Perché solo la vera Destra ha la verità?
EDITORIALE
EDITORIALE
di don Francesco Ricossa
Il 18 luglio 1323 il grande pontefice Giovanni XXII, con la Bolla Redemptionem misit, canonizzava Tommaso d’Aquino iscrivendolo nell’albo dei Santi. Ricorreva quindi nell’anno che sta per concludersi il settimo centenario dell’elevazione alla gloria degli altari del grande teologo domenicano. Durante l’anno 2024 festeggeremo invece il 750° anniversario della morte di san Tommaso, avvenuta nell’abbazia cistercense di Fossanova il 7 marzo 1274, mentre il Santo si recava al Concilio di Lione. Il prossimo anno ricorrerà infine l’ottavo centenario della sua nascita, avvenuta a Roccasecca, nella contea di Aquino, nel 1225 appunto. Il nostro Istituto Mater Boni Consilii e la nostra rivista Sodalitium non potevano certo non unirsi alla gioia di tutta la Chiesa nei festeggiamenti indetti per questo triplice anniversario, tanto più che la festività di san Tommaso d’Aquino era uno dei “giorni di preghiera speciali” del Sodalitium Pianum di Mons. Benigni (a proposito di anniversari: il 27 febbraio cade il 90° della morte del nostro prelato!) secondo la circolare del 12 marzo 1913 dello stesso Sodalizio. Né poteva essere altrimenti giacché la magna carta della lotta al modernismo, l’Enciclica Pascendi, denunciava nella lotta alla Scolastica l’arte insidiosa dei modernisti, e proponeva nella fedeltà a san Tommaso il rimedio a questa sintesi di tutte le eresie che ancor oggi combatte la Chiesa: “Deridono perciò continuamente e disprezzano la filosofia e la teologia scolastica (…) la smania di novità va sempre in essi congiunta con l’odio della Scolastica; né vi ha indizio più manifesto che taluno comincia a volgere al modernismo, che quando incominci ad aborrire la Scolastica. Ricordino i modernisti e quanti li favoriscono la condanna che Pio IX inflisse alla proposizione che diceva (Sillabo, proposizione 12): ‘Il metodo e i principi, con cui gli antichi dottori scolastici trattarono la teologia, più non si confanno ai bisogni dei nostri tempi ed ai progressi della scienza’”. San Pio X quindi proseguiva – al seguito del suo predecessore Leone XIII – imponendo qual primo rimedio al modernismo “che a fondamento degli studi sacri si ponga la filosofia scolastica”. “Ciò che conta anzi tutto è che la filosofia scolastica, che Noi ordiniamo di seguire, si debba precipuamente intendere quella di San Tommaso di Aquino. (…) Ammoniamo poi quelli che insegnano, di ben persuadersi che il discostarsi dall’Aquinate, specialmente in cose metafisiche, non avviene senza grave danno”. Non a caso il Santo Pontefice insiste sulla filosofia scolastica e la metafisica di san Tommaso, che dietro suo ordine la Sacra Congregazione degli Studi fissò, contro il Suarez, nelle famose XXIV Tesi, quasi avvertendo che i modernisti e dopo di loro il neo-modernismo della Nouvelle théologie avrebbero cercato di sostituire una filosofia all’altra pretendendo di non mutare il deposito della Fede, mentre invece il deviare dai retti principi della retta ragione naturale avrebbe immancabilmente condotto ad adulterare lo stesso concetto di Fede e le verità rivelate. Già nel passato, infatti, prima il volontarismo e poi il nominalismo, allontanandosi dai principi di san Tommaso, avevano guastato la filosofia scolastica aprendo la via agli errori ben più gravi, alle vere eresie, di Lutero e di Calvino.
La Chiesa invece, seguendo saldamente i lumi della Fede e della Ragione, ha sempre custodito fedelmente le verità rivelate grazie anche al pensiero di san Tommaso: così al Concilio di Firenze (1439), a quello di Trento (1545-1563) e a quello Vaticano (1870), specialmente nella costituzione Dei Filius. L’11 aprile 1567, con la Bolla Mirabilis Deus, san Pio V lo proclamò dottore della Chiesa, al pari dei quattro grandi dottori della Chiesa latina, Ambrogio, Agostino, Girolamo e Gregorio Magno, dichiarati tali da Bonifacio VIII. San Pio V – nella sua bolla – notava come già durante la sua vita il suo confratello domenicano aveva “illustrato la Chiesa apostolica infinitis confutatis hæresibus: avendo confutato un’infinità di eresie”. E così anche in seguito “con la forza e la verità della dottrina dell’angelico dottore” venivano confutate e convinte d’errore le nuove eresie ed il mondo intero liberato da questi pestiferi errori: non ci piacciono i tomisti a parole che di san Tommaso non hanno lo spirito di “pugil fidei” e nemico delle eresie.
San Tommaso è dottore comune della Chiesa, pertanto. E questo nella metafisica, come abbiamo visto, come nella teologia, la quale, essendo una scienza “una”, abbraccia la dogmatica quanto la morale, e nell’una e nell’altra branca della “sacra dottrina” san Tommaso è sempre dottore indiscusso.
Del grande dottore vogliamo ricordare in particolare la sua dottrina sulla dimostrabilità dell’esistenza di Dio, così necessaria ai nostri giorni, dottrina impugnata o abbandonata dalla moderna filosofia, dal Tradizionalismo ottocentesco e dal Modernismo; la sua difesa dei primi principi metafisici; la sua lotta al Naturalismo che ne ha fatto, con san Paolo e sant’Agostino, il dottore della Grazia. Nell’attuale, diabolico attacco al Santo Sacrificio della Messa, al Santissimo Sacramento e al Sacerdozio Cattolico, san Tommaso è guida sicura come esimio teologo, santo, mistico e poeta, cantore dell’Eucarestia e baluardo contro tutti gli errori nel definire il dogma della Transustanziazione. All’opposto dello spirito moderno, mise a principio e ultimo fine del suo pensiero Iddio Santissimo, Uno e Trino, e Gesù Cristo come Via, Verità e Vita, e non l’uomo, come si iniziò sventuratamente a fare fin dal XVI secolo.
Perciò ritengo che non a caso la Divina Provvidenza, in questa tempesta che sta attraversando la Chiesa scossa dai flutti dell’eresia modernista, abbia dato alla Chiesa un valido aiuto nel pensiero di un confratello e discepolo di san Tommaso, nella persona di Mons. Michel-Louis Guérard des Lauriers o.p.
Il presente calendario permetterà al lettore di seguire, lungo i mesi di quest’anno 2024, la vita di questo Santo a noi così caro, ma soprattutto caro al Signore: che sia un anno colmo di grazie divine, di meriti abbondanti, di amore di Dio e dei fratelli. San Tommaso, intercedi per noi!
Segnalazione del Centro Studi Federici
di Giuseppe Brienza
CONFERENZA DELLE EDIZIONI STUDIO DOMENICANO (ESD) DI BOLOGNA SULL’OCCULTISMO E SULLE SFIDE E PERICOLI DI FESTE INQUIETANTI COME “HALLOWEEN”
Tornano a Bologna i Colloqui a San Domenico, percorsi di riflessione filosofica e teologica promossi dalle Edizioni Studio Domenicano (ESD). Dopo la riuscita esperienza degli OP Meetings 2022 tenuti questa estate, all’approssimarsi della Solennità di Tutti i Santi, i domenicani hanno chiamato infatti oggi pomeriggio due autorevoli relatori per offrire un momento importante di formazione e informazione sui rischi e sui pericoli dell’occulto in generale, ed anche sulle sfide che provengono da inquietanti ricorrenze come Halloween, “festa” neopagana come sappiamo oggi molto di moda, persino in ambienti cristiani.
Dopo i saluti iniziali aprirà l’incontro l’intervento del padre Marco Salvioli OP, docente di Filosofia e Teologia Sistematica e direttore della rivista teologica Divus Thomas (dedicata al pensiero di san Tommaso d’Aquino), sul tema Bene e male. Il relatore cercherà di far cogliere l’origine e il senso del Bene e del male morale secondo la riflessione filosofica e teologica della Tradizione cristiana, in particolare traendo dagli insegnamenti di sant’Agostino, di san Tommaso d’Aquino e di santa Edith Stein. Il domenicano trarrà alcuni spunti dal suo omonimo libro, recentemente pubblicato dalle ESD (Bologna 2012, pp. 192).
Sarà poi la volta del confratello padre François-Marie Dermine, docente di Teologia morale, esorcista e presidente nazionale del Gruppo di Ricerca e Informazione Socio-religiosa, il quale esporrà sul tema Signore, liberaci dal maligno. L’inganno dell’occulto. Il domenicano risponderà alla fine della sua presentazione alle domande che gli vorranno porre i partecipanti.
L’appuntamento per assistere ai Colloqui a San Domenico è per le ore 16, nella Sala della Traslazione del Convento Patriarcale San Domenico (piazza San Domenico 13), che custodisce le spoglie del santo patriarca fondatore dell’Ordine dei predicatori Domenico di Guzmán (1170-1221).
L’accesso è libero. Non è richiesta prenotazione. Per ulteriori informazioni e aggiornamenti si può scrivere a esdmultimedia@gmail.com, inviare sms/WhatsApp/Telegram al numero 331/9241537.
Fonte: https://www.informazionecattolica.it/2022/10/29/linganno-dellocculto-passa-anche-per-halloween/
Un articolo che condividiamo, pur essendo su posizioni dottrinali differenti
Segnalazione di Corrispondenza Romana
del Prof. Roberto de Mattei
La virtù forse più necessaria nei tempi di confusione è quella soprannaturale della speranza che eleva lo sguardo al Cielo, nel desiderio di ottenerlo. La speranza ci allontana dal frastuono del mondo e verticalizza per così dire la nostra anima, comunicandole il senso dell’eterno che ci fa giudicare dall’alto le cose del mondo. La forma più perfetta di speranza è la fiducia, o confidenza in Dio, che san Tommaso definisce «spes roborata», «una speranza fortificata da una solida convinzione» (Summa Theologiae, II-IIae, q. 129, art. 6 ad 3).
La differenza tra speranza e fiducia – afferma nel suo celebre Libro della Fiducia il padre Thomas de Saint-Laurent (1879-1949) – non è di natura, ma solo di grado e di intensità. «Le luci incerte dell’alba e quelle abbaglianti del sole a mezzogiorno fanno parte della stessa giornata. Così la fiducia e la speranza appartengono alla stessa virtù: l’una non è che il pieno sviluppo dell’altra».
Il Concilio di Trento ci insegna che dobbiamo tutti porre in Dio un’incrollabile confidenza (Canones et decreta, sessio VI, c. 13). Con questa virtù noi confidiamo non solo nell’onnipotenza di Dio, ma nel suo amore per noi nelle ore di confusione. La speranza infatti «non lascia confusi» (Rom. 5, 5).
Molte anime chiedono la grazia della fiducia ad un’immagine venerata sotto questo titolo nel Seminario Romano al Laterano. La storia di questa devozione è legata alla Serva di Dio suor Chiara Isabella Fornari, nata a Roma nel 1697, clarissa e poi badessa nel convento di S. Francesco a Todi. Morì il 9 dicembre 1744, all’età di 47 anni, in concetto di santità. Ebbe grazie mistiche, visioni ed estasi, tra cui la partecipazione alla Passione del Signore.
Suor Chiara Isabella Fornari nutriva una devozione particolare verso un’immagine di forma ovale, che rappresenta la Madonna con Gesù Bambino che col braccio sinistro indica la sua SS.ma Madre, mentre col destro la abbraccia. Nel Seminario Romano si conserva un documento scritto in pergamena in cui si attribuiscono a suor Chiara Isabella queste parole: «La divina Signora si è degnata concedermi che ogni anima, che con fiducia si presenterà a questa immagine, troverà una vera contrizione dei suoi peccati con un vero dolore e pentimento ed otterrà dal suo divinissimo Figliolo un generale perdono di tutti i peccati, Di più questa mia divina Signora, con amore di vera madre, si è compiaciuta assicurarmi che ogni anima che rimirerà questa sua Immagine, gli concederà una particolare tenerezza e devozione verso di Lei» (Mons. Roberto Masi, La Madonna della Fiducia, Tip. Sallustiana, Roma 1948, p. 29).
Il direttore spirituale di suor Chiara era il padre gesuita Giammaria Crivelli, della sede di Perugia del Sant’Uffizio, che seguiva anche altre due mistiche umbre: santa Veronica Giuliani (1660-1727) e la clarissa cappuccina Suor Maria Lanceata Morelli di Montecastrilli (1704-1762). Padre Crivelli fu guarito da grave malattia dopo aver pregato davanti all’immagine mariana e ne fece realizzare una copia che portò con sé al Collegio Romano dei gesuiti, dove si trasferì. Il quadro rimase nei locali del Collegio, che nel 1774, dopo la soppressione dei gesuiti, furono occupati dal Seminario Romano, nato nel 1565 in attuazione dei decreti del Concilio di Trento. Da allora la storia di questa sacra immagine è legata al Seminario Romano.
Quando, nel 1837, divampò in Italia e nello Stato pontificio una grave epidemia di colera, i seminaristi, i superiori e gli alunni del Seminario chiesero alla Madonna della Fiducia, sotto forma di voto, di ottenere protezione per sé e i loro più stretti congiunti. Tutti furono risparmiati dal morbo e per sciogliere il voto fu offerta una preziosa lampada che ancora oggi arde ininterrottamente davanti alla sacra immagine. L’anno successivo, due corone d’oro furono solennemente imposte alla Madonna della Fiducia dal cardinale Carlo Odescalchi, vicario generale di Gregorio XVI. Ciò avvenne il 14 ottobre 1838, nella residenza estiva del Seminario, la villa “La Pariola”, che nel 1576 era stata donata dal cardinale Ugo Boncompagni, futuro papa Gregorio XIII, alla Compagnia di Gesù, come “casa ad uso di villeggiatura”. Il 20 ottobre 1863, la Pariola, da cui prese nome il quartiere Parioli che le è sorto intorno, ebbe l’onore di una visita del beato Pio IX, che concesse in perpetuo la possibilità di lucrare l’indulgenza di 300 giorni mediante la recita delle Litanie Lauretane davanti alla Madonna della Fiducia. Nel 1920 la villa fu acquistata dal conte Ludovico Taverna, che nel 1948 la cedette agli Stati Uniti, che ne hanno fatto la residenza del proprio ambasciatore in Italia.
La sera del 3 novembre 1913 i giovani del Seminario Romano entrarono nel nuovo Palazzo del Laterano. La Cappella della Madonna della Fiducia venne inaugurata, al termine di un solenne triduo, il 6 gennaio 1917 dal cardinale Oreste Giorgi, che consacrò anche il nuovo altare. In occasione dell’inaugurazione fu cantato per la prima volta l’inno O Maria quant’è felice, composto dal Maestro Raffaele Casimiri su testo di don Alfredo Ottaviani (il futuro Cardinale Prefetto del Sant’Uffizio). (http://www.seminarioromano.it/images/audio/Spartito-inno-Fiducia.pdf; Audio: https://www.facebook.com/Schola-Cantorum-Janua-Coeli-Monteiasi-89635116048/videos/o-maria-quant%C3%A8-felice-rcasimiri-aottaviani/1341436586823/). Il Santo Padre Benedetto XV partecipò ai festeggiamenti indulgenziando la giaculatoria Mater mea Fiducia mea.
Durante la Prima Guerra Mondiale il Seminario impetrò con un voto la salvezza dei suoi alunni, che erano stati arruolati in 111. Solo uno morì, alla vigilia dell’armistizio, e il voto, nel rispetto della misteriosa volontà divina, fu sciolto il 12 Maggio 1920 con l’ornamento di una preziosa raggiera.
La devozione alla Madonna della Fiducia fu stimolata da molti santi direttori del Seminario Romano, come san Vincenzo Pallotti (1795-1850), il Servo di Dio Oreste Borgia (1840-1914), il Servo di Dio Pier Carlo Landucci (1900-1986). Mons. Landucci, direttore spirituale nel Seminario dal 1935 al 1942, è autore di testi di profonda spiritualità, tra cui un libro su Maria SS. nel Vangelo (Paoline, Roma 1954), che costituì uno straordinario omaggio a quella Madonna della Fiducia, alla cui devozione aveva educato sette generazioni di seminaristi. Egli affermava che tutti gli uomini sono chiamati alla santità e se è peccato di disperazione la sfiducia di salvarsi l’anima, manca contro la speranza anche chi non mira alla santità eroica alla quale il Signore certamente lo chiama (Formazione seminaristica moderna, Borla, Torino 1962, pp. 336-337).
Nella cappella del Seminario Romano, la Madonna della Fiducia ancora oggi infonde con il suo sguardo materno speranza e coraggio a tutti coloro che non rinunziano a cercare l’eroica santità che il Signore richiede a tutti nelle tenebre del nostro tempo.
L’EDITORIALE DEL LUNEDI per InFormazione Cattolica https://www.informazionecattolica.it/2021/12/20/antidoti-contro-la-transizione-ideologica/
di Matteo Castagna
L’EDITORIALE DEL LUNEDI per www.informazionecattolica.it
di Matteo Castagna
SEMBREREBBE IN ATTO UNO SCONTRO TRA COLORO CHE AMANO I BAMBINI, IL DIRITTO NATURALE E LO SPORT CONTRO COLORO CHE, INVECE ODIANO IL DIRITTO NATURALE E VORREBBERO CHE L’UOMO BIANCO, ETEROSESSUALE, POSSIBILMENTE CRISTIANO, FOSSE SIMBOLICAMENTE SCHIACCIATO DAL PENSIERO UNICO DEL TOTALITARISMO ARCOBALENO E DELLA RETORICA ANTIRAZZISTA
Giuseppe Sala apre la sua campagna elettorale per le amministrative di Milano al Gay Pride, enunciando la priorità: «Se verrò rieletto, ricominceremo il percorso per il riconoscimento dei figli di coppie omosessuali perché non è arrivato dove deve, quindi continueremo il percorso». Davvero sarebbe dimostrazione di Amore privarli di una mamma e di un papà?
A Bologna, dal 26 giugno al 3 luglio sta andando in scena il “Rivolta Pride”. Tra sberleffi ed insulti, vengono calpestate e imbrattate le foto di capi di Stato, leader politici, religiosi, opinionisti considerati “omofobi”. Davvero è dimostrazione di Amore il pubblico ludibrio di coloro che non temono di affermare il diritto naturale come principio inviolabile?
La Nazionale italiana gioca e vince contro l’Austria ma non si inginocchia al politicamente corretto, voluto dai Black Lives Matter. Pioggia di critiche. Davvero gli Azzurri sono razzisti? No, semplicemente amano lo sport e, quindi, non vogliono che venga strumentalizzato dalla più sinistra dialettica politica.
Sembrerebbe in atto uno scontro tra coloro che amano i bambini, il diritto naturale e lo sport contro coloro che, invece odiano il diritto naturale e vorrebbero che l’uomo bianco, eterosessuale, possibilmente cristiano, fosse, almeno simbolicamente, schiacciato dal pensiero unico del totalitarismo arcobaleno e della retorica antirazzista.
Tra queste due concezioni antropologiche opposte e parallele all’infinito, il maestro del pensiero forte, tipicamente occidentale, non può che essere il grande San Tommaso d’Aquino, mirabile sintesi di classicità e cristianità, che già 800 anni fa scriveva, nel commento al libro del Profeta Isaia: “Ciò che è incompatibile in modo assoluto con il fine è del tutto contro natura e non può mai essere una buona cosa come il peccato di sodomia” (c. 4, l. 1). Il Dottore della Chiesa annovera tale peccato come una forma di lussuria. Nella Summa Teologica (II-II, q. 154, a. 1 c.), l’aquinate parla della sodomia in questi termini: “…il piacere sessuale deve essere ordinato all’interno del rapporto di coniugio verso i fini propri del rapporto sessuale, cioè la procreazione e l’amore”. Non farlo o scavalcare la gerarchia di questi fini è un atto contro ragione e quindi malvagio.
Quindi non si parla solo di atto irragionevole “perché oltre ciò, ripugna allo stesso ordine naturale e fisiologico dell’atto venereo proprio della specie umana: e questo si chiama peccato, o vizio contro natura”.
Il Doctor Communis trae alcune conseguenze di ordine morale e cita il Sant’Agostino delle Confessioni (III): “Perciò nei peccati contro natura, nei quali si viola codesto ordine, si fa ingiuria a Dio stesso, ordinatore della natura. Scrive quindi S. Agostino: ‘I peccati contro natura quali quelli dei Sodomiti, sono sempre degni di detestazione e di castigo: e anche se fossero commessi da tutte le genti, queste sarebbero ree di uno stesso crimine di fronte alla legge di Dio, la quale non ammette che gli uomini si trattino in quel modo. Così infatti viene violato il vincolo di familiarità che deve esistere tra noi e Dio, profanando con la perversità della libidine, la natura di cui egli è l’autore”. Quindi l’omosessualità è un peccato verso se stessi e verso gli altri – non si rispetta la propria e altrui dignità – e verso Dio.
Amore è volere il Bene dell’altro, che, in primis, è fare quanto possibile per condurre una vita nella direzione della salvezza eterna, in conformità con le leggi di Dio. Può essere vero Amore l’induzione, con pieno assenso e deliberato consenso, al peccato mortale, che San Pio X definiva, nel Catechismo Maggiore, tra coloro che “gridano vendetta al cospetto di Dio”? Togliere ad un cattolico la libertà di dire pubblicamente queste bimillenarie verità di fede, è o non è un atto di violenza, odio e discriminazione verso Dio e i suoi precetti, sfogato sui Suoi testimoni in Terra?
“Non illudetevi: né immorali, né adulteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il Regno di Dio” ( San Paolo, I Cor. 6,9-10). .”..La legge non è fatta per il giusto, ma per i non giusti e i riottosi, per gli empi e i peccatori, per gli scellerati ed i profani, per i patricidi, i matricidi e omicidi, per i fornicatori, per i sodomiti, per i ladri di uomini, i bugiardi, gli spergiuri..:” (S. Paolo, I Tim. 1,9). E la democrazia liberale sta preparando la grande persecuzione dei cristiani, attraverso l’ingerenza nelle leggi di Dio?
L’EDITORIALE DEL LUNEDI PER InFORMAZIONE CATTOLICA.IT
di Matteo Castagna
NELL’ULTIMO PERIODO CIRCA 14.000 PERSONE, DICONO LE FONTI UFFICIALI
Non pochi politici italiani si sono posti il problema della conciliabilità tra la ripresa del settore turistico e la sua compatibilità con un’immigrazione sostanzialmente fuori controllo. Anziché pensare a fare degli omosessuali delle “specie protette” modello panda, in barba al diritto naturale, o a imporre la tassa di successione a chi non arriva a fine mese perché non può lavorare a causa di restrizioni assurde quanto inutili, c’è anche, dal lato destro dell’emiciclo parlamentare chi pensa al rilancio del turismo in un Paese come l’Italia. E, per fortuna, si nota che possa faticare ulteriormente se continuano a sbarcare migliaia di clandestini. Circa 14.000 persone, nell’ultimo periodo – dicono le fonti ufficiali.
Non è giusto che degli innocenti muoiano in mare, perché sarebbe giusto che i barconi della morte non partissero. Poiché abbiamo capito tutti che vi sono interessi economici importanti dietro la tratta dei “nuovi schiavi”, la vera carità dovrebbe vedere impegnata l’Europa nella realizzazione di trattati internazionali ed aiuti mirati nelle terre di fuga, sul modello di quanto fece il governo Berlusconi con Gheddafi, donando all’Italia e all’Africa un periodo di tranquillità, pace e tolleranza, perché quanto alla redistribuzione degli immigrati, l’Unione Europea sembrerebbe fare orecchie da mercante.
Inoltre, la redistribuzione è un concetto sbagliato in sé per due motivi: 1) Gli esseri umani non sono delle merci da destinare di qua o di là. 2) L’immigrazione di popolamento costituisce un fenomeno profondamente negativo, perché è lo sradicamento forzato di gente che, potenzialmente, potrebbe star bene nella sua Patria. Dunque l’Europa dovrebbe lavorare, da un lato, alla messa in atto di politiche che favoriscano la natalità negli Stati membri e dall’altro al blocco dei confini per favorire non solo un graduale rimpatrio dei clandestini ma anche delle situazioni di benessere e stabilità che fermino questo continuo ed indecente racket. La responsabilità spetta, infatti, non all’immigrato, ma alla logica del capitale, che, dopo aver imposto la divisione internazionale del lavoro, ha ridotto l’uomo allo stato di merce delocalizzabile.
San Tommaso d’Aquino, nella Summa Teologica (I-II, q. 105, a. 3) spiega che “con gli stranieri ci possono essere due tipi di rapporto: l’uno di pace, l’altro di guerra” (in corpore). Innanzi tutto non li si accoglie subito come compatrioti e correligionari. Aristotele insegnava che “si possono considerare come cittadini solo quelli che iniziano ad essere presenti nella Nazione ospitante a partire dal loro nonno” (Politica, libro III, capitolo 1, lezione 1). Quindi, capiamo, che fin dall’antichità nessun saggio prendeva in considerazione lo “ius soli”. Forse, Aristotele avrebbe, invece preso per sovversivo dell’ordine nazionale chi si fosse sognato di propugnare tale ingiustizia…È chiaro che per l’Angelico si può permettere agli stranieri, che sono di passaggio nella Nazione (se sono pacifici e se si integrano nella cultura e nella religione del Paese che li accoglie), di restarvi.
Ma vi pare il caso generale contingente? Se sono ostili, come le orde di musulmani che ci invadono per conquistarci all’islam o per delinquere, allora vale la legittima difesa, che porta la Nazione invasa a respingere lo straniero, che è un ingiusto aggressore: “vim vi repellere licet / è lecito respingere la forza con la forza”, alla faccia del buonismo interessato di certuni, che non è accoglienza ma business camuffato. Mentre l’Italia deve fare lecito business col turismo, grazie alle meraviglie di cui dispone grazie alla civiltà classico-cristiana ed alla natura.
L’EDITORIALE DEL LUNEDI su Informazione Cattolica (Rubrica settimanale del nostro responsabile nazionale Matteo Castagna)
di Matteo Castagna
LE IDEE ECOLOGISTE DI GRETA TINTIN ELEONORA ERNMAN THUNBERG, RELATIVE AI CAMBIAMENTI CLIMATICI, AFFONDANO LE RADICI NEL COSIDDETTO PANTEISMO
La figura di Greta Tintin Eleonora Ernman Thunberg sembrerebbe un po’ appannata, certamente in ombra, almeno da quando è iniziata la pandemia. Le sue idee ecologiste, relative ai cambiamenti climatici, affondano le radici nel cosiddetto panteismo.
Il sistema progressista o liberal si è servito di una bambina svedese, con la sindrome di Asperger, per impietosire il mondo e colpirlo nel suo più irrazionale sentimentalismo così da far passare l’ “ideologia green”, che è solo un modo più elegante e mediaticamente carino rispetto al più brutale “panteismo pagano”, che i Verdi non sono mai riusciti a far passare, nonostante decenni di propaganda.
In realtà, il messaggio ecologista di Greta non necessita più di lei, perché grazie a chi se n’è servito, è divenuto un nuovo dogma della post-modernità, che fa parte della rimodulazione dell’economia, della politica, della società e della religione che sarà la conseguenza più evidente del periodo che seguirà il Covid. Se ne parla poco, perché tutto ciò che è “green” viene venduto e percepito da tutti come una cosa buona, a prescindere.
L’uomo d’oggi, perso nel suo assurdo nichilismo, non vede differenze di rilievo tra il disquisire della vita sessuale delle foche e della liceità dell’utilizzo delle staminali umane per produrre farmaci sperimentali. Alle volte, sembrerebbe addolorato fino al pianto per la morte di un cane ed indifferente di fronte alla difesa dell’aborto volontario come diritto umano. Anzi, chi si adopera di fronte alla presunta estinzione del panda viene considerato un eroe, mentre chi lotta perché l’utero in affitto sia riconosciuto come una indegna mercificazione dei bambini è preso per Conan il barbaro.
Sono riusciti nell’intento di impossessarsi della tematica ecologica, trasformandola in ideologia panteista, che identifica Dio nel mondo, a coronamento dell’ illuminismo filosofico e del socialismo politico che identificano Dio nell’uomo. Con la conseguenza che Dio sarebbe nel “tutto” e nel “niente”, annullando, così, ogni riferimento metafisico proprio della nostra identità classico-cristiana.
In realtà, sganciando la tematica relativa al creato dall’ideologia globalista, scopriamo che esiste un vero amore per animali e piante, che è insito nella cultura tramandata da Aristotele e da San Tommaso d’Aquino, che permea la nostra identità e non ha nulla a che vedere con le questioni new age che ci vengono continuamente propinate. Parliamo del dominio che l’uomo ha per natura sugli animali e sulle altre cose prive di ragione. Continua a leggere
EDUCAZIONE CATTOLICA
di Matteo Castagna
Mentre un tempo il periodo della Quaresima veniva vissuto dai cristiani come autentico momento di penitenza in preparazione all’evento più importante della storia, che è la Passione, morte e Resurrezione di Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, per la nostra redenzione, oggi appare un periodo, per molti noioso, in cui si attende solo la seconda grande abbuffata dell’anno liturgico, dopo il Natale.
Questo atteggiamento è sicuramente figlio della secolarizzazione, che però non ci giustificherà al momento del giudizio, perché la Chiesa, Corpo mistico del Figlio di Dio, ha stabilito che tutta la vita su questa Terra debba essere vissuta come preparazione all’altra, nella visione beatifica della Santissima Trinità. Ecco che, allora, le prescrizioni e le leggi stabilite non possono e non devono essere delle forme estetiche o delle vuote e ripetitive consuetudini, quanto delle devote e convinte pratiche della Fede.
Mentre la dieta è di moda, il digiuno è considerato come una pratica oscurantista. E’ possibile che ormai il digiuno non abbia più valore per noi? Dire ciò sembrerebbe negare una cosa affermata e praticata per tanti secoli, sarebbe negare l’esempio di Gesù Cristo stesso nel deserto! Sarebbe bene, quindi, in questo tempo di Quaresima, riprendere in considerazione questa pratica, ancora considerata un pilastro di questo tempo forte, seguendo l’insegnamento di San Tommaso d’Aquino.
La prima cosa sorprendente dell’ insegnamento di San Tommaso sul digiuno è che esso viene considerato un precetto della legge naturale. Quando, quindi, il venerdì santo cominciamo a sognare una bella tagliata, questo non avviene solo perché la Santa Madre Chiesa ci obbliga a digiunare, ma per un motivo insito nella nostra natura. Ciò che la Chiesa fa, nel legiferare sul digiuno, è semplicemente precisare un precetto della legge naturale, per il bene dei fedeli. Questo spiegherebbe anche perché troviamo la pratica del digiuno in quasi tutte le religioni e culture del mondo. In più, ciò significa che il digiuno non è qualcosa riservata a monaci, ma è per tutti.
Per quale motivo uno deve digiunare? Se appartiene alla legge naturale, ci deve essere un buon motivo, un motivo ragionevole. San Tommaso ci indica 3 ragioni per del digiuno: Per reprimere le concupiscenza della carne; perché l’anima si elevi a contemplare le cose più sublimi; per riparare i peccati.
Guardiamo questi motivi più da vicino.
Reprimere la concupiscenza della carne. Cioè, i nostri appetiti naturali per le cose sensibili. La prima cosa da notare è che il nostro desiderio naturale di mangiare è un desiderio in sé buono: senza questo desiderio, moriremo di fame! San Tommaso in nessun modo si identifica con una filosofia che ritiene la natura o le cose corporali come cattivi in sé. Continua a leggere
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