La strada per formare la nuova Commissione europea è lunga

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ELEZIONI EUROPEE

di Federico Gonzato su https://pagellapolitica.it/articoli/calendario-tappe-nuova-commissione-europea 

Una per una, abbiamo messo in fila tutte le prossime tappe da conoscere sui lavori del nuovo Parlamento europeo appena uscito dal voto     LEGGI ANCHEGuida al Parlamento europeo per principianti

Archiviati i risultati delle elezioni europee, il percorso che porterà alla formazione del nuovo Parlamento europeo e successivamente della nuova Commissione europea sarà parecchio lungo, e si concluderà a tutti gli effetti soltanto il prossimo dicembre.

Dalla formazione dei vari gruppi politici fino alla creazione del nuovo governo dell’Ue, abbiamo raccolto tutte le date fondamentali da tenere a mente.

10 giugno-15 luglio 2024
Dopo le elezioni europee iniziano i negoziati tra i vari partiti a livello europeo per la costituzione dei gruppi politici nel Parlamento europeo. All’interno del Parlamento europeo, i parlamentari non sono infatti raggruppati in base al loro Paese di provenienza, ma sono suddivisi in gruppi. Ognuno di questi gruppi è espressione di uno o più partiti europei, ma può contenere al suo interno parlamentari di forze politiche che non fanno parte di nessun partito europeo.

Un gruppo politico deve essere composto da almeno 23 deputati eletti in almeno un quarto degli Stati membri, ossia almeno sette. Per ottenere il riconoscimento ufficiale, i gruppi politici devono comunicare al Parlamento europeo il loro nome, la loro dichiarazione politica e la loro composizione entro il 15 luglio.

Nel nuovo Parlamento europeo il gruppo più numeroso sarà quello del Partito Popolare Europeo (PPE), a cui appartiene Forza Italia, e che ha eletto 186 parlamentari; il gruppo dei Socialisti e Democratici (S&D), di cui fa parte il Partito Democratico, è il secondo con 135 membri. Il terzo gruppo è Renew Europe, ossia i liberali, con 79 parlamentari. A destra ci sono i Conservatori e Riformisti Europei, al quale fa parte Fratelli d’Italia, con 73 parlamentari. Più a destra c’è il gruppo sovranista di Identità e Democrazia, a cui aderisce la Lega, con 58 membri. Sul fronte opposto ci sono i Verdi (53 parlamentari) e il gruppo della Sinistra al Parlamento europeo (36). Poi c’è il gruppo dei cosiddetti “Non iscritti”, con 45 membri, di cui fanno parte i parlamentari che non hanno aderito a nessun gruppo, come quelli eletti del Movimento 5 Stelle. Al momento, altri 55 parlamentari europei neoeletti non sono affiliati nemmeno al gruppo dei “Non iscritti”. In queste settimane questi parlamentari potrebbero aderire a uno dei gruppi del Parlamento europeo già esistenti, crearne uno nuovo o decidere di entrare ufficialmente in quello dei “Non iscritti”.

27-28 giugno 2024
Il Consiglio europeo si riunisce per trovare un accordo sul candidato alla presidenza della Commissione europea, da proporre al Parlamento europeo. Il Consiglio europeo è l’organo che riunisce i capi di Stato e di governo dei 27 Stati membri dell’Ue. La scelta del candidato alla presidenza della Commissione Ue è fatta sulla base dei risultati delle elezioni europee e sulla disponibilità dei vari gruppi politici europei a sostenere il nuovo governo dell’Ue. Per esempio, nel 2019 l’attuale presidente Ursula von der Leyen è stata proposta per l’incarico in quanto membro del Partito Popolare Europeo (PPE), prima forza politica nel Parlamento europeo. La candidatura di von der Leyen è stata poi sostenuta anche dal gruppo dei Socialisti e Democratici e da Renew Europe, che insieme ai Popolari hanno formato la maggioranza che ha guidato l’Ue negli ultimi cinque anni.

In occasione delle elezioni europee di quest’anno, il PPE ha scelto von der Leyen come suo Spitzenkandidat (una parola tedesca traducibile in italiano con “candidato di punta”) alla presidenza della Commissione Ue, per svolgere quindi un secondo mandato da presidente. Nella riunione di fine giugno, il Consiglio europeo cercherà di trovare un accordo anche sul candidato alla carica di presidente del Consiglio europeo, che dovrà essere eletto dal Consiglio stesso entro il 1° dicembre 2024. L’attuale presidente del Consiglio europeo è Charles Michel, già primo ministro del Belgio, appartenente alla famiglia politica Renew Europe. Michel è in carica dal 1° dicembre 2019 e il 24 marzo 2022 è stato rieletto per un secondo mandato, che scadrà il prossimo 30 novembre.

16-19 luglio 2024
Il Parlamento europeo si riunisce per la prima sessione plenaria della nuova legislatura, ossia la decima dal 1979 a oggi. Per “sessione plenaria” si intende la riunione di tutti i membri del parlamento nella sua sede di Strasburgo, in Francia. La prima seduta plenaria del Parlamento europeo sarà presieduta dalla presidente uscente, Roberta Metsola, deputata europea del PPE.

Nella prima seduta il Parlamento europeo elegge il suo presidente, oltre a 14 vicepresidenti e a 5 questori. Il presidente del Parlamento europeo è eletto tra una serie di candidati presentati dai vari gruppi politici e deve ottenere il voto della maggioranza assoluta dell’assemblea. Se dopo tre scrutini nessun candidato ha ottenuto la maggioranza assoluta, al quarto scrutinio vanno soltanto i due deputati che al terzo scrutinio hanno ottenuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti al quarto scrutinio, è proclamato eletto il candidato più anziano. Secondo lo stesso criterio sono eletti i vicepresidenti e i questori.

Immagine 2. L'attuale presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola – Fonte: Ansa

Immagine 2. L’attuale presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola – Fonte: Ansa
22-25 luglio 2024
Si costituiscono le varie commissioni parlamentari del Parlamento europeo. Le commissioni parlamentari sono “piccole assemblee” interne al Parlamento europeo, dove i parlamentari esaminano per esempio le norme dell’Ue. Le commissioni del Parlamento europeo sono in totale 20 e ognuna si occupa di un argomento specifico, dall’economia all’ambiente, passando per il lavoro. Ogni parlamentare europeo deve fare parte di una commissione.
16-19 settembre 2024
Sono le date previste al momento per l’elezione del presidente della Commissione Ue da parte del Parlamento europeo. Il candidato presidente scelto dal Consiglio europeo presenta al Parlamento il proprio programma politico per la legislatura, e al termine della presentazione il Parlamento la discute. Dopo la discussione si passa alla votazione a scrutinio segreto: per essere eletto presidente, il candidato deve ottenere la maggioranza assoluta dei parlamentari europei, ossia almeno 361 voti favorevoli sui 720 totali. Se il candidato non ottiene la maggioranza richiesta, il presidente del Parlamento europeo invita il Consiglio europeo a proporre entro un mese un altro candidato da eleggere seguendo la stessa procedura.

Nel 2019 si espressero a favore di Ursula von der Leyen 383 deputati su 747 totali, superando di poco la soglia necessaria per eleggerla presidente. Non è detto comunque che la votazione per l’elezione del presidente della Commissione Ue avvenga tra il 16 e il 19 settembre, ma potrebbe avvenire anche prima. Tutto dipende dal calendario dei lavori del Parlamento, che sarà stabilito dalla conferenza dei presidenti dei gruppi politici del Parlamento europeo in occasione della prima seduta, valutando le trattative interne al Consiglio europeo per la scelta del candidato presidente.

Immagine 3. La cerimonia di passaggio della campanella tra l'ex presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker e Ursula von der Leyen, 3 dicembre 2019 – Fonte: Ansa

 La cerimonia di passaggio della campanella tra l’ex presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker e Ursula von der Leyen, 3 dicembre 2019 – Fonte: Ansa
Ottobre-novembre 2024
Dopo l’elezione del presidente inizia la fase di formazione vera e propria della Commissione europea con la selezione dei commissari, ossia i 27 membri della Commissione. I commissari svolgono un ruolo simile a quello dei ministri all’interno di un governo e ognuno si occupa di una materia specifica. Per esempio, tra i commissari europei c’è l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, che è in sostanza il ministro degli Esteri dell’Ue ed è anche uno dei vicepresidenti della Commissione stessa.

La scelta dei commissari avviene all’interno del Consiglio europeo e a ogni Paese spetta la designazione di un commissario. Dopo averli scelti, il Consiglio europeo invia l’elenco dei candidati commissari insieme ai loro curriculum alle commissioni del Parlamento europeo competenti per materia e inizia un ciclo di audizioni, che dura circa due mesi, indicativamente tra ottobre e novembre 2024. Ogni commissario deve poi rispondere per iscritto a una serie di domande poste della commissione riguardo vari temi, dalle sue esperienze pregresse ai compiti che svolgerà come commissario. Dopodiché dovrà presentarsi di fronte alla commissione competente per un colloquio orale in cui presenterà per al massimo 15 minuti la sua candidatura e dovrà rispondere alle domande dei parlamentari europei.

Una volta esaminati tutti i commissari, le commissioni invieranno un testo riassuntivo con le loro valutazioni alla conferenza dei presidenti dei gruppi politici del Parlamento europeo, che invierà poi una risoluzione all’assemblea in seduta plenaria.

16-19 dicembre 2024
Il Parlamento europeo si riunisce in seduta plenaria per la votazione sull’intero collegio dei commissari proposti. Durante la discussione, il presidente della Commissione Ue presenta la squadra dei commissari ed espone il suo programma politico. A seguire i deputati discutono sul discorso fatto dal presidente e poi viene messa ai voti l’intera Commissione Ue per un mandato di cinque anni. Il mandato alla Commissione è approvato se ottiene la maggioranza semplice del Parlamento europeo, ossia la maggioranza dei presenti alla votazione.

Il WEF a Davos ha mascherato con l’arroganza le sue debolezze

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EDITORIALE

di Matteo Castagna per Stilum Curiae e Affaritaliani

Nel corso della settimana si è svolta la cinquantaquattresima edizione del World Economic Forum a Davos. Come da consolidata tradizione, è stato un inno al politicamente corretto e alla sua “religione” transumanista, guerrafondaia, gretina e zeppa di amene fantasie distopiche. L’approccio dovrebbe essere quello di non prendere quest’assemblea troppo sul serio, solo perché vi partecipano i grandi della Terra.

Spesso, le uscite più deliranti non si avverano, ma servono come metodo comunicativo del terrore, per assoggettare le masse. L’ANSA del 18/01/24 diceva che a Davos prevedono che “la crisi climatica potrebbe causare 14,5 milioni di morti entro il 2050”. Si tratta di una pianificazione artefatta da psicopatici, di un metodo terroristico per arricchirsi sulla balla del riscaldamento globale, o di uno studio argomentato che, però, non viene reso pubblico?

Il giornalista Massimo Balsamo, in un articolo del 16 gennaio sul blog di Nicola Porro, ci racconta qualche retroscena, a partire dalla chiusura, con una cena in sala LGBTQI+. “Secondo quanto reso noto, l’appuntamento era riservato ai leader arcobaleno e avrebbero partecipato, tra gli altri, Shamina Singh, responsabile del Centro per la crescita inclusiva di Mastercard e l’economista capo di Allianz, Ludovic Subran. Una trovata sicuramente al passo dei tempi, ma probabilmente il contributo ai temi principali del vertice non sarà significativo”.

Il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha avuto un colloquio con il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg per richiedere un po’ di tutto, oltre al armi e soldi, anche una particolare forma di difesa aerea, che sarà discussa al prossimo incontro di Washington dell’Alleanza Atlantica. La giornalista Olga Skabeeva riporta un virgolettato di Stoltenberg, che ammette: “la situazione sul campo di battaglia è estremamente difficile.

I russi stanno ora avanzando su molti fronti. E, naturalmente, le offensive su larga scala degli ucraini lo scorso anno non hanno prodotto risultati. Lo speravamo tutti. La Russia ora sta rafforzando le sue forze, acquistando droni dall’Iran, creando la propria fabbrica di droni e ricevendo missili dalla RPDC. Non dobbiamo sottovalutare la Russia. Non dovremmo mai sottovalutarla”.

In questo scenario, non appare propriamente opportuna la scelta condivisa dal ministro delle finanze belga Vincent van Peteghem, che ha dichiarato che l’Unione europea ha iniziato i lavori, a livello tecnico, per sequestrare i beni congelati della Banca di Russia. Parliamo di 300 miliardi di dollari. Quiradiolondra.tv comunica che il 6 gennaio 2024, il presidente dell’Ucraina ha invitato gli alleati ad accelerare il trasferimento dei beni a Kiev.

La discussione del disegno di legge, necessario a tal fine, è prevista per febbraio 2024. Ma potrebbe iniziare prima del secondo anniversario dell’inizio delle ostilità, sul territorio dell’Ucraina. Il trasferimento di beni potrebbe essere una misura presa come ulteriore assistenza finanziaria a Kiev. Il Cremlino, per parte sua, ha, evidentemente, promesso di rispondere allo stesso modo al sequestro dei suoi beni.

Zenit riassume l’intervento di Zelensky sul palco di Davos in questo modo: egli “vorrebbe un’escalation tra la NATO e la Russia e si rammarica del fatto che le occasioni che avrebbero potuto portare all’allargamento e all’aggravamento del conflitto non siano state sfruttate dall’Alleanza Atlantica, che invece – fortunatamente – ha finora preferito non colpire direttamente la Federazione Russa”.  Si è auto-convinto che «le possibili direzioni e persino la tempistica di una nuova aggressione russa oltre l’Ucraina diventino sempre più evidenti», nonostante, in quasi due anni di combattimenti, su larga scala, l’Armata Russa non abbia ancora neppure completato la conquista del Donbass.

Eppure il Presidente ucraino si dice convinto che Putin possa perdere la guerra, che possa essere sconfitto sul campo di battaglia e rifiuta l’idea di un nuovo congelamento diplomatico delle ostilità.

La redazione di Zenit conclude evidenziando che questa sia “un’assurdità, che, però, trova sponda nella Presidente della Commissione Europea – Ursula von der Leyen – la quale, intervenendo anche lei al Forum, sostiene che «l’Ucraina può prevalere in questa guerra», ignorando quanto le conseguenze economiche e politiche del conflitto stiano danneggiando l’Ucraina e le casse della UE.

Il Ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius – riferisce sempre la conduttrice televisiva russa, Olga Skabeeva –  ha detto che “la guerra tra la NATO e la Federazione Russa potrebbe iniziare tra 5-8 anni”, basandosi sulle recenti dichiarazioni bellicose dei russi verso i Paesi baltici, oramai considerati membri NATO di fatto. Stoltenberg si augura di riuscire a fiaccare la Russia con una “guerra di logoramento”: “ciò significa che ora non dobbiamo solo implementare nuovi sistemi, ma anche pensare di avere abbastanza munizioni e abbastanza pezzi di ricambio”.

Ma le parole del Segretario Generale NATO sono in netto contrasto con le recenti parole del Primo Ministro slovacco, Robert Fico, convinto che l’assistenza militare occidentale all’Ucraina porterà solo ad un aumento di vittime, e che il conflitto in sé, “non ha soluzione militare”, come riporta l’inviato di guerra Andrea Lucidi.

Parlando degli attuali legami tra Mosca e Pechino, Lavrov ha spiegato che “le relazioni Russia-Cina, come i nostri leader hanno ripetutamente sottolineato, stanno attraversando la migliore fase di sempre. Queste relazioni sono più durature, affidabili ed avanzate di qualsiasi alleanza militare all’interno del vecchio quadro dell’era della Guerra Fredda”, ha aggiunto. Questo “riflette il modo in cui stanno realmente le cose”, ha sottolineato il ministro degli Esteri russo, citando come esempio i dati del commercio bilaterale dello scorso anno, che hanno ampiamente superato la soglia dei 200 miliardi di dollari.

“E questa tendenza continuerà ad evolversi”, ha assicurato Lavrov, promettendo sforzi in direzione di meccanismi nella cooperazione commerciale e di investimenti con la Cina tali “da non essere soggetti ad alcuna influenza occidentale”, con l’uso del rublo e dello yuan negli accordi commerciali bilaterali, che si aggira già intorno al 90%.

Nonostante questo scenario, secondo quanto riferisce la Cina, l’ufficio stampa di Zelensky avrebbe evitato di avallare l’incontro con il premier cinese Li Qiang. Zelensky ha dichiarato: “il primo ministro cinese può essere incontrato dal nostro primo ministro. Io vorrei incontrare il leader della Cina. Per quel che ne so, Xi Jinping prende le decisioni in Cina, in Ucraina invece lo faccio io. Non mi serve un dialogo, mi servono decisioni importanti dai Leaders che possono prenderle”.

Pechino non ha commentato riguardo ad un possibile incontro con il presidente cinese. L’Agenzia IZ RU riferisce che la decisione della Cina di non incontrare gli ucraini sembra essere stata intenzionale e non il risultato di problemi di programmazione. Due alti funzionari statunitensi hanno detto a “Politico” che la delegazione cinese ha rifiutato l’offerta dell’Ucraina per un incontro.

Nel frattempo, il Parlamento europeo, con un impulso di chiara matrice democratica, ha approvato una risoluzione, raccogliendo 345 voti favorevoli, che condanna i tentativi sistematici del governo ungherese di minare i “valori fondamentali” dell’UE. I membri del Parlamento europeo (MEP) hanno esortato l’Euro consiglio a valutare se l’Ungheria abbia violato l’articolo 7, paragrafo 2, del trattato UE attraverso una procedura più diretta.

Lo scrittore conservatore russo Nikolay Starikov osserva la riunione del WEF a Davos e afferma: “Che bello. L’ideologo globalista Klaus Schwab, in una conversazione con Serghey Brin, il creatore di Google, afferma che le elezioni, in linea di principio, non sono più necessarie. C’è l’intelligenza artificiale, che già prevede correttamente chi vincerà.

Allora perché perdere tempo e spendere soldi in queste procedure inutili? Basta chiedere all’intelligenza artificiale chi vincerà e nominarlo. Brin è, comprensibilmente, d’accordo e afferma che Google dispone già di tali sviluppi.

I ragazzi non sono più timidi di fronte a nulla. È chiaro perfino allo sciocco, chi l’intelligenza artificiale consiglierà di scegliere. Per una felice coincidenza, questo sarà sempre un personaggio gradito a Schwab e Brin. Ad esempio, tra Trump e Biden, il saggio robot di Google consiglierà naturalmente Biden. Semplice matematica. Nessun imbroglio di sorta. Davvero”. Mentre in Italia si distrae il popolo trascorrendo le settimane a discutere sulla legittimità dei “saluti romani” alle cerimonie commemorative…

La reazione della Rappresentante Ufficiale del Ministero degli Affari Esteri della Federazione Russa Maria Zakharova sull’esito del nuovo incontro svoltosi a Davos, non si è fatta attendere. “Una risoluzione pacifica che sia davvero completa, giusta e stabile è possibile solo attraverso il ritorno dell’Ucraina alle origini della sua integrità statale, ossia a una posizione di Paese neutrale, non allineato e denuclearizzato, che agisce nel totale rispetto dei diritti e delle libertà dei cittadini residenti sul suo territorio, qualunque sia la loro etnia di appartenenza. […] Ed ha concluso:

“Purtroppo, tali presupposti non rientrano né nella “Formula di pace” di Vladimir Zelensky, né nell’agenda degli incontri del “formato di Copenhagen”, come Davos e gli incontri che verranno, che sono insensati e dannosi ai fini di una risoluzione della crisi ucraina. I “principi di pace per l’Ucraina”, che i suoi organizzatori stanno tentando di elaborare sono impraticabili a priori”.

Chi sembra non accorgersi che equilibri, alleanze e rapporti di forza sono in totale cambiamento, continuando a comportarsi con l’arrogante presunzione di chi vive fuori dalla realtà, appaiono solamente gli USA e l’Occidente suo vassallo.

Fonte: https://www.marcotosatti.com/2024/01/20/il-wef-a-davos-ha-mascherato-con-larroganza-le-sue-debolezze-matteo-castagna/

Fonte: https://www.affaritaliani.it/esteri/davos-2024-il-solito-inno-al-politicamente-corretto-le-debolezze-del-wef-896797.html

Sanzioni Russia: l’UE stila il pacchetto più punitivo di sempre. Accordo UE-GB, veto sulle polizze delle navi russe

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di Aleksandra Georgieva

L’Unione Europea ha finalmente stillato i dettagli del sesto e più duro pacchetto di sanzioni economiche contro la Russia. Dopo una partenza in salita i 27 Paesi Ue hanno trovato il compromesso “giusto” per mettere in difficoltà il motore dell’economia russa ovvero il comparto energetico.

Sanzioni Russia, i nuovi divieti

L’accordo firmato ieri dai 27 paesi europei include l’embargo al petrolio russo importato soltanto via mare ma non quello che scorre attraverso l’oleodotto “Druzhba”, venendo così incontro alle richieste di Ungheria e Repubblica Ceca.

In sostanza entro sei mesi, a partire da gennaio 2023, verranno bloccati circa due terzi dell’”oro nero” di Putin facendo crescere progressivamente la percentuale fino al 90%.

“Ora le sanzioni mordono forte l’economia russa”, ha commentato la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen concludendo il Consiglio straordinario.

Nel sesto pacchetto di sanzioni inevitabilmente vengono accolte molte delle esigenze dell’ungherese Victor Orbán, a causa della forte dipendenza di Budapest dal greggio russo, pari a circa due terzi delle importazioni del paese.

Se l’embargo del greggio è stato il punto principale sul tavolo del sesto pacchetto di sanzioni UE contro la Russia, sono poi state inserite anche alcune novità per colpire la cerchia ristretta di Vladimir Putin e la sua propaganda di regime. Sberbank, il principale istituto bancario russo è stato escluso dal sistema Swift (che veicola le transizioni tra le banche).

L’ultimo pacchetto colpisce anche tre emittenti principali della Russia: Rossiya RTR/RTR Planeta, Rossiya 24 e TV Centre International.

È stato un Consiglio europeo un po’ lungo ma dei cui risultati possiamo essere soddisfatti”, ha detto il premier Mario Draghi in conferenza stampa. “L’accordo sulle sanzioni è stato un successo completo.”

Accordo UE-GB, stop alle polizze delle navi russe che trasportano greggio

Secondo quanto riporta il WSJ, l’UE e la Gran Bretagna hanno raggiunto anche un accordo per vietare le coperture assicurative delle navi russe che trasportano greggio. Il bando assicurativo rientra nell’ultimo pacchetto di sanzioni della UE contro Mosca nel tentativo di scombussolare ulteriormente l’economia russa. Il bando sulle polizze dovrebbe essere implementato nei prossimi sei mesi dando il tempo necessario agli stati specializzati nei noli come la Grecia e Cipro di adattarsi ai cambiamenti.

L’ultima mossa dei leader Europei di vietare le importazioni di petrolio via mare insieme al coinvolgimento del Regno Unito ed il bando sulle polizze rappresenta indubbiamente il colpo più duro nei confronti della Russia. Poche società sono disposte a noleggiare petroliere non assicurate. Ricordiamo che proprio questo tipo di blocco delle polizze ha frenato le esportazioni di greggio di Tehran, cercando di convincere il paese di rivedere i propri programmi nucleari.

L’ultima misura renderà difficile anche la rilocazione di Mosca anche verso il mercato Asiatico.

Secondo le previsioni degli organi di governo russo la produzione di petrolio diminuirà del 17% quest’anno a causa delle sanzioni dell’Occidente. Ciò rappresenta un problema di lungo termine per Mosca in quanto le infrastrutture del paese non sono adattate per rapidi e profondi tagli alla produzione.

La roulette russa

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di Fabio Falchi

Fonte: Fabio Falchi

“Non accettiamo i ricatti dei russi” ha affermato  von der Leyen, che evidentemente, come la stragrande dei politici europei (Draghi incluso), non si è ancora resa conto che la Russia è in guerra non solo contro l’Ucraina ma contro la Nato che oltre a consegnare armi di ogni genere all’esercito ucraino che sta combattendo contro l’esercito russo, collabora con lo stato maggiore ucraino, dato che l’apparato militare di Kiev è ormai “integrato” nel sistema di comando, controllo e comunicazioni della Nato.
In gioco quindi per Mosca non c’è soltanto la sicurezza del Donbass ma quella della Russia stessa, tanto più che il ministro della Difesa americano ha dichiarato che lo scopo della Nato è mettere la Russia nelle condizioni di non potere più rappresentare una minaccia per qualsiasi Stato. In altri termini è quello di infliggere una sconfitta alla Russia tale che non possa più muovere guerra a nessun Paese. E questo sarebbe possibile, ovviamente, solo se la Russia non esistesse più o non fosse più uno Stato in grado difendere la propria indipendenza e sovranità.
La guerra, anche mediatica ed economica, che l’Occidente a guida angloamericana di fatto sta combattendo contro la Russia quindi ha scopi ben diversi dalla necessità di garantire l’indipendenza e la sovranità dell’Ucraina, e conferma invece la “percezione della realtà” che hanno i russi (si badi, non solo quella di Putin), vale a dire che la Russia adesso è impegnata in una lotta per la vita o per la morte. Perciò Putin, sapendo di contare sul sostegno del popolo russo, che non ha certo dimenticato la Seconda guerra mondiale, al riguardo è stato chiarassimo: la Russia è disposta ad andare fino in fondo, costi quel che costi.
Non è dunque Putin ad essere prigioniero della propria propaganda come sostengono i media occidentali, ma sono i politici e i media occidentali che rischiano di essere prigionieri della propria propaganda. Manca cioè in Occidente la percezione del pericolo reale che si sta correndo e non si può ritenere che limitarsi ad affermare che si devono muovere mari e monti per aiutare la resistenza ucraina sia una strategia politica razionale, sempre che non si pensi che l’Ucraina possa resistere “da qui all’eternità”.
L’Ucraina e gli angloamericani vogliono cioè “vincere” la guerra contro la Russia. Ma che significa “sconfiggere la Russia”? I successi tattici degli ucraini possono anche essere notevoli ma non possono cambiare i reali rapporti di forza sotto il profilo strategico. O si può forse davvero credere che l’esercito ucraino riconquisti l’intero Donbass e pure la Crimea, e che quindi i russi si arrendano agli ucraini e accettino di subire una sconfitta disastrosa?
La Nato può prolungare questa guerra, ma non all’infinito, e più passa il tempo e peggio diventa la situazione non solo per l’Ucraina ma per l’intera Europa. Trattare del resto, non significa affatto arrendersi. E le condizioni per trattare ci sono, senza che vi sia bisogno di sacrificare “sull’altare” del realismo geopolitico l’indipendenza e la sovranità dell’Ucraina. Casomai, indipendentemente da quelle che possono essere le colpe della Russia, si tratta di non difendere il “narcisismo identitario” degli ucraini e di non condividere l’immagine fasulla della realtà diffusa dai media occidentali e dalla Nato ovvero dagli angloamericani che sembrano disposti a combattere contro la Russia fino all’ultimo ucraino e anche fino all’ultimo europeo.
Washington e Londra stanno cioè giocando alla roulette russa anche con le nostre vite, perché ciò che preme davvero agli angloamericani – che di fatto hanno il controllo del regime ucraino, dato che ormai quest’ultimo dipende militarmente ed economicamente dagli aiuti occidentali – è non certo cercare una soluzione diplomatica di questo conflitto, bensì cercare di “dissanguare” la Russia,  anche a costo di rischiare una guerra nucleare, perché, se non lo si fosse ancora capito, è questo il rischio che si sta correndo. D’altronde, anche la geopolitica ha le sue leggi e solo il realismo geopolitico può evitare che la sua meccanica sia irreversibile.

L’UE STA CONDUCENDO UNA GUERRA CULTURALE CONTRO L’EUROPA

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Segnalazione di Federico Prati

In atto la “colonizzazione ideologica” dell’Europa

di Frank Furedi

Sta diventando sempre più chiaro che l’ Unione Europea sta lottando per imporre la sua ideologia di sveglia ai suoi stati membri.

Ad esempio, alla fine di ottobre, il Consiglio d’Europa ha lanciato una campagna per promuovere il rispetto per le donne musulmane che scelgono di indossare il velo. I poster mostravano una donna che indossava un velo accanto alla didascalia: “La bellezza è nella diversità come la libertà è nell’hijab”.

I politici francesi si sono affrettati a contestare, il che non è certo una sorpresa, dato che la Francia ha vietato l’uso del velo islamico integrale nei luoghi pubblici nel 2011. Una settimana dopo il lancio della campagna, il ministro della gioventù francese Sarah El Haïry si è lamentato del fatto che la pro- La campagna del velo era contraria ai valori laici della Francia. Molti commentatori conservatori hanno visto nel poster anche un tentativo di svalutare i valori tradizionali europei e cristiani.

Tale era la protesta che la campagna è stata rapidamente ritirata. Non che il Consiglio d’Europa pensasse che la campagna fosse sbagliata. Per come l’ha vista il consiglio, è stato un momento sbagliato. Ha promesso di “riflettere su una migliore presentazione di questo progetto”.

Ancora più sorprendente è stata la guida di 30 pagine della Commissione europea per il personale sulla “comunicazione inclusiva”, pubblicata all’incirca nello stesso periodo della campagna per l’hijab.

Questa guida ha effettivamente esortato il personale dell’UE a dissociare l’Europa dalla sua tradizione cristiana. ‘Non tutti celebrano le feste cristiane’, si legge, ‘e non tutti i cristiani le celebrano nelle stesse date’. Ha pertanto consigliato ai dipendenti dell’UE di sostituire i riferimenti a “periodo di Natale” con “periodo delle ferie” e di evitare la frase “nome cristiano” a favore di “nome” o “attribuzione”. C’erano molte altre raccomandazioni scristianizzanti da dove provenivano.

Natale e cristianesimo non sono stati gli unici bersagli di questo sfacciato tentativo di reinventare linguaggio e valori. Il personale dell’UE è stato inoltre esortato a evitare pronomi e parole di genere, nonché frasi come “presidente”, “signore e signore” o “creato dall’uomo”. La guida ha anche fatto di tutto per promuovere un’etichetta di genere sveglia, suggerendo ai funzionari di chiedere alle persone quali sono i loro pronomi e di fare attenzione a usare termini come “gay”, “lesbica” e “trans” come nomi.

Il tono arrogante e imperioso della guida alla comunicazione dell’Ue ha suscitato una reazione anche da parte di coloro che abitualmente acconsentono ai diktat di Bruxelles sulla diversità. Tra questi c’era Papa Francesco, che era così indignato da paragonare l’UE a una “dittatura” per il suo tentativo di vietare la parola “Natale” e ha avvertito Bruxelles di non seguire la strada della “colonizzazione ideologica”.

Questo ultimo tentativo di colonizzazione ideologica è stato eccessivo anche per alcuni dei sostenitori più entusiasti dell’UE. La scorsa settimana un funzionario dell’UE, che ha voluto rimanere anonimo, ha denunciato Helena Dalli , la commissaria per la parità responsabile delle linee guida. ‘La commissaria Dalli compensa la sua totale mancanza di peso nel Collegio [dei Commissari] tirando fuori dal cilindro “linee guida inclusive” che decostruiscono le regole più elementari’.

Proprio come il Consiglio d’Europa ha dovuto ritirare la sua campagna per il velo, la Commissione è stata costretta a fare marcia indietro. Definendo le linee guida un “lavoro in corso”, Dalli ha twittato la scorsa settimana che la Commissione, dopo aver ascoltato le preoccupazioni sollevate, stava ora lavorando a una “versione aggiornata delle linee guida”.

In entrambi i casi, tuttavia, l’UE e il Consiglio d’Europa non vedono alcun problema con il contenuto o il messaggio dei progetti in questione, sia che si tratti di incoraggiare l’uso di un linguaggio inclusivo o di sostenere l’uso del velo. Vedono solo un problema con la presentazione e la tempistica. In altre parole, sia le linee guida che la campagna a favore dell’hijab torneranno probabilmente, solo in forme diverse.

In effetti, la guida linguistica inclusiva dell’UE è parte integrante dei piani del presidente della Commissione Ursula von der Leyen di attuare un ‘”Unione dell’uguaglianza” . Questa unione è progettata per garantire che “ognuno sia apprezzato e riconosciuto in tutto il nostro materiale, indipendentemente dal genere, dalla razza o dall’origine etnica, dalla religione o dalle convinzioni personali, dalla disabilità, dall’età o dall’orientamento sessuale”.

No al Gender manifestazione

L’obiettivo della Commissione è istituzionalizzare la politica dell’identità in tutta l’Unione europea. Il primo passo di questo progetto è cambiare la lingua usata dalle persone. Il secondo passo è disaccoppiare la società dalla sua eredità culturale e storica. Ecco perché i funzionari sono incoraggiati a smettere di usare nomi “cristiani” e ad adottare l’uso di pronomi di genere neutro.

In effetti l’UE sta conducendo una guerra culturale contro i cittadini europei . In tal modo, sta copiando gli attivisti risvegliati negli Stati Uniti, che sono stati in grado di portare avanti i loro progetti di riprogettazione sociale all’interno e attraverso le istituzioni di istruzione superiore e cultura.

Per fortuna, le cose sono più complicate in Europa. Nonostante i migliori sforzi dell’UE, il continente è ancora un’Europa di nazioni. La maggior parte delle nazioni europee possiede ancora un forte senso delle proprie tradizioni nazionali e culturali. Detto questo, è improbabile che la tattica e la strategia che hanno funzionato all’interno delle istituzioni culturali anglo-americane abbiano successo.

Tuttavia, l’UE tornerà più e più volte con nuovi argomenti per cambiare lingua e comportamento. Si tratta, come afferma la Commissione, di un “work in progress”. Dobbiamo garantire che i tentativi dell’UE di colonizzazione ideologica siano più che accompagnati da una ferma opposizione contro coloro che vogliono decostruire l’eredità della civiltà europea.

Fonte: Spiked

Traduzione: Luciano Lago

https://www.controinformazione.info/lue-sta-conducendo-una-guerra-culturale-contro-leuropa/#comments 

I migranti al confine polacco e le scelte della Ue: due pesi e due misure?

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di Ferdinando Bergamaschi

Migranti al confine tra Bielorussia e Polonia: chi sono? Probabilmente iracheni e più in generale mediorientali. Ma soprattutto: è questa una migrazione spontanea o indotta? Tutto fa pensare che non vi sia nulla di naturale in questo fenomeno. Dai protagonisti che sono coinvolti in questa situazione, al tempismo degli eventi, alle implicazioni geopolitiche: tutto sembra rimandare a una lettura di una situazione forzata e forse pianificata. 

Partiamo dai fatti: martedì scorso la Polonia ha annunciato di aver arrestato oltre 50 migranti al confine con la Bielorussia, e precisamente vicino a Bialowieza. In  mattinata il ministro della Difesa polacco, Mariusz Baszczak, ha reso noto che erano stati fatti molti tentativi di violare il confine con la Bielorussia nella notte. E ha aggiunto di aver aumentato a 15.000 il numero dei soldati dell’esercito polacco alla frontiera. A pressare sul confine ci sono infatti centinaia di migranti. Uomini e donne che pagano dai 5.000 ai 15.000 dollari per giungere in Europa. E sono stati illusi dal governo di Minsk di poterlo fare.  

Il gioco della Bielorussia 

Secondo il Guardian, i migranti sarebbero stati attirati dalla Bielorussia, che avrebbe concesso il visto e offerto loro voli per raggiungere Minsk, la capitale del Paese, promettendo poi di portarli nell’Unione europea. Una volta raggiunto il confine, però, i migranti non sono riusciti a entrare in Polonia perché il Governo di Varsavia da giorni presidia con le sue truppe le frontiere con la Bielorussia. 

Per questo il presidente polacco Mateusz Morawiecki ha affermato che è necessario bloccare i voli dal Medio Oriente per la Bielorussia e concordare con la Ue nuove sanzioni contro il regime di Aleksandr Lukashenko. Il premier polacco, in conferenza stampa congiunta con il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha parlato di “terrorismo di Stato” da parte di Minsk. 

Due pese e due misure

In questo contesto Michel ha aperto alla possibilità di finanziare muri a protezione dei confini polacchi: “È legalmente possibile nell’ambito del quadro legale attuale, finanziare infrastrutture per la protezione dei confini dell’Ue”. E poi ha insistito proprio sul concetto che difendere i confini polacchi, così come quelli lituani significhi proteggere i confini della Ue. Una posizione che ha spiazzato molti, anche in virtù della forte polemica che lo scorso anno l’Unione Europea aveva portato avanti contro la linea di Donald Trump che voleva proseguire la costruzione del muro al confine col Messico.

In più, la solerzia con cui Bruxelles si è mossa per salvaguardare i confini orientali dell’Unione europea è quantomeno sospetta, guardando all’inerzia con la quale affronta il fenomeno migratorio ai suoi confini meridionali. Come se ci fossero due pesi e due misure: quando la rotta punta alla Germania, l’atteggiamento dell’Europa è ben diverso rispetto a quando punta all’Italia. 

Nuove sanzioni

Intanto l’asse tra Ue e Usa si è mosso prontamente. Al termine dell’incontro a Washington con il presidente americano Joe Biden, la presidente della Commissione Ue  Ursula von der Leyen ha affermato: “Estenderemo le nostre sanzioni contro la Bielorussia all’inizio della prossima settimana; e gli Stati Uniti prepareranno sanzioni che saranno in vigore da inizio dicembre”. Aggiungendo che “con il presidente americano guarderemo alla possibilità di sanzionare quelle compagnie aeree che facilitano il traffico di esseri umani verso Minsk e il confine tra Bielorussia e Ue”. 

Sanzioni di per sé ineccepibili, ma anche in questo caso non si può non notare una grande incongruenza. Infatti quando era Erdogan a minacciare di far entrare in Europa due milioni di profughi siriani, Bruxelles aveva concesso sei miliardi di euro al Governo turco per la gestione della situazione migratoria. 

Il ruolo di Mosca 

Molti analisti sostengono che dietro alla “guerra ibrida” di Lukashenko vi sia la Russia. La Bielorussia infatti è una stretta alleata di Mosca. E non è difficile immaginare che Vladimir Putin abbia tutto l’interesse ad indebolire e dividere l’Unione europea, che tra l’altro ha visto al suo interno uno scontro recente proprio con la Polonia per l’applicazione dei suoi dettami costituzionali rispetto alle norme dell’Unione. La stessa Ue ha poi sanzionato la Russia e recentemente è arrivata ai ferri corti con il Cremlino per l’aumento dei prezzi del gas. 

Mosca comunque ha respinto le accuse di chi, come il premier Morawiecki, ritiene ci sia il Cremlino dietro la crisi migratoria al confine con la Bielorussia. Il portavoce del Governo, Dmitry Peskov, ha affermato di considerare “del tutto irresponsabili e inaccettabili le dichiarazioni del primo ministro polacco secondo cui la Russia è responsabile di questa situazione”. Dal canto suo il presidente Putin ha rincarato la dose puntando il dito su Bruxelles: “Le organizzazioni criminali impegnate nel traffico di esseri umani hanno sede in Europa”, ha detto. “È dunque compito della Ue gestire il problema”. 

Comunque stiano le cose, Angela Merkel ha voluto telefonare al presidente russo. Nel colloquio la cancelliera tedesca gli ha chiesto di intervenire ed esercitare la sua influenza su Lukashenko, definendo “disumana e del tutto inaccettabile” la strumentalizzazione dei migranti a cui stiamo assistendo.

Il Quirinale sembra il Bar Sport

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di Max Del Papa per https://www.nicolaporro.it/il-quirinale-sembra-il-bar-sport/

Ormai il Quirinale sembra una specie di Bar Sport, lussuoso ma Bar Sport. In questa estate felice, felice per molti ma non per tutti, atleti di tutte le discipline e di tutte le taglie vincono le Olimpiadi, i Campionati Europei poi vanno al Quirinale recando, come Re Magi muscolosi, la maglia n. 1 con su scritto: “Mattarella”. E tu ti immagini il Presidente che salta con l’asta o corre i centro metri o para i rigori, non tutti. Sempre che non sia occupato con le Frecce Tricolori o a inaugurare qualche scuola, qualche iniziativa benefica o culturale con le soavi banalità che corredano il rito: “La scuola in presenza è il simbolo di un nuovo risorgimento”. Povero Cavour!

Il silenzio di Mattarella sulla scuola

Veramente la scuola in presenza è già sconfessata dalle decine di casi di singoli contagiati che obbligano allo stop e alla dad intere classi, scolaresche al completo. Ma sono i contraccolpi della improvvisazione e della impreparazione, di cui il nostro Mattarella Number One si disinteressa. Nessuna messa in regola, nessun adeguamento strutturale, nessun potenziamento dei pubblici trasporti e lui non fiata: solo vaccini vaccini vaccini, per tutti anche per i feti e allora il Capo dello Stato sorride, un po’ sfingeo, perché è certo che questa non è la strada migliore ma proprio l’unica per uscire dalla pandemia. Quanto a dire l’immunità di gregge al 100%, improponibile in natura.

Il ritornello del Colle: “Ci vuole più Ue”

Un’altra cosa che il nostro “Notaio di tutti gli italiani” ripete sempre è che ci vuole più Europa, per dire più integrazione. Cioè precisamente quello che è mancato, totalmente, pervicacemente, nei 30 anni di vita dei falansteri di Bruxelles e di Strasburgo. Nessun coordinamento su niente, come dimostrano le mille emergenze che non sono più tali, sono come quelle febbriciattole croniche che non ci si dà più la briga di curare, tanto è inutile. Dai clandestini alla sicurezza, dall’approvvigionamento energetico ai relativi costi e speculazioni, dalla pubblica salute alla tutela dei prodotti nazionali: Parmesan e Prosek confusi con Parmigiano e Prosecco, e sono meraviglie che conquistano il mondo, ma per la UE va tutto bene. Va tutto bene, anche la colossale speculazione in atto sul grano, anche lo scempio che si fa dell’aceto balsamico, squisita alchimia modenese, ed è fin troppo chiaro che ciò a cui punta l’Europa è la distruzione delle quote di mercato, l’indebolimento progressivo del sistema Italia. Ma che dovrebbe fare una superburocrazia inefficiente e sprecona sensibile ai voleri e alle lusinghe di quelli come Bill Gates, che dopo i computer e i vaccini si è infilato nel megabusiness della carne sintetica, un affare da 25 miliardi di dollari? La UE che si vuole “sempre più integrata” prende nota e spinge per dannare la vita per allevatori, casari, vinicoli e tutto quello che può mantenere in vita un residuo orgoglio patrio e una economia dell’eccellenza.

Anche sul disastro umanitario dell’Afghanistan, l’ineffabile Europa si è distinta per una serie di incontri, di pranzi, di brindisi, di dichiarazioni roboanti, di assicurazioni retoriche, “non lasceremo solo il popolo afghano” e poi si è eclissata. Ma niente paura, basterà integrarci di più, come, dove poi ce lo spiegherà il Presidente che viaggia, inaugura, sorride e colleziona magliette. L’importante è che ci si vaccini ogni sei mesi, che tutti siano felici col greenpass e che non si voti, operazione del resto inutile visto che al governo ci sono praticamente tutti e vivono felici così. Anche dell’Italia la signora Ursula Von Der Leyen, con quella pettinatura da Eurofestival e l’aria perversa di Charlotte Rampling nel “Portiere di notte”, ripete che non va lasciata sola; e più lo ripete e meno l’Italia viene considerata, se non per farne la pattumiera dei problemi continentali, delle emergenze che non sono più emergenze.

Da cui si evince il vero ruolo di un Presidente da noi: ruolo gattopardesco, operare in sordina, felpato, sottotraccia, purché nulla cambi. La chiamano moral suasion, è attivitàr nacolettica ma efficace in modo micidiale come lo sono i barbiturici. Questo sarebbe precisamente il deep state nelle sue articolazione burocratiche da piovra. Lo Stato evidente, invece, quello per così dire alla luce del sole si salva con le commemorazioni, i ricevimenti, le cerimonie da Bar Sport, le banalità esatte dal rito, a volte innocenti altre volte francamente insopportabili o impuni. Ma coraggio, siamo nel semestre bianco e ci si interroga sul successore. Il governo dell’ammucchiata partitocratica, si interroga, cioè si ricatta e si mette d’accordo in maniera brigantesca. Da noi un Presidente eletto dai cittadini non è ammissibile, perché niente deve cambiare e tutto sommato forse è meglio così, vai a capire chi rischieremmo di ritrovarci con questi chiari di luna.

 

Vaccini: la vera emergenza è che abbiamo Arcuri

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di Andrea Amata

Ormai siamo in una condizione kafkiana in cui la principale emergenza non è dettata dal Covid, ma da chi ha ricevuto il mandato di attutirne l’impatto devastante fallendo nell’incarico. Tant’è che la struttura commissariale rincorre l’emergenza sanitaria, anziché anticiparsi il lavoro con una programmazione di interventi che sono prevedibili in un quadro pandemico.

Commissario inadeguato

Essere impreparati al piano vaccinale, sia con la carenza del personale sanitario preposto alla somministrazione delle dosi sia con l’inadempiente dotazione di una logistica operativa, conferma l’inadeguatezza dell’ineffabile Domenico Arcuri. Siamo in presenza di una struttura che, piuttosto di onorare la sua missione orientata a placare l’urgenza scatenata dal virus, sta fomentando l’emergenza e, così, risultando parte del problema anziché della soluzione. Non abbiamo ancora gli operatori sanitari idonei a soddisfare il fabbisogno del personale addetto alla massiccia campagna di vaccinazioni. Mancano i centri dove eseguire materialmente l’inoculazione dell’antidoto, i cosiddetti hub di vaccinazione, ma possiamo consolarci soltanto con l’idea architettonica, a sagoma floreale, partorita da Stefano Boeri.

Ci siamo vincolati al piano europeo per la distribuzione, proporzionale alla popolazione di ciascun paese, del vaccino senza esplorare canali di approvvigionamento alternativi, limitandoci nella disponibilità del siero anti-Covid. Ci siamo lasciati sedurre dalla strategia comune sui vaccini presentata dalla Commissione europea lo scorso 17 giugno. L’unità e la solidarietà erano il mantra della burocrazia europea e negli accordi sottoscritti si sanciva «l’obbligo di non fare trattative separate». Continua a leggere

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