Charles Coughlin profeta della destra sociale americana

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REX

Inizia oggi la collaborazione con il nostro Circolo Christus Rex il giovane dott. Fabio Fioresi, laureato in giurisprudenza. Gli articoli sono di www.agerecontra.it ma è possibile riprendere in tutto o in parte citando la fonte.

di Fabio Fioresi

Quando si parla di destra sociale si pensa subito all’Italia con il fascismo ma spesso ci si dimentica che anche negli States naque un movimento similare che univa un’impostazione  nazionalista-cristiana con una marcata vena sociale: questa è la storia in breve di padre Charles Coughlin.

Nato in Canada nel 1891 divenne prete negli anni 20 ed poi venne trasferito nell’arcidiocesi di Detroit allora centro industriale dell’automobile del Nord America.

Iniziarono subito contrasti con I gruppi di potere della città, tra I più famosi ci fu il ku klux klan che più volte tentò d’intimidire il sacerdote dalla sua lotta contro il razzismo imperante; creò la prima radio per I suoi sermoni domenicali ma ben presto passo ad analisi economiche ed politiche; benchè fosse un cattolico integrale filomonarchico (filodittatoriale) era molto vicino alle istanze dei lavoratori ed arrivo ad chiedere la nazionalizzazione delle banche e delle grandi industrie.

Inizialmente sostenitore del New Deal ne divenne presto un’acerrimo oppositore date le riforme troppo timide.

Negli anni 30 si alleò con Huey Long meglio noto come il Mussolini americano, storico governatore della Lousiana, noto per aver vinto contro I Rockfeller in tribunale.

Entrambi critici verso l’imperialismo americano ed il sistema finanziario capitalistico, furono una vera spina nel fianco di Roosvelt ed dei super capitalisti americani, fino alla morte di Long assassinato a Baton Rouge nel 1935; Coughlin cercò di far rimanere il partito attivo ma perse sempre più di significato fino alla sua morte negli anni ’70.

Quali erano le proposte di Long e Coughlin che spaventarono cosi tanto l’establishment americano:

1) Nazionalizzazione della Federal Riserve

2) Nazionalizzazione del Sistema sanitario.

3) Nazionalizzazione delle grandi riserve di capitale finanziario.

4) Se possibile abolire la democrazia ed instaurare una dittatura sul modello italiano (Papale secondo le idee di Couglin)

5) Combattere il giudaismo internazionale

6) Combattere il Ku Klux Klan, I comunisti ed I sostenitori di eugenetica ed liberati capitalisti

7) Se possibile mettere il cristianesimo cattolico come religione di Stato (da parte di Coughlin)

8) Desegregare le città

9) Piano quinquennale di industrializzazione, costruzione d’infrastrutture in tutto il paese.

10) Conversione delle aree desertiche degli States in zone fertili.

11) Amicizia con il Giappone imperiale ed isolazionismo negli affari internazionali.

12) Fiat money su base d’argento.

“Tecnocrate argine al sovranismo”: Draghi l’atlantista incoronato nuovo leader Ue

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di Adolfo Spazzaferro

Roma, 19 ott – “Tecnocrate argine al sovranismo”: gli Usa incoronano Mario Draghi candidato leader Ue ideale, anche perché l’ex numero uno della Bce è filo americano. E proprio questo potrebbe essere il problema per la Ue, per stessa ammissione dell’agenzia economica Bloomberg. Sì, perché a differenza della Merkel, l’attuale presidente del Consiglio incarna il multilateralismo spudoratamente atlantista. Ciò detto, Draghi incassa il plauso degli States per una serie di ragioni tutt’altro che rassicuranti. Infatti il motivo principale per cui il premier italiano è ben visto come possibile guida della Ue è perché è un argine efficace al sovranismo e ai movimenti di destra. Ma non solo, è l’uomo giusto per gestire i miliardi Ue del Recovery fund in chiave green. Nonché – e questo preoccupa più di tutto – ha dimostrato fermezza contro i no green pass, non cedendo di un millimetro.

Il plauso alla fermezza contro i no green pass

L’esito delle elezioni amministrative in Italia, con la sconfitta dei “sovranisti”, secondo Bloomberg è una ulteriore prova del successo politico del presidente del Consiglio in chiave moderata. Nell’editoriale dedicato a mister “Whatever It Takes”, in cui appunto di lui si dice che “ha salvato l’euro con tre parole”, si fa riferimento alla situazione in Italia. L’agenzia Usa plaude al pugno di ferro di Draghi nei confronti di chi ha manifestato contro l’obbligo del green pass, citando il caso dei portuali di Trieste. Fermezza riverberata anche nell’esito delle amministrative, dove chi strizzava l’occhio alle proteste è stato penalizzato. E dove invece si sono affermati grigi burocrati, una “sorta di esercito di mini Mario”.

La “fedeltà” agli States

Tuttavia, avverte l’editoriale, “sarebbe un errore considerare Draghi una figura intercambiabile a quella di Merkel o di Macron”. Il premier italiano infatti è molto più vicino agli States. A tal proposito, Bloomberg ricorda il passato di Draghi al Massachusetts Institute of Technology, alla Banca mondiale e a Goldman Sachs. Secondo l’editoriale, il presidente del Consiglio italiano esprime la visione di un multilateralismo nel quale “gli Stati Uniti sono i principali azionisti”. Prova ne è la brusca franata che Draghi ha impresso alla politica italiana di appeasement della Cina. Così come il fatto che sia rimasto in silenzio circa la frattura diplomatica tra Stati Uniti e Francia innescata dall’accordo di sicurezza Aukus.

Un tecnocrate con un problema di legittimità

Infine, pone giustamente in risalto l’editoriale, Draghi è un tecnocrate messo alla guida del governo del Paese dal presidente della Repubblica a causa del fallimento della politica. Ma non è stato eletto da nessuno. Quindi gli manca quella legittimità che ha avuto la Merkel per 16 anni di potere. Ciononostante va da sé che gli States Draghi se lo tengono stretto, come alleato e come potenziale successore della Merkel alla guida della Ue.

Adolfo Spezzaferro

Fonte: https://www.ilprimatonazionale.it/esteri/tecnocrate-argine-sovranismo-draghi-atlantista-incoronato-nuovo-leader-ue-211269/

Lo “Stato profondo” del Papa: ecco chi comanda in Vaticano

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Viganò ha parlato di Chiesa profonda. Un pezzo di Vaticano impegnato a disegnare il futuro e il trono di Pietro

di Francesco Boezi

Monsignor Carlo Maria Viganò, nella sua lettera a Donald Trump – quella che il presidente degli States ha rilanciato sui social – ha parlato di una “deep Church”, ossia di una “Chiesa profonda”. Un emisfero che potrebbe essere associato al Vaticano. Uno “Stato profondo” che si oppone, secondo l’analisi dell’ex nunzio apostolico negli Stati Uniti, anche alla riconferma del candidato repubblicano alla Casa Bianca. Uno strato che guida i processi che incidono sul globo, nonostante non si palesi di fronte a tutto.

Il “deep State”, nella narrativa sovranista, è composto dai potentati che non accettano che un anti-sistema come Trump possa governare la nazione più importante del mondo. Lo stesso discorso varrebbe per la Santa Sede. In questo secondo caso, però, per “Stato profondo” o “Chiesa profonda” bisognerebbe intendere anche gli autori di una spinta ideologico-culturale che punterebbe a destrutturare la Chiesa cattolica per come l’abbiamo conosciuta in nome del progressismo.

Esiste una cerchia più o meno ristretta che influisce sulle posizioni di Papa Francesco e sull’avvenire del cattolicesimo: questa è la convinzione del “fronte tradizionale”. Carlo Maria Viganò, nella sua missiva, ha scritto quanto segue: “E non stupisce che questi mercenari siano alleati dei figli delle tenebre e odino i figli della luce: come vi è un deep state, così vi è anche una deep Church che tradisce i propri doveri e rinnega i propri impegni dinanzi a Dio. Così, il nemico invisibile, che i buoni governanti combattono nella cosa pubblica, viene combattuto dai buoni pastori nell’ambito ecclesiastico”. La Chiesa cattolica americana appare divisa in vista delle elezioni presidenziali: i conservatori sostengono apertamente The Donald, mentre i progressisti ed i cattolici democratici propendono per Joe Biden. Si tratta di una storia antica, ma la spaccatura interna adesso è più visibile che mai. Jorge Mario Bergoglio insiste nel dire che dividere è opera del diavolo. Gli appelli degli ecclesiastici progressisti in favore del candidato dei Dem, tuttavia, non si contano più. Così come quelli dei pro life in favore di Trump. Chi è, dunque, che sta alimentando le divisioni nella Ecclesia? Il quesito è attuale. Continua a leggere