Web e bambini: ecco perché i fondatori lo vietano ai propri figli

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di Elena Gadaldi

Gli argomenti di questo articolo:
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Come possiamo limitare l’uso dei dispositivi?

Sempre più spesso mi capita che i genitori mi chiedano quanto tempo possono lasciare i figli davanti a smartphone e dispositivi vari: quante ore durante il giorno? E quante ore durante la notte?

Quindi, di fronte ad un numero sempre crescente di richieste e difficoltà, ho cercato e scoperto cosa fanno coloro che hanno fondato siti web e piattaforme social, e devo dire che è stata una piacevole sorpresa. Ma andiamo con ordine.

Cosa dice l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) rispetto al tempo di utilizzo di supporti tecnologici e social?

Le linee guida dell’OMS non lasciano spazio a dubbi e chiariscono che il primo grosso limite da tenere presente è legato all’età: da 0 a 2 anni, divieto assoluto, quindi niente schermi di alcun genere; dai 2 ai 4 anni, al massimo 1 ora al giorno; dai 6 ai 10 anni non più di 2 ore fermi davanti a schermi televisivi o di altro genere.

Perché i tempi di esposizione sono chiari e definiti?

Perché stare troppo tempo davanti agli schermi danneggia i bambini sotto vari aspetti: disturbi del comportamento alimentare, soprattutto obesità e sovrappeso, problemi sviluppo motorio, problemi di sviluppo cognitivo e psico-sociale, unitamente ad una difficoltà appresa ad esprimersi soprattutto dal punto di vista emotivo.

Fino a circa 20 anni fa, internet faceva la differenza: solo chi aveva le possibilità economiche, poteva usufruire di questo importante canale per conoscere il mondo fuori casa. Oggi, soprattutto con la pandemia, la tecnologia ha raggiunto livelli altissimi e per tutti.

Gli americani si sono studiati e hanno scoperto che nel 2011 solo il 23% degli adolescenti possedeva smartphone o tablet, oggi la percentuale è salita al 95%.

Si passa da una media di 8 ore circa al giorno in adolescenti appartenenti a famiglie a basso reddito a quasi 6 ore al giorno in caso di famiglie a reddito più elevato.

Cosa ne pensano i creatori di questi dispositivi?

Tengono lontani i loro figli da qualsiasi tipo di social o dispositivo!

Vediamo alcuni nomi famosi.

Bill Gates (fondatore di Microsoft) non ha dato il cellulare ai figli prima dei 14 anni; Sundar Pichai, amministratore delegato di Google, ha vietato ai figli il cellulare prima dei 14 anni e limitato la tv; Evan William co-fondatore di Twitter, Blogger e Medium, preferisce comprare libri anziché dispositivi tecnologici, e questi sono solo alcuni degli esempi che riporto ai genitori che chiedono cosa e come fare.

E fuori casa cosa succede?

Sempre in America (zona Silicon Valley dove nascono i grandi della tecnologia), a scuola per esempio, anziché favorire l’uso di supporti digitalizzati, è preferibile avvalersi di strumenti “semplici”, ma ad alto impatto, interazione e tanto movimento (non voglio fare alcun tipo di pubblicità, ma a me ricorda la scuola Montessoriana, carica di stimoli e movimento).

Per certi aspetti, sembra un ritorno a vecchie abitudini: io ricordo perfettamente che mia nonna mi concedeva la tv 30 minuti al giorno, giusto per guardare un paio di cartoni animati e poi cercava, per quel che poteva, di giocare con me. È ovvio che oggi sia tutto diverso e spesso non ci si possa permettere le medesime abitudini di 20 o 30 anni fa, ma a volte si tratta solo di fare attenzione e, perché no, accettare la sfida di ispirarsi al passato.

E quindi dobbiamo vietare l’uso dei dispositivi?

Come rispondo spesso ai genitori, il problema non è la tecnologia in sé, ma provvedere ad una educazione che tuteli i bambini e i ragazzi. Non si può eliminare la tecnologia che ormai fa parte della nostra vita (io stessa in questo momento la sto utilizzando!), ma insegnare a far si che diventi uno strumento e non una dipendenza.

E come possiamo limitare l’uso dei dispositivi?

Si può iniziare dal principio, cioè a non far diventare la tecnologia un problema limitando il tempo sin dai primi utilizzi. Partiamo da piccole regole: non si usano dispositivi durante i pasti (oltre a non favorire il rapporto in famiglia, creano danni al rapporto con il cibo); non si va a dormire con il telefono (molti disturbi del sonno sono legati ad un uso spropositato durante le ore notturne); quando si può, si cerca di favorire lo stare all’aria aperta anziché l’uso illimitato del divano.

Difficile?

Si, credo che lo sia, soprattutto perché l’uso degli smartphone spesso diventa un gioco per i bambini e una “comodità” per i grandi. Ma questa è tutta un’altra storia.

Gli effetti a cascata della guerra informatica

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di Leonid Savin

In questo articolo, affronteremo gli aspetti attuali della guerra informatica [“cyber”] condotta dagli Stati Uniti e dai Paesi della NATO contro la Russia. Naturalmente, il concetto stesso di “cyber” dovrebbe essere inteso nel senso tradizionale e platonico, dove “cybernet” è il sovrano. Di conseguenza, anche l’applicazione delle moderne tecnologie di comunicazione è una questione di dominio e controllo.

Il 10 marzo 2022 si è tenuta negli Stati Uniti un’altra conferenza giuridica del Cyber Command, per discutere una serie di aspetti legali e questioni di sicurezza nazionale.

Dato che l’operazione della Russia in Ucraina in quel momento era già in corso, il capo del Cyber Command, il generale Nakasone, non ha potuto fare a meno di menzionarla, osservando che:

“Il Cyber Command sta monitorando la prima linea digitale delle azioni russe in Ucraina… Il conflitto ucraino aumenta la probabilità che operazioni russe nel cyberspazio abbiano come obiettivo gli interessi degli Stati Uniti e degli alleati… La situazione in Ucraina ha rinvigorito le nostre alleanze e ha aumentato tra i nostri partner internazionali l’appetito per operazioni congiunte nel cyberspazio.”

Questa è un’ammissione aperta riguardo la struttura d’élite del Pentagono che lavora contro la Russia. Sembra che già dai primi giorni ci siano state, a Washington, alcune conclusioni.

Il tenente generale Charles Moore, che è il vice di Nakasone, ha spiegato che combinare le operazioni di informazione con le misure informatiche potrebbe dare agli Stati Uniti un vantaggio strategico sui futuri avversari:

“Senza dubbio, abbiamo appreso che le operazioni di attacco informatico, se combinate – più che altro un approccio globale – con quelle che tradizionalmente chiamiamo operazioni di informazione, sono uno strumento estremamente potente.”

Moore ha affermato che gli Stati Uniti dovrebbero adottare “una strategia volta a influenzare le percezioni degli avversari”.

Questo è un livello di guerra psicologica, cognitiva o mentale della guerra informatica.

Nel frattempo, Moore ha affermato che il comando ha le autorizzazioni necessarie per condurre operazioni quotidiane volte a impegnarsi continuamente con gli avversari nel cyberspazio per esporre le loro misure informatiche e costringerli a farne le spese:

“Stiamo dimostrando che possiamo operare in questo spazio al di sotto del livello di uso della forza – al di sotto di quello che considereremmo un conflitto armato – e difenderci meglio senza escalation” ha affermato ancora.

In altre parole, questo è il tipo di guerra ibrida a cui gli esperti della NATO hanno sempre fatto riferimento negli ultimi anni, poiché una delle sue caratteristiche è un livello al di sotto della soglia del tradizionale conflitto armato.

Sul lato pratico, bisogna guardare all’esercitazione informatica della NATO chiamata “Locked Shields”, che si è svolta dal 19 al 22 aprile presso il Centro di Sicurezza Informatica di Tallinn.

Secondo i funzionari, questa esercitazione annuale di difesa della rete in tempo reale offre ai partecipanti un’opportunità unica per esercitarsi nella protezione dei sistemi IT civili e militari nazionali e delle infrastrutture critiche e si svolge in un ambiente ad alta pressione, con una serie di sofisticati attacchi informatici a squadre. Le esercitazioni sono un’opportunità per praticare la cooperazione in caso di crisi tra unità civili e militari, nonché tra il settore pubblico e privato, poiché questi decisori tattici e strategici devono collaborare in caso di attacco informatico su larga scala.

Nello scenario di quest’anno, l’immaginaria nazione insulare di Berelia stava vivendo una situazione di sicurezza in deterioramento. Una serie di eventi ostili era coincisa con attacchi informatici coordinati ai principali sistemi informatici militari e civili.

Oltre a proteggere più sistemi cyber-fisici, le squadre coinvolte hanno praticato il processo decisionale tattico e strategico, la cooperazione e la subordinazione in una situazione di crisi in cui dovevano affrontare anche questioni giudiziarie e legali e rispondere alle sfide delle operazioni di informazione.

Le somiglianze con l’Ucraina sono evidenti.

Quest’anno, più di 2.000 partecipanti provenienti da 32 Paesi hanno partecipato a queste esercitazioni. Sono stati coinvolti circa 5.500 sistemi virtualizzati, oggetto di oltre 8.000 attacchi. Oltre a proteggere i sistemi IT complessi, le squadre partecipanti dovevano anche segnalare in modo efficace gli incidenti e occuparsi di operazioni forensi, legali, mediatiche e di guerra dell’informazione.

L’esercitazione è stata organizzata dalla NATO in collaborazione con Siemens, Taltech, Arctic Security e CR14. Il Centro ha riconosciuto anche gli elementi unici aggiunti a Locked Shields 2022 da Microsoft Corporation, Financial Services Information Sharing and Analysis Center (FS ISAC), SpaceIT, Fortinet.

Quindi possiamo vedere che la grande industria occidentale sta aiutando apertamente la NATO nella guerra informatica.

Dovremmo aggiungere che molti esperti di sicurezza informatica occidentali e funzionari ucraini hanno costantemente affermato che la Russia completerebbe le sue operazioni con un potente attacco informatico mirato alle infrastrutture critiche.

In generale, le pubblicazioni incentrate sull’esercito negli Stati Uniti diffondono continuamente informazioni su possibili nuovi attacchi informatici da parte della Russia contro infrastrutture critiche negli Stati Uniti e in altri Paesi occidentali.

Per inciso, alla vigilia dell’esercitazione, il Centro di Tallinn ha pubblicato un’altra monografia collettiva sulla sicurezza informatica, dedicata alle attribuzioni di attacchi informatici. Ha accusato la Russia di aver interferito nelle elezioni statunitensi e di aver lanciato un attacco informatico contro SolarWinds nel 2020.

E il 7 aprile è stata lanciata presso la sede della NATO una nuova iniziativa volta allo sviluppo di tecnologie critiche ed emergenti, il Defense Innovation Accelerator for the North Atlantic – DIANA.

DIANA dovrebbe riunire il personale della difesa con le migliori e più brillanti start-up dell’Alleanza, ricercatori accademici e società tecnologiche per affrontare le sfide critiche sulla difesa e la sicurezza. Gli innovatori che partecipano ai programmi DIANA avranno accesso a una rete di dozzine di siti di accelerazione e centri di test in più di 20 Paesi alleati. I leader della NATO hanno convenuto che DIANA avrà un ufficio regionale in Europa e Nord America. L’ufficio regionale europeo di DIANA è stato selezionato a seguito di un’offerta congiunta di Estonia e Regno Unito e il Canada sta valutando attivamente di ospitare un ufficio regionale nordamericano.

DIANA si concentrerà su tecnologie profonde e rivoluzionarie che la NATO ha identificato come priorità, tra cui: intelligenza artificiale, elaborazione di big data, tecnologie quantistiche, autonomia, biotecnologia, nuovi materiali e spazio.

Gli alleati hanno anche deciso di istituire un Fondo multinazionale per l’innovazione della NATO. Questo è il primo fondo a capitale di rischio multi-sovrano al mondo: investe 1 miliardo di euro in start-up in fase iniziale e altri fondi tecnologici profondi che corrispondono ai suoi obiettivi strategici.

Se guardate la mappa dei centri di questa iniziativa, si vede che sono concentrati nell’Europa orientale, cioè più vicino ai confini di Ucraina e Russia/Bielorussia. Questa posizione è stata chiaramente scelta con una certa intenzione.

Osservando altri aspetti pratici della guerra contro la Russia, è molto importante l’indagine giornalistica sul programma di spionaggio “Zignal Labs”, attraverso il quale gli Stati Uniti hanno seguito il movimento delle truppe russe anche prima dell’operazione in Ucraina e ne hanno identificato i soldati.

Ovviamente, questi dati sono stati trasmessi alla parte ucraina.

Anche la digitalizzazione del Pentagono procede a ritmi accelerati. Il 25 aprile, uno dei dirigenti di Lyft, Craig Martell, è stato nominato capo della trasformazione digitale e dell’intelligenza artificiale al Pentagono.

Martell ha anche lavorato sull’apprendimento automatico presso Dropbox e LinkedIn. È noto che il suo vice sarà Margaret Palmieri, capo della guerra digitale presso la Marina degli Stati Uniti.

Le forze armate statunitensi stanno ora utilizzando l’intelligenza artificiale per analizzare le operazioni di combattimento in Ucraina, il che consente un’elaborazione più rapida di grandi quantità di dati e la simulazione di vari scenari. È probabile che gli Stati Uniti vogliano ricavare una formula generale che consentirà loro di calcolare le vulnerabilità della Russia e di utilizzarle in futuro.

Inoltre, a giudicare dal sito web del Dipartimento di Stato americano, l’agenzia si sta ora concentrando sulle attività anti-russe, che non possono che essere allarmanti. Se si va sul sito del Dipartimento di Stato, si potrà vedere le pubblicazioni dedicate alla Russia ed esclusivamente in una luce negativa. Ad aprile sono stati pubblicati tre articoli, sebbene i temi siano del 2017, 2018 e 2020. Chiaramente tutto questo è integrato nella campagna di disinformazione generale contro la Russia. Detto questo, lo stesso sito Web di ShareAmerica è, come indicato, realizzato per coprire la vita e gli eventi negli Stati Uniti.

 

 

Mettendo tutto in un unico enigma e aggiungendo il flusso h24, 7 giorni su 7, di falsità fabbricate e messe in scena per scopi politici, otteniamo una conclusione piuttosto seria con cui bisogna fare i conti e rispondere di conseguenza.

Traduzione a cura di Costantino Ceoldo

Foto: Geopolitika.ru

30 aprile 2022

Fonte: https://www.ideeazione.com/gli-effetti-a-cascata-della-guerra-informatica/

L’ira del web contro Benetton e Toscani: “Metterete una maglietta rossa per le vittime di Genova?”

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Segnalazione di G.B.

La famiglia Benetton, che attraverso Atlantia controlla Autostrade per l’Italia, nel mirino dei social. Sotto attacco anche la campagne buoniste di Toscani

di Sergio Rame

Dal dolore alla rabbia. Il passaggio è immediato. Sui social network, e in particolar modo su Twitter, si sta sfogando in queste ore l’ira contro la famiglia Benetton.

Il linciaggio mediatico è, infatti, iniziato subito dopo le prime dichiarazioni dei ministri Luigi Di Maio, Matteo Salvini e Danilo Toninelli contro la società Autostrade per l’Italia che, attraverso Atlantia, è appunto controllata dai Benetton“Adesso ti metterai una maglietta rossa per le vittime di Genova?”, scrive un utente sfidando Oliviero Toscani che lo scorso 7 luglio aveva manifestato contro le politiche del governo di chiusura dei porti ai barconi carichi di immigrati clandestini.

Svariate centinaia di tweet. Uno via l’altro. Tutti spuntati poche ore dopo il drammatico crollo del ponte Morandi sull’autostrada A10. I social network si stanno scatenando contro i Benetton postando, proprio mentre il computo delle vittime aumenta di ora in ora, diversi scatti che ritraggono una il gruppo familiare sorridente e al completo. In altri post è stato pubblicato un fotomontaggio in cui si vede Toscani che stringe nella sua mano una fotografia del ponte crollato. “Adesso ti metterai una maglietta rossa per le vittime di Genova?”, gli scrive un utente facendo riferimento alla manifestazione del 7 luglio scorso a sostegno degli immigrati clandestini che sbarcono sulle coste italiane. Continua a leggere

Copyright, l’Europarlamento boccia la direttiva

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Risultati immagini per imbavagliare webNe avevamo già parlato a fine giugno. Le legge che avrebbe, con ogni probabilità, imbavagliato anche noi, non è passata. Almeno per il momento…(n.d.r.)

STRASBURGO – Il Parlamento europeo blocca la riforma del copyright. L’Eurocamera, riunita in plenaria a Strasburgo, ha respinto l’avvio dei negoziati con il Consiglio (318 no, 278 sì e 31 astenuti) su una proposta di direttiva che aveva spaccato a metà l’Assemblea. Ora la discussione della proposta è rimandata alla prossima plenaria, a settembre, ma probabile che il testo sul digital single market sia destinato a incagliarsi su ulteriori emendamenti da qui alla fine della legislatura. Anche perché il tempo stringe: a maggio 2019 si torna alle urne per le Elezioni europee e l’assemblea che si prefigura sarà «abbastanza diversa».

Le incognite di settembre
Almeno per usare l’eufemismo di un portavoce dell’Eurocamera. L’argomento non è mai stato dei più agevoli, ma la situazione si è fatta incandescente dopo l’approvazione, lo scorso 20 giugno, degli emendamenti della Commissione giuridica. A scatenare le polemiche sono state le modifiche agli articoli 11 e 13, vale a dire l’obbligo di riconoscimento economico dei contenuti diffusi dalle piattaforme (articolo 11) el’installazione di un «filtro» per impedire il caricamento online di materiale protetto da copyright (articolo 13). In realtà, la direttiva riguarda più il rapporto fra piattaforme online (come YouTube o Google) ed editori che gli utenti finali. L’intenzione del testo è di disciplinare il riconoscimento economico del diritto d’autore nell’era del Web, sostituendo un impianto normativo fermo al 2001. Continua a leggere

L’ultima della UE: il web senza immagini (e senza idee). Si chiama censura. Io non ci sto. E tu?

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di Marcello Foa

Schermata 2018-06-24 alle 16.16.34Ci stanno provando in tutti i modi da tempo, negli Stati Uniti e, soprattutto, in Europa. Chi segue questo blog sa come la penso: da quando l’establishment ha perso il controllo della Rete e soprattutto dei social media, veicolando idee non mainstream e favorendo l’affermazione di movimenti alternativi, quelli che vengono sprezzamentemente definiti “populisti”, ogni pretesto è buono per favorire misure per limitare la libertà di pensiero. Ci hanno provato usando l’ariete delle “Fake news” e il tentativo è ancora in corso, in queste ore stanno usando un altro grimaldello, il copyright.

Come ha denunciato, in perfetta solitudine, Claudio Messora su Byo Blu   la Commissione Affari Legali del Parlamento europeo, su proposta dell’immancabile commisario tedesco Oettinger,  ha dato il primo via libera alla legge sul Copyright, che di fatto, se verrà approvata anche in Aula,  permetterà di introdurre misure censorie.

L’articolo 11, instaura la cosiddetta “tassa sui link”. Non stiamo parlando, a scanso di equivoci di film o di canzoni o di interi libri, ma stiamo parlando del testo che, citato testualmente si riferisce, “anche ai più piccoli frammenti di articoli contenenti notizie”, che “devono avere una licenza”. Avete presente quel piccolo testo di anteprima che appare a fianco o sotto a un link, in mancanza del quale nessuno sano di mente si sogna di cliccare? Ecco, anche quello dovrebbe disporre di un’adeguata licenza!

Spiega Messora, che così continua: Continua a leggere

SULL’ORLO DELLA TOMBA DI INTERNET – ControRassegna Blu #18

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Risultati immagini per sull'orlo della tomba di internethttps://youtu.be/syae3upDnXg

Il video blog di Claudio Messora

FIRMA ANCHE TU PER CHIEDERE AI PARLAMENTARI EUROPEI DI NON RATIFICARE LA DIRETTIVA SUL COPYRIGHT CHE DISTRUGGERÀ LA RETE: https://www.byoblu.com/firma-per-evitare-la-distruzione-di-internet/

SCARICA QUESTA CONTRORASSEGNA E RICARICALA SUI TUOI SOCIAL OPPURE INVIALA VIA WHATSAPP A TUTTI I TUOI AMICI. PUOI SCEGLIERE TRA LA VERSIONE HD O QUELLE IN BASSA RISOLUZIONE, ADATTE AL TUO SMARTPHONE:

https://www.byoblu.com/preleva-e-diffondi-la-controrassegna-blu/

Mancano 13 giorni alla distruzione della rete per come la conosciamo. Firma adesso …o mai più! Continua a leggere

Fake News e verità indotte

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di Enrica Perucchietti

Fake News e verità indotte

Fonte: Italicum

Intervista a Enrica Perucchietti, autrice del libro “Fake News”, Arianna Editrice 2018, a cura di Luigi Tedeschi 

  1. Secondo il pensiero di Walter Lippmann, la nostra percezione della realtà è condizionata da immagini, concetti, valori morali non acquisiti direttamente, ma trasmessici da altri. Pertanto, la narrazione dei fatti è necessariamente soggettiva, una rappresentazione della realtà formatasi attraverso stereotipi, assunti quali canoni interpretativi della realtà stessa. Nella fluidità della odierna comunicazione telematica quindi nuovi stereotipi si sostituiscono a vecchie forme di manipolazione della realtà. Occorre allora concludere che se la percezione della realtà è sempre mediata dal succedersi ininterrotto di stereotipi culturali nel tempo, ogni verità scaturisce da parametri selettivi di interpretazione della realtà stessa. In tal caso le post – verità virtuali della tecnologia mediatica, non finiscono per essere equiparate alle concezioni metafisiche del sapere filosofico e/o alle verità trascendenti proprie delle fedi religiose?

Il rischio esiste. Eppure la verità è una, con le sue infinite sfumature, al di là degli stereotipi o degli archetipi culturali che ognuno di noi ha ereditato o in cui è stato indottrinato. Concordo con il filosofo Alain De Benoist secondo cui l’intento della post-verità sarebbe quello di screditare la verità presentandola come un “grande racconto” al quale non si può più credere proprio perché ognuno si è costruito la propria verità soggettiva. Sarebbe il trionfo relativismo: tutto diventa “relativo”, virtuale e pertanto caotico. A questo punto di spaesamento collettivo ecco che il Potere garantisce l’esistenza della propria verità tramite l’azione di vigilanza dei media mainstream e delle leggi introdotte per garantire l’ordine. Si vuole cioè che ognuno di noi diffidi sempre più delle notizie che può trovare sul web anche qualora siano documentate e vere e più in generale dell’informazione alternativa per fare esclusivo riferimento alle notizie “certificate”: ci si deve affidare solo a quello che il Partito dice e ha deciso per tutti. Gli altri saranno complottisti, webeti e avvelenatori di pozzi. Continua a leggere

“Chi controlla internet controlla il denaro (e quindi il mondo)”, di Jarod Lanier (in collaborazione con il Saggiatore)

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Segnalazione Linkiesta

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 Chi controlla internet controlla il denaro (e quindi il mondo)

Il denaro nasce per scambiare e registrare ricchezze possedute. Ma da un certo momento storico in poi è diventato una scommessa sul futuro, che ha molto a che vedere con la nostra fiducia nel progresso. Jaron Lanier, nel suo libro “La dignità ai tempi di internet” (Il Saggiatore, 2014) spiega come orientarsi nell’epoca dell’economia digitale e finanziaria. Con un occhio a Mark Zuckerberg e agli altri titani del web. E alla loro pazza idea di diventare grandi banche mondiali (LEGGI)

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