimitata, avrebbe estirpato ogni altra aspirazione dal cuore umano. A quasi due secoli dalle intuizioni del conte normanno, il percorso è compiuto. Scambiata la libertà con la liberazione, poi con il desiderio, infine con il capriccio, assunto come valore indiscutibile il postulato dell’uguaglianza, l’uomo occidentale si è incamminato per il sentiero più pericoloso, diventato un’autostrada priva di uscite, quello di una lotta senza quartiere alla natura, le sue leggi, i suoi limiti. Ha costruito una società della disgregazione, un ossimoro di cui siamo testimoni, in maggioranza ignari della sorte di mutanti. Continua a leggere

Ponte di Genova, Nave Diciotti: corre la storia…

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di Roberto Pecchioli

Ponte di Genova, Nave Diciotti: corre la storia…

Fonte: Ereticamente

Corre la storia. Esistono periodi in cui tutto sembra fermo, altri dove il movimento pare precedere il tempo e sfuggire alla comprensione. Le ultime settimane, in piene vacanze agostane, hanno prodotto un’accelerazione profonda, lasciato un solco significativo, segnato un prima e un dopo. Poco sarà come prima nel giudizio comune dopo il crollo del Ponte Morandi di Genova e la vicenda della nave Diciotti della nostra Marina.I fatti sono noti. Nel primo caso, un ponte costruito da soli 50 anni, unico mezzo di comunicazione tra le due parti della Liguria, proteso verso la Francia, si spezza e lascia sul terreno, dopo un volo spaventoso, oltre quaranta vittime, seicento sfollati, giacché quella struttura autostradale, gestita dal gruppo privato Benetton, posava direttamente sopra un quartiere popolare della città e minaccia di infliggere un colpo mortale all’economia di una regione che vive di turismo e di logistica dei trasporti.  Nel secondo, una nave italiana che incrociava nel Mediterraneo ha raccolto circa 180 eritrei i quali, all’arrivo a Catania, non sono stati sbarcati per ragioni di salute, sicurezza pubblica e per dare un ulteriore segnale di cambiamento nella politica nazionale dinanzi all’invasione di finti profughi provenienti dall’Africa con l’aiuto di imbarcazioni private ( le cosiddette Organizzazioni Non Governative) finanziate da chi organizza il traffico di esseri umani sotto la copertura di ragioni umanitarie. A seguito degli eventi catanesi, il ministro degli Interni in carica è indagato per sequestro di persona, abuso d’ufficio e arresto illegale. Marcello Veneziani ha intitolato un suo magistrale intervento “difendere gli italiani è reato”.

Il maggiore partito di opposizione, il PD architrave del sistema da 25 anni sotto diversi nomi, ha mobilitato i propri dirigenti a Catania a favore degli stranieri, ma ha brillato per la sua assenza a Genova dinanzi alla tragedia di una grande città italiana che, per inciso, ha sgovernato per oltre 40 anni, come PCI prima, PDS, DS e PD poi. I pochi esponenti visti ai funerali sono stati accolti da salve di fischi impressionanti, che hanno lasciato sotto choc la povera (si fa per dire) deputata Pinotti, fascinosa signora del partito in città, ex ministro della Difesa, dunque responsabile diretta per anni dei movimenti della Marina Militare nelle acque del Mediterraneo meridionale. Un osservatore del calibro del professor Meluzzi, ex uomo politico, ha tuonato contro l’alleanza di fatto tra il potere mediatico (tutto dalla parte del vecchio sistema), l’apparato tecnologico di dominazione (il mondo della rete, di Facebook, Google, Silicon Valley) e le oligarchie finanziarie. Ha dimenticato, per l’Italia, il grumo di potere giudiziario che da un quarto di secolo tiene in scacco la politica, cercando attivamente non solo di influire sulle scelte generali, ma addirittura di riscrivere la storia della nazione degli ultimi 75 anni. Continua a leggere

RIMINI: CL, OPERE E AFFARI

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Alcuni anni fa presentammo, a Verona, con l’autore Ferruccio Pinotti, il libro a lato. Fu presso la libreria Minerva, che ora non c’è più. Ma l’argomento fu molto sentito. Parlarono ex ciellini e ci fu una gran partecipazione. Oggi, i temi del saggio si ripropongono, più attuali che mai…

L’OPINIONE

di Roberto Pecchioli

A fine agosto è il tempo dell’incontro annuale di Comunione e Liberazione. Lo chiamano meeting, e già questo non ci piace, convinti che una delle ragioni della decadenza nazionale sia la colonizzazione culturale cui si è assoggettata. Chi scrive è ancora credente per due ragioni: la grazia immeritata della fede, dono gratuito dell’Altissimo e la lontananza da ogni movimento e associazione religiosa. Cresciuto nel culto di Don Bosco, i cui salesiani dettero un’educazione e un mestiere al proprio padre, l’estensore di queste note conobbe CL verso i vent’anni, all’università, senza aver mai neppure udito il nome di Don Giussani. Militante di destra con tutte le difficoltà e i drammi dell’epoca, era naturale la simpatia per quelle ragazze (erano in maggioranza donne) che sfidavano l’egemonia – e la violenza – delle legioni rosse. Leggemmo poi i libri di Don Gius e quello che ci piacque fu soprattutto il fatto di considerare l’incarnazione come un “evento”, Dio che irrompe nella storia, ne cambia il corso, restituisce all’uomo il suo destino eterno. Gesù, nel messaggio di Giussani, era vero Dio pur rimanendo uomo, con i limiti, le sofferenze, perfino le arrabbiature dei mortali.

Tanta strada è passata sotto i ponti, adesso non riusciamo più a simpatizzare per i ciellini. Grande il fondatore, splendida la loro creatura editoriale, Il Sabato, che dette voce per anni a chi voce non aveva, nel coro assordante. Nel tempo, ci pare che siano accadute due pessime cose; ne parliamo sussurrando, non conosciamo a sufficienza la realtà, soprattutto ci è sconosciuto l’interno della creatura del prete di Desio. Da un lato, la burocratizzazione, il potere, la persistenza degli aggregati, la struttura che si rafforza, diventa armatura e si fa fine a se stessa. Un fenomeno comune, ma assai grave laddove l’ispirazione è quella di agire a gloria di Dio. La Compagnia delle Opere, le aziende, le cooperative, l’entrata a vele spiegate nella sanità e in mille altri affari, cioè nel profitto, qualche scivolone pesante di uomini di vertice come Formigoni. Continua a leggere

Genova: Ponte Morandi

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Ponte Morandi

L’INCHIESTA

di Roberto Pecchioli

Non volevamo crederci. Il crollo del Ponte Morandi, che noi genovesi, con una punta di provincialismo da colonizzati chiamavamo ponte di Brooklyn, è una tragedia sconvolgente, per il suo carico di vittime, dolore, distruzione e per le conseguenze terribili che si trascineranno per anni. Non è il tempo degli sciacalli, ma dei soccorsi, del cordoglio, dell’aiuto, della collaborazione. Tuttavia, non si può tacere, tenere a freno la collera per un’altra tragedia sinistramente italiana: un’opera di quell’importanza non può crollare dopo soli 50 anni. Per chi scrive c’è un che di personale, quasi di intimo nel dolore di queste ore. Bambini, partecipammo nel 1967 all’inaugurazione del ponte con tutte le scolaresche di Genova. Muniti di bandierina tricolore, appostati di fronte al palco, seguimmo la cerimonia, vedemmo con la meraviglia dell’età il presidente della repubblica Giuseppe Saragat attorniato da uomini in alta uniforme e dall’imponente figura del grande cardinale Siri, storico arcivescovo della città.

Abbiamo percorso migliaia di volte quel ponte lunghissimo, settanta metri sopra la vallata del torrente Polcevera piena di case popolari e capannoni industriali della ex Superba, ogni giorno per decenni lo abbiamo visto e sfiorato andando al lavoro. Non c’è più ed è colpa di qualcuno. Parlano di fulmini, di un intenso nubifragio e di cedimento strutturale. Aspettiamo a tranciare giudizi, ma nel mattino della vigilia di ferragosto pioveva e basta. Nessuna alluvione, dagli anni 70 ne ricordiamo almeno sei, devastanti, nella città di Genova. Non sappiamo quanti fulmini si siano abbattuti in mezzo secolo sul manufatto dell’ingegner Morandi (pochi sapevano che a lui fosse intitolata l’opera), né quanta pioggia abbia bagnato da allora le imponenti strutture. Non accettiamo, non riconosceremo mai come valida la sbrigativa giustificazione di queste ore. Sarà qualunquismo da Bar Sport, ma ci risulta che ponti romani siano in piedi da due millenni, e non crediamo nell’incapacità dei progettisti. Però, negli ultimi decenni i crolli sono stati tantissimi, come le tragedie dovute all’incuria, all’insipienza, alla corruzione diffusa. Continua a leggere

L’avventura di un povero cristiano

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Risultati immagini per Fontamaradi Roberto PECCHIOLI

L’avventura di un povero cristiano fu l’ultima opera letteraria di Ignazio Silone, l’autore di Fontamara. Uscita con grande successo nel fatidico 1968, racconta i convulsi mesi romani e napoletani di Pietro di Morrone, il monaco asceso al papato nel 1294 con il nome di Celestino V dopo lotte intestine di una chiesa corrotta, tornato dopo pochi mesi al suo eremo tra le montagne della Maiella a seguito dell’abdicazione che Dante chiamò “il gran rifiuto”. Silone intese rappresentare nel suo conterraneo abruzzese l’opposizione tra il singolo e la Chiesa, più ancora la divaricazione irriducibile tra l’uomo onesto e il potere.

Avventura quotidiana di poveri cristiani è diventata seguire i percorsi del cattolicesimo in disarmo. Credevamo che nulla potesse più stupirci di quanto esce dalla bocca di esponenti della gerarchia, ma ci sbagliavamo. Nelle ultime settimane hanno suscitato nuovo turbamento e rinnovato sconcerto due episodi significativi. Il primo è la telefonata tra Gianni Vattimo, filosofo marxista, conclamato omosessuale, alfiere del nichilismo postmoderno nell’insidiosa forma del cosiddetto pensiero debole, e l’inquilino di Santa Marta Jorge Mario Bergoglio. Tra i due, il cui approccio è stato forse favorito dalla comune condizione di coscritti della classe 1936, il più concreto è stato il pensatore torinese, il quale, stando alle ricostruzioni, avrebbe proposto al successore (o meglio, all’impostore, n.d.r.) di Pietro di mettersi a capo di una sorta di internazionale contro lo strapotere del denaro. Vasto programma, lodevole e largamente condivisibile, ma certamente distante dalla missione religiosa. Continua a leggere

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