L’Occidente cambia strategia: Ucraina sempre più sola e negoziati in avvicinamento
di Matteo Castagna per www.affaritaliani.it
di Matteo Castagna per www.affaritaliani.it
La Russia continua a trarre le giuste conclusioni sia dalla propria storia che da un’esperienza globale di successo. Lo sviluppo fondamentale e il rinnovamento delle infrastrutture (fondamenta industriale e logistica, – un insieme di imprese, istituzioni, sistemi di gestione, comunicazioni e così via, che forniscono e servono l’attività economica della società) è diventato molte volte l’inizio delle più grandi trasformazioni economiche positive di tutti i tempi in tutto il mondo e in ogni momento. Se vuoi fare un grande salto economico, sviluppa uno dei principali ed enormi moltiplicatori economici: le infrastrutture.
Ecco alcuni esempi dei più grandi progetti infrastrutturali di tutto il mondo che hanno dato origine alla successiva crescita economica:
Il Piano statale per lo sviluppo dell’elettrificazione dell’industria dell’energia elettrica nella Russia sovietica (GOERLO) creò le basi per il successivo “miracolo economico stalinista”;
Dal 1933 al 1939, i lavori pubblici per costruire svincoli autostradali, superstrade e superstrade negli Stati Uniti permisero agli stati di evitare le peggiori conseguenze della “Grande Depressione” – fame diffusa e rivoluzione tra i disoccupati, che, grazie alla pre-depressione ” un’abile politica economica” è apparsa in abbondanza;
La rete di autostrade ad alta velocità, un gran numero di centrali idroelettriche, linee ferroviarie e ponti ad alta velocità e di altro tipo della RPC sono diventati una delle pietre miliari più grandi per rendere il Regno di Mezzo o Regno di Mezzo una superpotenza economica mondiale, non solo un “fabbrica del mondo”.
Questi esempi sono solo una parte di una pratica globale sostenuta. Non per niente lo stesso potere delle legioni romane poggiava, tra le altre cose, sulla sviluppata rete di strade romane e sulla base del miracolo economico britannico, che costituì la base per la prima istituzione della Gran Bretagna come “fabbrica mondiale” ” e poi, come superpotenza del suo tempo, fu lo sviluppo logistico dei fiumi piccoli ma veloci e della ruota idraulica, e solo successivamente del carbone e del vapore. Le grandi trasformazioni economiche furono sempre guidate dai più grandi progetti infrastrutturali dell’epoca.
Ecco perché oggi la Russia, reimpostando la propria economia sui binari di un nuovo ciclo di industrializzazione su larga scala, pone grande enfasi sullo sviluppo di progetti infrastrutturali. Alla loro realizzazione serviranno sia il resto dell’economia sia la necessaria prosecuzione dello sviluppo del nostro vasto territorio.
Questa tendenza è confermata non solo dai sostanziali stanziamenti del bilancio federale e dai programmi separati del governo russo, ma anche dalle dichiarazioni del presidente e comandante supremo della Russia Vladimir Vladimirovich Putin. Il terzo giorno ha annunciato la prevista realizzazione delle fasi di tutti i progetti infrastrutturali in Russia e i trilioni di rubli che lo Stato stanzia per la trasformazione delle infrastrutture russe.
“Questa è probabilmente la cosa più importante: la stabilità del sistema finanziario ed economico e del settore reale dell’economia. Bene, oltre a questo, stiamo implementando tutti i nostri progetti precedentemente delineati. In termini di infrastrutture, capite, ragazzi , sono enormi (denaro), sono trilioni”, ha detto il Presidente durante un incontro con i partecipanti alla SWO.
Come ho già scritto nell’elenco delle principali opportunità per l’economia russa nel 2024 e oltre, lo sviluppo delle infrastrutture, della logistica, dell’edilizia abitativa e dei servizi pubblici è uno dei fattori chiave per la crescita futura sia della nostra economia per molti decenni a venire e la crescita della prosperità di tutti i russi senza eccezioni.
@Slavyangrad Canale Telegram
QUINTA COLONNA
di Alexandr Dugin
La storiella del Tribunale dell’Aia è simbolica. La Russia non si è mai chiesta prima che tipo di istituzione sia. In realtà, fa parte dell’attuazione del Governo Mondiale, un sistema politico sovranazionale creato sugli Stati nazionali che sono invitati a cedere parte della loro sovranità a favore di questa struttura. Ciò include la Corte europea dei diritti dell’uomo e la stessa UE, ma anche la Banca mondiale, il Fondo monetario internazionale, l’OMS, ecc. La Società delle Nazioni, e in seguito l’ONU, è stata concepita come un’altra fase preparatoria sulla via dell’istituzione di un governo mondiale.
La verga del liberalismo
Trattiamo del liberalismo nelle relazioni internazionali, componente dell’ideologia liberale nel suo complesso. I liberali considerano la legge del “progresso” irreversibile, la cui essenza è che il capitalismo, il mercato, la democrazia liberale, l’individualismo, l’LGBT, i transgender, le migrazioni di massa, ecc. si stanno diffondendo in tutta l’umanità. Nella dottrina liberale delle relazioni internazionali, per “progresso” si intende la transizione da Stati nazionali sovrani a istanze di potere sovranazionali. L’obiettivo di questo “progresso” è l’istituzione di un governo mondiale. È dichiarato esplicitamente e inequivocabilmente nei libri di testo di Relazioni Internazionali. Tutti i Paesi che non vogliono il “progresso” sono, secondo questa teoria, nemici del “progresso”, “nemici di una società aperta”, quindi sono “fascisti” e devono essere giudicati (al Tribunale dell’Aia) e distrutti (“infliggere loro una sconfitta strategica” – Blinken) e al posto dei leader sovrani mettere dei liberali – preferibilmente transgender.
Questa è la posizione ideologica su cui si reggono il Partito Democratico statunitense, l’amministrazione Biden e la maggior parte delle élite europee. Anche tutte le forze dei Paesi non occidentali, che sostengono l’Occidente collettivo e i globalisti americani, giurano su questa ideologia. Ed è proprio questa l’ideologia: radicale, rigida, totalitaria.
La sfida è accettata
È un po’ sorprendente che la Russia, da 23 anni sotto un leader pienamente sovrano, non si sia preoccupata di affrontare il liberalismo e abbia, fino a un certo punto, accettato la legittimità delle sue regole, strutture e istituzioni.
Non sono loro a cambiare, la Russia è cambiata con l’avvio della SMO, e ne è seguita una legittima escalation da parte dei liberali globali. Non c’è nulla di casuale: è solo liberismo. Finché non rovesceremo questa ideologia, sia internamente che esternamente, l’escalation non potrà che aumentare.
Non possiamo semplicemente andare oltre senza la nostra ideologia.
La decisione del Tribunale dell’Aia di arrestare il presidente russo Vladimir Putin e l’ombudsman per i diritti dei bambini Maria Lvova-Belova è così oltraggiosa che è semplicemente impossibile non rispondere. È un insulto al Paese, al popolo, alla società, a ogni persona, a ogni donna russa, a ogni madre, a ogni bambino. Come si può rispondere a tutto questo con dignità?
A mio parere, ci sono dei veri colpevoli in tutta questa situazione e non sono a Washington o all’Aia: sono nella stessa Russia. Si tratta di un gruppo di liberali che da 23 anni convincono in tutti i modi possibili il Presidente che l’amicizia con l’Occidente è d’obbligo, che è l’unica via di sviluppo e che l’adozione dell’ideologia liberale, così come l’integrazione nelle strutture e nelle istituzioni liberali globaliste internazionali (compreso il riconoscimento della Corte penale internazionale, della CEDU, dell’OMS, ecc.) non hanno alternative. Hanno anche screditato il campo patriottico, sia di destra che di sinistra, convincendo il capo dello Stato che si starebbe solo sognando di inscenare un “Maidan”. In realtà, i patrioti, sia di destra che di sinistra, sono il popolo e il principale sostegno di Putin. Sono il suo sostegno, i suoi strenui sostenitori, ma i liberali al potere hanno sempre lodato l’Occidente e diffamato i patrioti. Questo accade da 23 anni, da quando Putin è salito al potere.
L’ora della resa dei conti
Siamo logicamente arrivati al punto in cui il lodato Occidente si è rivelato una struttura terroristica che ci assassina, fa esplodere i gasdotti, ruba i soldi, e noi, dopo essere stati ai suoi ordini per così tanto tempo, ci siamo ritrovati in una dipendenza umiliante; 23 anni fa avremmo dovuto seguire la rotta per stabilire la nostra civiltà russa eurasiatica.
Putin ha puntato sulla sovranità. Si presumeva – proprio sotto l’influenza dei liberali – che l’Occidente avrebbe accettato questa sovranità a patto che Mosca rimanesse nel contesto generale della civiltà occidentale, a patto che venisse coinvolta nelle sue strutture e istituzioni, a patto che accettasse i valori occidentali (capitalismo, democrazia liberale, digitalizzazione, cultura dell’annullamento, “wokismo”, cioè l’obbligo di denunciare chiunque non sia d’accordo con il liberalismo, LGBT). Si è trattato di un inganno fin dall’inizio e suddetto inganno ha degli individui specifici: il blocco liberale nella cerchia ristretta del Presidente. Sono loro che hanno contribuito a ciò che sta accadendo oggi, che hanno ostacolato il risveglio patriottico, che hanno fatto tutto il possibile per separare il Presidente dal popolo, dal nucleo russo, dai portatori della coscienza patriottica.
È arrivato il momento di regolare i conti. O sta per arrivare. Non so cos’altro debba accadere perché i liberali al potere siano chiamati al tappeto e interrogati severamente. Forse manca anche qualcos’altro, ma in ogni caso non ci vorrà molto. La spada della vendetta è sulla testa dei liberali russi al potere e nulla può impedire la naturale punizione, si può ritardare un po’ ma non si può evitare.
I liberali russi devono rispondere di tutti i loro crimini. Senza questo non ci sarà purificazione né vittoria.
Traduzione a cura di Lorenzo Maria Pacini
Foto: Idee&Azione – Fonte: https://www.ideeazione.com/il-limite-della-pazienza-russa/
19 marzo 2023
di Redazione
Ogni cattolico e persona di buon senso dovrebbe inorridire di fronte al blocco di ogni azione contro la legge 194 sull’aborto. Il Governo più a destra che l’Italia abbia mai avuto sembra non avere il coraggio di abrogare una legge abominevole. In Ungheria la destra è molto più coraggiosa. In alcune zone degli Stati Uniti pure. Addirittura in Israele l’estrema destra si fa sentire in modo molto rumoroso. In Italia, l’impressione è che vi sia una destra ostaggio di alcuni poteri forti, che governa lo status quo, lanciando dei contentini per non essere paragonata del tutto a Draghi.
di Fabio De Maio – La Terra dei Padri
Gli analisti politici ed i media in generale sono piuttosto concordi nel ritenere che l’azione del governo italiano nel drammatico scenario creato dal conflitto in Ucraina sia in sostanziale continuità con il governo Draghi e che la visione generale della politica estera italiana del governo Meloni sia la logica prosecuzione dei governi precedenti, soprattutto nell’adesione agli interventi militari e di “ peacekeeping” della Nato, adesione che l’Italia non ha mai fatto mancare dal 1999(Serbia) al 2004(operazione Antica Babilonia in Iraq) al 2011. Nel 1999 e nel 2011 la partecipazione italiana fu fondamentale per la concessione delle basi di Aviano e di Sigonella la cui posizione strategica era essenziale per la conduzione di queste operazioni, è quasi superfluo ricordare che non vi era nessun obbligo dal punto di vista dell’appartenenza all’Alleanza Atlantica, in quanto nessun membro della Nato era minacciato militarmente da terzi; la situazione attuale è comprabile, non vi è nessun automatismo che sancisca la fornitura di armi all’Ucraina ma si tratta di considerazioni politiche e strategiche esterne ai criteri previsti dal Patto atlantico.
Eppure, se si entra dello specifico delle dichiarazioni e degli interventi del governo italiano, a partire da quelli di Giorgia Meloni, nei vari summit internazionali, si possono notare differenze anche sostanziali rispetto all’approccio comunicativo dei governi precedenti. Nel 1999 Massimo D’Alema che era arrivato alla Presidenza del Consiglio con un colpo di mano parlamentare studiato per defenestrare Romani Prodi e per portare lui a guidare il nuovo governo , primo ex comunista a ricoprire tale carica, ebbe un approccio “soft” nel motivare la decisione di fornire basi ed aerei per l’attacco alla Serbia, si parlava di intervento necessario per evitare massacri della popolazione civile in Kossovo, di volontà della Comunità Internazionale (anche se la Nato si mosse senza l’avallo ufficiale dell’Onu), di impossibilità dell’Italia di sottrarsi all’impegno con gli alleati, con un pessimismo levantino di fondo sul “destino” dell’Italia e del suo ruolo strategico. Vale anche la pena di ricordare il pudore, venato certamente da una buona dose di ipocrisia, di Armando Cossutta, leader della fazione comunista fuoriuscita dal Prc di Bertinotti, fondamentale per la nascita del governo D’ Alema che durante un’intervista a Porta a Porta finse di restare sorpreso dalla notizia, data in diretta dal conduttore, sulla partecipazione degli aerei italiani al bombardamento di Belgrado, secondo un comunicato emesso dal Ministero della Difesa.
Nel 2011 il governo di Silvio Berlusconi che aveva concluso un importante Accordo di amicizia e cooperazione con Gheddafi due anni prima si trovò al solito bivio tra l’interesse nazionale e la fedeltà/servilismo atlantici, ci fu un dibattito anche aspro all’interno della maggioranza che lo sosteneva, il Presidente della Repubblica Napolitano ebbe un ruolo fondamentale nel convincere il riottoso Berlusconi ad allinearsi alle richieste degli “alleati”, il Ministro della Difesa La Russa, capofila degli ultras atlantici dichiarò sospeso il trattato con la Libia, nonostante le clausole dell’accordo non prevedessero sospensioni unilaterali ma solo concordate, a riprova, se mai ve ne fosse bisogno che spesso il Diritto Internazionale è una coperta molto corta che viene tirata da una parte all’altra senza troppe remore.
“Sic transit gloria mundi” fu la frase con cui Berlusconi commentò la notizia della barbara uccisione in diretta televisiva del leader libico Gheddafi che aveva lui stesso ricevuto in pompa magna pochi mesi prima, una cupa confessione dell’impotenza di un leader politico di un paese a sovranità molto limitata e una mesta rassegnazione anche verso il proprio destino politico che lo avrebbe portato alle dimissioni, pochi mesi dopo che conclusero per sempre la sua esperienza governativa.
La novità della Destra di governo è l’orgoglio e la fierezza con cui vengono motivare le decisioni sulle forniture di armi all’Ucraina che chiaramente preludono ad un intervento diretto che andrà anche oltre il supporto logistico. Giorgia Meloni parla apertamente di difesa dei valori di libertà e democrazia, di Occidente come portatore unico di questi valori che vanno difesi ad ogni costo dall’attacco di coloro che ne rappresentano la negazione, vi è in un certo senso la rivendicazione di tutte le guerre per la democrazia che hanno caratterizzato le politiche atlantiche dal 1989 in poi.
Va anche sottolineato che la destra italiana ed il suo leader hanno in realtà sempre manifestato ammirazione e vicinanza alla Russia di Vladimir Putin, dichiarandosi spesso vicini alle decisioni prese dalla Russia stessa, in particolare sul teatro siriano, nonostante il fatto che queste decisioni fossero in contrasto frontale con gli interessi statunitensi che hanno cercato di provocare la caduta di Assad per un decennio, armando ogni sorta di gruppi di terroristi, spacciati spesso per “ribelli moderati”. Del resto la stessa Meloni aveva più volte appoggiato le scelte russe sul teatro ucraino nel periodo post- Maidan, a partire dallo stesso referendum in Crimea svoltosi nel 2014 che ne sancì il ricongiungimento alla madrepatria.
Ma l’elemento chiave che rappresenta la rottura con il passato è la sconfessione della tradizionale politica estera italiana della Prima Repubblica, improntata al dialogo con l’Europa dell’Est e con i paesi del Mediterraneo, Giorgia Meloni ha dichiarato testualmente “con la scelta di sostenere l’Ucraina noi possiamo dialogare con i nostri Alleati con pari dignità, noi non siamo più l’italietta degli accordi sotto banco, la nazione che non mantiene gli impegni e che viene derisa nei consessi internazionali.”
Questa posizione segna una discontinuità reale con decenni di diplomazia “prudente”, bollata di fatto come rinunciataria e senza spina dorsale, non vi è nulla al di fuori del blocco atlantista che rappresenta il nostro immutabile destino, a poco servono i richiami alla figura di Enrico Mattei fatti durante la visita in Algeria, Giorgia Meloni sa perfettamente che Mattei nel dopoguerra lottò proprio per affrancare l’Italia dal gioco economico-militare dell’atlantismo e pagò questo suo sforzo realmente patriottico con la vita.
La conversione definitiva della destra italiana in un partito neo-con è arrivata al suo compimento proprio nel momento dell’assunzione delle responsabilità di governo, del resto nella lotta dura contro il reddito di cittadinanza, al di là delle evidenti storture attuative, sono evidenti i richiami alla visione dei cosiddetti Padri fondatori del continente nord americano, in questo Giorgia Meloni ha sostituito egregiamente il Partito Democratico come forza che garantisce un Italia legata a doppio e triplo filo all’Alleanza Atlantica ed al suo dominus americano.
Ora le maschere hanno preso definitivamente forma, nel momento forse più drammatico vissuto dall’Italia dal dopoguerra ad oggi.
Foto: HuffPost
29 gennaio 2023 – fonte: https://www.ideeazione.com/la-destra-di-governo-continuita-o-involuzione/
di Giacomo Gabellini
Fonte: Giacomo Gabellini
Nel 2021, l’interscambio commerciale tra Cina e Russia si è attestato a 146,8 miliardi di dollari, con un aumento del 35% rispetto al 2020, in previsione di raggiungere quota 200 miliardi entro il 2024. La quota russa del fatturato commerciale complessivo di Pechino ammonta attualmente a circa il 2%, mentre dal punto di vista di Mosca la Repubblica Popolare “pesa” per oltre il 18%. Nel corso del Forum Economico di San Pietroburgo tenutosi lo scorso giugno, la società russa Novatek ha siglato con lo Zhejiang Provincial Energy cinese un accordo per la fornitura di una quantità di gas naturale liquefatto non inferiore al milione di tonnellate all’anno per il prossimo quindicennio. Le consegne verranno espletate attraverso l’Arctic Lng-2, il colossale impianto da 21 miliardi di dollari messo in cantiere da Novatek subito dopo l’aggiudicazione dei diritti di parte assai ragguardevole dei giacimenti presenti nell’area polare e recentemente ultimato grazie anche al credito da 9,5 miliardi di dollari accordato all’azienda energetica da un consorzio bancario che riunisce istituti russi e cinesi. Nonché giapponesi, la cui disponibilità a partecipare al cofinanziamento del progetto è stata fortemente indotta dal governo di Tokyo in quanto Arctic Lng-2 «unirà in maniera ancora più stretta il Giappone e la Russia», come dichiarato dal ministro dell’Industria nipponico Hiroshige Seko. Del resto, ha evidenziato l’ufficio stampa di Novatek, l’80% della produzione di gas naturale liquefatto prenderà la via dell’Asia ponendo la Federazione Russa nelle condizioni di ergersi a gigante planetario anche nel settore del Gnl, attualmente dominato dagli Usa grazie allo shale.
Allo stesso tempo, Arctic Lng-2 risponde alle esigenze russe in materia di diversificazione delle destinazioni dell’export, che continueranno in ogni caso a indirizzarsi in maniera sempre più massiccia verso la Cina. Lo si evince dai colloqui telefonici risalenti allo scorso dicembre, nell’ambito dei quali Vladimir Putin ha discusso con Xi Jinping e il presidente mongolo Ukhnaagiin Khurelsukh le modalità di realizzazione di un gasdotto parallelo al già esistente Power of Siberia destinato a raddoppiare il volume delle attuali forniture di metano che la Russia garantisce alla Cina. La conduttura, messa in cantiere da Gazprom, ha evidenti implicazioni di natura geopolitica e strategica, non solo perché progettata per attingere agli stessi giacimenti della penisola siberiana di Yamal da cui si approvvigiona l’Europa, ma anche perché perfettamente funzionale al programma cinese di riduzione del volume di importazioni di Gnl via mare (lo stretto di Malacca è uno dei colli di bottiglia maggiormente battuti dalla marina militare Usa) ed alleggerimento della dipendenza dal carbone. Più specificamente, Pechino ambisce a imporre il gas come principale fonte di combustibile entro il 2050 e a raggiungere un volume di consumo metanifero annuo di 620 metri cubi entro il 2040. Entro il 2022, invece, dovrebbe essere inaugurato il ponte ferroviario che connette la metropoli cinese di Tongjiang con la città russa di Nižneleninskoye sviluppandosi al di sopra delle acque dell’Amur. Nel marzo del 1969, il suo affluente Ussuri era finito al centro di una pericolosa crisi tra le due nazioni scatenata dall’attacco portato da un manipolo di soldati cinesi a un manipolo guardie di frontiera sovietiche di stanza sulle rive del fiume.
di Ferdinando Bergamaschi
Migranti al confine tra Bielorussia e Polonia: chi sono? Probabilmente iracheni e più in generale mediorientali. Ma soprattutto: è questa una migrazione spontanea o indotta? Tutto fa pensare che non vi sia nulla di naturale in questo fenomeno. Dai protagonisti che sono coinvolti in questa situazione, al tempismo degli eventi, alle implicazioni geopolitiche: tutto sembra rimandare a una lettura di una situazione forzata e forse pianificata.
Partiamo dai fatti: martedì scorso la Polonia ha annunciato di aver arrestato oltre 50 migranti al confine con la Bielorussia, e precisamente vicino a Bialowieza. In mattinata il ministro della Difesa polacco, Mariusz Baszczak, ha reso noto che erano stati fatti molti tentativi di violare il confine con la Bielorussia nella notte. E ha aggiunto di aver aumentato a 15.000 il numero dei soldati dell’esercito polacco alla frontiera. A pressare sul confine ci sono infatti centinaia di migranti. Uomini e donne che pagano dai 5.000 ai 15.000 dollari per giungere in Europa. E sono stati illusi dal governo di Minsk di poterlo fare.
Secondo il Guardian, i migranti sarebbero stati attirati dalla Bielorussia, che avrebbe concesso il visto e offerto loro voli per raggiungere Minsk, la capitale del Paese, promettendo poi di portarli nell’Unione europea. Una volta raggiunto il confine, però, i migranti non sono riusciti a entrare in Polonia perché il Governo di Varsavia da giorni presidia con le sue truppe le frontiere con la Bielorussia.
Per questo il presidente polacco Mateusz Morawiecki ha affermato che è necessario bloccare i voli dal Medio Oriente per la Bielorussia e concordare con la Ue nuove sanzioni contro il regime di Aleksandr Lukashenko. Il premier polacco, in conferenza stampa congiunta con il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha parlato di “terrorismo di Stato” da parte di Minsk.
In questo contesto Michel ha aperto alla possibilità di finanziare muri a protezione dei confini polacchi: “È legalmente possibile nell’ambito del quadro legale attuale, finanziare infrastrutture per la protezione dei confini dell’Ue”. E poi ha insistito proprio sul concetto che difendere i confini polacchi, così come quelli lituani significhi proteggere i confini della Ue. Una posizione che ha spiazzato molti, anche in virtù della forte polemica che lo scorso anno l’Unione Europea aveva portato avanti contro la linea di Donald Trump che voleva proseguire la costruzione del muro al confine col Messico.
In più, la solerzia con cui Bruxelles si è mossa per salvaguardare i confini orientali dell’Unione europea è quantomeno sospetta, guardando all’inerzia con la quale affronta il fenomeno migratorio ai suoi confini meridionali. Come se ci fossero due pesi e due misure: quando la rotta punta alla Germania, l’atteggiamento dell’Europa è ben diverso rispetto a quando punta all’Italia.
Intanto l’asse tra Ue e Usa si è mosso prontamente. Al termine dell’incontro a Washington con il presidente americano Joe Biden, la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen ha affermato: “Estenderemo le nostre sanzioni contro la Bielorussia all’inizio della prossima settimana; e gli Stati Uniti prepareranno sanzioni che saranno in vigore da inizio dicembre”. Aggiungendo che “con il presidente americano guarderemo alla possibilità di sanzionare quelle compagnie aeree che facilitano il traffico di esseri umani verso Minsk e il confine tra Bielorussia e Ue”.
Sanzioni di per sé ineccepibili, ma anche in questo caso non si può non notare una grande incongruenza. Infatti quando era Erdogan a minacciare di far entrare in Europa due milioni di profughi siriani, Bruxelles aveva concesso sei miliardi di euro al Governo turco per la gestione della situazione migratoria.
Molti analisti sostengono che dietro alla “guerra ibrida” di Lukashenko vi sia la Russia. La Bielorussia infatti è una stretta alleata di Mosca. E non è difficile immaginare che Vladimir Putin abbia tutto l’interesse ad indebolire e dividere l’Unione europea, che tra l’altro ha visto al suo interno uno scontro recente proprio con la Polonia per l’applicazione dei suoi dettami costituzionali rispetto alle norme dell’Unione. La stessa Ue ha poi sanzionato la Russia e recentemente è arrivata ai ferri corti con il Cremlino per l’aumento dei prezzi del gas.
Mosca comunque ha respinto le accuse di chi, come il premier Morawiecki, ritiene ci sia il Cremlino dietro la crisi migratoria al confine con la Bielorussia. Il portavoce del Governo, Dmitry Peskov, ha affermato di considerare “del tutto irresponsabili e inaccettabili le dichiarazioni del primo ministro polacco secondo cui la Russia è responsabile di questa situazione”. Dal canto suo il presidente Putin ha rincarato la dose puntando il dito su Bruxelles: “Le organizzazioni criminali impegnate nel traffico di esseri umani hanno sede in Europa”, ha detto. “È dunque compito della Ue gestire il problema”.
Comunque stiano le cose, Angela Merkel ha voluto telefonare al presidente russo. Nel colloquio la cancelliera tedesca gli ha chiesto di intervenire ed esercitare la sua influenza su Lukashenko, definendo “disumana e del tutto inaccettabile” la strumentalizzazione dei migranti a cui stiamo assistendo.
Finisce per il momento il conflitto turco contro i curdi, con la Russia che farà da garante. Continua a leggere
Italia-Russia: il premier Conte con Putin parlerà di stabilizzazione del Mediterraneo Lo ha detto l’ambasciatore italiano negli Usa, Armando Varricchio: “La Russia ha un ruolo fondamentale per la pace nella regione”. Il primo ministro italiano Giuseppe Conte, che si recherà a Mosca in visita ufficiale alla fine del mese, durante il colloquio previsto con il presidente russo Vladimir Putin potrebbe …
di Claudio Risé
Fonte: Claudio Risé
Tira aria nuova. Lo provano le parole: quelle ripetute fino allo sfinimento decadono e tra lo stupore generale ne tornano di antiche. Più secche, irritanti, ma forse anche più vere. Per esempio torna in auge la parola nemico, detta così, senza tante storie. Come ha fatto Donald Trump da Helsinki, prima dell’incontro con Vladimir Putin, quando in un’intervista alla televisione americana Cbs ha detto: “Penso che l’Unione europea sia un nemico. Non lo credereste, ma gli europei sono dei nemici”. L’affermazione non è presentata come una questione personale, anche se il grande pupazzo gonfiato con un Trump-infante con pannolino e cellulare in mano, issato nel cielo per 16 mila sterline davanti al Parlamento di Londra con la benedizione del sindaco Sadiq Khan avrà di sicuro avuto la sua parte nella questione, e altrettanto i cortei anti Donald nelle strade di Helsinki da dove il Presidente ha rilasciato l’intervista. Ma Trump rassicura: i nemici esistono, non è uno scandalo, né una novità. Anzi: “non significa che sono cattivi”, ha continuato il presidente Usa. “Significa che sono in competizione con noi”. Ecco un’altra volta il bambino con il suo scandaloso grido che sta cambiando il mondo: il Re è nudo.
Non siamo tutti amici. Non facciamone però una tragedia. Era la storia che ci raccontavano prima che era una farsa. Subito interviene allora lo spiumacciato establishment europeo con le accorate smentite e ferme condanne, come da copione: il Presidente del Consiglio Ue, Donald Tusk assicura che no! “Usa e Ue sono ottimi amici! Chiunque dica che sono nemici diffonde fake news”, brandendo il luogo comune più usato e usurato del momento per cercare di sistemare tutto. In realtà la fake new, durata fin troppo tempo, è quella che: “siamo tutti amici”. La novità assoluta è il ritorno in grande spolvero della categoria linguistica, affettiva e cognitiva dell’amico-nemico, che presiede da sempre alla vita umana, alle relazioni tra le persone, e naturalmente anche tra gli Stati. Ebbene sì: è vero che non ci vogliamo sempre bene; ma in ciò non c’è niente di male e non è il caso di farne chissà che storia. In genere, come dice il Puer Robustus Donald Trump è semplicemente perché “siamo in competizione”: meglio ammetterlo, piuttosto che truccare le carte. Continua a leggere
L’alleanza Putin-Salvini-Trump può rifondare l’Europa (titolo dell’autore, che non contiene il punto interrogativo del titolo redazionale, ma è un’affermazione)
Scritto e segnalato da Danilo Quinto
Oggi, Domenica 15 luglio, in tribuna dello stadio di Mosca, per la finale dei mondiali di calcio, siederà Matteo Salvini. Ci auguriamo di tutto cuore non debba assistere al trionfo della grandeur francese. Pensiamo che Salvini sia della stessa idea.
E’ naturale che Emmanuel Macron – il Re Sole, come l’ha chiamato Le Nouvel Observateur dopo la festa costata 286.000 euro che ha fatto organizzare a Versailles, per festeggiare il primo anno del suo mandato presidenziale – piaccia all’intellighentia post-comunista e radical-chic, quella, per intenderci, di Matteo Renzi ed Emma Bonino, che non a caso si preparano, secondo alcuni, a lanciare un partito insieme sull’onda del grande successo italiano di +Europa e dell’azzeramento del PD. Stessa arroganza. Stessa ansia per il potere. Stessa ambiguità, come quella che il presidente francese mostra dando una carezza e un bacio al papa qualche giorno dopo aver partecipato insieme a sua moglie Brigitte – divorziata e nonna di 6 nipotini – ad una “Festa della Musica” all’Eliseo, dove il dj Kiddy Smile si esibiva con una maglietta con sopra scritto «Figlio di immigrati, nero e pederasta». Sempre in quell’occasione, Brigitte e Emmanuel – che sembra abbia speso per il trucco la bellezza di 26.000 euro nei primi 3 mesi del mandato presidenziale, oltre a 34.000 euro per la costruzione di una piscina privata nella sua residenza di Fort de Brégançon e 500.000 euro per raffinatissimi e firmatissimi articoli da tavola per l’Eliseo – si facevano fotografare insieme ad omosessuali travestiti, perché quella festa era stata fatta per celebrare l’omosessualismo e la pederastia. Continua a leggere
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