La Natività del Salvatore

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Segnalazione del Centro Studi Federici

Auguri a tutti per la festa della Natività di Nostro Signore Gesù Cristo.
 
Catechismo Maggiore di San Pio X – Del santo Natale
 
Le due feste di Natale di Giovannino Guareschi in carcere
 
Tu scendi dalle stelle (composto da Sant’Alfonso Maria de’ Liguori)
Tu scendi dalle stelle o Re del cielo
E vieni in una grotta al freddo e al gelo
E vieni in una grotta al freddo e al gelo
O Bambino mio divino, io ti vedo qui a tremar
O Dio beato!
Ah! Quanto ti costò l’avermi amato
Ah! Quanto ti costò l’avermi amato
A te che sei del mondo il Creatore
Mancano i panni e il fuoco, o mio Signore
Mancano i panni e il fuoco, o mio Signore
Caro eletto pargoletto, quanta questa povertà
Più mi innamora, giacchè ti fece amor povero ancora
Giacchè ti fece amor povero ancora
Tu lasci del tuo Padre il divin seno
Per venire a tremar su questo fieno
Per venire a tremar su questo fieno
Caro eletto del mio petto, dove amor ti trasportò
O Gesù mio, perché tanto patir, per amor mio!
 
 
Foto: il presepio che Giovannino Guareschi costruì nel campo di prigionia di Beniaminowo, in Polonia, nel Natale del 1943, e che portò con se quando fu incarcerato a Parma per 504 giorni, dal maggio 1954 al luglio 1955.

La Passione di Cristo e della Chiesa

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Segnalazione del Centro Studi Federici

Quando il Salvatore, «inclinato capite, emisit spírítum», ben pochi se ne accorsero, e tra questi pochi, la grandissima maggioranza gli era nemica. Certamente a Gerusalemme non si parlava d’altro; ma che, fuorchè forse una decina di persone in tutto, chi troviamo presso alla sua croce a soffrire con Lui, e per Lui, mentre Egli soffriva per noi e a causa nostra ? Il resto o lo malediceva; o diceva : ben gli sta; o se ne disinteressava ; o, infine, si limitava a una compassione sterile, di vago umanitarismo. Non dovremmo mai dimenticare, noi che del nome di Cristo abbiamo fatto il nostro nome e ci chiamiamo perciò cristiani; noi che viviamo la nostra vita eterna, e cioè cristiana, con più intensità che non la nostra vita terrena, e in questo mondo cerchiamo un altro mondo; noi non dovremmo — dicevamo — mai dimenticare la tremenda solitudine nella quale moriva Gesù.
 
Moriva per gli uomini, ucciso dagli uomini; moriva per amore degli uomini, odiato dagli uomini: e nessuno, o quasi nessuno, gli era accanto, almeno con un cenno, un grazie, a prender atto della sua carità, ad accorgersi del suo amore. Amare e non essere amato è già molto grave, ma Gesù amava ed era odiato. Sulla sua croce l’aveva innalzato il suo amore per gli uomini e l’odio degli uomini per Lui. Se dunque qualcosa rompeva la solitudine non era l’amore ma l’odio. Una siepe di odio circondava la sua croce.
 
Il nostro dovere, in questo giorno anniversario, consisterà nel non lasciar solo Cristo, ma accorrere vicino a Lui, nell’ora in cui Egli morì, e accorrere con l’amore. Un amore per Lui, che sia simile’ al suo amore per noi, o per lo meno si proponga d’imitare quel suo amore. Accade, molto spesso, che molti cristiani non si rendono conto in nessun modo d’essere stati oggetto di tanto amore da parte di Cristo, e si contentano di avere, di Gesù, una cognizione così vaga, così scarsa, così per aria, che si vergognerebbero d’averne una simile di un loro conoscente.

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