Paracetamolo e vigile attesa: le linee guida cambiano, le colpe di Speranza restano
Dall’altro ieri sono state aggiornate le linee guida, ma rimangono forti ombre sulla gestione covid di Speranza e del Cts. Ecco perché
di Paolo Becchi e Giuseppe Palma
Il Tar del Lazio, con sentenza n. 419 del 15 gennaio 2022, aveva annullato la circolare ministeriale del 26 aprile 2021 nella parte in cui questa prescriveva ai medici l’utilizzo del protocollo “tachipirina e vigile attesa”, ritenendo che i medici debbano essere lasciati liberi di prescrivere la terapia secondo il principio di “scienza e coscienza”, assumendosene la relativa responsabilità.
Quattro giorni più tardi, il 19 gennaio, la terza sezione del Consiglio di Stato ha sospeso con effetto immediato la decisione del Tar, salvando gli effetti della Circolare ministeriale. L’atto con cui il Consiglio di Stato ha sospeso la sentenza del Tar è stato emanato in via cautelare, mentre ieri – 9 febbraio – il Consiglio di Stato si è pronunciato nel merito annullando la sentenza del Tar, motivando la decisione sulla base del fatto che la Circolare ministeriale contiene “mere raccomandazioni e non prescrizioni cogenti e si collocano, sul piano giuridico, a livello di semplici indicazioni orientative, per i medici di medicina generale, in quanto parametri di riferimento circa le esperienze in atto nei metodi terapeutici a livello internazionale”.
La sentenza del Consiglio di Stato apre però un’autostrada su molteplici valutazioni da fare.
La prima è se sia sensato rivolgersi al Tar per queste cose. Se il Tar, come nel caso di specie, interviene per una volta contro il governo, c’è comunque il Consiglio di stato che gli dà comunque ragione. Tanta fatica per niente. Anzi il risultato è alla fine controproducente. Eppure, nonostante tutto, noi vogliamo insistere sul punto, sollevando alcuni problemi, che presentano, a nostro avviso, risvolti di natura persino penale. Quello che ci interessa capire, in buona sostanza, è se il comportamento del ministro Speranza e dei suoi collaboratori del Cts abbiano o meno creato danni tanto nella gestione dell’emergenza pandemica quanto nell’efficacia delle cure domiciliari. Andiamo per gradi.
Bergamo, primi di marzo 2020. Le terapie intensive vanno presto in affanno e i medici sono costretti a decidere chi deve vivere e chi morire. E molti, troppi muoiono. Ma su che basi scientifiche vengono curati quei primi malati? In realtà all’inizio si va a tentoni, tanto è vero che il Comitato tecnico scientifico istituito con decreto del presidente del consiglio dei ministri n. 371 del 5 febbraio 2020 – coordinato all’epoca dal dott. Agostino Miozzo – è scettico in questa prima fase sull’utilizzo degli anti-infiammatori, mentre qualche mese più tardi nelle cure domiciliari contro il Covid-19 il protocollo adottato prende il nome di uso comune “tachipirina e vigile attesa”, cioè proprio un semplice anti-infiammatorio.
Ancora il 16 marzo 2020 Repubblica, l’organo di propaganda del governo, scriveva: “Coronavirus, non prendete antinfiammatori per proteggervi”. Ma è proprio il Comitato tecnico scientifico di allora a fare i danni più grossi. Dal verbale del 28/2/2020 emerge che il Cts si oppose alla chiusura di altre zone rispetto agli undici Comuni già in zona rossa: “Non sono necessarie altre misure restrittive”, eppure il virus circolava ad un ritmo tale che dopo dieci giorni Conte dovrà chiudere tutto il Paese in lockdown.
Ancora il 4 marzo 2020, pochi giorni prima che la situazione precipitasse, con riferimento alla scuola il Cts scriveva: “le scelte di chiusura dovrebbero essere proporzionali al contagio […], non esistono dati che ne indichino la inconfutabile utilità”, salvo poi – dopo qualche giorno – chiudere tutte le scuole per l’intera durata dell’anno scolastico, mettendo milioni di famiglie davanti al fatto compiuto. Il 13 marzo, con l’intero Paese in lockdown totale dal giorno precedente, il Cts affermava “non vi è evidenza per raccomandare indiscriminatamente ai lavoratori di indossare le mascherine. Anzi. Al contrario è stringentemente raccomandato solo per gli operatori sanitari e per chi ha sintomi respiratori”. Visto che oggi, dopo due anni, le mascherine sono obbligatorie ovunque (addirittura quelle ffp2), con una variante meno pericolosa rispetto all’infezione del 2020, le indicazioni del Cts sarebbero da sottoporre al vaglio in sede giurisdizionale penale. Delle due l’una: o aveva ragione il dottor Miozzo e allora tutto quello che è stato fatto dopo è sbagliato o aveva torto e allora dovrebbe renderne conto.
Ma torniamo a Speranza. Con la Circolare ministeriale del 30 novembre 2020 n. 0024970, solo parzialmente modificata con successiva circolare del 26 aprile 2021, le principali indicazioni sono: vigile attesa, paracetamolo, non utilizzare routinariamente corticosteroidi, non utilizzare eparina, non utilizzare antibiotici e non utilizzare idrossiclorochina. Insomma, “curare” il meno possibile. Si tratta certo di “indicazioni”, non di obblighi (la dicitura esatta è “si forniscono le seguenti indicazioni di gestione clinica”), ma in campo medico la violazione di un’indicazione ministeriale potrebbe comportare l’avvio di un procedimento disciplinare, quantomeno da parte dell’ordine dei medici che valuta le contro-indicazioni e l’opportunità della scelta eventualmente contraria all’indicazione ministeriale. E dunque molti medici, sia di famiglia sia soprattutto ospedalieri (i più esposti di tutti), si sono sentiti costretti a rispettare le indicazioni del ministro Speranza.
La Circolare ministeriale del 26 aprile 2021 (n. 0008676), rispetto a quella precedente del 30 novembre, si è soltanto limitata ad aggiungere altri farmaci unitamente al paracetamolo (tachipirina), come i Fans (farmaci antinfiammatori non steroidei) in caso di dolori articolari o muscolari. Anche il protocollo Aifa nel setting domiciliare (datato 20 dicembre 2020) non si discosta molto dalle Circolari ministeriali, limitando l’uso delle eparine e dei corticosteroidi solo in specifiche condizioni, escludendo gli antibiotici (tra i farmaci non raccomandati). Il tutto sempre a titolo di “indicazioni”.
Da ultimo, finalmente, il 10 febbraio 2022, il dicastero ha aggiornato le linee guida, con indicazioni specifiche per i bambini e le donne in gravidanza, alla luce della “sopravvenuta disponibilità di nuovi farmaci antivirali e anticorpi monoclonali”. Peccato che i monoclonali esistano già da quando, a ottobre 2020, Aifa snobbò l’offerta di scorte di quei farmaci da parte della multinazionale Eli Lilly a scopi di sperimentazione. E che, con gli antivirali, si fosse già curato, ad esempio, Donald Trump, sempre nell’autunno del 2020. In realtà, come dimostra l’esistenza di protocolli terapeutici affidabilissimi (basti pensare a quello sviluppato dal professor Giuseppe Remuzzi), ben prima del 10 febbraio 2022 sarebbe stato possibile ampliare le scarne indicazioni ministeriali.
Ma soprattutto, la verità che viene nascosta dalla decisione del Consiglio di Stato è che finora ai medici è stata di fatto vietata – sotto il ricatto di essere cacciati dall’ordine professionale, quindi un obbligo mascherato – la possibilità di agire secondo “scienza e coscienza”. Un medico che volesse curare la Covid con un antibiotico, tanto per fare un esempio, si assume una responsabilità non da poco al cospetto delle autorità competenti gerarchicamente superiori (struttura ospedaliera, ordine dei medici, ministero della salute).
Ma c’è anche un’altra domanda da porsi: quanti decessi si sarebbero potuti evitare se i medici avessero avuto sin da subito indicazioni precise dal Ministero su come curare i malati di Covid? L’eparina, ad esempio, è un farmaco utilizzato dai medici ospedalieri a partire dalla terza settimana di marzo 2020 ed ha salvato molte vite, per quale motivo non ne viene autorizzato l’utilizzo anche per le cure domiciliari? E che dire degli antibiotici? Alcuni salvano la vita, ma il Ministro e i suoi tecnici si sono ben guardati dal consigliarne la somministrazione, anzi l’ hanno sconsigliata.
Continuare sulla strada di “paracetamolo e vigile attesa” ha portato parecchie persone al ricovero in terapia intensiva, e in tanti non sono più tornati. Se sin dall’inizio si fossero date indicazioni più aperte i medici di famiglia si sarebbero sentiti liberi di prescrivere quantomeno gli antibiotici (alcuni funzionano con notevoli risultati) e ci sarebbero stati meno morti. Ci sono studi, inoltre, che dimostrano come la tachipirina in caso di Covid sia addirittura dannosa, dal momento che aumenta il consumo di glutatione da parte dell’organismo, compromettendone la risposta antiossidante e antinfiammatoria. Se questi studi fossero confermati risulterebbe evidente che il Ministro ha indicato e continua ad indicare l’uso di un farmaco non solo sbagliato, ma addirittura dannoso per quei malati.
Per quale motivo il Ministro non ha indicato, per le cure domiciliari, l’uso quantomeno degli antibiotici? Per paura che alcuni di questi funzionassero a tal punto da rendere irragionevole l’adozione dell’obbligo vaccinale? Non tocca certo a noi rispondere, ma crediamo che un giudice dovrebbe far luce sull’operato del Ministro, nonostante la decisione a lui favorevole del Consiglio di Stato.
La virtù della fiducia nei tempi di confusione
Un articolo che condividiamo, pur essendo su posizioni dottrinali differenti
Segnalazione di Corrispondenza Romana
del Prof. Roberto de Mattei
La virtù forse più necessaria nei tempi di confusione è quella soprannaturale della speranza che eleva lo sguardo al Cielo, nel desiderio di ottenerlo. La speranza ci allontana dal frastuono del mondo e verticalizza per così dire la nostra anima, comunicandole il senso dell’eterno che ci fa giudicare dall’alto le cose del mondo. La forma più perfetta di speranza è la fiducia, o confidenza in Dio, che san Tommaso definisce «spes roborata», «una speranza fortificata da una solida convinzione» (Summa Theologiae, II-IIae, q. 129, art. 6 ad 3).
La differenza tra speranza e fiducia – afferma nel suo celebre Libro della Fiducia il padre Thomas de Saint-Laurent (1879-1949) – non è di natura, ma solo di grado e di intensità. «Le luci incerte dell’alba e quelle abbaglianti del sole a mezzogiorno fanno parte della stessa giornata. Così la fiducia e la speranza appartengono alla stessa virtù: l’una non è che il pieno sviluppo dell’altra».
Il Concilio di Trento ci insegna che dobbiamo tutti porre in Dio un’incrollabile confidenza (Canones et decreta, sessio VI, c. 13). Con questa virtù noi confidiamo non solo nell’onnipotenza di Dio, ma nel suo amore per noi nelle ore di confusione. La speranza infatti «non lascia confusi» (Rom. 5, 5).
Molte anime chiedono la grazia della fiducia ad un’immagine venerata sotto questo titolo nel Seminario Romano al Laterano. La storia di questa devozione è legata alla Serva di Dio suor Chiara Isabella Fornari, nata a Roma nel 1697, clarissa e poi badessa nel convento di S. Francesco a Todi. Morì il 9 dicembre 1744, all’età di 47 anni, in concetto di santità. Ebbe grazie mistiche, visioni ed estasi, tra cui la partecipazione alla Passione del Signore.
Suor Chiara Isabella Fornari nutriva una devozione particolare verso un’immagine di forma ovale, che rappresenta la Madonna con Gesù Bambino che col braccio sinistro indica la sua SS.ma Madre, mentre col destro la abbraccia. Nel Seminario Romano si conserva un documento scritto in pergamena in cui si attribuiscono a suor Chiara Isabella queste parole: «La divina Signora si è degnata concedermi che ogni anima, che con fiducia si presenterà a questa immagine, troverà una vera contrizione dei suoi peccati con un vero dolore e pentimento ed otterrà dal suo divinissimo Figliolo un generale perdono di tutti i peccati, Di più questa mia divina Signora, con amore di vera madre, si è compiaciuta assicurarmi che ogni anima che rimirerà questa sua Immagine, gli concederà una particolare tenerezza e devozione verso di Lei» (Mons. Roberto Masi, La Madonna della Fiducia, Tip. Sallustiana, Roma 1948, p. 29).
Il direttore spirituale di suor Chiara era il padre gesuita Giammaria Crivelli, della sede di Perugia del Sant’Uffizio, che seguiva anche altre due mistiche umbre: santa Veronica Giuliani (1660-1727) e la clarissa cappuccina Suor Maria Lanceata Morelli di Montecastrilli (1704-1762). Padre Crivelli fu guarito da grave malattia dopo aver pregato davanti all’immagine mariana e ne fece realizzare una copia che portò con sé al Collegio Romano dei gesuiti, dove si trasferì. Il quadro rimase nei locali del Collegio, che nel 1774, dopo la soppressione dei gesuiti, furono occupati dal Seminario Romano, nato nel 1565 in attuazione dei decreti del Concilio di Trento. Da allora la storia di questa sacra immagine è legata al Seminario Romano.
Quando, nel 1837, divampò in Italia e nello Stato pontificio una grave epidemia di colera, i seminaristi, i superiori e gli alunni del Seminario chiesero alla Madonna della Fiducia, sotto forma di voto, di ottenere protezione per sé e i loro più stretti congiunti. Tutti furono risparmiati dal morbo e per sciogliere il voto fu offerta una preziosa lampada che ancora oggi arde ininterrottamente davanti alla sacra immagine. L’anno successivo, due corone d’oro furono solennemente imposte alla Madonna della Fiducia dal cardinale Carlo Odescalchi, vicario generale di Gregorio XVI. Ciò avvenne il 14 ottobre 1838, nella residenza estiva del Seminario, la villa “La Pariola”, che nel 1576 era stata donata dal cardinale Ugo Boncompagni, futuro papa Gregorio XIII, alla Compagnia di Gesù, come “casa ad uso di villeggiatura”. Il 20 ottobre 1863, la Pariola, da cui prese nome il quartiere Parioli che le è sorto intorno, ebbe l’onore di una visita del beato Pio IX, che concesse in perpetuo la possibilità di lucrare l’indulgenza di 300 giorni mediante la recita delle Litanie Lauretane davanti alla Madonna della Fiducia. Nel 1920 la villa fu acquistata dal conte Ludovico Taverna, che nel 1948 la cedette agli Stati Uniti, che ne hanno fatto la residenza del proprio ambasciatore in Italia.
La sera del 3 novembre 1913 i giovani del Seminario Romano entrarono nel nuovo Palazzo del Laterano. La Cappella della Madonna della Fiducia venne inaugurata, al termine di un solenne triduo, il 6 gennaio 1917 dal cardinale Oreste Giorgi, che consacrò anche il nuovo altare. In occasione dell’inaugurazione fu cantato per la prima volta l’inno O Maria quant’è felice, composto dal Maestro Raffaele Casimiri su testo di don Alfredo Ottaviani (il futuro Cardinale Prefetto del Sant’Uffizio). (http://www.seminarioromano.it/images/audio/Spartito-inno-Fiducia.pdf; Audio: https://www.facebook.com/Schola-Cantorum-Janua-Coeli-Monteiasi-89635116048/videos/o-maria-quant%C3%A8-felice-rcasimiri-aottaviani/1341436586823/). Il Santo Padre Benedetto XV partecipò ai festeggiamenti indulgenziando la giaculatoria Mater mea Fiducia mea.
Durante la Prima Guerra Mondiale il Seminario impetrò con un voto la salvezza dei suoi alunni, che erano stati arruolati in 111. Solo uno morì, alla vigilia dell’armistizio, e il voto, nel rispetto della misteriosa volontà divina, fu sciolto il 12 Maggio 1920 con l’ornamento di una preziosa raggiera.
La devozione alla Madonna della Fiducia fu stimolata da molti santi direttori del Seminario Romano, come san Vincenzo Pallotti (1795-1850), il Servo di Dio Oreste Borgia (1840-1914), il Servo di Dio Pier Carlo Landucci (1900-1986). Mons. Landucci, direttore spirituale nel Seminario dal 1935 al 1942, è autore di testi di profonda spiritualità, tra cui un libro su Maria SS. nel Vangelo (Paoline, Roma 1954), che costituì uno straordinario omaggio a quella Madonna della Fiducia, alla cui devozione aveva educato sette generazioni di seminaristi. Egli affermava che tutti gli uomini sono chiamati alla santità e se è peccato di disperazione la sfiducia di salvarsi l’anima, manca contro la speranza anche chi non mira alla santità eroica alla quale il Signore certamente lo chiama (Formazione seminaristica moderna, Borla, Torino 1962, pp. 336-337).
Nella cappella del Seminario Romano, la Madonna della Fiducia ancora oggi infonde con il suo sguardo materno speranza e coraggio a tutti coloro che non rinunziano a cercare l’eroica santità che il Signore richiede a tutti nelle tenebre del nostro tempo.
Variante sudafricana, Italia prima in Ue a chiudere i cieli.
di Adolfo Spezzaferro
Roma, 26 nov – Variante sudafricana, l’Italia è il primo Paese Ue a chiudere i cieli: Speranza firma l’ordinanza che vieta l’ingresso alle persone che negli ultimi 14 giorni sono state in Sudafrica, Lesotho, Botswana, Zimbabwe, Mozambico, Namibia e Eswatini. Tutti Paesi dai quali non ci sono voli diretti per l’Italia. Intanto in Israele si registra il primo caso di variante sudafricana.
Variante sudafricana, Speranza blocca i voli da sette Paesi
“I nostri scienziati sono al lavoro per studiare la nuova variante B.1.1.529 – spiega il ministro della Salute -. Nel frattempo seguiamo la strada della massima precauzione”. Al momento non sono previste riunioni sulla nuova variante con il premier a Palazzo Chigi. L’Italia è il primo Paese europeo a chiudere i confini. L’Unione europea proporrà l’attivazione del “freno d’emergenza” per “i voli dalla regione sudafricana”. Misure analoghe sono state adottate da Regno Unito e Israele.
Primo caso rilevato in Israele
Proprio nello Stato ebraico è stato rilevato il primo caso di variante sudafricana, la B.1.1.529 (in attesa della lettera greca assegnata dall’Oms). A dare l’annuncio il ministero della Sanità israeliano. Il caso si riferisce ad un israeliano di ritorno dal Malawi. Sempre secondo il ministero ci sono altre due persone sospettate di essere state infettate con la nuova variante ma si stanno aspettando i test finali. Tutti e tre i cittadini coinvolti risultano essere vaccinati.
L’Ue intende interrompere voli dall’Africa meridionale
Per quanto riguarda l’Ue, “la Commissione europea proporrà, in stretto coordinamento con gli Stati membri, di interrompere i voli dalla regione dell’Africa meridionale a causa della variante B.1.1.529″. Ad annunciarlo su Twitter la presidente della Commissione Ue Ursula von del Leyen. Intanto la psicosi da nuova variante – di cui non si sa ancora nulla, sia chiaro – affonda i mercati. Dopo il calo registrato a Tokyo, Hong Kong e Shanghai, le Borse europee in avvio di seduta segnano una flessione. Gli investitori temono un forte impatto negativo sulla ripresa economica. Milano cede il 3,7 per cento, Francoforte il 3,3 per cento, Parigi il 3,6 per cento, Londra il 2,1 per cento.
In Italia – tutti ricordano il catastrofismo per la presunta pericolosità della variante Delta – ora che la copertura vaccinale è altissima, speriamo di non assistere al solito allarmismo. Anche perché per adesso non è chiaro quali siano i rischi della variante sudafricana in termini di contagiosità o di capacità di aggirare la copertura del vaccino.
Adolfo Spezzaferro
Speranza ascolta gli esperti sbagliati
LA CORSA DI SPERANZA E DEI TELEVIROLOGI A TERZA DOSE E VACCINAZIONE AI BAMBINI, MA NELLA GRANCASSA PROPAGANDISTICA C’È QUALCOSA CHE NON TORNA
di Claudio Romiti
Intervenendo alla presentazione di un libro del professor Luca Richeldi, pneumologo ex componente dell’onnipotente Comitato tecnico scientifico (di seguito se ne capisce il motivo), il ministro della Salute Roberto Speranza, interpellato dai giornalisti sul tema caldissimo dei vaccini, ha dichiarato: “Sono ore delicate. Si discute di terza dose” di vaccino anti Covid “che non è di destra o di sinistra. La comunità scientifica ci dice che dopo 6 mesi c’è un calo di protezione e noi ci mettiamo sulla terza dose. Anche con i vaccini agli under 12 guida la scienza”.
Già, la scienza, ma quale? Quella da due anni ci dice tutto e il contrario di tutto e che come unica strada per contenere una malattia con una relativa bassa letalità ha chiesto al governo di paralizzare il Paese per un tempo infinito? Quella stessa scienza che per bocca del portavoce dello stesso Cts, Franco Locatelli, lo scorso anno di questi tempi (lo ha ricordato uno straordinario Daniele Capezzone a Quarta Repubblica) cercava di tranquillizzare un Paese ancora senza vaccini quando c’erano circa 700 terapie intensive occupate dai malati di Covid-19, mentre oggi con appena 400 posti letto impegnati tende a drammatizzare una situazione assolutamente sotto controllo? Infine, stiamo parlando della scienza del virologo star Roberto Burioni, che ha subìto una inverosimile metamorfosi, passando dal famoso “rischio zero” al rischio d’estinzione della specie se tutti non si vaccinano, cani e gatti compresi?
Il problema, ed è veramente colossale per la nostra declinante democrazia, che ancora una volta ci si fa scudo di un concetto della scienza che con la scienza medesima non ha nulla a che vedere. Un concetto dogmatico di natura religiosa il quale, come è spesso accaduto nei periodi più oscuri attraversati dalle società umane, viene continuamente modificato per pure ragioni di convenienza politica, utilizzandolo come una clava per tacitare ogni dissenso. Quindi gli “scienziati” allineati, fornendo un comodo alibi a Speranza & company, ne ottengono poi un evidente ritorno sotto molti aspetti, che sarebbe inutile elencare. Idem con patate per la gran parte dell’informazione nostrana, oramai ridotta al ruolo di grancassa propagandistica di un regime sanitario da incubo.
In realtà, come scrisse Albert Einstein in una celebre lettera a Max Born, “Nessuna quantità di esperimenti potrà dimostrare che ho ragione; un unico esperimento potrà dimostrare che ho torto.” In seguito, il grande filosofo Karl Popper, utilizzò questo principio per separare le teorie controllabili, quindi scientifiche, da quelle non controllabili, identificandole con la metafisica.
Ciò significa, venendo al tema del vaccino, che un governo serio, ragionevole e rispettoso dei limiti costituzionali, dovrebbe ascoltare i vari esperti del settore, quello medico-sanitario che notoriamente certezze assolute ne possiede ben poche, e poi decidere, assumendosene la piena responsabilità. Questo almeno se si ha realmente a cuore la salute e la sicurezza della popolazione. Ma se, come appare nel caso di Speranza di tanti altri spregiudicati politici che stanno cavalcando la tigre del terrore di massa, lo scopo inconfessabile è assai diverso, allora anche l’insensata estensione del vaccino agli under 12, i quali rappresentano una platea quasi a rischio zero nei riguardi del Covid e che in alcuni casi potrebbero avere più guai dal siero che non dal virus, viene presentato come un piccolo passo per questi ragazzini e un grande balzo per l’intera comunità nazionale.
Fonte: https://www.nicolaporro.it/speranza-ascolta-gli-esperti-sbagliati/
Una speranza per il Cile
QUINTA COLONNA
dell’Avv. Gianfranco Amato
Il 21 novembre 2021 si terranno in Cile le elezioni presidenziali. Stando ai sondaggi, il candidato di destra José Antonio Kast sembra aver preso il volo, e inizia a distanziare il rivale di sinistra, Gabriel Boric, inizialmente considerato come favorito. Questa circostanza non può che far piacere a tutti i sinceri pro-life e pro-family di casa nostra. E spiego il perché. Io ho avuto modo di conoscere personalmente Kast e sua moglie Maria Pia nel 2017, quando mi trovavo a Santiago del Cile inviato da alcune università a tenere delle conferenze sulla famiglia e contro l’ideologia gender. Fu in quell’occasione, infatti, che mi incontrai con questo parlamentare, avvocato, cattolico praticante, coniugato con nove figli, e appartenente con tutta la famiglia all’esperienza religiosa del movimento mariano Schoenstatt, che era curioso di conoscermi.
Scoprii, infatti, che avevamo le stesse identiche idee in tema di vita, famiglia, educazione e libertà religiosa. Kast è un politico che ha sempre avuto il coraggio di affermare pubblicamente di essere a favore della vita e contro l’aborto ed eutanasia, a favore della famiglia naturale e contro il cosiddetto “matrimonio omosessuale”, a favore della libertà educativa dei genitori e contro l’indottrinamento gender nelle scuole, a favore della libertà religiosa e contro gli attacchi laicisti del potere massonico.
Kast è uno dei pochi che non ha esitato a parlare pubblicamente di “dictadura gay”, e denunciare la violenta intolleranza della lobby LGBT, che ha potuto sperimentare personalmente. Nell’aprile del 2018, infatti, Kast si era recato nella città di Iquique per partecipare in qualità di relatore ad una conferenza presso l’Università Arturo Prat (UNAP). Non ha potuto parlare perché prima che riuscisse a raggiungere l’aula dove si teneva l’incontro è stato assalito da un folto gruppo di studenti che lo hanno aggredito e malmenato al punto da costringerlo al ricovero in ospedale per diverse lesioni, tra cui anche una slogatura al piede. Una violenta aggressione durata più di mezz’ora, in cui Kast è stato preso a pugni, a schiaffi e colpito a distanza con una serie di oggetti. Insieme a lui sono stati malmenati anche l’avvocato Ignacio Dülger e il dirigente politico Hector Vergara, due suoi preziosi collaboratori.
Oggi Kast è un papabile presidente della repubblica cilena.
Il suo programma elettorale, intitolato Per tornare a credere, ha il pregio di contenere le stesse coraggiose posizioni di sempre, senza arretrare di un millimetro. Basta leggere, ad esempio,nel capitolo Famiglia e Diritti Umani, il punto n.27 che prevede testualmente «l’abrogazione immediata della legge sull’aborto e la predisposizione di un piano di sostegno permanente per la maternità, anche attraverso il reperimento di risorse finanziarie necessarie per aiutare le madri e le famiglie che decidono di portare a termine gravidanze indesiderate o difficili, nonché la revisione delle procedure e delle disposizioni in tema di adozione». Oppure il punto n.32 dedicato alla necessità che lo Stato riconosca «il ruolo fondamentale delle chiese cristiane (di varie confessioni) che condividono la visione antropologica cristiana che ha fondato la civiltà occidentale su cui si radica la società cilena, a cominciare dalla visione di famiglia».
C’è anche qualcosa per ovviare a tanti «casi Bibbiano» che si verificano nel mondo. Il punto n.35, infatti, prevede l’istituzione di un «Avvocato Difensore del diritto dei genitori ad educare i propri figli», partendo dalla «revisione delle attuali competenze dei tribunali minorili, dove i genitori non possono contare su un’adeguata difesa contro le accuse da parte di istituzioni ideologizzate che molto spesso tentano di privare i genitori del loro diritto di educare i propri figli, diritto fondamentale dell’uomo e prioritario rispetto allo Stato». Detto così, senza mezzi termini.
Assolutamente da leggere è il capitolo Educazione, il cui punto n. 66 prevede l’«abrogazione della riforma del sistema scolastico», nella parte in cui non viene consentito «ai genitori l’esercizio del diritto di scelta del tipo di educazione ed istruzione da impartire ai propri figli, e il diritto di usufruire di istituti scolastici d’eccellenza», nonché l’«eliminazione di tutti i programmi e le materie d’insegnamento che costituiscano propaganda o sostegno dell’aborto e della ideologia gender». Un punto preciso del programma, il n.78, prevede addirittura l’«abrogazione di tutte le circolari e le istruzioni che attentano direttamente alla libertà d’istruzione, al diritto dei genitori di educare i propri figli e alla libertà religiosa di tutti i cileni». Cominciando proprio dalle circolari e istruzioni che pretendono di imporre l’ideologia gender».
Anche sulla libertà d’educazione il programma elettorale di Kast non scherza. Queste le iniziative che nel punto n.75 si impegna ad assumere: «Pieno riconoscimento del diritto dei genitori di educare i figli secondo le proprie convinzioni sulla base del diritto alla libertà d’insegnamento. Assicurazione del diritto dei genitori di scegliere non soltanto l’istituto scolastico per i propri figli, ma anche di poter impedire che venga imposta agli studenti qualunque forma di indottrinamento ideologico. Consentendo, in particolare, l’opposizione al cosiddetto “matrimonio omosessuale” e all’adozione di minori da parte di coppie dello stesso sesso, giacché si ritiene interesse superiore del bambino il diritto ad avere un padre ed una madre».
Tutte cose che vengono riprese anche nel capitolo Sovranità e politica estera, il cui punto n.15 evidenzia la necessità, «in nome del principio di autodeterminazione del popolo cileno, di rivendicare la sovranità e l’assoluto rispetto della Costituzione, tutelandola da qualunque tentativo esterno di vincolare l’ordinamento giuridico cileno in materie come aborto, “matrimonio omosessuale”, identità di genere, controllo statale, diritto di priorità dei genitori nella scelta del genere di istruzione da impartire ai propri figli».
Se José Antonio Kast dovesse davvero vincere le elezioni e diventare Presidente della Repubblica, occorrerebbe ponderare seriamente se non sia il caso di trasferirsi in Cile.
Perché non dobbiamo disperare in questi tempi bui
L’EDITORIALE DEL LUNEDI
di Matteo Castagna per https://www.informazionecattolica.it/2021/10/18/ecco-perche-non-dobbiamo-disperare-in-questi-tempi-bui/
I TEMPI CHE VIVIAMO SONO DI CRISI, DECADENZA E TRIBOLAZIONI, MA…
I tempi che viviamo sono di crisi, decadenza e tribolazioni. A livello sociale, alcuni articoli d’attualità svelano uno scenario preoccupante, perché tutti gli studi rilevano un aumento degli stati di insicurezza, di irritabilità, di malessere, frustrazione, depressione e, soprattutto, a salire è il numero dei suicidi, correlabile alla situazione generale di instabilità. Sono più di 700.000 (una su cento) le persone che si sono tolte la vita nel 2019. Un numero allarmante quello che emerge dall’ultimo studio condotto dall’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS).
Dai licenziamenti alle difficoltà economiche, insieme all’interazioni a distanza, il COVID ha portato a galla diverse problematiche emotive e fisiche, che hanno reso il fenomeno del suicidio più popolare a soggetti sotto stress. L’OMS ha dichiarato, infatti, che i programmi di prevenzione sono “addirittura più importanti ora” rispetto ad altri tempi. Secondo i dati del Suicide Worldwide 2019, i suicidi sono la quarta causa di morte fra i giovani dai 15 ai 29 anni, seguiti dai casi di incidenti stradali, tubercolosi e violenze interpersonali (in comunità o in famiglia) ed il Covid ha amplificato il fenomeno.
L’aiuto della Fede può risultare, dunque, fondamentale, in questa situazione angosciosa, in cui la vita normale è sospesa da circa due anni. Il dolore, qualunque esso sia, va posto ai piedi della Croce di Cristo, evitando la disperazione, trasformandola in speranza. Ha scritto in proposito padre Réginald Garrigou-Lagrange (1877-1964): “L’abbagliante luce soprannaturale con cui Dio acceca l’anima, rivela ad essa le sue miserie, le sue impotenze, la sua povertà, essa vede che per se stessa non è che un nulla, e che da sè non può che ritornare al nulla, sbagliare e peccare, chiudendosi. Nel medesimo tempo, l’anima si sente impotente a fare qualsiasi cosa per la propria salvezza; ha l’impressione che tutto ciò che intraprende fallisca, mentre le altre anime riescono. Invece di avanzare, le sembra di retrocedere“.
Il Signore ha insegnato a diventare miti e umili di cuore a sua somiglianza, per mezzo della croce, attraverso la quale Egli purifica la fede: “La fede è la virtù che consiste nel credere ciò che Dio ha rivelato solo per il motivo che Lui l’ha rivelato. Ma noi crediamo anche perché sperimentiamo in noi l’azione di Dio tramite le consolazioni che ci dà e dei progressi che ci fa compiere, perché le cose che intraprendiamo per Lui ci riescono, perché vediamo l’armonia dei dogmi tra di loro e con le grandi verità naturali. […] Nostro Signore permette che in piena aridità spirituale e desolazione noi ci sentiamo completamente smarriti. Qui le tentazioni del demonio (anche il suicidio) si fanno più forti, perché siamo in una condizione di maggior debolezza, e dunque le prove si fanno sempre più gravose da sopportare. Ma il Cristo ha detto che non ci verrà data nessuna prova superiore a quella che possiamo sopportare”.
E’ ancora Réginald Garrigou-Lagrange OP che assicura: “la Speranza è la virtù che ci fa desiderare di raggiungere e possedere Dio appoggiandoci sul suo stesso aiuto. In realtà, per raggiungere il cielo e vivere la nostra la nostra vita religiosa ci appoggiamo su Dio, – ed è questo il motivo principale della speranza – ma ci appoggiamo anche su noi stessi, sulle nostre virtù, sulla riuscita delle nostre opere, suoi nostri amici e sull’aiuto dei nostri superiori. Ma se Dio ci togliesse d’improvviso tutti questi soccorsi umani, – i nostri affini, l’affetto, la stima dei nostri superiori, – se ci rivelasse le nostre miserie e la nostra reale impotenza, spereremmo ancora in Lui? I santi hanno aperto contro ogni speranza umana, perché Dio è infinitamente potente e buono; non è Lui che ci abbandona per primo; Egli vuole sempre rialzarci dalle nostre colpe quando l’anima nostra grida verso di Lui. Così Gesù purifica, nel crogiolo del dolore, la speranza dei suoi più intimi amici. E dopo la speranza è la volta della carità. E’ la virtù suprema che ci fa amare Dio per se stesso, perché infinitamente buono e perché ci ha amati per primo (1 Gv. 4,10). Quando all’anima non proviene che amarezza da parte di Dio e degli uomini, quando è ridotta nello stesso stato di nostro Signore che esclamava sulla Croce: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?“. E’ allora che il suo atto di amore salva il mondo ed essa diventa, in qualche modo, corredentrice come la Madre Dolorosa.
Da quanto detto ricaviamo il modo di portare la Croce. E’ necessario evitare di lamentarci di soffrire a causa degli altri, per imparare a sopportare le croci, che Egli decide per noi. L’esercizio della virtù sta nel “sopportarle con rassegnazione, amore e riconoscenza. E’ necessario, infatti, soffrire. Il progresso moderno che cerca di sopprimere la croce, come quei “nemici della croce” di cui parla San Paolo (Fil. 3,18) non conseguirà mai ciò che desidera. “Se ci agitiamo come il cattivo ladrone, la nostra irritazione non farà che accrescere la nostra sofferenza. Nostro Signore ci chiede di lasciarlo fare, di lasciarlo lavorare per riprodurre in noi la sua immagine. La sofferenza va amata come mezzo di salvezza così come si può amare una medicina molto amara ma che ci ridarà la salute“.
“Il Signore non ci chiede di sentire sensibilmente quest’amore, ma di trarne la prova perseverando, nonostante le tribolazioni, nella pratica dei doveri di stato, dei doveri religiosi, specialmente nella preghiera. Gesù attende che ci rivolgiamo a Lui con una preghiera ardente, perché Egli ha già deciso di esaudirci e di condurci molto più in alto di quanto possiamo desiderare noi stessi. L’accettazione della croce ha l’effetto di accrescere in noi le tre virtù propriamente divine di fede, speranza e carità, rendendo la nostra anima simile all’anima di Cristo e, perciò, simile a Dio. La croce conduce tutti i cristiani alla vera luce di Dio, preludio del cielo”. “Per crucem, ad lucem”! (R. Garrigou-Lagrange, Vita Spirituale, Ed. Effedieffe, Milano 2019, pp. 192-198, I^ Edizione Città Nuova, 1965).
Covid e chiusure, brutte notizie per chi ci governa
di Giancristiano Desiderio per www.nicolaporro.it
(clicca sul sito di Porro per vedere il Video)
Per fare un passo avanti e provare ad uscire, almeno mentalmente, dallo stato di continua emergenza nel quale ci troviamo, forse è necessario fare un passo indietro. Dopo il lockdown, il coprifuoco, le delazioni, lo smartworking e la dad, noi ancora non sappiamo perché abbiamo subito tutte queste disposizioni governative che hanno fatto strame delle libertà costituzionali. Lo dico a ragion veduta, perché le caratteristiche del virus e le modalità di diffusione non giustificano minimamente quanto abbiamo subito.
Ormai con i risultati disastrosi avuti, con gli esempi di altri Paesi che si sono comportati in maniera diversa, inizia a emergere una verità un po’ scomoda per chi ci ha governato in questo tempo. Ovvero che non è assolutamente vero che le libertà individuali dovevano essere bilanciate da necessità sociali. Ossia, in parole povere, e detto terra terra, non è vero che la libertà era un impedimento al contenimento dell’epidemia. Anzi. Sta venendo fuori che è esattamente il contrario: proprio le libertà individuali, proprio le nostre risorse cognitive, la nostra capacità di discernere, di scegliere e capire, erano delle risorse sulle quali poter far conto.
Ecco perché vi suggerisco la lettura di questo testo appena uscito per Marsilio, scritto da Alberto Mingardi e Gilberto Corbellini, dal titolo La società chiusa in casa. La libertà dei moderni dopo la pandemia. Noi eravamo una società aperta ed è diventata chiusa. O meglio, la società aperta è stata rinchiusa in casa. E lì è iniziata veramente l’epidemia e il nostro dramma, da cui non riusciamo ancora ad uscire.
Giancristiano Desiderio, 23 settembre 2021 https://www.nicolaporro.it/covid-e-chiusure-brutte-notizie-per-chi-ci-governa/
La lotta per sopravvivenza dei cristiani palestinesi
Segnalazione del Centro Studi Federici
Speranza tradito dal suo libro. “Covid? Sapevo da dicembre”
Il ministro rivela di aver appreso di focolai da Wuhan. “A novembre vidi un ministro cinese ma era tranquillo”
di Felice Manti e Edoardo Montolli
Il libro mai uscito del ministro della Salute Roberto Speranza Perché guariremo gira ormai tra le redazioni come un nuovo virus. Ma già a pagina 28 si resta davvero colpiti. Scrive il ministro: «Il 31 dicembre, le autorità (della Cina, ndr) hanno segnalato all’Oms molti casi di una malattia che somiglia alla polmonite, nella provincia di Wuhan». Ma subito l’esponente Leu aggiunge: «Era tutto il mese che si rincorrevano le voci su nuovi focolai virali in quella provincia e che consultavo le notizie con più attenzione del solito, vagliando quelle provenienti da Oriente». Ma notizie su focolai virali prima del 31 dicembre noi non le abbiamo mai trovate. Tanto è vero che Taiwan chiude le frontiere solo quando capta la prima voce di un focolaio di polmonite a Wuhan: e ad oggi l’isola, che conta quasi 24 milioni di abitanti, piange solo 11 morti per Covid.
Dice Fabrizio Gatti, autore del libro L’infinito errore: «L’indagine (farsa) Cina-Oms che certifica l’esistenza di più focolai attivi già a inizio dicembre a Wuhan e in Hubei (quindi con contagi a metà novembre) è di qualche settimane dopo». Da dove arrivano allora queste informazioni? E da chi? Le frasi immediatamente successive stupiscono ancora di più: «Il 7 novembre avevo ospitato a Roma il ministro della Salute del governo cinese, Ma Xiaowei. Avevamo sottoscritto un accordo tra i due servizi sanitari (…) Non mi era sembrato che nutrisse particolari preoccupazioni sul suo Paese». Ma per quale ragione il 7 novembre il ministro cinese doveva essere preoccupato? Perché Speranza dà per scontato che il suo collega cinese ne sia addirittura informato due mesi prima?
Non basta. L’accordo Speranza-Xiaowei è un Piano d’azione di cooperazione sanitaria focalizzato su cinque punti. Il terzo è dedicato alle malattie infettive e ad eventuali pandemie. E recita, in proposito, che Italia e Cina dovranno «sviluppare e sostenere strategie di prevenzione» contro «la vulnerabilità del sistema di risposta alle emergenze infettive» e «sviluppare collaborazioni in risposta alle più importanti emergenze di salute pubblica», per esempio «la pandemia di malattie infettive come l’influenza». Sembra un dettaglio, e una coincidenza. E forse lo è. Ma il ministro aggiunge: «A gennaio 2020 mi rendo conto che il Servizio sanitario nazionale sta andando verso una tempesta che lo metterà a dura prova». E allora per quale ragione il 15 febbraio l’Italia dona alla Cina sedici tonnellate di materiale medico-sanitario di protezione personale tra mascherine, tute e occhiali protettivi, guanti e termometri? Perché questa enorme privazione già sapendo che eravamo sguarniti?
Peraltro, per tutto il libro – come notano molti colleghi tra cui Francesca Nava di La7 – non viene mai citato lo strumento principe per contrastare una pandemia: il piano pandemico. «Mentre invece l’ex sottosegretario alla Salute Sandra Zampa a Omnibus ne rivendicava l’applicazione. Ma il piano del 2006 era utile o era inutile come ha sempre detto Speranza perché il Covid non è un’influenza», scrive la Nava su Facebook.
E sul piano pandemico Il Giornale ha scovato un’altra prova che sbugiarda il ministro. Il 21 aprile il direttore dell’Ufficio di Prevenzione del ministero Francesco Maraglino, in nome del viceministro della Sanità Pierpaolo Sileri, scrive che lo stesso piano pandemico è da considerarsi «un piano di carattere strategico a cui devono seguire dei piani operativi». Insomma, è carta straccia, come diceva il report Oms fatto sparire il 13 maggio da Ranieri Guerra perché inchiodava l’Italia ai suoi errori, report di cui il ministro Speranza era al corrente già dal 14 aprile e che lo aveva «deluso».
E mentre al Senato venivano depositate tre mozioni di sfiducia di Fratelli d’Italia, ex grillini e il gruppo di Gianluigi Paragone Italexit, il leader della Lega Matteo Salvini ribadisce che non le voterà: «Preferisco una commissione parlamentare». In realtà basterebbe leggersi il libro di Speranza…