Usa in recessione, prevedono Burry e Fmi. Ma non andrà meglio in Ue

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di Mariangela Tessa

Il 2023 si preannuncia come un anno nero sul fronte macroeconomico con un terzo dell’economia globale, che sarà colpita dalla recessione. Lo prevedono Michael Burry, fondatore di Scion Asset Management e la direttrice generale del Fondo monetario internazionale, Kristalina Georgieva.

Le previsioni di Burry

Burry in un tweet di stamane ha affermato che l’inflazione, pur avendo raggiunto il picco massimo, è destinata a risalire in risposta agli stimoli governativi.

“Gli Stati Uniti sono in recessione per qualsiasi definizione. La Fed taglierà e il governo stimolerà. E avremo un altro picco di inflazione”.

A settembre, Burry aveva avvertito di ulteriori cali per il mercato azionario, affermando che “non abbiamo ancora toccato il fondo”. Nel secondo trimestre dell’anno scorso, la sua società ha scaricato tutta la sua esposizione azionaria, a parte una società.

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Anche l’Fmi prevede la recessione

Dal canto suo la direttrice dell’Fmi Georgieva, durante un’intervista alla Cbs, ha spiegato che tutte e tre le tre grandi economie (Usa, Ue, Cina), stanno rallentando contemporaneamente.

“Per la maggior parte dell’economia mondiale questo sarà un anno duro, più duro di quello che ci lasciamo alle spalle. Gli Stati Uniti sono i più resilienti e potrebbero evitare la recessione”. Negli Usa “vediamo che il mercato del lavoro rimane abbastanza forte. Questa è, tuttavia, una benedizione a metà, perché se il mercato del lavoro è molto forte, la Fed potrebbe dover mantenere le strette sui tassi più a lungo per far scendere l’inflazione“.

Unione europea: metà sarà in recessione

Quanto all’Unione europea, l’Fmi si attende che “la metà dei Paesi dell’Ue sarà in recessione nel corso dell’anno”, ha detto Georgieva. L’istituzione di Washington ha già rivisto al ribasso lo scorso ottobre le previsioni di crescita per il 2023, frenate in particolare dalle pressioni inflazionistiche e dai conseguenti rialzi dei tassi d’interesse da parte delle banche centrali. Ma le affermazioni di ieri, primo gennaio, di Georgieva potrebbero preludere a un ulteriore taglio delle previsioni nel prossimo aggiornamento, atteso al World Economic Forum di Davos di questo mese.

Cina: per prima volta in 40 anni crescerà meno del Pil mondiale

La Cina infine è vista in ulteriore rallentamento quest’anno. Per la prima volta da 40 anni a questa parte, ha evidenziato la direttrice dell’Fmi, la crescita annuale della Cina sarà probabilmente alla pari se non al di sotto del livello di crescita globale. E questo avrà riflessi negativi a livello globale. “Quando guardiamo ai mercati emergenti nelle economie in via di sviluppo, lì il quadro è ancora più fosco. Perché oltre a tutto il resto, vengono colpiti dagli alti tassi di interesse e dall’apprezzamento del dollaro”, conclude Georgieva.

Vale la pena ricordare che nel suo ultimo World Economic Outlook pubblicato ad aprile 2022, il Fondo monetario internazionale prevedeva una crescita globale del 3,6% nel 2022 e nel 2023, al ribasso rispetto al 4,4% e del 3,8% del report di gennaio dello stesso anno.

Cancellate il Natale, abortite Gesù, ce lo chiede l’Europa

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QUINTA COLONNA

di Marcello Veneziani

Il Natale è cancellato, Gesù è abortito, e la Corte europea per i diritti dell’uomo acconsente, anzi risarcisce colei che aveva profanato la Chiesa urinando sui gradini dell’altare. D’ora in poi, seguendo le direttive dell’Europa e della sua corte suprema, anziché celebrare la Nascita di Gesù Bambino, faremo meglio a celebrarne l’aborto, nel nome dei diritti della donna. E la cancellazione del Natale, grado supremo della cancel culture, con il patrocinio della massima corte europea.

Se dovessi riassumere il senso peggiore del nostro tempo, e racchiudere in un episodio lo spirito capovolto con cui si compendia il corrente e morente anno 2022 alle porte di Natale, dovrei risalire a quell’episodio accaduto in Francia e conclusosi davanti alla corte europea. Dunque, in un infausto giorno del 2013 (lo stesso anno maledetto in cui uno scrittore, Dominique Venner, si suicidò in Notre Dame), una donna in topless, Eloise Bouton, fece irruzione nella chiesa della Madeleine a Parigi, con la scritta sulle spalle “Il Natale è cancellato” e dopo aver mimato l’aborto di Gesù bambino, concluse la sua performance urinando sui gradini dell’altare. I tribunali francesi avevano condannato l’attivista femminista e abortista a una pena pecuniaria e detentiva. Ma la Corte europea dei diritti umani, lo scorso 13 ottobre, ha ribaltato la sentenza del tribunale francese e dopo aver riconosciuto il proposito della donna come “molto nobile” e prezioso per i diritti delle donne, in particolare sul diritto all’aborto, ha “condannato” la Francia a pagare circa 10mila euro per danni morali, e sottolineo morali, più spese legali. Risarcita ed elogiata, con tante scuse dell’Europa.

In verità la stessa corte europea, in sigla CEDU, si era pronunciata in precedenza in modo assai diverso, anzi opposto: una donna aveva equiparato il rapporto sessuale di Maometto con Aicha che aveva allora nove anni, a una forma di pedofilia. La Corte in quel caso riconobbe colpevole la donna di “dolosa violazione dello spirito di tolleranza” perché alimentava un pregiudizio che attentava alla pace religiosa. E la condannò a una pena detentiva e pecuniaria. Fateci capire: se si profana una Chiesa, si urina sull’altare, si inneggia all’aborto di Gesù, è libertà di espressione e merita un elogio; si è invece deplorati e condannati se s’insinua che Maometto il profeta dell’Islam, fu pedofilo (affermazione sconveniente, ne convengo, e non solo perché ferisce credenti islamici ma non tiene conto della differenza di tempi e luoghi, di culture, storie e religioni). Un paese e un continente per millenni cristiano, unito dalla civiltà cristiana, assolve chi profana in Chiesa Gesù Cristo e condanna chi in luogo laico offende la suscettibilità degli islamici. Ma che mondo è?

Torno ai nostri giorni, e paragono questa sentenza assolutoria all’esemplare condanna del tifoso che davanti alle telecamere dette addirittura una pacca sulle chiappe di una giornalista sportiva davanti allo stadio di Empoli: un anno e mezzo di detenzione, diecimila euro di risarcimento alla giornalista offesa e perfino 5mila euro all’ordine dei giornalisti che si era costituito parte civile. E’ un altro tribunale, ma il paragone viene spontaneo: pensate, una pacca sui glutei è peccato mortale e reato atroce mentre la profanazione di una Chiesa, di una Religione, della figura di Gesù Cristo, del Santo Natale, con una serie di atti osceni in luogo sacro, è libertà d’espressione e diritto inviolabile. Capite in quali mani siamo noi europei, a quale Corte sono affidati i Diritti Umani?

E’ un episodio, direte, ma mi sembra il simbolo più rappresentativo, alle soglie di Natale, dello spirito dell’epoca: la giustizia europea è intollerante se trasgredisci al catechismo politicamente corretto ma è compiacente e garantista se profani la religione che ha permeato per millenni la nostra civiltà, che è ancora seguita da milioni di fedeli, che è alle origini perfino degli stessi diritti umani, del rispetto sacro della persona e della vita umana, della solidarietà e della carità…

Con un precedente del genere sarà difficile nella giurisprudenza europea tornare alla realtà, ai principi e al diritto come l’abbiamo conosciuto nei secoli. Ad aggravare la situazione è il silenzio dei media, la rara o inesistente d’indignazione, il freddo e neutrale sguardo da cronisti con cui si è freddamente annotato e archiviato la sentenza.

Tornando alla sentenza natalizia, è spiegato che “lo scopo dell’esibizione a seno nudo” della manifestante, “organizzata secondo le procedure previste dal movimento Femen, era quello di trasmettere in un luogo di culto simbolico, un messaggio relativo a un dibattito pubblico e sociale sulla posizione della Chiesa cattolica su una questione delicata e controversa, ossia il diritto delle donne di avere il libero controllo sul proprio corpo, compreso il diritto d’abortire”. Capite? Avendo applicato la protesta a Gesù bambino, è conseguente il rimprovero alla Madonna di aver accettato, senza batter ciglio, un figlio non voluto e non procreato in una relazione umana, mentre avrebbe dovuto chiamare i gendarmi all’apparizione dell’angelo molestatore, che annunciava la nascita e avrebbe dovuto sporgere denuncia contro Ignoti perché lo Spirito Santo l’aveva ingravidata violando “il libero controllo del proprio corpo”.

Dunque se dobbiamo attenerci fedelmente e scrupolosamente alle direttive europee, quando tornate a casa, trasformate il presepe della Natività in una manifestazione multietnica in favore della libertà di abortire. Celebrate la nascita dell’aborto più che del Bambinello, e vergognatevi della civiltà cristiana, perché se al posto della Natività avesse sancito il Diritto d’Aborto, avremmo un Gesù Cristo in meno nella storia del mondo e duemila anni di diritti della donna in più. E il bue e l’asinello non più costretti dalla bestia umana a star lì a sfiatarsi per giorni e giorni…

La Verità – 22 dicembre 2022

Unione europea: cadere dal pero e non chiedersi perché ci si è saliti!

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QUINTA COLONNA

di Ugo Boghetta

UNIONE EUROPEA: FINIREMO COME CASAMICCIOLA?

Sergio Frabbini non smette di illuminarci dalle colonne del Sole 24 domenicale sullo stato, convulso, dell’Unione Europea. Poiché ormai da tempo le cose non evolvono verso gli Stati Uniti d’Europa, il nostro continua a sorprendersi e lamentarsi. Cade sempre dal pero ma non si chiede mai se non sia stato un errore salirci. L’articolo di Domenica 27 novembre è tutto dedicato al voltafaccia di Scholz il quale, all’atto della sua elezione a capo dello stato tedesco, ha affermato che si sarebbe impegnato a portare l’Unione verso uno “stato federale”. Ora invece, a causa della guerra, ha cambiato completamente politica perseguendo solo gli interessi germanici. Le azioni adottate a tale scopo, scrive Fabbrini, sono tante a partire  dall’ostacolare qualsiasi “soluzione europea per favorire quelle nazionali”.
Scholz ha infatti deciso di investire unilateralmente 200 miliardi per sussidiare le imprese tedesche, senza pensare all’impatto negativo che ha sulle quelle degli altri paesi. Cosa che peraltro hanno già fatto gli Usa. Anzi, ha affermato recentemente Bonomi, presidente della Confindustria, che Biden ha imposto alle imprese americane di rifornirsi solo da produttori USA.  Poi è andato a fare affari in Cina, concedendo agli stessi di entrare nel grande porto di Amburgo. Ha anche deciso di investire 100 miliardi nella difesa, ma acquistando gli F35 americani a discapito dello stesso progetto franco-tedesco per la costruzione di un aereo europeo. Non contento di ciò ha proposto a 15 paesi Ue di acquisire tre sistemi di difesa aerea  basati su tecnologie americane e israeliane mettendo fuori gioco l’analogo programma franco-italiano.  Per tacitare la Francia ha siglato con questa una accordo sull’energia che Fabbrini afferma essere solo una foglia di fico. Che è tuttavia pur sempre un accordo bilaterale! E come se nulla fosse ha rispolverato la contrarietà alla riforma del Patto di Stabilità.
Nell’agosto scorso Scholz ha chiarito la sua visione dell’Europa. Ha affermato infatti che interesse nazionale tedesco sarebbe quello di unire tutti i paesi ad est. Di fatto, afferma Fabbrini, questo supererebbe l’Unione verso un associazione di carattere internazionale di fatto confederale finalizzata alla centralità germanica senza condizionamenti. Insomma: bye bye Unione.
Il nostro afferma, bontà sua, che tutto ciò è contrario ai nostri interessi nazionali e che per questi motivi dovremmo allearci con Francia, che vuole una Unione politica, e Spagna.
Dunque anche Fabbrini ritiene superata l’Unione?
Sta di fatto che il caos è massimo e gli unici che sembrano avere le idee chiare sono gli americani contro la Russia, l’Europa e la Germania in particolare. E la Germania che, letteralmente sotto tiro (vedi i sabotaggi dei gasdotti), cerca una via solitaria per tutelare i propri interessi. Cosa tutt’altro che facile. Ad esempio, gli Stati dell’est sono ormai quasi tutti filo americani. Ancora una volta dunque la Germania si trova al centro del guazzabuglio europeo.
Nel medesimo numero del Sole si trova anche un’intervista a Tronchetti Provera, il quale afferma che le imprese italiane stanno perdendo contratti perché siamo, guarda caso, in una crisi asimmetrica che non colpisce gli Usa e l’Asia ma solo l’Europa. Tronchetti Provera affronta anche  il tema  dello stato sociale in decrescita affermando che: “solo la sua difesa consente di mantenere la continuità della democrazia”. Un altro che casca dal pero: tutto ciò si verifica da quando siamo entrati nell’Unione e nell’euro.
Come si vede salgono alti lai e recriminazioni contro questo e quello. C’è l’esigenza di una risposta europea, ma nel contempo appare impossibile. Anzi si sta andando da tutt’altra parte. Se in passato le crisi del 2008 e covid hanno portato ad interventi nel segno del “PiùEuropa” quali il QE e il PNRR, ora l’Unione di Bruxelles, per tenere insieme i pezzi vara la svolta bellicista; vedi la recente assurda mozione che definisce la Russia terrorista. Così, al contrario, le crepe si allargano.
Nonostante tutto ciò in Italia abbiamo il governo più filoamericano della storia della Repubblica e, dunque, in questo momento, il più antinazionale!
Siamo in un Mondo Nuovo come scrive Limes. Servono idee nuove. Poiché, così continuando, rischiamo di finire come Casamicciola. Tante errori, tante avvisaglie, tanti avvertimenti, …….. poi una frana disastrosa e mortifera!

Gas, ora l’Europa ci chiede il “massimo sforzo”. Ma che vuol dire?

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di Leopoldo Gasbarro

Massimo sforzo“. Lo chiede l’Europa. Sarà infatti obbligatorio, e dettato dall’Unione Europea, il taglio dei consumi di gas, in caso di ulteriore riduzione delle forniture. Lo dice la bozza del nuovo piano europeo per la gestione della crisi legata al gas, piano che sarà presentato ufficialmente domani ma che è stato già visionato in anteprima dall’Ansa.
L’indiscrezione ci fa comprendere, se sarà confermata, quanto la crisi energetica dettata dalla gestione del gas naturale, in arrivo dalla Russia, stia assumendo dimensioni sempre più importanti. Nonostante tutti i problemi, che ormai sembrano scontati per l’ultimo trimestre dell’anno, la politica europea fatica a trovare le parole per dire chiaramente come stanno le cose. Eppure, i cittadini che sono anche elettori sono abbastanza maturi per comprendere la difficoltà di un momento che in qualche modo si tende a nascondere. L’Ansa evidenzia come siano spariti dal documento i riferimenti (contenuti in una prima versione del testo) all’obbligo, per gli edifici pubblici, di limitare il riscaldamento a 19 gradi e i condizionatori a 25. Introduce però un principio criptico e tutto da interpretare, perché “massimo sforzo” che vuol dire tutto e niente.

Il mistero del “massimo sforzo”

Speriamo che un giorno ce lo spieghino, ma la sensazione è che quelle due parole: massimo e sforzo, messe così insieme, rappresentano un problema di difficile soluzione. Insomma, è come dire senza aver detto. E’ come dire che con “massimo sforzo” se la situazione dovesse essere più seria di quanto si dica.  I limiti alle temperature di riscaldamento e condizionamento potrebbero essere modificati radicalmente, e potrebbero arrivare a zero. E non sarebbe questa l’unica scelta da fare. Forse è il caso di prepararsi davvero a decisioni dure.

“Massimo sforzo”. Ora ci chiedono il “massimo sforzo” non si parla più di limiti alla temperatura. Non si parla più di razionamento, ma di “massimo sforzo”, nel senso che vale qualunque cosa.

Russia, Orban sferza l’Ue: “Con le sanzioni si è sparata nei polmoni”

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Chi paga le sanzioni?

 

“Le sanzioni non aiutano l’Ucraina né contribuiscono ad avvicinarsi alla fine della guerra, semmai la prolungano”. Così afferma Orban, premier ungherese, che è sempre stato critico sulle misure restrittive che l’Unione europea ha inflitto al Cremlino dopo l’invasione in Ucraina. 
“Inizialmente pensavo che ci fossimo solo sparati a un piede – afferma il primo ministro all’emittente Kossut Radio – ma ora è chiaro che l’economia europea si è sparata nei polmoni e ora fatica a respirare”. Parole dure quelle di Orban che vanno a inserirsi in un clima di emergenza economica che riguarda, ormai, tutto l’Occidente: “Le sanzioni sono dannose per l’economia europea e se continuano così, la uccideranno – insiste – Il momento della verità deve arrivare a Bruxelles, quando i leader ammetteranno di aver fatto un errore di calcolo, che la politica delle sanzioni era basata su presupposti sbagliati e non ha soddisfatto le aspettative riposte in essa”.

Non è l’unico a paventare questa ipotesi, già Biden nei giorni scorsi aveva affermato, in modo meno brutale e diretto, che probabilmente le aspettative riposte sull’Ucraina erano state troppo alte e che la continuazione della guerra era la prova che l’Occidente aveva sottovalutato la situazione.

Gli unici a tenere la barra dritta e a non indietreggiare di un millimetro sono proprio i rappresentati della Commissione Europea, che fanno sapere oggi di un nuovo pacchetto di sanzioni destinate alla Russia: “Il pacchetto ribadisce la determinazione della Commissione a proteggere la sicurezza alimentare in tutto il mondo”, si legge in una nota dell’Esecutivo Ue.
 Al contrario di quanto pensa Orban, la Presidente della Commissione Ursula von der Leyen afferma: “La brutale guerra della Russia contro l’Ucraina continua senza sosta. Pertanto, proponiamo oggi di rafforzare le nostre pesanti sanzioni dell’Ue contro il Cremlino, applicarle in modo più efficace ed estenderle fino a gennaio 2023. Mosca deve continuare a pagare un prezzo alto per la sua aggressione”.

Stando ai fatti, la domanda è questa: è davvero Mosca a pagare un caro prezzo o sono le economie europee a combattere una crisi economica senza precedenti? 
A rimarcare la decisione di sanzioni più dure nei confronti del Cremlino anche Joseph Borrel, Alto Rappresentante per gli affari esteri e la Politica di sicurezza dell’Ue, che dichiara: “Le sanzioni dell’Ue sono due e pesanti e continuiamo a prendere di ira le persone che sono vicine a Putin e al Cremlino. Il pacchetto di oggi riflette il nostro approccio coordinato con i partner internazionali, in particolare il G7. Oltre a queste misure – fa sapere Borrell – presenterò altre proposte al Consiglio Ue, per inserire nuovi nomi nella lista delle persone ed entità a cui verranno congelati i beni e ridotta la possibilità di viaggiare”.

Bianca Leonardi, 15 luglio 2022

Inflazione confermata all’8,1% a maggio nell’Eurozona

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di Mariangela Tessa

Resta confermata per il mese di maggio, linflazione dell’Eurozona. Secondo l’Ufficio statistico europeo, Eurostat, i prezzi al consumo segnano un +8,1% su base tendenziale, rispetto al +8,1% della stima flash e dal consensus. Il mese precedente si era registrato un incremento del 7,4%. Su base mensile i prezzi al consumo sono saliti dello 0,8%, in linea con il +0,8% della stima preliminare e dal consesus, e dopo il +0,6% del mese precedente.

L’inflazione core, depurata dalle componenti più volatili quali cibi freschi, energia, alcool e tabacco, evidenzia una crescita del 3,8% su base annua, rispetto al +3,8% della stima flash e del consensus. Il mese precedente si era registrato un +3,5%. Nell’intera Unione europea, l’inflazione sale dell’8,8% su base annua (dal +8,1% di aprile), mentre mese su mese si registra un +1%. Si tratta di dati nettamente al di sopra del target del 2% della BCE, che a luglio innalzerà i tassi per la prima volta in 10 anni.

L’inflazione in Italia mette in allarme le associazioni

Il dato arriva all’indomani di quello italiano. Ieri l‘Istat ha confermato che a maggio 2022 l’inflazione in Italia è salita al 6,8%, come non accadeva da novembre 1990. Significativa l’accelerazione per i prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona, passati dal +5,7 % di aprile a quasi il 7 per cento dello scorso mese. Coinvolti dagli aumenti anche i prodotti ad alta frequenza d’acquisto (da +5,8% a +6,7%). Tra i rincari che fanno salire la cifra finale dello scontrino c’è poi quello degli alimentari lavorati (+6,6% annuo).

Un dato che non ha mancato si sollevare preoccupazioni tra le associazioni. All’inflazione corrisponderà un aumento di circa 320 euro a famiglia, fa sapere Coldiretti secondo la cui stima, la categoria per la quale gli italiani spenderanno maggiormente sarà la verdura (nel 2022 costerà complessivamente circa 80 euro in più), seguita da pane, pasta e riso, che pagheremo circa 60 euro in più. Per carni e salumi si prevede un aumento di circa 55 euro all’anno. Seguiranno la frutta – continua Coldiretti – pesce, latte, formaggi e uova e olio, burro e grassi.

Preoccupazione anche da Assoutenti che definisce il dato “una sciagura per i consumatori” che parla di “un vero e proprio allarme, destinato purtroppo ad aggravarsi nei prossimi mesi” ha fatto sapere il suo presidente Furio Truzzi, secondo cui la spesa per una famiglia può arrivare a costare 550 euro in più: “Il Governo non può restare a guardare e, di fronte a quella che è una emergenza, deve adottare misure straordinarie a tutela delle famiglie e dell’economia, bloccando subito il prezzo dei carburanti e ricorrendo a tariffe amministrate per i beni primari come gli alimentari e l’energia”.

Sanzioni Russia: l’UE stila il pacchetto più punitivo di sempre. Accordo UE-GB, veto sulle polizze delle navi russe

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di Aleksandra Georgieva

L’Unione Europea ha finalmente stillato i dettagli del sesto e più duro pacchetto di sanzioni economiche contro la Russia. Dopo una partenza in salita i 27 Paesi Ue hanno trovato il compromesso “giusto” per mettere in difficoltà il motore dell’economia russa ovvero il comparto energetico.

Sanzioni Russia, i nuovi divieti

L’accordo firmato ieri dai 27 paesi europei include l’embargo al petrolio russo importato soltanto via mare ma non quello che scorre attraverso l’oleodotto “Druzhba”, venendo così incontro alle richieste di Ungheria e Repubblica Ceca.

In sostanza entro sei mesi, a partire da gennaio 2023, verranno bloccati circa due terzi dell’”oro nero” di Putin facendo crescere progressivamente la percentuale fino al 90%.

“Ora le sanzioni mordono forte l’economia russa”, ha commentato la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen concludendo il Consiglio straordinario.

Nel sesto pacchetto di sanzioni inevitabilmente vengono accolte molte delle esigenze dell’ungherese Victor Orbán, a causa della forte dipendenza di Budapest dal greggio russo, pari a circa due terzi delle importazioni del paese.

Se l’embargo del greggio è stato il punto principale sul tavolo del sesto pacchetto di sanzioni UE contro la Russia, sono poi state inserite anche alcune novità per colpire la cerchia ristretta di Vladimir Putin e la sua propaganda di regime. Sberbank, il principale istituto bancario russo è stato escluso dal sistema Swift (che veicola le transizioni tra le banche).

L’ultimo pacchetto colpisce anche tre emittenti principali della Russia: Rossiya RTR/RTR Planeta, Rossiya 24 e TV Centre International.

È stato un Consiglio europeo un po’ lungo ma dei cui risultati possiamo essere soddisfatti”, ha detto il premier Mario Draghi in conferenza stampa. “L’accordo sulle sanzioni è stato un successo completo.”

Accordo UE-GB, stop alle polizze delle navi russe che trasportano greggio

Secondo quanto riporta il WSJ, l’UE e la Gran Bretagna hanno raggiunto anche un accordo per vietare le coperture assicurative delle navi russe che trasportano greggio. Il bando assicurativo rientra nell’ultimo pacchetto di sanzioni della UE contro Mosca nel tentativo di scombussolare ulteriormente l’economia russa. Il bando sulle polizze dovrebbe essere implementato nei prossimi sei mesi dando il tempo necessario agli stati specializzati nei noli come la Grecia e Cipro di adattarsi ai cambiamenti.

L’ultima mossa dei leader Europei di vietare le importazioni di petrolio via mare insieme al coinvolgimento del Regno Unito ed il bando sulle polizze rappresenta indubbiamente il colpo più duro nei confronti della Russia. Poche società sono disposte a noleggiare petroliere non assicurate. Ricordiamo che proprio questo tipo di blocco delle polizze ha frenato le esportazioni di greggio di Tehran, cercando di convincere il paese di rivedere i propri programmi nucleari.

L’ultima misura renderà difficile anche la rilocazione di Mosca anche verso il mercato Asiatico.

Secondo le previsioni degli organi di governo russo la produzione di petrolio diminuirà del 17% quest’anno a causa delle sanzioni dell’Occidente. Ciò rappresenta un problema di lungo termine per Mosca in quanto le infrastrutture del paese non sono adattate per rapidi e profondi tagli alla produzione.

PENSIERI ERETICAMENTE CORRETTI SULLA GUERRA IN UCRAINA

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L’EDITORIALE DEL LUNEDI

di Matteo Castagna per https://www.informazionecattolica.it/2022/05/02/pensieri-ereticamente-corretti-sulla-guerra-in-ucraina/

L’ASSOLUTA MANCANZA DI DIBATTITO IN MERITO ALLA GUERRA IN CORSO IN UCRAINA DIMOSTRA IL NOSTRO SCARSO LIVELLO DI DEMOCRAZIA…

Uno dei più preparati intellettuali italiani, Pietrangelo Buttafuoco, ha avuto modo di lamentare, dalle colonne del quotidiano La Verità del 25 aprile 2022, l’assoluta mancanza di dibattito in merito alla guerra in corso in Ucraina. «Tutto è destinato alla propaganda, alla malafede obbligata», ha affermato. E prosegue, sarcasticamente: «l’Italia, rispetto alla Nato, è come la Bielorussia per Putin».

Buttafuoco getta proprio ancora benzina sul fuoco: «Neppure la democrazia cristiana più cattocomunista dei Dossetti ha mai avuto un atteggiamento di tale sudditanza. Forse anche perché il pontificato dell’Italia di allora aveva un peso che l’attuale non ha. Oggi agli Stati Uniti non importa nulla del Vaticano, sono indifferenti e quasi sprezzanti. Non considerano questo Papa un interlocutore. Purtroppo siamo sempre costretti a ragionare in un ambito angusto: quando alziamo lo sguardo sulla scena internazionale non ci rendiamo conto di come all’estero considerino le vicende italiane».

Anche l’attuale centrosinistra, per alcuni veterocomunisti sorprendentemente ultra-atlantista, non sorprende l’opinionista siciliano, perché ne conosce l’ideologia: «quella di avere sempre uno Stato guida cui fare riferimento. È l’ortodossia togliattiana».

Oggi, per i sinistri d’ogni parrocchia, esso «è direttamente il “deep state” americano. D’altro canto, in una situazione come questa non possiamo pensare che sia Biden l’eminenza grigia, il cervello fondante. Semmai è la Cia e quelle strutture di sistema che costituiscono l’apparato di potere dell’Occidente».

Buttafuoco ha scritto, anche, che gli Stati Uniti vogliono trasformare la Russia nell’Unione Europea e, la sua riflessione, anche da questo punto di vista è molto interessante: «per l’Occidente la Russia è un nemico più ostile persino dell’Unione Sovietica, perché decenni di materialismo scientifico non sono riusciti a scalfirne l’identità e lo spirito. La Russia è la prima potenza cristiana sul continente europeo, ha solide tradizioni, a Dio i russi ci credono davvero. Tutto ciò appare preoccupante e odioso per chi guarda il mondo con gli occhi del laicismo e dello scientismo occidentale».

Il mondo politico ed economico del Paese – sostiene Buttafuoco – «anziché perdere tempo con la propaganda, dovrebbe riflettere su una guerra che mette in discussione la globalizzazione. Noi occidentali siamo convinti di avere la parola definitiva sugli eventi della storia, ma esiste un disegno globale dove potenze spiritualmente fortissime si sono incontrate: Cina, Russia, India, Pakistan».

Se, ad osservatori attenti alle questioni internazionali appare evidente che vincerà Vladimir Putin, vedremo i cortigiani della NATO, televisivi e della carta stampata, fare l’inchino al grande zar. Del resto, la storia si ripeterà semplicemente: noti uomini di cultura e giornalisti, “camerati” fino al 24 Aprile 1945, sono diventati gli scendiletto degli Alleati, il giorno dopo. Avverrà anche con la Russia. Già pregusto il Caffè di Gramellini corretto alla vodka, assieme a Buttafuoco e a numerosi amici che non hanno messo la testa sotto la sabbia e che non solo allineati alla propaganda mainstream.

Su “Ardire” del 2 Marzo 2022, il giornalista Javier André Ziosi scrive: «contrariamente a quanto si possa pensare, l’Ucraina è dominata da una potente loggia massonica di matrice ebraica, la B’nai B’rith, che fin dal 2014 ha soffiato sul fuoco della guerra, conducendo all’attuale conflitto. Poche ore dopo l’invasione russa dell’Ucraina (cominciata alle prime ore del 24 febbraio), la sezione inglese della loggia massonica ebraica B’nai B’rith – nota per influenzare la politica e i governi di tutto l’Occidente – ha emanato un significativo, seppur breve, comunicato di denuncia» dell’azione di guerra operata dalla Federazione Russa.

Anche il Primo Ministro d’Israele, Naftali Bennet (che, a ottobre 2021, aveva partecipato ad un incontro «caloroso e positivo» con Putin), si è espresso a favore del popolo ucraino e contro l’invasione russa: «come tutti gli altri, preghiamo per la pace e per la tranquillità in Ucraina».

Anche il giornalista Maurizio Blondet, ex del quotidiano Avvenire, va alla ricerca di un dibattito pubblico, seppur in termini differenti rispetto a quelli utilizzati da Buttafuoco. Il suo ragionamento mira a dimostrare che c’è una precisa regia dietro l’adesione acritica di massa alle politiche NATO: «che cosa unisce l’ebraismo militante e massonico, e con esso Israele, all’Ucraina e al suo presidente, l’ebreo Volodymyr Zelens’kyj? Esiste un legame occulto fra la B’nai B’rith e la nuova Ucraina europeista e filo-americana emersa dal “golpe” del 2014? Di chi sono le responsabilità del conflitto? Obiettivo della B’nai B’rith, in sintesi, fu quello di coinvolgere gli ebrei ucraini (e altre minoranze etniche, come i tatari) nelle proteste, convogliando tutte le forze anti-russe – compresa la destra radicale, composta dal partito Svoboda, dal Congresso Nazionalista e dal movimento Pravyj Sektor – in un unico, grande cartello europeista e filo-americano, in grado di condurre ad un radicale cambio di governo e svincolare così l’Ucraina dalle grinfie della Russia. Attraverso ONG e attivisti locali e stranieri, col consueto apporto dell’ebreo ungherese George Soros, la loggia B’nai B’rith soffiò sul fuoco del malcontento ucraino, portando ad una veloce escalation delle proteste e alla conseguente fuga di Yanukovych (febbraio 2014), che, come previsto, lasciò il Paese in mano alla cricca europeista e filo-sionista del nuovo presidente Petro Porošenko, il quale, un anno dopo, è già a Gerusalemme per stringere diversi accordi bilaterali, ammettendo: “L’Ucraina è con lo Stato di Israele».

La giornalista anti-russa Anne Applebaum, domandandosi il «perché l’Ucraina è diventata l’ossessione di Putin», ha risposto: «è una democrazia, e questo per [Putin] è un pericolo. Putin è spaventato all’idea che a Mosca possa ripetersi quello che è accaduto a Kiev nel 2014. Lo considera una minaccia personale. Ho sempre pensato che Putin fosse razionale, a modo suo. Non ha mai preso grossi rischi, in fondo. Era brutale, magari, ma non si è mai buttato in sfide che non potesse vincere. Oggi è diverso. L’invasione sembra un azzardo. […] Non so di cosa abbia paura, se della morte o di perdere il potere».

Pertanto, sorge spontanea una domanda: è corretto, nel caso dell’invasione dell’Ucraina, da parte delle truppe russe, parlare di «denazificazione», quando invece i cosiddetti “nazisti” ucraini non possiedono alcun seggio in parlamento e il Paese è governato da un ebreo? «Dobbiamo concentrarci sui fatti», ha dichiarato il reporter Avi Yemini, «i russi hanno invaso perché l’Ucraina è nazista? No. Esiste un problema di estremismo in Ucraina? Sì, ma non è questa la ragione che spiega quello che sta accadendo».

La Russia, capofila di tutti i Paesi emergenti d’Oriente, soprattutto della Cina, pretende, perché ne ha la forza, un mondo multipolare, ove non esistano potenziali minacce ai confini costituite da basi militari o laboratori bio-chimici. Appare, dunque, poco lungimirante evitare di sedersi ad un tavolo diplomatico per addivenire, almeno, agli accordi sostanziali per la “nuova società” del Terzo Millennio. E mostrare i muscoli da parte di questo Occidente secolarizzato e debole, sembra davvero assurdo, perché l’UE passa per Tafazzi, assieme a tutta la combriccola NATO.

 

L’Italia è la Bielorussia della Nato

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Come essere intellettualmente onesti e non essere d’accordo con questo pensiero di Pietrangelo Buttafuoco? (n.d.r.)

QUINTA COLONNA

Segnalazione di Arianna Editrice

Fonte: La Verità

di Pietrangelo Buttafuoco 

O con la Nato o con Putin. Se questo è il bivio, lei da che parte va?

«Quando sei di fronte a una guerra, non puoi che andare ai fondamentali nudi e crudi. La situazione è questa: la Russia muove sullo scacchiere e invade l’Ucraina. Ho ben chiaro chi attacca e chi difende, chi è l’aggressore e chi l’aggredito. Ma in Italia la cosa che più mi colpisce è l’assenza di un serio dibattito. Tutto è destinato alla propaganda, alla malafede obbligata».

In che senso obbligata?

«Nel senso che a questa propaganda sei costretto ad adeguarti. L’Italia, rispetto alla Nato, è come la Bielorussia per Putin. Solo l’infinita autorevolezza di Draghi, grazie a Dio, gli impedisce di vestire i panni del Lukashenko occidentale. Per il resto, non abbiamo margini di manovra. Ricordiamoci che tra le potenze sconfitte nella seconda guerra mondiale il nostro Paese è l’unico che non ha potuto imbastire una sua autonomia in assenza di sovranità. La Germania un primato egemonico in economia se l’è costruito, e oggi si avvia al riarmo; lo stesso Giappone ha superato il grande tabù sulle forze armate. L’Italia no».

Dunque non abbiamo la forza per perseguire i nostri interessi nazionali?

«Chi avrebbe mai immaginato che la Turchia sarebbe diventata il protagonista Nato nel continente euroasiatico? Conta molto più dell’Italia e della Francia, è diventato il punto di riferimento degli Stati Uniti. Non avendo problemi di sovranità, i turchi possono fare delle scelte sulla base del loro interesse nazionale, anche assumendo una posizione critica sulle sanzioni. Cosa che a noi è impedito».

Le sanzioni fanno più male a noi che a loro?

«Quando il Fondo Monetario Internazionale dice che l’Italia rischia la recessione senza il gas russo, si incarica, purtroppo, di smentire compassati editorialisti di cui beviamo ogni parola, e autorevoli statisti cui guardiamo sempre con trepidazione e indiscussa fedeltà. Forse seguendo l’esempio di altri con la testa a posto, come Germania e Turchia, cambieremo registro anche noi. A meno che l’ansia di essere la Bielorussia dell’Occidente non ci faccia scantonare».

Anche in passato eravamo definiti un Paese a sovranità limitata. Oggi è peggio di ieri?

«Neppure la democrazia cristiana più cattocomunista dei Dossetti ha mai avuto un atteggiamento di tale sudditanza. Forse anche perché il pontificato dell’Italia di allora aveva un peso che l’attuale non ha. Oggi agli Stati Uniti non importa nulla del Vaticano, sono indifferenti e quasi sprezzanti. Non considerano questo Papa un interlocutore. Purtroppo siamo sempre costretti a ragionare in un ambito angusto: quando alziamo lo sguardo sulla scena internazionale non ci rendiamo conto di come all’estero considerino le vicende italiane».

Parlava della mancanza di dibattito. Intende dire che dinanzi alla linea bellicista dell’appoggio armato agli Ucraini, non è ammesso dissenso?

«Una volta c’era un minimo di confronto. Ma oggi siamo nell’epoca del conformismo compiuto, non ti puoi consentire più margini di discussione eterodossa. Tutto si è trasformato in un immenso bar sport. Hanno passato intere stagioni a inseguire il populismo, quando invece il populismo se lo sono fabbricato nelle cattedrali della rispettabilità istituzionale dell’informazione e della cultura».

La sorprende questo centrosinistra ultra-atlantista?

«Non mi stupisce perché conosco la loro ideologia: quella di avere sempre uno Stato guida cui fare riferimento. È l’ortodossia togliattiana».

E oggi lo Stato guida è l’America di Biden?

«No, è direttamente il «deep state» americano. D’altro canto, in una situazione come questa non possiamo pensare che sia Biden l’eminenza grigia, il cervello fondante. Semmai è la Cia e quelle strutture di sistema che costituiscono l’apparato di potere dell’Occidente».

Il Pd terminale della Cia?

«Intendo dire che, in questa particolare fase della storia, il Pd è il partito unico a tutti gli effetti. Teniamo conto che gli italiani non sono mai stati fascisti, democristiani o comunisti: sono sempre stati italiani. E gli italiani applaudono il re come il presidente della repubblica, erano tutti iscritti al Pnf e poi tranquillamente alla Dc e al Pci. Tutto risponde a un istinto comune, quello del guelfismo nazionale che si identifica con il partito unico delle carriere. In un Paese di uomini o caporali, alla fine i caporali sono sempre loro».

E il Pd dunque rappresenta questo guelfismo?

«Il Pd l’ha perfezionato: oggi è il primo partito di governo, il primo editore, il primo educatore, domina anche mentalmente, è il punto di riferimento dell’alta burocrazia, è il veicolo di carriera dei giovani arrembanti, basta vedere le facce di chi lavora a Palazzo Chigi. Pensa invece al destino da fessacchiotti in cui si ritrovano a vivere quelli di centrodestra nell’attuale maggioranza, dove sui temi fondamentali non vincono mai».

Fino a ieri i punti di riferimento a sinistra erano Angela Merkel e il ticket Joe Biden-Kamala Harris. Oggi il pantheon sembra spopolarsi.

«Vuoi che si spaventino per questo? Questi si sono fatti la villa con i rubli e oggi sono i portabandiera della Nato. Avranno sempre e comunque ragione, essendo loro i padroni della parola e della vetrina. Solo per fare un esempio: è stato il governo Letta quello che ha costruito i rapporti più forti con la Federazione Russa. Ma tutto è dimenticato, perché nel cancellare le tracce sono i più bravi di tutti».

Che succederà se Putin uscirà vincitore in Ucraina, o comunque non sconfitto?

«Già mi vedo le prime pagine dei giornali: cercheranno di convincerci che non possiamo fare a meno dello Zar Putin. E già pregusto il Caffè di Gramellini corretto alla vodka».

Trova analogie tra la gestione della pandemia e la gestione della crisi ucraina, con l’aut aut tra pace e aria condizionata?

«Questo governo ha ereditato dal precedente la logica del Cts e dell’escatologia sanificatrice. Passeremo in un niente dalla mascherina obbligatoria al ventaglio obbligatorio. Con lo stesso giudizio morale, e la stessa ansia di scovare il nemico interno. Sono formidabili nel neutralizzare il dissenso: o ti ridicolizzano, o ti criminalizzano. E alla fine sfoceremo nel solito provincialismo: levata la mascherina, sventoliamo la bandierina (ucraina). Insomma, stanno approfittando di una catastrofe mondiale per regolamentare i conti nel proprio cortile. E sa qual è la cosa davvero
straordinaria?».

Quale?

«Che gli artisti, di solito detentori della sovversione, oggi sono i primi guardiani della fureria: passano le giornate a scrivere tweet con il ditino alzato».

Un’eredità del cortigianesimo?

«Peggio. Il cortigiano si riservava uno spiraglio di crudele ironia. Invece gli intellettuali di regime, i comici di regime, i drammaturghi di regime, non sono genuini creatori di rivoluzione, come poteva essere un Majakovskij. No, questi credono davvero a ciò che dicono».

Ha scritto che gli Stati Uniti vogliono trasformare la Russia nell’Unione Europea. Ce la spiega?

«Per l’Occidente la Russia è un nemico più ostile persino dell’Unione Sovietica, perché decenni di materialismo scientifico non sono riusciti a scalfirne l’identità e lo spirito. La Russia è la prima potenza cristiana sul continente europeo, ha solide tradizioni, a Dio i russi ci credono davvero. Tutto ciò appare preoccupante e odioso per chi guarda il mondo con gli occhi del laicismo e dello scientismo occidentale».

Insomma, dietro il conflitto armato si cela uno scontro di civiltà?

«Da un lato c’è «l’imperium», le potenze imperiali, Stati Uniti compresi: come dice Dario Fabbri, sono i popoli che non prendono l’aperitivo, che hanno spirito combattivo e identità plurali. Dall’altro c’è il «dominium» di noi europei, il tentativo di riunire il mondo ad unica identità, ad un unico progetto. Anziché perdere tempo con la propaganda, dovremmo riflettere su una guerra che mette in discussione la globalizzazione. Noi occidentali siamo convinti di avere la parola definitiva sugli eventi della storia, ma esiste un disegno globale dove potenze spiritualmente fortissime si sono incontrate: Cina, Russia, India, Pakistan».

Che effetto le fa vedere l’Europa in ordine sparso, dal Baltico alla Germania al Mediterraneo, senza una guida?

«Come abbiamo detto all’inizio, torniamo ai fondamentali. Chi sono i due soggetti attualmente egemoni nel mediterraneo, con un ruolo attivo? Quando mi affaccio dalla spiaggia iblea, in Sicilia, vedo passare incrociatori battenti bandiera russa e turca. Noi italiani, invece, possiamo fare tutto: tranne quello che non ci consentono di fare».

a cura di Federico Novella

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