Fisco, pronta la riforma: ecco tutte le novità

Condividi su:

di Giulia Schiro

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha sintetizzato la legge delega, strutturata in quattro parti, con 21 articoli in tutto, sulla riforma del fisco a cui sta lavorando il Governo, che rinnoverà gli scaglioni Irpef, le aliquote Ires e Iva e il sistema fiscale per gli enti locali. La proposta è pronta per essere portata in consiglio dei ministri, se non ci saranno intoppi, già la prossima settimana.

Con la delega, l’Esecutivo chiede al Parlamento 24 mesi di tempo per ripensare in modo complessivo le tasse italiane, dall’Irpef che si riduce a tre aliquote all’Ires che invece si sdoppia; rafforzare lo Statuto dei diritti del contribuente; semplificare i procedimenti dichiarativi, accertativi, di riscossione e del contenzioso; ristrutturare le sanzioni amministrative e penali e infine riordinare le norme in testi unici. Fra i principi cardine tornano dunque molti dei temi a cui ha lavorato il governo Draghi, tranne la riforma del catasto che ha fatto alzare al centrodestra le barricate.

Obiettivo flat tax per tutti i lavoratori

Sull’Irpef l’obiettivo è in due tempi. Il primo passo è quello della riduzione a tre scaglioni, con una riduzione delle aliquote da finanziare attraverso una revisione delle tax expenditure. Il contatore del Mef, a caccia di coperture per una riforma che non può andare in deficit proprio mentre i tassi salgono e le regole fiscali europee ritornano in campo, si è fermato a poco più di 600 voci che oggi costano 165 miliardi di euro ogni anno. Per ridurre questa spesa, si legge nei documenti preparati dal Mef, il Governo lavorerà a una “forfetizzazione” per scaglioni di reddito, che in pratica dovrebbe diminuire le detrazioni all’aumentare dell’imponibile: le ipotesi tecniche parlano per esempio di un tetto alla fruizione degli sconti che potrebbe essere fissato al 4% dell’imponibile per i redditi più bassi, per poi scendere a percentuali inferiori quando i guadagni dichiarati salgono. Dal vincolo sarebbero escluse le detrazioni più delicate come quelle sanitarie e per l’istruzione e le deduzioni sugli interessi passivi dei mutui prima casa e dei contributi ai collaboratori famigliari.

L’idea del Governo sarebbe quindi quella di accorpare la seconda e la terza aliquota dell’Irpef, fissate oggi al 25% e al 35%, in una fascia con una percentuale di prelievo pari al 27% o al 28%. Chi oggi guadagna tra i 15 mila e i 28 mila euro, quindi, andrebbe a pagare il 2% in più di tasse, percependo uno stipendio netto inferiore. Beneficeranno invece della misura quelli che hanno un reddito imponibile compreso tra i 28 mila e i 50 mila euro. Le tre aliquote, nelle intenzioni del governo, dovrebbero però appunto rappresentare solo il primo passo verso la flat tax, indicata dalla delega come punto di approdo a lungo termine.

Doppio livello per la tassa sulle imprese

Il progetto del Governo sdoppia l’Ires, l’imposta sui redditi delle società. Con una filosofia simile a quella che ha ispirato nell’ultima manovra la flat tax incrementale, la delega prospetta di affiancare all’aliquota ordinaria del 24% una tassazione agevolata per la quota di reddito che nei due anni successivi viene destinata alle assunzioni o agli investimenti in beni strumentali innovativi o qualificati. Anche in questo caso le distanze politiche fra destra e sinistra sembrano superate da un meccanismo che prova a introdurre nel sistema fiscale una versione strutturale del programma Industria 4.0. Nel capitolo sulle imprese troverà poi spazio una semplificazione della disciplina sulla deducibilità degli interessi passivi e il riordino del regime di compensazione delle perdite fiscali.

Iva e Irap

La delega mette poi nel carnet dei propri obiettivi la razionalizzazione delle aliquote Iva e delle operazioni esenti. Il riordino dei panieri punterà a garantire trattamenti fiscali omogenei per beni simili fra loro, e proverà anche a semplificare le regole sulle detrazioni e le complesse normative sul gruppo Iva (che attualmente ad esempio impongono aliquota massima a beni di prima necessità come l’acqua minerale). Il Codacons stima che un eventuale azzeramento dell’Iva su alimentari e beni di prima necessità produrrebbe risparmi diretti fino a 300 euro annui a famiglia, oltre a positivi effetti indiretti sul fronte delle tariffe al pubblico praticate da attività ed esercizi commerciali se i commercianti non faranno i furbi.

Il ridisegno del fisco guarderà poi ai meccanismi, oggi giudicati ancora troppo lenti e farraginosi, dei rimborsi per cittadini e imprese. Torna poi l’idea di mettere in archivio l’Irap, per trasformarla in una sovraimposta da applicare alla base imponibile dell’Ires. Anche in questo caso, si tratta della riedizione di un obiettivo già presente nella delega Draghi.

Redditi finanziari

Per quanto riguarda i redditi di natura finanziaria, si prevede, tra le altre cose, il raggruppamento dei redditi di capitale e dei redditi diversi di natura finanziaria in un’unica categoria reddituale soggetta a tassazione in base al principio di cassa e di compensazione e un’imposta sostitutiva agevolata sui redditi di natura finanziaria conseguiti dalle casse di previdenza.

Addio mini-imposte, arriva il tributo unico

Addio infine all’imposta di bollo, a quelle ipotecaria e catastale, ai tributi speciali catastali e alle tasse ipotecarie: saranno sostituite da un tributo unico, “eventualmente in misura fissa”. Nell’ottica di una generale razionalizzazione, è prevista l’estensione dell’autoliquidazione anche per l’imposta di successione e per l’imposta di registro.

Sanatoria fiscale, quali tasse e multe si possono rottamare nel 2023?

Condividi su:

Segnalazione di Wall street Italia

di Pierpaolo Molinengo

Attraverso le sanatorie fiscali di multe e tasse, il Governo ha intenzione di alleggerire, almeno in parte, le tensioni che si sono create tra i cittadini e le varie entità fiscali. Le famiglie, a causa della pandemia e delle varie difficoltà finanziarie ed economiche, sono stati messe a dura prova nell’arco degli ultimi anni. Per questo le sanatorie fiscali si muovono principalmente su tre fronti:

  • ravvedimenti;
  • la risoluzione delle liti con l’Agenzia delle Entrate;
  • lo stralcio dei crediti, che sono ritenuti inesigibili.

Nell’ottica di allentare le possibili tensioni tra erario e contribuenti, l’esecutivo ha lavorato su criptovalute, multe e mini cartelle, in modo da permettere ai soggetti interessati di sanare eventuali posizioni ancora aperte.

Sanatoria fiscale, la rottamazione delle multe

Capitolo importante della sanatoria fiscale prevista dal Governo guidato da Giorgia Meloni, è la rottamazione delle pendenze fiscali. Le cartelle esattoriali, con importi inferiori a 1.000 euro gestite direttamente dall’ente di riscossione dal 2000 al 2015, possono essere rottamate. Previo accordo con gli enti locali. Attenzione, però, che le spese di riscossione devono essere rimborsate.

All’interno della rottamazione rientrano anche le multe. In questo caso le ammende devono essere pagate senza l’aggiunta delle sanzioni e degli eventuali interessi di mora. I diretti interessati hanno tempo a saldare le multe, comprensive delle eventuali spese sostenute per la riscossione, entro e non oltre il 31 luglio 2023. In alternativa è possibile scegliere il versamento in 18 rate, con un interesse pari al 2%.

Cosa succede alle controversie tributarie

Eventuali liti pendenti al 1° gennaio 2023 potranno beneficiare della sanatoria fiscale seguendo diverse procedure. Quelle che risultano essere ferme al primo grado, che corrisponde alle commissioni tributarie provinciali, possono essere definite saldando il 90% della somma richiesta dell’erario. Le pendenze giunte alle commissioni tributarie regionali possono essere chiuse versando il 40%, nel caso in cui la sentenza in primo grado abbia dato ragione al contribuente.

Nel caso in cui il contribuente abbia vinto anche in secondo grado, ha la possibilità di versare il 15%. La stessa percentuale vale anche nel caso in cui il ricorso sia arrivato in Cassazione e il contribuente abbia ottenuto ragione in entrambi i gradi di giudizio.

La rinuncia agevolata rientra nel concetto di pace fiscale. Questa è, in estrema sintesi, una sanatoria fiscale che permette al contribuente di rinunciare entro al 30 giugno 2023 alle liti fiscali, che sono arrivate direttamente in Cassazione e che abbiano come controparte l’Agenzia delle Entrate. Nel caso di rinuncia, è necessario pagare la cifra pretesa dall’erario con i relativi interessi: le sanzioni, però, sono ridotte.

Sanatorie in vista anche per gli avvisi bonari

Il legislatore ha previsto una sanatoria fiscale anche per quanti abbiano ricevuto un avviso bonario, in seguito a dei controlli automatizzati effettuati direttamente dal fisco. Quanto viene reclamato dall’Agenzia delle Entrate può essere definito in maniera agevolata, purché il termine di pagamento non sia già scaduto

Gli atti di accertamento formale possono sottostare ad un’agevolazione, nel caso in cui non siano stati impugnati dal contribuente. L’operazione deve avvenire all’interno dei termini fissati per il ricorso. In questo caso, per gli accertamenti di contestazione notificati fino al 31 marzo del 2023, le sanzioni sono ridotte da un terzo a un diciottesimo di quanto definito per legge.

Ultimo capitolo è quello riservato alle criptovalute: i guadagni ottenuti con questi investimenti non sono tassati fino a 2.000 euro. Per quanto riguarda i guadagni ottenuti fino al 31 dicembre 2021, il contribuente è tenuto a presentare una domanda di emersione e riconoscere un’imposta sostitutiva pari al 3,5%.

Bonus e aiuti: alcuni arriveranno in busta paga, altri direttamente a casa

Condividi su:
di Pierpaolo Molinengo

A dicembre sono in arrivo alcuni bonus ed aiuti direttamente in busta paga. Altri sussidi, invece, arriveranno direttamente nelle tasche dei contribuenti. I lavoratori dipendenti riceveranno entro la fine del 2022 fringe benefit esentasse più alti, il credito d’imposta, la possibilità di rateizzare le bollette e il bonus sociale per le famiglie meno abbienti. Questi, in estrema sintesi, sono gli aiuti che il governo guidato da Giorgia Meloni ha previsto con il Decreto Aiuti Quater, che è stato approvato dal Consiglio dei Ministri e di cui, ora, si attende la pubblicazione in “Gazzetta Ufficiale”.

Sostanzialmente siamo davanti a un intervento del valore di 9,1 miliardi di euro. È destinato a fronteggiare la crisi energetica e la questione, più generale, del caro vita. In estrema sintesi, il testo ha prorogato i bonus e gli aiuti in busta paga, che erano già stati previsti dal precedente governo, guidato da Mario Draghi. Sono state, inoltre, introdotte alcune novità il cui scopo è quello di rendere meno complesso ai lavoratori, almeno sotto il profilo economico, l’ultima parte dell’anno. Grazie ai bonus e ai contributi che arriveranno nel corso delle prossime settimane direttamente in busta paga, il salasso delle bollette dovrebbe essere più leggero per molti italiani. Soprattutto per quelli che appartengono alla classe sociale medio-bassa e per le aziende energivore.

I bonus previsti a fine anno

Gli aiuti non arrivano unicamente ai lavoratori dipendenti. Fino alla fine dell’anno è stato confermato il credito d’imposta del 40% alle aziende, che sono costrette a consumare di più. L’agevolazione arriva come uno sconto diretto nelle bollette di luce e gas. La misura è riservata alle imprese che hanno la sede sociale in Italia: permette di rateizzare gli importi eccedenti l’importo medio contabilizzato nell’intero 2021 per i consumi effettuati nel periodo 1° ottobre 2022 – 31 marzo 2023 e fatturati entro il 31 dicembre 2023.

Anche a dicembre è confermato il cosiddetto bonus sociale, che fino a oggi ha permesso di sterilizzare gli aumenti delle bollette, almeno per le famiglie con un Isee fino a 12 mila o 20 mila euro nel caso in cui si tratti di una famiglia con figli. Nel momento in cui sarà approvata la Legge di Bilancio, potrebbe cambiare il meccanismo di erogazione.

Molto probabilmente sarà eliminato il vincolo Isee. Il bonus, però, potrebbe essere limitato alle fasce sociali meno abbienti: il nuovo meccanismo, per il momento, è ancora in fase di elaborazione, ma sembra che renderà la fruizione più rapida. Sono molte le famiglie che rientrano nella platea dei potenziali beneficiari, ma non hanno ricevuto il sostegno perché non hanno ancora presentato la Dichiarazione Sostitutiva UnicaGiancarlo Giorgetti, Ministro dell’Economia, starebbe ragionando sulla possibilità di sfruttare la modifica per allargare ulteriormente la platea o rendere più forte lo sconto, andando a ridurre ulteriormente il costo di luce e gas per i meno abbienti.

Agevolazioni in busta paga

Tra le agevolazioni che arrivano direttamente in busta paga ci sono i fringe benefit, la cui soglia esentasse passa da 600 a 3.000 euro. I datori di lavoro potranno utilizzare questo strumento – che è totalmente a loro carico – per fornire beni e servizi ai propri dipendenti. Tra questi possono rientrare anche le utenze di luce, acqua e gas di casa.

Questi bonus, direttamente in busta paga, sono una vera e propria misura di welfare, che i datori di lavoro hanno la possibilità di erogare ai propri dipendenti, sotto forma di voucher per affrontare varie spese, come visite mediche, buoni pasto, prestiti agevolati, auto aziendali, bollette. Il precedente esecutivo, guidato da Mario Draghi, aveva portato il tetto dei fringe benefit esentasse da 258,23 a 600 euro. Il nuovo decreto ha quintuplicato la somma massima esentasse che le aziende possono erogare ai propri dipendenti.

Greta e i 5 falsi miti dell’ambientalismo

Condividi su:

Fonte: https://www.nicolaporro.it/greta-e-i-5-falsi-miti-dellambientalismo/

di Francesco Giubilei

L’avvicinarsi della Conferenza delle Nazioni Unite sui Cambiamenti climatici che si terrà a Glasgow a novembre, accende di nuovo i riflettori sul tema ambientale che, pur non essendo mai uscito dall’agenda mediatica e politica, aveva subito una battuta d’arresto con il covid. L’appuntamento del Youth4Climate a Milano alla presenza di Greta Thunberg e la riunione dei delegati ministeriali del pre-Cop, hanno riattualizzato la discussione sull’ambiente caratterizzata da alcuni falsi miti:

1. L’umiliazione della politica di fronte a Greta Thunberg. L’attivista svedese ha affermato che “Le politiche sul clima sono tutte bla bla bla” puntando il dito contro i politici. In realtà in Europa è stato fatto tanto sul clima, mentre in Cina negli ultimi 40 anni le emissioni di Co2 sono passate da 2 a 12 miliardi l’anno mentre i paesi occidentali hanno progressivamente diminuito le proprie emissioni. Sarebbe opportuno che Greta Thunberg e gli altri attivisti per l’ambiente iniziassero a rivolgere le stesse critiche che compiono verso l’Occidente nei confronti della Cina.

2. Assenza di proposte. A proposito di critiche: in un fuori onda, un ministro italiano, dopo aver ascoltato il discorso di Greta Thunberg, si è domandato: “ma le proposte?”. Non si può solo continuare a portare avanti un approccio critico e disfattista senza avanzare idee che tengano in considerazione le esigenze delle imprese e dei cittadini.

3. Aumento di tasse legate all’ambiente. A dire il vero una proposta c’è ed è sempre la stessa: tasse, tasse, tasse. L’aumento del costo dell’energia di questi giorni è determinato dal fatto che scarseggiano i combustibili fossili e chi li usa deve pagare tasse aggiuntive sotto forma di permessi di emissione di Co2. La presidente della Bce Christian Lagarde ha affermato che l’aumento dei prezzi è dovuto anche a una inusuale bassa produzione di energia da parte dell’eolico.

È l’esempio perfetto di come un approccio ideologico al tema ambientale abbia conseguenze negative sulla vita dei cittadini e delle imprese. Introdurre nuove balzelli per contrastare il cambiamento climatico non è la soluzione, occorre evitare l’aumento della pressione fiscale che colpisce i cittadini e le imprese. L’aumento del costo dell’energia provocherà gravi problemi alle aziende con il rischio che alcune Pmi chiudano con la conseguente perdita di numerosi posti di lavoro. Occorre perciò un approccio che non introduca nuove tasse ma al contrario premi i comportamenti virtuosi.

4. Educazione ambientale. Si parla con sempre maggiore insistenza di introdurre nelle scuole l’ora di educazione ambientale. Il rischio è che dietro la tematica ambientale si nasconda il tentativo di parlare nelle scuole di argomenti di ben altro genere indottrinando i giovani. Invece di riempire la testa degli studenti con nozioni sull’ambiente che dimenticheranno, dovremmo impegnarli in iniziative e azioni concrete come pulire i parchi, raccogliere la plastica e aiutare la propria comunità.

5. Approccio rivoluzionario. I militanti di Extinction Rebellion Italia hanno prima occupato le redazioni di alcuni dei principali media italiani e poi bloccato le strade per accedere alla conferenza pre-Cop. Un’occupazione nata per “ricordare che la crisi climatica dev’essere al primo posto dell’agenda mediatica”.  Non si occupano le redazioni dei giornali in democrazia, al contrario si difende la libertà di espressione e di dissenso verso questo approccio rivoluzionario e giacobino al tema ambientale che è l’opposto del conservatorismo verde che ci sta a cuore.

Francesco Giubilei, 30 settembre 2021

Flat Tax, aiuti alle famiglie: così l’Ungheria cresce 4 volte la zona Euro

Condividi su:

di Stelio Fergola

Flat Tax al centro di un lavoro impostato alla crescita: un dato a cui l’Ungheria di Viktor Orban, in senso buono, non è sfuggito negli ultimi anni. Che mostrano tendenze sempre confortanti: il Paese è cresciuto del 4% nel 2017 e prevedeva chiudere il 2019 al + 3,2%. Il tempo è al passato non a caso: al 2 ottobre, i numeri sono ancora più alti. E i salari seguono lo stesso andazzo. Il tutto mentre la zona Euro, come sempre, arranca.

Flat Tax e crescita

La Flat Tax ungherese, in vigore dal 2011, è pari al 15% per le persone fisiche. Dal 2017 c’è anche il 9% per le società. Le previsioni di crescita sopracitate si sono rivelate sbagliate. I magiari stanno chiudendo il 2019 a livelli ancora più alti, ben + 5,2, come riporta il quotidiano La Verità. Un dato di 4 volte superiore alla media Ue, che oscilla tra l’1,5 e l’1,6%.

Flat Tax, stipendi, Pil

Tasse abbattute, stipendi che svettano, Pil idem. Pare un processo naturale: il salario minimo ungherese nel 2019 è di circa 464 euro mensili, nel 1999 era inferiore a 100 euro. Quello medio nel 2015 era di 333 euro, nel 2018 supera i 600. Il Pil sale già del 4% considerevole sopracitato nel 2017, per un valore di 139 miliardi di euro, e le previsioni per il 2019 sono sempre state smentite da rialzi. Continua a leggere