AMIA Verona: Esposto dell’Avv. Luigi Bellazzi al Sindaco Tommasi

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dell’Avv. Luigi Bellazzi – VERONA

Mi è gradito farvi conoscere il mio Esposto indirizzato alle Autorità cittadine sulla pluriennale illegalità operativa di Amia: il linguaggio è tecnico e, dunque, lontano da quello stile che dovrebbe far sollevare l’indignazione e far gridare “Vergogna!!!”.

Vergogna per tutte le Amministrazioni di Destra come di Sinistra che in questi ultimi decenni hanno rubato , rubano e di questo passo, continueranno a rubare, sperperando denaro pubblico per appaltare lavori inutili ad imprese legate alla Sinistra (Lega delle Cooperative), così come alla Destra (Mazzi), imprese che in realtà sono cadaveri viventi.

Ma, fatto ancora più allarmante, per chi oltre ai principi etici guarda alla realtà più concreta, spese, bilanci, insomma ai soldi sperperati.

Non ho dubbi: sono spese  folli che porteranno il bilancio della Città al fallimento. Sto esagerando? Prima di rispondere permettetemi di segnalarvi  queste  cifre a spanne:

 Amia costa 15 milioni di euri per acquisirla dal gruppo AGSM AIM; altri  60 milioni in 5 anni serviranno per ricapitalizzare la Nuova Amia, la Filovia/ Rubovia costa al Comune al momento 46 milioni,(a cui si dovranno aggiungere tutti gli interventi di contorno) senza tener conto delle spese di gestione.

È vergognoso sottolineare che per la “Rubovia” 90  milioni di euri li tira fuori lo Stato( siamo sempre noi, noi italiani, mica i marziani…), ragion per cui questa Amministrazione sperpera complessivamente non meno di 121 milioni ( 15+60+ 46) di Euri.

Quale l’alternativa? È presto detto: Amia potrebbe essere affidata ai privati, per i danni della Filovia/Rubovia dovrebbe essere  chiamati a risarcirli tutti gli amministratori che l’hanno pervicacemente voluta, nonostante l’inutilità e i costi stratosferici.

Ricordiamoci anche che il danno nei confronti di noi cittadini è doppio: infatti sperperare 121 milioni significa che non avremo soldi per gli asili nido, per anziani non autosufficienti , per i disabili. Tutti questo per me è delinquenza politica… nel significato etimologico latino: de liquere, venir gravemente meno ai propri doveri.

Con questo spirito e tutta la mia e la vostra indignazione,vi auguro buona lettura,

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Al Sindaco del Comune di Verona

Damiano Tommasi

Ai Consiglieri comunali di Verona

Segretario generale del Comune di Verona

dott. Luciano Gobbi

Sindaco di Vicenza

Giacomo Possamai

Segretario generale del Comune di Vicenza

dott.ssa Stefania Di Cindio

Ai Consiglieri comunali di Vicenza

E p.c.                    Presidente del Gruppo Agsm-Aim Spa

Federico Testa

Presidente di Amia Verona Spa

Bruno Tacchella

Procura Regionale Veneta della Corte dei Conti

Presidente dell’ANAC

Egregio Sindaco,

nei giorni scorsi la stampa locale ha dato notizia di un «rallentamento» nel processo che dovrebbe portare alla creazione della «nuova» Amia «in house» del Comune di Verona, finalizzata a legittimare la gestione in via diretta e senza gara del servizio rifiuti e della manutenzione del verde pubblico.

La stampa ha riferito che la nuova Amia (AmiaVr, di proprietà del Comune di Verona) dovrebbe acquistare tutte le quote societarie di Amia Verona Spa al costo di 15 milioni di euro, ma l’operazione è stata rinviata sine die perché i consiglieri di minoranza vicentini di Agsm-Aim Spa (di centrodestra, a differenza del sindaco, che è di centrosinistra) avrebbero messo in dubbio la valutazione societaria chiedendo nuove, ulteriori garanzie.

Con il presente esposto intendo documentare che un siffatto rinvio non è frutto di un banale disguido o ritardo procedurale, ma si configura quale condotta omissiva illegittima foriera di un danno erariale certo, attuale, concreto e determinabile a carico del Comune di Verona.

A fondamento di tale assunto espongo le seguenti considerazioni, dalle quali emerge che il Comune ha abusato dello strumento societario utilizzando Amia Verona Spa in aperto contrasto non solo con la vigente normativa in materia, ma anche con i più elementari principi di buon governo e di sana gestione della cosa pubblica.

Con un processo di fusione per incorporazione attuato nell’anno 2012 il Comune ha conferito Amia Verona Spa in Agsm Verona Spa, e per effetto di tale operazione è venuto meno il rapporto di delegazione interorganica tra Amia e la Pa, il quale costituisce il presupposto di legittimità per la gestione dei servizi pubblici locali in via diretta e senza gara.

Nonostante la perdita della qualifica di società pubblica articolazione organizzativa della Pa, Amia Verona Spa dal 2012 fino ad oggi è rimasta (incredibilmente) concessionaria diretta del servizio rifiuti e della manutenzione del verde pubblico nel territorio comunale, in aperto contrasto con la normativa in materia (art. 16 del Tusp, art. 5 del dlgs 50/2016, ecc.).

Soggiungo, al riguardo, che l’affidamento diretto di servizi pubblici senza gara, oltre a risultare lesivo dei principi nazionali e comunitari in tema di mercato e di libera concorrenza, è foriero di un danno erariale pari alla differenza tra il maggior costo sostenuto dal Comune per oltre 10 anni (dal 2012, appunto), rispetto al costo che l’Ente locale avrebbe sostenuto dando corso una gara pubblica per l’affidamento dei servizi in ottemperanza alle vigenti disposizioni di legge in materia.

D’altra parte, è fuori discussione che Amia Verona Spa – da sempre società in mano pubblica – sia un’azienda fuori mercato, operante secondo condizioni economiche tutt’altro che competitive e concorrenziali.

La stessa Corte dei Conti nelle relazioni annuali in materia ha ripetutamente contestato con durezza le pessime prestazioni economiche delle società pubbliche, definendole, di fatto, le peggiori imprese del tessuto produttivo italiano.

In poche parole, le società pubbliche al 100 per cento, per quanto beneficiarie di affidamenti in regime di monopolio sono quelle meno efficienti, con maggiori perdite, più sbilanciate verso il debito e meno in grado di usare le tecnologie laddove queste possano supplire all’impiego di risorse umane.

È il caso di ricordare che la giurisprudenza contabile ha più volte chiarito che la nozione “danno da concorrenza” ricomprende tanto il nocumento subito dall’amministrazione per non aver conseguito il risparmio di spesa che sarebbe stato possibile ottenere mediante il confronto in gara tra più offerte (“danno alla concorrenza in senso stretto”: cfr. ex multis Sez. II Centr. App. 20 aprile 2011 n. 198), quanto quello corrispondente all’esborso dell’intero corrispettivo pagato all’impresa, al netto dell’utiliter datum, in esecuzione di un contratto nullo per violazione delle norme imperative (“danno alla concorrenza in senso ampio” o “atecnico”).

La circostanza che la Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale e di controllo del Veneto, e l’Anac – benché a suo tempo informate dallo scrivente della gestione illegittima dei servizi locali da parte del Comune di Verona – non siano finora intervenute presso l’Ente locale per porre un argine agli sprechi pubblici e ripristinare la legalità violata, non può certo costituire un “lasciapassare” al Comune di Verona per violare la legge con impunità.

Eppure a fronte della situazione deteriorata sopra descritta il Comune ha ulteriormente peggiorato lo stato delle cose grazie alla fusione per incorporazione di AIM Vicenza Spa in AGSM Verona Spa, con la costituzione dal 1° gennaio 2021 del gruppo AGSM – AIM Spa a capitale interamente pubblico, partecipato dal Comune di Verona con la quota del 61,2 % e dal Comune di Vicenza con la quota del 38,8%.

Va considerato, sul punto, che negli anni 2017 e 2018 AIM Vicenza Spa ha dato corso all’emissione di un prestito obbligazionario mediante quotazione presso il mercato regolamentato della Borsa di Dublino, con la conseguenza che – in base alla disposizione transitoria ex art. 26, comma 5, del dlgs n. 175/2016 – AIM Spa ha potuto acquisire lo status di “società quotata”, trasmettendo (chissà come) questo status all’intero gruppo intersocietario neocostituito.

In seguito alla fusione, la pagina relativa all’”Amministrazione trasparente” del nuovo gruppo AGSM-AIM Spa ha subito un totale cambiamento rispetto al corrispondente regime in vigore per società a controllo pubblico non quotate.

Oggi il sito del gruppo reca il seguente messaggio:

“A seguito dell’operazione di fusione per incorporazione, dal 1° gennaio 2021 la Capogruppo AGSM AIM S.p.A. ha conseguito lo status di “società quotata” ed è, pertanto, sottoposta alla normativa di disclosure applicabile alle società emittenti strumenti finanziari”.

Dopo il messaggio, le informazioni relative alla gestione sociale sono divenute parziali, lacunose o addirittura inesistenti, lasciando intendere che una società “quotata” non sarebbe tenuta all’osservanza degli obblighi di trasparenza, ma deve solo preoccuparsi di evitare la divulgazione di dati potenzialmente dannosa, per l’influenza sull’andamento del titolo e gli effetti nocivi sulla quotazione e/o sul rating della società.

Per effetto della suddetta fusione AMIA Verona Spa – già teatro di infiltrazioni mafiose e losche manovre tuttora al vaglio della magistratura penale* – da un lato è stata sottratta al regime di trasparenza in vigore per le società in controllo pubblico, ma dall’altro non ha cessato di operare come società pubblica (grazie alla collusione dell’Ente affidante) continuando a gestire senza gara servizi pubblici di utilità generale sul territorio, come se fosse ancor oggi un’articolazione organizzativa della Pa.

Da ultimo, con un ritardo marchiano e paradossale il Comune di Verona ha tentato di sanare una situazione radicalmente illegittima con l’adozione della delibera consiliare n. 20 del 13 aprile 2022, con oggetto “Partecipate – provvedimenti in merito alla costituzione di una new.co per la gestione in house del servizio di igiene urbana e del servizio di manutenzione delle aree verdi”.

Il progetto di ristrutturazione societaria contenuto nella delibera puntava a ricondurre l’esercizio dei servizi pubblici di cui sopra alla gestione in via diretta e senza gara, attraverso un percorso a ostacoli estremamente complicato e macchinoso.

In sintesi, la delibera comunale di cui sopra prevede quanto segue.

  1. È decisa la costituzione immediata, da parte del Comune di Verona, di una New.Co (poi denominata AmiaVr) dotata di un capitale sociale di 1 milione di euro;
  2. tale società provvederà all’acquisizione del 100% della partecipazione in AMIA Verona S.p.A., dopo che questa sarà stata depurata dalle attività e dalle partecipazioni non necessarie allo svolgimento del servizio igiene ambientale e manutenzione del verde nel Comune di Verona;
  3. la “depurazione” di AMIA Verona Spa avrà luogo mediante scissione parziale e trasferimento del ramo d’azienda residuale ad altra società, costituita da AGSM AIM S.p.A. e mantenuta sotto il suo controllo.

Si tenga presente che:

–         La società scissa AMIA Verona S.p.A. non si estinguerà, ma proseguirà i propri servizi senza la parte di attività/passività trasferite alla società beneficiaria;

–         Una volta acquisito il 100% di AMIA Verona S.p.A. da parte della New.Co comunale (= AmiaVr), si procederà a una fusione inversa, attraverso cui la NewCo stessa confluirà in AMIA, la quale a sua volta dovrà adeguare lo Statuto per avere le caratteristiche di società in house providing;

–         AMIA proseguirà la propria attività senza soluzione di continuità, e conseguentemente, senza la necessità di espletare procedure di carattere burocratico, consentendo altresì di evitare i relativi costi di trasferimento delle autorizzazioni e dei cespiti, stimati in quasi 1,5 milioni di euro;

–         alla Società così ridefinita potranno essere affidati direttamente, con successivi provvedimenti motivati:

  1. a)da parte dell’Autorità di Bacino Verona Città i servizi di igiene ambientale;
  2. b)da parte del Comune di Verona la manutenzione del verde (fatto salvo il trascinamento di alcuni affidamenti in corso a favore di terzi, comunque nei limiti della quota inferiore al 20% consentita dalla normativa in materia di “in house providing”).

L’operazione consente di mantenere inalterata la quota di partecipazione del Comune di Verona in AGSM AIM S.p.A.

Al di là della complessità (ripeto: artificiosa e non giustificata) dell’operazione programmata, il vero nodo della questione sta nella mancanza di sostenibilità finanziaria per dare corso all’intervento deliberato.

È evidente che la neo-costituita New.Co comunale, con un capitale sociale di un milione di euro e senza la dotazione di ulteriori risorse (né di attività sociali remunerative) non potrà mai realizzare un investimento avente per oggetto l’acquisto di Amia Verona Spa.

E questo non solo per il fatto che, dopo la scissione, il patrimonio di Amia potrebbe assestarsi intorno a un valore di 15 milioni di euro, ma anche perché a tale valore aziendale dovrà aggiungersi un piano di investimenti che, secondo lo studio allegato alla delibera consiliare n. 20/2022, dovrebbe ammontare a circa 60 milioni di Euro nell’arco del periodo 2022-2036, ma soprattutto nei primi 4 esercizi (quasi 22 milioni di euro).

Si tratta di impegni finanziari impraticabili per una scatola vuota, qual è la neo-costituita New.Co comunale, inopinatamente designata quale soggetto acquirente.

A fronte di un siffatto disegno, perfino il prof. Stefano Pozzoli – il cui parere professionale è stato addotto a fondamento e giustificazione dell’intervento programmato – non ha potuto sottrarsi dall’osservare quanto segue:

“Risulta evidente, alla luce di quanto detto in merito agli investimenti, che i maggiori rischi per la NewCo nascono proprio sotto il profilo finanziario (…). Occorre rilevare che il livello molto modesto di capitalizzazione della NewCo, abbinato all’elevato fabbisogno finanziario determinato da necessità correnti e di investimento, rendono gli equilibri particolarmente delicati. È auspicabile, pertanto, che si proceda presto a una ricapitalizzazione della NewCo, e questo sia per evitare che il rischio di perdita, sempre possibile e comunque elevato nei primi esercizi di vita, sia quello di tensione finanziaria, creino difficoltà gestionali alla Società e comportino un rallentamento nel processo di investimento”.

Queste pesanti criticità (desunte dal provvedimento stesso che ha approvato il disegno di riorganizzazione societaria!) si commentano da sole, e spiegano perché la delibera consiliare n. 20/2022 non sia stata ancora eseguita con l’acquisto di Amia Verona Spa da parte della New.Co e con il risultato di ripristinare la gestione senza gara dei servizi pubblici locali interessati.

È singolare che il Documento unico di programmazione (DUP) per gli anni 2024-2027 approvato dal Comune di Verona con la delibera di Giunta n. 766 del 4 agosto 2023, nella Sezione strategica con orizzonte temporale di riferimento pari a quello del mandato amministrativo, veda ancora Amia Verona Spa (e non AmiaVr) titolare del servizio rifiuti e di manutenzione del verde pubblico sul territorio, e si limiti ad annotare meccanicamente  che “AmiaVr S.p.A. è stata costituita in data 01/12/2022, con atto del Notaio Casalini (ns. P.G. n. 438251 del 01/12/2022). Una volta acquisito il 100% di AMIA Verona S.p.A. da parte della NewCo comunale, si procederà ad una fusione inversa, attraverso cui la stessa NewCo confluirà in AMIA, la quale a sua volta dovrà adeguare lo Statuto per avere le caratteristiche di società in house providing”.

Una pura annotazione di stile che non indica date certe, ma che rimanda ancora una volta a un futuro imprecisato il cambiamento della gestione che dovrebbe mettere in regola il Comune davanti alla legge.

Resta il fatto che nel frattempo:

  1. a)in ottemperanza alle indicazioni del piano industriale approvato con la suddetta delibera consiliare n. 20/2022, la tassa sui rifiuti 2023 ha subito un aumento complessivo del 4,68% su tutte le utenze; quelle domestiche costeranno il 3,65% in più rispetto al 2022, quelle non domestiche il 5,67% in più. L’aumento delle tariffe vale circa 1.600.000 euro, su un totale di 52.600.000 euro del costo del servizio;
  2. b)in esecuzione della delibera consiliare di cui sopra la New.Co è stata prontamente costituita, con dovizia di costi e risorse pubbliche (per consulenze, costi di funzionamento della società, perizie di stima, ecc.), senza che il disegno ideato dal Comune di Verona sia stato portato a compimento, dopo ormai più un anno e mezzo dalla sua approvazione.

Oltretutto, la neo-costituita Società comunale rientra tra quelle “società che risultano prive di dipendenti o hanno un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti” (art. 20, comma 2, lett. b) del Tusp) e tra quelle “che, nel triennio precedente, abbiano conseguito un fatturato medio non superiore a un milione di euro” (art. 20, comma 2, lett. d) del Tusp).

Di conseguenza, ove l’acquisto di Amia Verona Spa non dovesse aver luogo da parte della Newco entro l’anno corrente, in sede di piano di razionalizzazione da approvarsi a cura del Consiglio comunale entro il 31 dicembre 2023, la nuova società dovrebbe essere posta in liquidazione dall’ente socio, stante l’assenza dei requisiti di legittimità previsti dal Tusp per essere mantenuta tra le partecipazioni comunali.

Resta il fatto, come si è già detto e ripetuto mille volte, che Amia ha operato e sta operando da oltre un decennio contra legem, non avendo alcun titolo giuridico per beneficiare di affidamenti diretti da parte del Comune di Verona.

Al quadro di criticità sopra descritto debbono essere aggiunte ulteriori dolorose note.

Se è vero che oggigiorno i nodi vengono al pettine perché con la delibera consiliare dell’aprile 2022 il Comune di Verona ha escogitato il disegno della New.co al solo fine di retrocedere Amia Verona Spa al patrimonio comunale cercando di evitare (maldestramente) lo stanziamento delle risorse pubbliche occorrenti per dare corso all’operazione, è altrettanto vero che nel settembre 2023 – a distanza di poco più di un anno dal provvedimento di cui sopra – la situazione economica del Comune è precipitata nel baratro, rendendo ormai impossibile e inimmaginabile un intervento di soccorso finanziario a favore di AmiaVr per l’acquisto di Amia Verona Spa.

Questo perché con la sopraggiunta delibera consiliare n. 35 del 22 giugno 2023 il Comune ha approvato l’accordo di contribuzione tra l’Ente locale, Amt3 Spa e la Bei, nonché il nuovo piano economico finanziario per la realizzazione dell’infrastruttura.

In base al nuovo accordo, il Comune si è impegnato al versamento di un contributo a favore di Amt3 Spa pari a 46,653 milioni di euro articolato su un arco temporale di 20 anni, andando a gravare sulla spesa corrente.

Come ha scritto il responsabile finanziario nel parere allegato alla delibera di cui sopra, “gli importanti impegni assunti con la presente proposta di deliberazione renderanno oltremodo necessario mantenere sotto controllo negli anni futuri la spesa del Comune senza alcun incremento di servizi e semmai con una razionalizzazione degli stessi, in ragione anche delle attuali spinte inflazionistiche, oltre ad attuare politiche di ottimizzazione delle entrate”.

Tutto ciò significa, in parole povere, che le avventure di grandezza lanciate dal Comune andranno a falcidiare le risorse (già scarse e ridotte) destinate all’assistenza sociale, all’istruzione scolastica, alle mense, asili nido e a sostegno alle categorie più fragili della popolazione, tra cui in primis gli anziani, le famiglie numerose e/o indigenti, i disabili e i cittadini meno fortunati.

In questa strettoia in cui si è addentrata l’Amministrazione comunale, resta pur vero che la strategia avviata per la ristrutturazione dei servizi pubblici locali deve essere comunque portata a compimento, per evitare il danno erariale conseguente all’impiego di risorse che non siano state messe a frutto.

TUTTO CIÒ PREMESSO

LO SCRIVENTE DIFFIDA IL COMUNE DI VERONA

 

1)    A ULTIMARE ENTRO IL 31.12.2023 L’ESECUZIONE DELLA DELIBERA CONSILIARE N. 20/2022 CON L’ACQUISTO DI AMIA VERONA SPA DA PARTE DI AMIAVR (NEW.CO) E LA MESSA IN ESERCIZIO DI QUEST’ULTIMA SOCIETÀ NEI TERMINI PREVISTI CON LA DELIBERA STESSA;

2)    IN CASO CONTRARIO, A PORRE IN LIQUIDAZIONE AMIAVR (NEW.CO) CON IL PIANO DI RAZIONALIZZAZIONE DA APPROVARSI ENTRO IL 31.12.2023;

3)    DI RISERVARSI L’ADOZIONE DEI RIMEDI DI LEGGE IN CASO DI ULTERIORE INERZIA DA PARTE DEL COMUNE DI VERONA;

4)    DI INVITARE SIN D’ORA LA CORTE DEI CONTI E L’ANAC AD ATTIVARE LE INDAGINI DEL CASO E MONITORARE L’OPERATO DELL’ENTE LOCALE, NELL’ESERCIZIO DELLE LORO RISPETTIVE COMPETENZE.

 

Resto in attesa di cortese sollecito riscontro in ordine a quanto sopra esposto, chiedendo fin d’ora al Comune di Verona di poter essere costantemente e periodicamente aggiornato al riguardo.

Distinti saluti.

luigi bellazzi( bellazzi.luigi@bellazzi.it)

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* È il caso di ricordare che recentemente la Corte d’Appello di Venezia ha confermato l’impianto accusatorio delineato dalla Direzione distrettuale Antimafia di Venezia in ordine alla c.d. operazione “Isola scaligera” e ha condannato l’ex Presidente di Amia Verona Spa per corruzione a una pena di 2 anni e 8 mesi.

Secondo i giudici, si tratta di un segnale che varie organizzazioni di stampo mafioso collegate all’ndrangheta calabrese si sono infiltrate nel circuito dell’economia e delle istituzioni locali, alimentando il malaffare con i reati di estorsione, truffa, riciclaggio, corruzione, turbativa d’asta, fatture false e traffico di droga.

Come ha anche riferito la Direzione investigativa antimafia nella relazione presentata al Parlamento in tema di fenomeni mafiosi del primo semestre 2022, la criminalità organizzata sembra aver messo radici anche nella provincia di Verona e nel Veneto, dove “la presenza delle organizzazioni criminali di tipo mafioso è stata evidenziata da numerose investigazioni, che hanno dimostrato come nel corso degli anni il territorio sia stato infiltrato da esponenti di ‘ndrangheta, cosa nostra e camorra”.

 

Gli anni della vergogna

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di Franco Maloberti

Mi chiedo se saranno i futuri storici a definire questi anni come “gli anni della vergogna” o molto prima, per nuova consapevolezza, saremo noi stessi a parlare della vergogna di questi tempi. Gli anni in questione sono quelli successivi la Seconda guerra mondiale. I vincitori della guerra, invece di puntare a uno sviluppo armonico, hanno operato per il dominio del mondo, per diventare egemoni e tenere saldo il potere con la forza. Una egemonia che non può che essere instabile e incapace di resistere alla erosione dei tempi. La vergogna è di tutti, noi compresi, che abbiamo assistito, silenti, ai vergognosi comportamenti dei principali attori della involuzione: i cosiddetti scienziati, i giornalisti, e i politici. Sarà la gente comune, quella che proverà la vergogna, per l’essersi sentita inadeguata a porre rimedio ai disastri fatti da altri.

Ho messo al primo posto gli “scienziati”, perché la scienza ha smesso di essere scienza e si è prostituita a interessi militari, al potere e al denaro.

Attorno agli anni 1930 ci furono grandi scoperte nella fisica dell’atomo. Nonostante gli scarsi finanziamenti, i “ragazzi di via Panisperna”, dove era ubicato il Regio Istituto di Fisica dell’Università di Roma, scoprirono le proprietà dei neutroni lenti usando anche, oltre alla paraffina, la vasca dei pesci rossi per usare l’acqua come elemento idrogenato che rallenta i neutroni. A capo dei “ragazzi” c’era Enrico Fermi che per quella scoperta ricevette il premio Nobel nel 1938. In Italia in quel periodo c’era una crescente persecuzione degli ebrei e, immediatamente dopo l’assegnazione del Premio, Fermi e la moglie, di origine ebraica, emigrarono negli USA, partendo direttamente da Stoccolma.

Nello stesso periodo Robert Oppenheimer fece scoperte importanti sull’effetto tunnel, che è la base del funzionamento di vari dispositivi elettronici e di memorie a semiconduttore. Sia Fermi che Oppenheimer ebbero importanti collaborazioni con i fisici dell’epoca e trascorsero un periodo di studi in Germania a Göttingen.

Nel 1939 i fisici Bohr e Rosenfeld portarono negli USA la notizia che in Germania altri fisici avevano ottenuto la fissione dell’uranio bombardandolo con neutroni lenti. La notizia confermò l’idea che una reazione a catena di fissione potesse portare a una superbomba di potenza enorme. Un tale pericolo fu manifestato in una lettera, firmata anche da Einstein, mandata al Presidente Roosevelt.

Dopo l’invasione della Francia da parte della Germania nel 1940 Roosevelt creò il “National Defence Research Committee” per ricerche riguardanti la difesa nazionale e la progettazione di nuove armi. Il progetto specifico riguardante la bomba atomica, chiamato Manhattan, diretto per la parte scientifica da Oppenheimer e sviluppato con un contributo non trascurabile di Fermi, realizzò poi il ben noto risultato. Il progetto avrebbe dovuto costare 133 milioni di dollari ma alla fine del 1945 arrivò a più di due miliardi con più di 130 mila persone impiegate.

Quella sottomissione delle capacità scientifiche di numerosi scienziati a richieste belliche fu il primo caso di profanazione di massa del significato di scienza, come era condiviso fino ad allora da tutti. Furono pochi quelli che si dissociarono. Max Born si disse convinto fin dall’inizio che quella era un’invenzione diabolica. Franco Rasetti, uno dei “ragazzi” emigrato in Canada, criticò duramente i colleghi e, dopo Hiroshima e Nagasaki disse “La fisica non può vendere l’anima al diavolo.” Joseph Rotblat si ritirò dal progetto. Tra le ragioni di quel ritiro c’erano le affermazioni del generale Groves, il comandante del progetto per la parte militare, che diceva che la bomba non era per battere la Germania, ma l’Unione Sovietica, allora alleata degli USA. Alla fine, molti espressero “pentimento”. Oppenheimer giorni prima il lancio di prova “Trinity Test” disse: “Sono diventato Morte. Il distruttore dei mondi“. e, dopo Hiroshima e Nagasaki, “I fisici hanno conosciuto il peccato“. Fermi, invece, diede solo deboli segnali e, quando gli fu richiesto, lavorò per la bomba ad idrogeno.

Recentemente, la prostituzione a interessi mercantili o militari ha ripreso vigore. Per fare ricerca serve denaro: le risorse umane e le attrezzature sono costose. Quello che conta nei tempi moderni è la quantità dei risultati, molto più della qualità. Nelle università si è rispettati e apprezzati solo se si scrivono tanti articoli e, questo è reso possibile da una larga schiera di studenti e ricchi finanziamenti. Non è infrequente trovare ricercatori che sovrintendono una ventina di studenti. Supponendo che la settimana lavorativa sia di quarantotto ore, tenendo conto del tempo per lezioni, riunioni, scrittura di proposte e altre incombenze, si ha che il tempo dedicato a un singolo studente non arriva a un’ora alla settimana. Il ricercatore è quindi un manager alla spasmodica ricerca di denaro. E il denaro raccolto corrisponde spesso a lavori con valenza industriale o militare. Per il denaro, una buona frazione di ricercatori fa di tutto, sviluppa software per controllare le menti, studia sistemi di controllo dei proiettili, favorisce il volo senza pilota di droni assassini, crea virus mortali dispersi casomai da uccelli o da insetti. Molti, troppi, ricercatori sono finanziati da progetti di sviluppo militare, e questo è una vergogna, anche se alcuni usano dire che gli avanzamenti tecnologici sono per il bene dell’umanità.

Nel 1864, a 17 anni, Joseph Pulitzer emigrò dalla nativa Ungheria negli USA. In breve tempo divenne giornalista e poi editore. Il successo di Pulitzer, pur osteggiato da concorrenti, fu dovuto al suo convincimento che la difesa del diritto costituzionale di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e della incorruttibilità della giustizia dipendesse dalla qualità della informazione. Di lui, c’è la seguente riflessione:

La nostra repubblica e la sua stampa progrediscono o cadono assieme. Un capace e disinteressato spirito pubblico di stampa, con intelligenza allenata a conoscere il diritto e con coraggio, può preservare quella pubblica virtù senza la quale il governo popolare è una farsa e un raggiro. Una stampa cinica, mercenaria, demagogica produrrà col tempo un popolo vile quanto lei stessa. Il potere di plasmare il futuro della Repubblica sarà nelle mani dei giornalisti delle generazioni future.

Quello che Pulitzer auspicava si è attuato solo per un periodo breve. Ai tempi di Pulitzer il giornalismo negli USA, come racconta Eric Burns nel suo libro “Scribacchini infami“, era “selvaggio” con i giornali colmi di bugie, di accuse non provate ed esagerazioni. Erano, in pratica, armi partigiane usate per colpire oppositori politici.

Pulitzer fu un giornalista e un editore controverso. Nel tempo la sua linea editoriale mutò da populista e sensazionalista a “dedicata alla causa del popolo anziché a quella dei potenti”. Alla sua morte lasciò alla Columbia University due milioni di dollari per istituire la Scuola di Giornalismo e, dopo sei anni la Columbia istituì i premi in suo onore. Alcuni di questi erano anche per proteggere il giornalismo indipendente e premiare piccole organizzazioni giornalistiche che fanno inchieste e operano come organi di controllo dei governi e dei potenti.

Negli anni successivi molti giornalisti seguirono le raccomandazioni di Pulitzer. Negli USA ci furono clamorose inchieste in opposizione al potere e alle ingiustizie. Agli inizi del 1900 Ida Tarbell denunciò i metodi di spionaggio, ricatti e coercizioni usati da Rockfeller e i suoi collaboratori per sbarazzarsi della concorrenza. Il “Plain Dealer” di Cliveland svelò il massacro di My Lai in Vietnam. Il Washington Post portò alla luce il Watergate.

In Europa la vita del giornalismo fu contrastata, comunque, mostrò coraggio e determinazione come fu per il caso Dreyfus, in Francia, difeso da Émile Zola con il suo articolo “J’accuse“. In Italia ci furono giornalisti di coraggiosi e determinati, come Pier Paolo Pasolini, Giancarlo Siani, Oriana Fallaci, Giorgio Bocca, che si opposero, pur con diverse connotazioni politiche, alle ingiustizie e alle prevaricazioni.

Il giornalismo era effettivamente un “quarto potere”, inteso nella sua forma più positiva del termine, ma poi, quasi bruscamente, è diventato arte da palcoscenico guidata dalla regia degli editori, sempre più sensibili alla influenza politica e del grande capitale. L’inizio del declino iniziò con il caso Monica Lewinsky quando la stampa chiuse gli occhi e balbettò giustificazioni per salvare Clinton. Ora i giornali sono il megafono del potere vengono usati per sostenere l’una o l’altra fazione politica. Non vale più quanto descritto da Davide Caleddu su Huffpost nel 2013,

Per noi italiani è normale che il giornale o telegiornale A la racconti come piace al partito A e che per sapere la versione politica B occorra leggere o ascoltare le notizie del mass media B. È normale che la musica, da una parte e dall’altra, sia sempre la stessa. È normale ragionare di politica in termini sportivi, essere elettori e dunque supporters. È normale aspettarsi la menzogna, la versione dei fatti distorta (talvolta fino al ridicolo), la cosiddetta ‘disonestà intellettuale’. È normale. Così va il mondo.

Quella normalità è abbondantemente superata. Esiste solo “l’opinione A” dato che “quella di B” è definita, casomai dalla “saggia Ursula”, come trita disinformazione e “giustamente” e risolutivamente censurata. Le notizie sono quelle preconfezionate da A e supporter, con grande spreco di ricostruzioni cinematografiche e fantasiose interpretazioni. C’è uno sparuto numero che resiste ma devono limitare la loro attività a battaglie da poco, come scacciare gli occupanti abusivi di case. Chi supera una certa soglia viene censurato e bloccato, come è successo all’americano Eric Zuesse, che è stato bannato da “Modern Diplomacy” diventando una “non person”. Zuesse spiega che, nonostante il primo emendamento americano garantisca la libertà di parola, ma se questa viene espressa su entità private queste possono censurare. Ne consegue che un privato che controlla l’informazione può impunemente infischiarsene di Pulitzer. I Twitter files insegnano.

Il quarto potere è stato poi scalzato dal quinto (informazione via WEB) e dal sesto (pubblicità) che risponde solo a una regola: fare gli interessi degli inserzionisti. Come sottolineato da alcuni conduttori di talk show televisivi, bisogna fare cassa: attendere sessanta secondi, cinquantanove, cinquantotto, …

Tutta la vicenda informazione è deprimente. Sarà nel futuro ritenuta una grande vergogna?

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E della politica, che dire? Penso che i politici non godano di una grande reputazione. Cosa è successo allora negli anni recenti per provare ulteriore vergogna? Non è certo possibile riferirsi alla visione arcaica della politica, quella che la legava alla religione e all’etica. Ai tempi in cui la giustizia serviva a conseguire, assieme alla politica, il “buon ordine” della città. La cultura politica greca avversava la tirannide, ovvero il dominio di uno sui molti, e fece leggi miranti all’equità sociale e politica, pensate non per i singoli ma per la salvezza e la dignità della città, per sottrarla alla guerra civile e per tenerla lontana dalla tirannide.

Ora la situazione è molto, molto peggio. Nel recente passato, almeno, la politica seguiva una propria “etica” che era di certo rilassata rispetto al senso comune, ma rimaneva entro i limiti di un “onesto banditismo”. Ad esempio, la parola data era sacra, il rispetto dei propri affiliati assoluto. I politici avevano degli uffici nelle zone di loro “protezione” dove i questuanti loro seguaci andavano per essere raccomandati. Per trovare un lavoro o per avere un permesso occorreva fare anticamera in qualcuno di quegli uffici. La cosa aveva però aspetti positivi. Il politico, normalmente più istruito e anziano dei postulanti, riceveva informazioni sulle necessità della gente comune e, a seguito di una subconscia elaborazione, arrivava a decisioni che danneggiavano in misura accettabile i sottoposti. I politici erano un certo riferimento per gli affiliati, grosso modo la stragrande maggioranza della gente, inclusi i molti che “facevano i furbi”. Un vantaggio, pur di un comportamento di “furfante onesto”, era che esisteva il feedback: i “clienti” valutavano in modo positivo o negativo il favore ricevuto. Il costo dei “servizi” era poi modesto: una qualche bottiglia di olio, del vino, un capretto o un maialino o, per le poche politiche femmine, una boccetta di profumo.

Negli ultimi decenni la situazione è grandemente peggiorata. Il campo di azione dei cosiddetti politici si è allontanata dai “clienti”, anche per gli strepiti di chi diceva che la raccomandazione toglie a chi merita per darlo a chi non sa o chi non ha fatto nulla. Tutto vero, ma il risultato è che si sono evitate piccole malefatte, ma si è allontanato dalla vista della gente le grandi malefatte. L’attività del politico, invece che fare favori ai propri associati, è diventata quelli di fare favori a grandi lazzaroni, seguendo le moine (pagate profumatamente) dei cosiddetti lobbisti. Le raccomandazioni sono comunque rimaste, ma solo per delle seggiole importanti, tipo la presidenza di una azienda controllata, una banca o una azienda sanitaria.

Il lobbismo è quella “nobile” attività svolta da individui o gruppi di interesse privati per influenzare le decisioni del governo. Esso è svolto da persone, associazioni e gruppi organizzati, società, o gruppi di difesa di specifici interessi. Dagli anni ’70 il lobbismo è cresciuto enormemente sia negli USA che nella UE. La cultura americana, basata sul denaro, ammette il fenomeno che è alla luce del sole, anche se soggetto a regole facilmente eludibili. Comunque, si stima che negli USA tra lobbisti registrati e clandestini ci siano quasi centomila persone con un giro di denaro di parecchi miliardi di dollari. Si facilitano affari di tutti i tipi, e in particolare, l’acquisto e il consumo di armi sempre più costose e lucrose. Negli organi UE, popolati da “trombati in patria” il fenomeno è cresciuto a dismisura. Ogni decisione, incluse quelle che riguardano le dimensioni delle arance e delle zucchine, è “guidata” da decine di migliaia di lobbisti che guidano amorevolmente quei giovani “troppo intelligenti” che si sono trovati catapultati in una nuova Babilonia.

Per cosa si proverà vergogna, allora? Gli antichi greci erano di gran lunga migliori degli attuali politici per due ragioni: usavano la ragione e avevano vicini gli “utenti”. Ovvero, c’era “feedback”, quel meccanismo che mantiene la stabilità dei sistemi. L’aver lasciato che i centri di potere si allontanassero dagli “utenti” è la ragione principale dell’attuale disastro e vergogna.

Franco Maloberti Professore Emerito presso il Dipartimento di Ingegneria Elettrica, Informatica e Biomedica dell’Università di Pavia; è Professore Onorario all’Università di Macao, Cina.

NOTE

https://www.washingtonpost.com/archive/lifestyle/2006/05/10/the-muck-started-here/0c4d1f4c-edcb-4929-a5e8-8af2fcd2e384/

https://www.ilpost.it/2022/05/09/joseph-pulitzer/

Pubblicato in partnership su ComeDonChisciotte

Foto: Katehon.com

29 gennaio 2023

Fonte: https://www.ideeazione.com/gli-anni-della-vergogna/

Guerra, burocrazia, speculazione: ecco le bollette della vergogna

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di Laura Siviero

Dietro i rincari mai visti la tempesta perfetta: boom dei consumi, siccità, ritardi delle rinnovabili e taglio alla produzione interna di gas

Le rinnovabili stentano a decollare, l’idroelettrico soffre della siccità, l’eolico inciampa nella burocrazia e la produzione autoctona di gas è crollata dai 20,6 miliardi di metri cubi del 1994 ai 4,4 del 2020, mentre i consumi sono saliti quasi del 30%.

Rendersi autonomi dal punto di vista energetico è ancora una strada lunga, ora si punta a contenere i consumi piuttosto che a diminuire un prezzo del gas salito a livelli mai visti. L’opinione pubblica europea ha tutto d’un tratto fatto conoscenza con il mercato energetico e le sue regole, tra cui la borsa di Amsterdam, il TTF (Title Transfer Facility), accusata di scarsa trasparenza se non di speculazione. Le aziende, che si ritrovano bollette vertiginose, sono costrette a fermare la produzione come durante il Covid. Si sarebbe potuto agire diversamente per non ritrovarsi in questa situazione?

Bollette: quali voci aumentano e perché

Per capire meglio, partiamo da quali sono le voci in bolletta che salgono, e perché. Le bollette dell’energia elettrica e quelle del gas sono abbastanza simili. La prima voce è la materia prima, si paga l’energia elettrica e si paga il gas.

Si possono avere i contratti di tutela, che sono sostanzialmente delle tariffe fissate dall’Arera (l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente), su tutto il territorio nazionale, l’oscillazione dipende, per quanto riguarda il gas, dai costi di trasporto che sono differenziati per alcune zone d’Italia.  Invece, per quanto riguarda l’energia elettrica, i prezzi sono uguali in tutto lo stivale.

Oppure si hanno contratti a mercato libero che permettono agli operatori di stabilire in modo autonomo i prezzi. Mentre nelle tariffe tutelate è il regolatore che decide quanto si paga, con criteri sostanzialmente di mercato, per il mercato libero, si può decidere di fare un contratto a prezzo fisso per uno o due anni (anche se adesso è molto difficile). O ancora un prezzo ancorato a quello mensile dell’energia elettrica.

In bolletta ci sono poi le famose “spese di trasporto e gestione del contatore”. Che cosa vanno a coprire? Nel caso del gas, i costi delle reti di distribuzione e trasporto che portano il gas nelle case. E per quanto riguarda l’energia elettrica, sia le linee di trasmissione (come quelle di Terna) che portano l’energia elettrica da una regione all’altra, sia le reti più piccole di distribuzione che portano l’elettricità all’interno delle città fino ai nostri contatori e il costo dei contatori, compresa la gestione delle letture. Costi che sono determinati in maniera puntuale dall’Autorità. E c’è l’Iva che ha un suo peso, al 10% per i contratti domestici relativi alla luce e al 22% per le aziende (anche se per loro è una partita di giro); mentre per il gas pesa circa il 5% (è stata abbassata).

Ma quello che costa più di tutto è la materia prima: il gas. Tutto deriva dal gas. L’energia elettrica aumenta di costo perché abbiamo un sistema di formazione del prezzo, il Marginal Price System, secondo il quale il prezzo viene determinato dalla fonte energetica più costosa. Il prezzo viene definito ora per ora nel punto d’incontro più alto tra domanda e offerta, che è molto spesso il prezzo determinato dagli impianti a gas.

L’energia elettrica è un bene indistinguibile – spiega Giulio Bettanini consulente energetico – che venga prodotto dall’impianto fotovoltaico o dalla centrale a gas è uguale, quindi dal punto di vista economico è corretto che venga venduto in un unico mercato indipendentemente da come viene prodotto.

Disaccoppiamento contro il caro prezzi: come funziona

Oggi però si parla molto di disaccoppiamento per far scendere i prezzi. Cosa significa? La remunerazione degli impianti a fonti rinnovabili è legata, da quando esiste il mercato elettrico, al costo della generazione a gas e, da circa 12 mesi, a causa dell’aumento del prezzo del gas, le fonti rinnovabili godono di elevati profitti che vengono ora ritenuti da molti “extraprofitti” non dovuti.

In Italia in un certo senso – continua Bettanini – si sta già facendo il disaccoppiamento. Siamo andati a prelevare, come Paese, gli extraprofitti di buona parte delle rinnovabili. Questo tipo di disaccoppiamento può funzionare molto bene in Francia e Germania, dove una quota minoritaria dell’energia è prodotta da gas e quasi tutto il resto da fonti rinnovabili o nucleare (in Francia) o lignite (in Germania), che hanno un costo di produzione molto più basso del gas, dunque ci sono maggiori extraprofitti su cui andare a intervenire, da dedicare ad aiutare le famiglie in difficoltà.L’Italia ha circa il 50% della sua energia elettrica prodotta da gas. Un altro 15% circa prodotto da carbone, olio combustibile e altre fonti fossili, il resto dalle rinnovabili. Quest’anno con la siccità eccezionale, l’idroelettrico ha prodotto per alcuni mesi il 40% in meno, il fotovoltaico che è molto presente in Italia e produce molto d’estate, in inverno genera solo un terzo dell’energia.

Tassare gli extraprofitti è stato utile per finanziare meccanismi di sostegno a famiglie e imprese. Ma si riduce la capacità di investimento nel green.

Il ruolo del TTF

Il prezzo poi fa i conti con il TTF, la borsa di Amsterdam sull’energia, gestito da Intercontinental Exchange, la stessa società che, per intenderci, detiene la proprietà anche del New York Stock Exchange (cioè Wall Street), in cui gli operatori possono vendere e comprare gas naturale al di fuori dei contratti a lungo termine. Si tratta dunque di un mercato fondamentale per la definizione del prezzo finale, tanto che le stesse bollette del mercato tutelato sono indicizzate al TTF.

C’è un problema: si tratta di un mercato a dir poco limitato, con scambi di contratti per circa 1-2 miliardi di euro al giorno: a mo’ d’esempio, un valore migliaia di volte inferiore a quelli della Borsa petrolifera per il Brent a Londra. Anche al netto di fenomeni speculativi, basta una richiesta aggiuntiva alla normale routine (fatta di pochi volumi) a provocare un impazzimento del prezzo.

Ecco perché in una fase di scarsità di offerta, come quella che stiamo vivendo, le bollette degli europei sono schizzate verso l’alto. Vista l’assenza di gas – dovuta alla riduzione del metano da parte di Gazprom, iniziata ben prima della guerra in Ucraina – il mercato TTF ha visto il proprio prezzo salire di oltre 10 volte in pochi mesi. Il motivo è semplice: la domanda di gas nell’Unione Europea rimane elevata. Per ridurla ci vuole tempo o grandi sacrifici e, vista l’offerta in calo, il prezzo è decollato.

Il tema ora è il contenimento dei consumi per far scendere il prezzo. Se gli extraprofitti venissero utilizzati per calmierare i prezzi, i consumatori non avrebbero la percezione di dover abbassare i consumi e non si otterrebbe l’effetto desiderato. Tra le aziende, quelle che potranno abbasseranno i consumi, le altre saranno costrette a fermare la produzione, come durante il Covid, con il rischio di una ulteriore recessione, ormai sempre più concreto.

Si sarebbero potute adottare soluzioni diverse? I 27 partner della Ue stanno litigando su misure come il tetto al prezzo del gas, il disallineamento gas-luce e lo spostamento degli scambi dalla borsa di Amsterdam a una piazza più grande e più trasparente. «Troppo complesso attribuire colpe per la situazione in questo contesto – conclude Bettanini -. L’aumento dei prezzi non si poteva certo evitare, forse se ne potevano ridurre un po’ gli impatti. Ma Paesi con mix energetici molto diversi dall’Italia o con fonti di approvvigionamento di gas ben diversi dalle nostre, come la Spagna, sono più o meno tutti nella stessa barca».
Gli aumenti in bolletta

Intanto dal 1° ottobre è scattato l’aggiornamento dei prezzi da parte di Arera per il prossimo trimestre: per la luce a 0,66 € a kWh, con un aumento del +59% (senza un intervento dell’Authority sarebbe stato del 100%), mentre per il gas è tutto rinviato al 1° novembre a causa del cambiamento del sistema di calcolo. Le stime parlano di un +70%. Una magra consolazione: l’Authority ha deciso che alle utenze domestiche sul mercato tutelato le bollette potranno essere inviate su base mensile e non più bimestrale o trimestrale. Gli aumenti restano ma saranno più graduali.

SANREMO SCHOCK – profanato il sacramento del battesimo

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Segnalazione di CitizenGo

Durante la serata d’avvio del festival di Sanremo, Achille Lauro, ha promosso una esibizione blasfema del suo brano “Domenica”,: si è inginocchiato battezzandosi da solo davanti al pubblico.

Una vera e propria profanazione pubblica del sacramento del battesimo – a spese tue e mie e di tutti coloro che pagano il canone RAI!

FIRMA SUBITO la petizione affinché Achille Lauro venga squalificato dal festival e per chiedere ad Alberto Barachini, presidente della Commissione di Vigilanza Rai, che vengano presi immediati provvedimenti nei confronti del direttore artistico Amadeus e della dirigenza RAI.

FIRMA LA PETIZIONE

Ciao Matteo,

Se mai avessi avuto dei dubbi, ora è ufficiale: la RAI ha deciso di dichiarare guerra a te e a tutti i cristiani!

Durante la serata d’avvio del festival di Sanremo, Achille Lauro, il figlioccio gender fluid senza arte né parte di mamma RAI e di papà Amadeus, ha promosso una esibizione blasfema del suo brano “Domenica”, profanando il sacramento del battesimo: si è inginocchiato battezzandosi da solo davanti al pubblico.

Uno scempio!

No, ad Amadeus e ai suoi non sono bastati i messaggi blasfemi e irrisori della scorsa edizione che hanno offeso milioni di cristiani durante il sacro periodo quaresimale.

Probabilmente perché non si tratta di un caso. La RAI ha coscientemente deciso di rinunciare al suo ruolo di servizio pubblico per abbracciare una crociata ideologica contro la fede di milioni di cristiani.

FIRMA SUBITO la petizione affinché Achille Lauro venga squalificato dal festival e per chiedere ad Alberto Barachini, presidente della Commissione di Vigilanza Rai, che venagno presi immediati provvedimenti nei confronti del direttore artistico Amadeus e della dirigenza RAI.

Soltanto due giorni fa, Don Giuse Trần Ngọc Thanh, padre domenicano, è stato brutalmente accoltellato e ucciso in Vietnam mentre stava confessando.

Due settimane fa, tre sorelle cristiane, Lahore, Sajida e Abida sono state rapite, abusate e uccise in Pakistan.

Na’omi aveva solo 12 anni e Blessing 15 quando sono stati fatti a pezzi l’anno scorso con un machete nel villaggio di Yelwa Zangam, vicino a Jos, in Nigeria, solo perché erano cristiani.

Secondo l’ultimo rapporto di Open Dors, sono più di 360 milioni i cristiani perseguitati, rapiti, abusati e uccisi nel mondo a causa di quel battesimo che in maniera meschina e senza alcun pudore è stato deriso pubblicamente da Achille Lauro sul palco di Sanremo, con il mutuo consenso di Amadeus e della RAI.

Un tale gesto non può essere tollerato e non può restare impunito!

PER FAVORE – Firma la petizione affinché Achille Lauro venga squalificato dal festival e affinché venagno presi immediati provvedimenti nei confronti dei responsabili che hanno permesso la sua esibizione blasfema.

Uno scempio mandato in onda in prima visione e proiettato nelle case di milioni di famiglie, le stesse che sono costrette a finanziare questo schifo.

Non possiamo accettare che il servizio radiotelevisivo italiano promuova, in spettacoli pagati con i soldi di noi contribuenti, personaggi che profilano messaggi atti a umiliare, mortificare e ridicolizzare con tale bassezza la fede di milioni di cristiani, gli stessi che vengono brutalmente uccisi in tutto il mondo.

È giunta l’ora di ribellarsi e di fare in modo che vengano presi seri provvedimenti nei confronti dei responsabili.

Se sei indignato quanto me, firma subito la petizione per far ascoltare la tua voce!

Ti prego, non lasciare che questo gesto blasfemo rimanga impunito.

Matteo Fraioli e tutto il team di CitizenGO

P.S: quanto sta accadendo al festival di Sanremo non è più tollerabile. È giunto il momento di ribellarsi nei confronti di chi ha deciso di utilizzare il mio ed il tuo canone per finanziare contenuti blasfemi e contrari alla famiglia. Per fermare tutto ciò, ho bisogno del tuo prezioso aiuto: una volta firmata la petizione, ti chiedo di condividerla su tutte le tue piattaforme social e con tutti i tuoi contatti. Così facendo ne triplicherai l’impatto. Più persone si uniranno a noi e più saremo in grado di farci ascoltare!

Maggiori informazioni:
Achille Lauro si battezza sul palco: piovono accuse di blasfemia (Il Giornale)
https://www.ilgiornale.it/news/spettacoli/achille-lauro-si-battezza-sul-palco-gi-bufera-sanremo-2006901.html
Achille Lauro e l’auto-battesimo a Sanremo 2022: la polemica e le critiche (Corriere della sera)
https://www.corriere.it/spettacoli/festival-sanremo/notizie/achille-lauro-battesimo-polemica-sanremo-d0779746-83a4-11ec-8b4d-f6a994519d2e.shtml

Roma, vergogna Pd: bocciata la commemorazione per i martiri delle Foibe nel X Municipio

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di Cristina Gauri

Roma, 27 gen — Ci risiamo. All’approssimarsi del 10 febbraio, Giorno del ricordo, il Pd e accoliti antifascisti vari si dilettano nello sport preferito: negare, minimizzare, confutare e impedire che gli italiani commemorino la memoria della tragedia delle vittime delle Foibe e dell’esodo degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra.

Leggi anche: Foibe e confine orientale: spieghiamo un po’ di storia ai nostalgici del comunismo

Accade così che nel X Municipio di Roma Capitale il Pd ha bocciato la mozione, presentata dal consigliere leghista Alessandro Aguzzetti, che chiedeva la commemorazione ufficiale del dramma delle Foibe, solennità civile come da legge ordinaria dello Stato 30 marzo 2004, n. 92. Nella proposta portata in consiglio da Aguzzetti si chiedeva di deporre ufficialmente una corona in ricordo dei martiri al monumento in Piazza Segantini, al Villaggio San Giorgio di Acilia, noto per aver ospitato i tantissimi esuli costretti ad abbandonare la propria terra per sfuggire ai massacri dei partigiani titini. Con questa ignobile decisione il Pd ha stabilito per l’ennesima volta che per loro non deve esserci pace, né ricordo.

Il Pd boccia la mozione sulle Foibe

«Quanto accaduto oggi durante il consiglio del X Municipio é gravissimo», questo il commento del consigliere. «La bocciatura del documento in cui si chiedeva una commemorazione ufficiale in memoria dei martiri delle Foibe, ossia degli italiani uccisi dai partigiani di Tito perché italiani, dimostra la vera natura ideologica di questa amministrazione. Una amministrazione che mostra una natura reticente e negazionista nei confronti di una tragedia troppi anni taciuta e ancor oggi sminuita, se non addirittura giustificata da una certa sinistra».

Uno schiaffo agli esuli 

Aguzzetti, che è stato espulso dopo la bocciatura della mozione, prosegue: «Questa è una grave mancanza di rispetto soprattutto per i residenti del quartiere Giuliano Dalmata di Acilia, che un tempo accolse gli italiani costretti a lasciare le loro case perché vittime di questa pulizia etnica. Un quartiere simbolo che ogni anno ricorda con commozione il 10 febbraio quanto accaduto». Conclude Aguzzetti ringraziando i consiglieri di opposizione per aver sottoscritto il documento «e la capogruppo della Lega Monica Picca per aver abbandonato l’aula per solidarietà al sottoscritto dopo la votazione. Il 10 febbraio ricorderemo i martiri delle foibe alle ore 19 a Piazza Segantini, invito i cittadini ad essere presenti e dimostreremo a questa amministrazione che anche senza la loro presenza il ricordo sarà sempre vivo».

Fonte: https://www.ilprimatonazionale.it/cronaca/roma-vergogna-pd-bocciata-la-commemorazione-per-i-martiri-delle-foibe-nel-x-municipio-222078/

Matteo Castagna a Canale italia: “Bergoglio chiarisca sulle coperture”. “Salvini? Il popolo è con lui”

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di Lucia Rezzonico

Ieri, Domenica 26 Agosto, il nostro Responsabile Matteo Castagna è stato nuovamente ospite della trasmissione “Notizie Oggi” su Canale Italia, emittente nazionale e internazionale (grazie al satellite) condotta da Gianluca Versace. Il video integrale della trasmissione si trova in cinque parti sul sito internet www.canaleitalia.it al link “programmi”  e poi “Notizie Oggi” del 26 Agosto.

Versace ha nuovamente presentato, come nel corso della puntata del 13/08 l’importante ed interessante, ma non facile saggio di Castagna: “CATTOLICI TRA EUROPEISMO E POPULISMO” (Edizioni Solfanelli) che si può acquistare inviando una mail coi propri dati a christusrex@libero.it  ed effettuando il pagamento di € 17,00 + 2 di spese di spedizione (€ 19,00 in tutto) o recandosi in posta o presso le tabaccherie con Lottomatica e caricando la Postepay n. 4023600944551516 e C.F.: RNLSLV72B64L781I oppure con bonifico bancario intestato a Matteo Castagna: IT30G0622511731615257645207  oppure direttamente presso la casa editrice Solfanelli: http://www.edizionisolfanelli.it/cattolicitraeuropeismo.htm

Anche questa volta, ospite lo scrittore Luciano Lincetto, poi l’imprenditore Biolcati ed un esponente curdo.  Continua a leggere

Fantoccio del Duce a Macerata, solita tragicommedia degli infami

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La vigliaccheria dei nonni, padri, figli, figliastri di traditori, imboscati e compagni è sempre la stessa. Ma la Mussolini non va lasciata sola, perché la sua è una battaglia di civiltà, che finalmente va portata a compimento: “in gabbia i cani da Piazzale Loreto!” (Matteo Castagna, “Christus Rex”)

Scritto e segnalato da Antonio Amorosi

Macerata, scontro tra Alessandra Mussolini e il sindaco sul fantoccio del duce

Dopo il fantoccio del duce in piazza a Macerata, scontro al limite dell’impatto fisico tra Alessandra Mussolini e il sindaco Pd Romano Carancini

 Macerata, scontro tra Alessandra Mussolini e il sindaco sul fantoccio del duce

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